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Autore: Carme93    16/02/2020    3 recensioni
Pronti a partecipare a una competizione fuori dagli schemi?
Due famiglie, 80 città e un premio a sorpresa.
Chi vincerà?
[Storia partecipante alla challenge "Il giro d'Italia in 80 storie" indetta da Ghostmaker sul forum di EFP]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo quarto
 



 
 
«... Ed Asti repubblicana. Fiera di strage gotica e de l'ira
di Federico, dal sonante fiume ella, o Piemonte, ti donava
il carme novo d'Alfieri.»
 
(da Piemonte, Giosuè Carducci)
 
 





 
 
 
Si alzi il sipario
 
 
 



 
La stazione di Asti era stata costruita nella seconda metà dell’800, ma sicuramente era stata restaurata e rimodernizzata più volte. Nella piazza antistante vi era riunita una folla di persone che attendeva loro. Samuele sospirò chiedendosi se si sarebbe mai abituato. Probabilmente la zia aveva ragione: sarebbe stato meglio noleggiare un’auto come i Rinaldi.
Fortunatamente quel giorno oltre i soliti curiosi, vi era anche un drappello composto da una giornalista, un cameraman e un altro signore, che li avvicinò all’istante con l’aiuto della polizia, che tenne a distanza la folla.
Penelope Silvestri si lasciò intervistare volentieri e Samuele e la madre si limitarono a un sorriso di circostanza.
Soddisfatta la giornalista e qualche fan – la zia doveva aver dormito proprio bene a Vercelli, visto il suo buon umore, o probabilmente dipendeva dal punteggio: per la prima volta erano in vantaggio sui loro avversari, i Leones; era stata molto gentile persino con la sorella, unica vera responsabile della loro vittoria e rimonta -, si avviarono verso il parcheggio.
Chissà che cosa avrebbero dovuto affrontare quel giorno! Samuele era molto curioso, ma cominciava anche a sentirsi stanco di quei continui spostamenti da una città all’altra e il pensiero, che fossero appena all’inizio e che avrebbe trascorso la sua intera estate in quel modo, un po’ lo sconfortava. Fu sollevato quando vennero invitati a salire su una macchina dai vetri oscurati, lontano da tutti quelli sguardi e, a quanto pareva, dalla telecamera.
«I giornalisti non vengono con noi?» non poté fare a meno di chiedere sorpreso: era sicuro che l’avrebbero perseguitato fino a settembre!
«Non è necessario» rispose il signore che li aveva attesi con la giornalista e che li aveva seguiti. «Mi chiamo Altiero Dalmasso, insegno Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino, ma sono nato e cresciuto qui ad Asti».
Samuele, Ambra e Penelope si presentarono a loro volta, mentre l’autista partiva.
«Vi farò fare un tour del centro storico della città, poi raggiungeremo l’altra squadra in Piazza San Secondo».
Dalla faccia della zia, Samuele fu sicuro che lei avrebbe preferito saltare il giro turistico e raggiungere immediatamente gli altri, tanto per tenere d’occhio Saverio Rinaldi.
«Il centro storico non è molto esteso… Asti è una città piccola, non come Milano…». Dalmasso lanciò un’occhiata a Penelope, la quale si limitò a un secco cenno del capo: evidentemente trovava inutile e noiosa tutta quella storia. «Si sviluppa lungo corso Alfieri, che è area pedonale… noi abbiamo un permesso speciale… il corso va dalla Torre Rossa, eccola qui, si fermi un attimo, per cortesia…». L’autista obbedì e il professore fece loro cenno di scendere. «… fino alla torre Troyana».
Samuele osservò la torre con interesse: quel genere di costruzioni avevano un alone di mistero degno di un fantasy medievale. Avrebbe potuto immaginarsi cavalieri che combattevano per difenderla.
«In Piemonte ci sono molte torri» borbottò il ragazzino.
«Abbiamo un luminare» lo schernì la zia Penelope scorrendo l’e-mails sullo smartphone; Ambra le diede una gomitata intimandole di posarlo. Samuele ridacchiò ben sapendo quanto la madre mal sopportasse l’uso dei cellulari quando si parlava o in presenza di estranei come in quel momento.
«In effetti è vero» disse il professor Dalmasso.
«Che mio nipote è un luminare? Si fidi, non ha mai avuto la sventura di fare matematica con lui».
Samuele le lanciò un’occhiataccia.
«No, che in Piemonte vi sono molte torri. Asti è nota come la “città delle 100 torri”, sebbene in passato, si dice, ve ne fossero ben centoventi. La più antica è proprio la Torre Rossa, costruita prima ancora della nascita di Cristo».
«Addirittura?» esclamò incredulo Samuele.
Penelope gli fece il verso e si beccò un’occhiataccia da Ambra.
Dalmasso dedicò la sua attenzione al ragazzino, conscio che fosse l’unico veramente interessato alle sue parole. «Già. Straordinario, vero?».
Samuele annuì.
Penelope fu sul punto di commentare, ma si trattenne all’occhiata di monito della sorella.
«Si dice che facesse parte della porta romana da cui si accedeva in città e che fu anche la prigione del martire San Secondo, oggi patrono della città».
«Lei, per caso, sa in che cosa consisterà la prova di oggi?» interloquì Penelope.
Dalmasso si accigliò, ma all’espressione corrugata si sostituì quasi subito un bel ghigno. «Sì, ma non sono autorizzato a parlare».
«Neanche un piccolo spoiler?».
«No. E non amo gli spoilers». Sorrise e tornò a rivolgersi a Samuele. «Naturalmente ai tempi dei Romani non era così come la vedi oggi. Il secondo piano fu costruito soltanto nel Medioevo».
«Ha una forma strana» commentò il ragazzino indicandola.
«Probabilmente ti sembra strana perché ha sedici lati».
«È un esadecagono» borbottò Penelope altezzosa, ma fu bellamente ignorata dagli altri.
«Wow, sembra molto armonioso. Probabilmente a Maria piacerà molto».
«Maria?».
«Fa parte dell’altra squadra. Studia al liceo artistico».
«Capisco, allora la mia collega si starà divertendo» dichiarò Dalmasso, lanciando un’occhiata eloquente a Penelope.
«Si può visitare?» chiese Samuele.
«Sì, ma oggi non è possibile. Ci aspettano in Piazza San Secondo e io vi vorrei mostrare ancora qualcosa… Risaliamo in macchina».
Samuele s’imbronciò e provò a cercare lo sguardo della madre, ma Ambra lo evitò accuratamente: probabilmente non sopportava più né il figlio né, specialmente, la sorella.
«Andiamo alla Torre Troyana» disse Dalmasso all’autista. «È una Torre medievale, conosciuta anche come Torre dell’Orologio».
«Prende il nome dai Troiani di Enea?» gli domandò Samuele.
«No, dalla famiglia Troya, particolarmente nota a quel tempo. Era guelfa».
Una volta giunti a destinazione, scesero nuovamente dalla macchina, ma questa volta si trattennero di meno, poiché, a dire di Dalmasso, i tempi erano stretti e li stavano già attendendo.  
Effettivamente, al loro arrivo, Piazza San Secondo era già gremita di spettatori, giornalisti e addetti del canale che mandava in onda la gara. Samuele gemette a quella vista e prese un bel respiro prima di scendere dalla macchina e seguire la madre e la zia verso il palco allestito al centro, per una via laterale in modo da non dover passare in mezzo alla folla. Dopotutto sarebbe stato impossibile! Samuele si chiese che cosa pensassero i calciatori o i cantanti quando i fan li pressavano in quel modo.
Come al solito De Vecchi li accolse con un leggero sorriso e presentò loro il sindaco della città e l’assessore alla cultura.
«Ce l’avete fatta».
La provocazione di Saverio Rinaldi colse immediatamente nel segno e Penelope non rispose a tono, solo perché era arrivato il momento della diretta.
Samuele si affiancò a Maria e in un sussurro le chiese se aveva visto le torri.
«Sì, ci hanno fatto un giro, ma io c’ero già stata con la scuola».
Dopodiché De Vecchi e il sindaco presero la parola e non ebbero la possibilità di dire null’altro.
«Ma non hanno detto nulla sulla prova!» esclamò sorpresa Penelope alla fine del discorso rivolta a Saverio Rinaldi.
«Ne so quanto te».
«È la prima volta!» insisté Penelope come se fosse colpa del collega.
«Siamo solo all’inizio della gara, non vorrai mica conoscere già il modus operandi degli organizzatori» la beffeggiò lui.
«Stiamo andando a mangiare, a me sembra un’ottima cosa» commentò Ludovico. «Peccato che hanno promesso una nuova lezione di storia nel pomeriggio, dovrebbero almeno lasciarmi il tempo di digerire».
«Io ci rinuncio» borbottò Maria affiancando Samuele.
 
 

La pausa pranzo durò all’incirca un’ora, durante la quale le due squadre poterono scoprire alcuni piatti tipici della città.
«Non mangeremo qui questa sera?» chiese perplessa Penelope a Dalmasso. «Di solito dopo la prova…».
Dalmasso doveva aver preso in antipatia la donna, perché ghignò nuovamente: «Potrete benissimo rimanere qui, immagino, ma sarete liberi subito dopo la prova».
«Di cui non vuole dirci ancora nulla».
«No, naturalmente» replicò il professore.
Samuele, Maria e Saverio risero all’espressione indignata di Penelope; mentre Ludovico era troppo impegnato a servirsi e Ambra a far finta di essere figlia unica.
Fu con una certa apprensione che Samuele intinse un pezzo di sedano nella bagna cauda, ma non capì comunque che cosa ci trovasse Ludovico che si avvicinò il tegame assicurandogli che l’avrebbe finita lui; invece apprezzò molto la robiola di Roccaverano e quella di Cocconato, così come gli amaretti di Mombaruzzo, morbidissimi biscotti con le mandorle, ma meno la polentina astigiana poiché non gli piaceva l’uvetta.
«Ti sei strafogato» borbottò Maria, alla fine del pranzo, fissando disgustata il fratello.
«Credevo che avessimo chiarito che devo ancora crescere» replicò tranquillamente il ragazzo.
Samuele ridacchiò.
«Ancora?» sbottò Maria, che, effettivamente, era molto più bassa di lui.
«Già» rispose con un sorrisetto divertito. «E comunque ora cammineremo no? Cos’è che dobbiamo fare?».
«Tour alfieriano» rispose Maria.
«Mia zia non reggerà» bofonchiò Samuele scuotendo la testa al pensiero.
«Nemmeno io s’è per questo» replicò Ludovico. «E se mi defilassi? Ci vediamo tra un’oretta e…».
«Non ci pensare nemmeno».
I tre ragazzi sobbalzarono e si voltarono al tono imperioso di Saverio Rinaldi. «Voi tre camminerete davanti a noi, così non ci sarà neanche la tentazione…».
«Quella veramente c’è» bofonchiò Ludovico infastidito.
«L’ultima volta che ti sei ‘defilato’, sei stato quasi sospeso».
«La prof è un’esagerata».
«Te ne sei andato in giro per Ginevra da solo… come no…» commentò Maria alzando gli occhi al cielo.
«Dettagli» sbuffò Ludovico.
«Andiamo» tagliò corto Saverio.
La prima tappa del tour fu Palazzo Alfieri.
«Oh, che originalità» borbottò Ludovico, ma Maria e Samuele lo ignorarono.
«Questo palazzo appartiene alla famiglia Alfieri dal XVII secolo» spiegò il professor Dalmasso, ben ritto con le mani dietro la schiena. Accanto a lui vi era Luana Fernandi, una collega dell’Università, che l’avrebbe affiancato per il resto della giornata.
«Oggi è sede della Fondazione Centro Studi Alfieriani e del Museo Alfieriano» continuò la Fernandi.
«Che noi non visiteremo, vero?» proruppe Ludovico, non riuscendo proprio a tacere.
«Sono d’accordo con il ragazzo» intervenne Penelope.
«Devo cominciare a preoccuparmi per la salute mentale di mio figlio» borbottò Saverio.
«Invece sì. Grazie al Museo ripercorreremo le tappe fondamentali della vita di Alfieri» ghignò Dalmasso.
«Ma che senso ha?» insisté Penelope.
«Oh, lo scoprirete molto presto» sentenziò Dalmasso, facendo cenno alla collega di ignorare simili interruzioni.
Nel cortile del Palazzo li accolse il busto di Vittorio Alfieri, che li scrutò quasi con durezza, come se lo stessero disturbando.
Dalmasso e la Fernandi li guidarono su per uno scalone di pietra fino a una sala riccamente arredata e successivamente nella camera natale di Alfieri.
«E in questa stanza nacque Vittorio Alfieri» spiegò la Fernandi.
«Adesso possiamo uscire dal palazzo e recarci nel giardino» continuò Dalmasso precedendoli.
Il tour durò un’oretta scarsa, ma il sole del primo pomeriggio picchiava forte e il gruppo non apprezzò molto l’idea dei due professori di fermarsi sotto la statua di Toiu – il nomignolo affettuoso con cui a quanto pare gli Astigiani chiamavano Vittorio Alfieri, consueto luogo d’incontro della gioventù locale.
Samuele cominciava a sentirsi stanco e a chiedersi se per una volta la zia Penelope non avesse ragione a innervosirsi tanto: che senso aveva insistere su Alfieri e non rendere nota la gara che avrebbero dovuto affrontare?
«Bene, seguiteci» disse la Fernandi rimettendosi a camminare e ignorando i mugugni di protesta dei più giovani del gruppo e di Penelope. «So che fa caldo, ma vi prometto che è l’ultima tappa».
«Meno male» commentò Ludovico a voce tutt’altro che bassa.
«Oh, sì, non uscirete per un bel po’ da lì» soggiunse soddisfatto Dalmasso.
«Sono io, o sembra l’incipit di un horror?» borbottò Maria. Samuele le riservò un’occhiata turbata, ma gli altri non le fecero nemmeno caso probabilmente a causa del troppo caldo.
I due professori si fermarono di fronte a tre eleganti porte in vetro, la targa in alto recitava Teatro Comunale Vittorio Alfieri. «Prego, accomodatevi, è arrivato il momento che scopriate la prova che dovrete affrontare» disse Dalmasso.
De Vecchi e il giovane conduttore della trasmissione li attendevano sul palco pronti per una nuova diretta.
«Ecco, signori e signori, gli Strange Threesome e i Leones hanno appena fatto il loro ingresso!» trillò il conduttore.
Samuele avrebbe voluto confondersi con il pavimento: non si aspettava quell’accoglienza televisiva!
Le due squadre salirono sul palco e si posizionarono ai lati del conduttore, che riprese immediatamente a parlare: «Vi ricordo che la classifica vede al primo posto gli Strange Threesome con 72 punti e al secondo i Leones con 66». Penelope e Saverio si lanciarono un’occhiata di sfida. «Vi abbiamo fatto attendere a lungo questa volta, ma è finalmente arrivato il momento di svelare la prova che affronteranno i nostri concorrenti!». Il conduttore sembrava il più felice di tutti: sicuramente lui non aveva camminato sotto il sole subito dopo pranzo! «La prova consisterà in una gara di recitazione. Stasera alle 21 vi esibirete. Tutta la città di Asti è stata invitata ad assistere al vostro spettacolo e l’incasso della vendita dei biglietti verrà devoluto in beneficenza». Il suo sorriso era enorme, sembrava quasi un bambino al quale era stato promesso un enorme cono gelato. De Vecchi appariva divertito: segno che l’espressione dipintasi sul volto dei sei poveri concorrenti doveva essere veramente esilarante.
«Può ripetere?» chiese esitante Penelope al conduttore.
«Oh, ma è molto semplice, non preoccupatevi! Il professore Dalmasso e la professoressa Fernandi sono qui proprio per aiutarvi a organizzare lo spettacolo e imparare le battute!».
Ed ecco spiegato l’atteggiamento di Dalmasso: si sarebbe vendicato ben bene dell’arroganza di Penelope.
«I giudici saranno il sindaco di Asti, l’assessore comunale alla cultura, il presidente del Centro di Studi Alfieriano, il signor De Vecchi e i professori Dalmasso e Fernandi» riprese il conduttore. «Alla fine dello spettacolo ogni giudice assegnerà un voto a entrambe le squadre, il totale segnerà il vincitore di questa prova. Vi auguro buon lavoro!».
In pochi minuti De Vecchi e i suoi collaboratori abbandonarono il palco, lasciando i concorrenti nelle mani dei due professori.
«Bene» principiò Dalmasso – e quel bene lo disse con la soddisfazione di un professore che sta per appiopparti un bel due, a parer di Ludovico - «io e la mia collega abbiamo pensato che i due capisquadra possano dividersi l’introduzione durante la quale bisognerà presentare Alfieri e le sue opere… dopotutto allo spettacolo saranno presenti gli studenti di tutte le scuole di Asti e una presentazione è sicuramente doverosa, non credete?».
L’espressione di Penelope lasciava intendere benissimo il proprio disaccordo.
«Ogni squadra avrà all’incirca trenta minuti a disposizione per esibirsi» continuò la Fernandi. «Noi vi aiuteremo a scegliere i brani da recitare, a impararli e a organizzarvi».
«Noi dovremmo imparare… cosa? Una poesia qualsiasi?» chiese Penelope.
«No, dovrete mettere in scena un passaggio di un’opera alfieriana» replicò Dalmasso, che palesemente si stava godendo lo sconcerto della donna.
«E dobbiamo impararlo a memoria?» domandò basita Maria.
«Sì, solitamente funziona così» confermò Dalmasso.
«Naturalmente, visto il poco tempo, uno di voi potrà fare da gobbo» aggiunse la Fernandi.
«Gobbo?» ripeté perplesso Samuele.
«Quello che suggerisce» gli spiegò Maria con una smorfia.
«Ecco, questa è la parte dei capisquadra» disse Dalmasso porgendo delle fotocopie a Penelope e Saverio. «E ora direi che possiamo dividerci: la scelta delle due squadre dovrà rimanere segreta fino al momento dell’esibizione».
 
 


I Leones seguirono la Fernandi in una saletta del teatro senza lasciarsi contagiare dal suo sorriso.
Si sedettero e rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Ludovico disse: «A me va bene fare l’attore».
«E ti pareva» sbottò Maria.
«Io non so dove ho sbagliato con te» bofonchiò Saverio. «O forse è la vicinanza della Silvestri?».
«Non abbiamo molto tempo, dovremmo scegliere anche i vestiti» ricordò la Fernandi.
«I vestiti? Quindi anche la scenografia?» s’illuminò Maria.
«Se proprio vuoi, ma non credo che ne avremo il tempo».
«Oh, ma a me basta un computer… Posso vedere il sistema elettrico del teatro?».
La Fernandi fissò di sottecchi la ragazza, come se avesse paura che desse fuoco al teatro. «Magari più tardi».
«Quindi che dobbiamo fare?» chiese perplesso Saverio, che per un attimo aveva sperato che potesse risolvere tutto la figlia come a Biella.
«Dovete scegliere che cosa recitare».
«A caso?» chiese Maria.
«Tra le opere di Alfieri. Qual è quella che vi è piaciuta di più?».
I tre si rivolsero un’occhiata confusa.
Saverio si schiarì la voce, comprendendo che non avrebbe ricevuto alcun aiuto dai figli, e chiese: «Ehm Alfieri è quello che scrisse… ehm…».
«Ah, sì, l’ho studiato! È quello del giovan signore!» disse come folgorato Ludovico.
«No» sibilò la Fernandi con uno sguardo glaciale.
Cadde un silenzio imbarazzato, rotto dopo un po’ da Maria che bofonchiò: «Mi sa che quello era Parini». Ludovico si strinse nelle spalle.
«Non siamo molto ferrati sull’argomento» sospirò Saverio, tentando di essere cortese nei confronti di quella che in fondo era una collega. Anche se, fortunatamente, appartenevano a due Dipartimenti diversi. «Potrebbe suggerirci qualcosa lei. Come sa, io mi occupo di fisica ed è trascorso un bel po’ di tempo da quando ho studiato Alfieri al liceo».
La Fernandi non apparve particolarmente ammorbidita, ma probabilmente decise che quella dovesse essere la scelta migliore per portare a termine quell’ingrato compito che le era stato assegnato.
«Potreste recitare la scena IV del primo atto del Saul».
I tre annuirono.
«Bene, ecco il testo». Su un tavolo era stata preparata l’Opera Omnia di Alfieri ed ella trovò immediatamente quello che cercava. «Tu, Maria, interpreterai Micol; Ludovico sarà David, mentre lei, professor Rinaldi, Gionata».
«Ma è tantissima!» borbottò Ludovico. «Dovremmo studiarlo veramente?».
«Direi di sì».
«E chi fa da gobbo se siamo tutti e tre in scena?» chiese Maria.
«Beh, allora scegliete voi» sbuffò la donna. «Vado a fumarmi una sigaretta».
«L’abbiamo fatta scappare» commentò Maria.
«Chissenefrega, scegliamo qualcosa di breve» disse Ludovico mettendo mano ai libri. «Tu fai una bella scenografia e facciamo colpo sui giudici».
Maria annuì e Saverio pensò che non tutto fosse perduto.
 
 
 
*
 
 

«Avete mai recitato?» chiese Dalmasso, che aveva condotto gli Strange Threesome in una saletta in cui erano accatastate delle sedie e vi era un unico tavolo accostato al muro.
«Le sembro il tipo? Io mi occupo di questioni ben più importanti» replicò Penelope seccamente.
«Gli atomi» bofonchiò Samuel tossendo per finta.
«Esattamente» lo fulminò con gli occhi la zia.
Dalmasso sbuffò: «Sa, l’avevo capito».
«Me ne compiaccio».
«Senta» interloquì Ambra, «nessuno di noi tre ha particolari capacità in quest’ambito».
«Peccato, signora, lei sarebbe una bellissima attrice».
Ambra arrossì, mentre Penelope sbottò: «Ma per favore!».
«Lei, invece, è così scorbutica che…».
«Per piacere» intervenne nuovamente Ambra allarmata: Penelope aveva uno sguardo assassino. «Professor Dalmasso, eviti questi commenti, anche perché sono una donna felicemente sposata. Penelope, ricordati il tuo obiettivo: vincere».
Dalmasso e Penelope si squadrarono.
«Ma, prima, ha detto che Alfieri ha scritto delle poesie, sono molto lunghe?» chiese Samuele deciso ad aiutare la madre.
«Dipende. Ha scritto dei sonetti. Sempre se sapete che cosa sono dei sonetti» rispose infastidito Dalmasso.
«È una poesia breve formata da due quartine e due terzine» disse Samuele.
«E tu come lo sai?» lo fissò sorpresa Penelope, distogliendo per la prima volta la sua attenzione da Dalmasso.
«L’ho studiato a scuola. La professoressa d’0italiano ci ha fatto studiare a memoria Tanto gentile e tanto onesta pare di Dante Alighieri».
«Allora questa famiglia ha qualche speranza» commentò caustico Dalmasso.
«Ci può suggerire qualche sonetto? Ne reciteremo uno ciascuno» decise Ambra trattenendo la sorella per la vita. «Se ferisci un giudice, ci squalificheranno» aggiunse.
«Oh, senz’altro. E vi denuncerei» ghignò Dalmasso.
«Chissà perché non mi sorprende» sbuffò Penelope. «Avanti, iniziamo, o dirò che non ha fatto il suo dovere!».
Dalmasso li aiutò a scegliere un sonetto ciascuno dalla Rime di Alfieri e spiegò loro anche il significato – ignorando stoicamente i continui sbadigli di Penelope -, alla fine sospirò: «Non vi resta che studiarli. Buona fortuna… Ah, professoressa Silvestri, si fidi, non ho mai avuto una studentessa peggiore di lei».



 
*
 



«Buonasera a tutti! Stasera siamo al Teatro Comunale Vittorio Alfieri di Asti» annunciò il giovane conduttore.
Maria, dietro le quinte, sospirò tentando di concentrarsi sulle possibili angolature che i cameramen stavano usando per le riprese.
«Sei agitata?» sussurrò Saverio appoggiandole una mano sulla spalla.
«Perché dovrebbe?» bisbigliò Ludovico intromettendosi. «Deve dire solo due parole e la scenografia è perfetta».
«Non è perfetta, l’ho realizzata troppo velocemente… è banale…».
«Non litigate» intervenne Saverio lanciando un’occhiata di monito al figlio maggiore, che si strinse nelle spalle.
«Tocca a noi» disse Penelope avvicinandosi.
Saverio annuì e le fece cenno di precederlo sul palco.
«Buona fortuna, papà» sussurrò Maria.
Saverio la ringraziò e si avviò.
Penelope e Saverio, a turno, raccontarono la vita di Vittorio Alfieri.
«Li abbiamo annoiati» borbottò la prima tornando dietro le quinte.
«Hai usato una voce così monocorde che non mi stupisce» replicò Saverio.
«Io? E certo tu sei un pagliaccio nato!».
«Che c’entrano i pagliacci? Devi cambiare il tono della voce ogni tanto o i tuoi interlocutori si addormentano, specialmente i ragazzi. Fai così anche a lezione? Immagino che i tuoi studenti si annoino terribilmente durante le tue lezioni».
«Si esibiranno per primi i Leones» annunciò il conduttore.
«Salvato in extremis» quasi ringhiò Penelope.
Saverio sorrise divertito.
Come da programma, Maria fu la prima a entrare in scena, imprecando su quanto odiasse gli spettacoli teatrali. I tecnici mandarono sullo sfondo il video che aveva preparato ed ella presentò il Saul e il monologo che avrebbe recitato il fratello di lì a poco. Conclusa la sua parte si defilò lasciando il posto a Ludovico che avrebbe interpretato David, sperando che non combinasse guai.
Ludovico aveva indossato un’armatura finta trovata nei camerini: la ricostruzione storica non era certamente attendibile, anche perché lui indossava un paio di Adidas bianche.
Maria pensò che il fratello fosse veramente bravo ad atteggiarsi: si posizionò al centro del parco e si passò una mano tra i capelli.
«Qui freno al corso, a cui tua man mi ha spinto,
onnipossente Iddio, tu vuoi ch’io ponga?».
Ludovico non aveva minimamente idea di che cosa significassero i versi che stava declamando, ma si era rifiutato di ascoltare la spiegazione della Fernandi – che esasperata era andata a fumarsi un’altra sigaretta – ed era evidente a tutti i presenti: le ragazzine ridacchiavano e si beavano della sua presenza – che cosa trovassero in suo fratello, Maria non lo comprendeva proprio -, altri spettatori ridevano apertamente, altri lo fissavano torvamente.
«Ma, da Saùl deggio… deggio…» Ludovico si fermò e si voltò verso il padre, nel ruolo di gobbo, che, però, si era distratto e il ragazzo ebbe il suo bel daffare per attirare la sua attenzione arrivando a sbracciarsi. Maria decise di non voler vedere null’altro, quando il pubblico iniziò a ridere.
«Esci, Filiste iniquo…» borbottò ancora Ludovico dopo un po’, cominciando l’ultima frase.
«Iniqua» lo corresse Saverio.
«Esci, Filiste iniquo» ripeté testardamente Ludovico.
«Iniqua!» sbottò Saverio alzando la voce e suscitando un nuovo scroscio di risa.
«Ma non è maschio?» replicò il ragazzo dimenticandosi di essere sul palco.
«No, dici iniqua!» ribatté Saverio.
«E va bene, ma dopo che viene?».
Il pubblico ormai era piegato in due dalle risate, ma Saverio che usciva dalla buca del gobbo leggendo ad alta voce «“Esci, Filiste iniqua; esci, e vedrai se ancor mio brando uccida”. Ma che ci vuole?», lo stese definitivamente.
«Io non vi conosco» dichiarò Maria quando tornarono dietro le quinte.
Trascorsero almeno dieci minuti prima che il pubblico si acquietasse e il giovane conduttore dovette mandare la pubblicità; alla fine giunse il turno di un tremante Samuele.
«Tanto peggio di loro non possiamo fare» commentò trionfante Penelope.
«Così non lo aiuti» sbottò Ambra.
Samuele le ignorò, deglutì ed entrò in scena. Il teatro era gremito, molti erano ragazzi come lui ma questo non aiutava minimamente come il concentrarsi sulle telecamere e su quanti lo stessero guardando da casa.
«Inizia, che aspetti» sibilò Penelope.
Samuele era paralizzato, ma sapeva che la zia gliel’avrebbe rinfacciato in eterno. Puntò gli occhi sul pavimento e iniziò: «Tacito orror di solitaria selva di Vittorio Alfieri
 


 
Tacito orror di solitaria selva
di sì dolce tristezza il cor mi bea
che in essa il par di me non si ricrea
tra’ figli suoi nessuna orrida belva…».
 


Con la voce tremante e senza mai guardare davanti a sé recitò tutto il sonetto e poi, dalla fretta di dileguarsi quasi inciampò.
Ambra recitò il sonetto Uomo di sensi, e di cor, libero nato ed ebbe bisogno di qualche suggerimento dalla sorella che faceva da gobbo; mentre quest’ultima recitò Greca fronte nomar deggio, o divina e dimostrò di aver un’ottima memoria, ma una pessima capacità interpretativa: avrebbe usato lo stesso tono per leggere la lista della spesa.
«Bene, ringraziamo gli Strange Threesome e i Leones per questa bellissima e divertente performance. Dopo la pubblicità annuncerò il vincitore» prese la parola il giovane conduttore. Nel frattempo le due squadre furono invitate sul parco: tutti e sei, questa volta, avrebbero voluto essere ben lontani da lì. «Bentornati, bentornati» esclamò il conduttore a un segnale della regia. «I giudici sono pronti a pronunciare il loro verdetto. Vi ricordo che ognuno di loro può assegnare un voto da zero a dieci. Iniziamo dai Leones… ecco il sindaco… oh, un bel 7…» Maria lo fissò sorpresa. «L’assessore assegna un 6… il direttore De vecchi... oh, un 9! Il presidente del Centro Studi su Vittorio Alfieri… un 5, ma va bene dai… il professor Dalmasso un 4… la professoressa Fernandi un 4… per un totale di 38 punti! Bene, complimenti Leones! Ora vediamo gli Strange Threesome!».
Samuele sorpreso vide i numeri in successione: 8, 8, 8, 8, 6, 6. Cavoli se l’erano cavata meglio del previsto! La zia Penelope ghignava, segno che aveva già calcolato il risultato.
«Gli Strange Threesome hanno totalizzato ben 44 punti! E sono i vincitori di questa prova! Complimenti!».
«Che cosa ti aspettavi?» sibilò Maria al fratello. «Sei il solito presuntuoso!».
«E adesso è il momento dei premi!» esclamò il giovane conduttore. «I Leones, secondi classificati, si aggiudicano una cassa di spumante Asti di quest’anno».
«Meglio di niente» borbottò Saverio ai figli, che, però, non apparvero contenti del premio di consolazione.
«Gli Strange Threesome, invece, si aggiudicano l’opera omnia di Alfieri!».
Ludovico scoppiò a ridere.
«Questa sera abbiamo un terzo premio, un premio speciale possiamo dire… l’Oscar alfieriano per il migliore attore della serata… Voterà per acclamazione il pubblico in sala…».
«Ludovico! LUDOVICO! Ludovico!».
Le ragazzine presenti sovrastarono di gran lunga tutti gli altri spettatori e Ludovico regalò loro un inchino e un bacio al volo, che suscitarono un conato di vomito a Maria.
«Il premio è una maschera d’argento!».
Ludovico la prese e sorrise, pavoneggiandosi ancora con le ragazze.
«Per con concludere, la classifica finale vede ancora in vantaggio gli Strange Threesome con 116 punti e a seguire i Leones con 104. In più ho qui due pergamene al cui interno vi è un indovinello… risolvetelo e saprete dove ci incontreremo domani. Buona serata a tutti!».
Appena la diretta si concluse, Ludovico scese dal palco reclamato dalle sue fan, ma gli altri si affrettarono a srotolare la pergamena:
 
 



 
Oh, viandante, dirigi i tuoi passi
verso millenaria città, che si erge nobile
signora di quattro fiumi.
 
Laddove un toro d’oro con corna d’argento veglia,
troverai ciò che cerchi.
 
Oh, viandante, volgi lo sguardo
al mancato tempio israelitico,
inciso anche su povera moneta.
 
Vieni, o viandante,
ti attendo dove vittorioso cavaliere risiede.
   
 
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