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Autore: Mysterious_Nightmare    16/02/2020    0 recensioni
[PRIMO LIBRO DELLA SAGA]
Quando Thyus decide di partire da Loder in cerca di una sua vecchia conoscenza, i suoi genitori decidono di cedergli un importante cimelio di famiglia.
Il pugnale che riceve in dono porta con sé una misteriosa incisione elfica che cambierà la sua vita e svelerà segreti tenuti nascosti da più di duecento anni dall'Imperatore degli Elfi.
Che cosa succederà quando la verità verrà a galla?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6 - VERITÀ NASCOSTE

Seguì Lunian attraverso un largo corridoio scavato nella dura e fredda pietra. Dall’aspetto assomigliava molto a una vecchia entrata per una città di razza nanica, e quando vide scolpiti nella parete in fondo al passaggio due martelli incrociati non ebbe più dubbi. Non capiva, tuttavia, per quale motivo degli Elfi si trovassero in un territorio non di loro proprietà.

Si fermò ad ammirare i due martelli scolpiti nella pietra, come rapito, fino a che l’Elfo non richiamò la sua attenzione.

«Da questa parte» fece cenno, indicandogli una scura porta di legno. Thyus entrò e si guardò intorno, osservando la stanza spoglia e umida, arredata con un solitario e traballante sgabello; l’unica fonte di luce proveniva da una lanterna appesa sul soffitto in posizione centrale.

«Aspettami qui, devo avvisare la mia Signora del nostro arrivo. Non muoverti e qualunque cosa accada non parlare con nessuno» si congedò, chiudendo la porta alle sue spalle.

Ormai solo, Thyus girò in tondo più e più volte, non sapendo cosa fare. Provò a sedersi sullo sgabello, ma accantonò subito l’idea non appena vi si poggiò sopra e lo sentì scricchiolare sonoramente. Si arrese all’idea di doversi sedere sulla scomoda pietra del pavimento, pregando di non bagnarsi i vestiti data la forte umidità; sospettò che sopra di lui ci fosse un lago o, comunque, un corso d’acqua, anche se non ne avvertiva il rumore.

Le ore passarono lente e noiose e Thyus fu presto tentato dall’idea di uscire dalla stanza in cui era rinchiuso ed esplorare quel luogo misterioso, nonostante Lunian gli avesse detto di rimanere lì. Si alzò da terra e si diresse verso l’uscita, quand’ecco che avvertì un rumore di passi in avvicinamento. Appoggiò l’orecchio per ascoltare meglio le voci ovattate che discutevano nel corridoio.

«Non possiamo di certo lasciarlo in balìa di Heridar e dei suoi soldati, non ti pare?» Thyus riconobbe la voce tesa di Lunian.

«Sono d'accordo con te, ma mia sorella non gradirà, lo sai» rispose calma una voce femminile.

Si fermarono davanti alla porta; Thyus rimase in ascolto, ma i due rimasero in silenzio, fino a che un altro rumore di passi non iniziò a rimbombare nel corridoio, veloce e furioso.

«È lì dentro?» chiese dura una voce femminile molto simile alla precedente. Ci fu un breve silenzio; Thyus sospettò che la risposta fosse arrivata con un semplice cenno del capo.

«Sapete entrambi che non approvo» continuò la voce, sprezzante. Il fuoco della lanterna nella stanza tremò «Non sappiamo nemmeno chi sia e perché avesse il pugnale.»

«Dice che sia un cimelio di famiglia.»

«Lo hanno comunque rubato» rispose alterata. La fiamma tremò ancora «E non mi fido di lui. Chi ci dice che non ci tradirà non appena ne avrà l'occasione?»

«È solo un ragazzo, Eiliat» intervenne l’altra voce femminile «non ci metteresti molto a impedirglielo.»

«Non sono comunque d’accordo. Lunian mi ha detto che girava disarmato: che razza di persona va in giro per questi boschi senza un’arma o quantomeno sapersi difendere? Qui c’è sotto qualcosa, ve lo dico io.»

«Ha il Marchio, non possiamo lasciarlo da solo. Sarebbe subito preda facile di nostro zio e dei suoi soldati.»

«Non è un nostro problema il fatto che abbia deciso di sfruttare la magia del Fuoco Azzurro senza conoscerla!» alzò la voce. Il fuoco della lanterna cambiò colore e divenne azzurro, inondando di luce la stanza.

«Calma.» Thyus sentì la voce ferma di Lunian. Il fuoco si rimpicciolì e tornò del suo usuale colore.

«Non ti farò entrare se non intendi mantenere la calma» la voce femminile avvisò l’altra, pacata.

«Molto bene» replicò seccata «Ho molto da fare e non intendo sprecare il mio tempo per colpa di un mago da quattro soldi.»

“Ma come si permette?” pensò Thyus stizzito mentre sentiva dei passi allontanarsi.

Qualche istante dopo, la porta si aprì e Lunian fece capolino, salutandolo con un sorriso imbarazzato, ben conscio che Thyus avesse sentito tutta la conversazione.

Lunian varcò la soglia e, dietro di lui, comparve un’Elfa dai lunghissimi capelli color del cielo, così come i suoi occhi.

Portava sul capo una corona a forma di rami e foglie d'oro intrecciati, tipico diadema, osservò il mago, delle principesse elfiche.

L’Elfa superò Lunian, facendo ondeggiare il suo vestito bianco come le nuvole, e si piazzò davanti a Thyus, rivolgendogli un piccolo sorriso, che a lui parve per nulla naturale.

«Il mio nome è Sidhil» si presentò «Principessa degli Elfi Raminghi, o quel che ne rimane, e una portatrice del Fuoco Azzurro.»

Thyus fissò l’Elfa, cercando di riordinare i pensieri per formulare una risposta di qualunque genere. Sidhil, con una sola frase, era riuscita a creargli più quesiti di quanti avrebbe mai pensato di averne; non sapeva da dove cominciare.

Il fatto che un’intera stirpe elfica, di cui aveva studiato la storia, l’organizzazione e il declino quando era ancora solo un mago in addestramento, fosse ancora viva e si trovasse nascosta sotto gli occhi di tutti lo preoccupò.

Si domandò quante cose nel Mondo non fossero in realtà come sembravano. Aveva vissuto in una menzogna per tutta la sua vita? Thyus non voleva saperlo. Aveva paura che, con una sola domanda, la realtà così come la conosceva sarebbe caduta in frantumi e avrebbe sconvolto la sua visione delle cose.

Ma non poteva non domandare.

Se l’Elfa stava dicendo il vero, allora doveva sapere. Ormai era lì, non poteva più tornare indietro.

A pensarci bene, non voleva nemmeno, soprattutto all’idea di tutti quei soldati alla sua ricerca.

«Credo di non essere mai stato tanto confuso in vita mia.» Si decise ad aprir bocca, con voce incerta e bassa, quasi quanto un sussurro.

«Ѐ comprensibile» convenne Sidhil «So molto bene quanto mio zio Heridar, l’Imperatore, abbia fatto per occultare la verità riguardo alla nostra scomparsa.»

«Ma non capisco.» Thyus si mise le mani fra i capelli, confuso «Perchè lo ha fatto? Insomma, siete parenti! E come può non essersi accorto di voi? Siete nascosti nella regione sotto il suo comando.»

«Mia madre era capace di controllare molto bene la magia, molto più di quanto mio zio sarà mai in grado» spiegò Sidhil «Questo è uno dei pochi luoghi in cui la sua magia di protezione rimane ancora forte e impenetrabile. Siamo rimasti nascosti qui per centinaia di anni in attesa che l’ultimo pugnale tornasse da noi e ora che l’abbiamo possiamo procedere con il nostro piano per riprenderci la libertà e rendere tutti partecipi degli orrori che l’Imperatore ha compiuto.»

«E l’ultimo pugnale era il mio, quello che avete trovato nel bosco qualche notte fa.» ragionò Thyus.

«Devo dire che sia stato un gran colpo di fortuna» si intromise Lunian «il Generale a cui apparteneva ha fatto perdere le sue tracce durante la guerra. Non sappiamo neppure se sia riuscito a sopravvivere oppure no.»

«Ѐ strano, quando mia madre me lo donò, mi disse che il pugnale appartiene alla nostra famiglia da molte generazioni» replicò il mago, confuso «Non mi ha raccontato nulla di più su di esso, ma ora mi chiedo se non sappia che in realtà vi appartiene. Vorrei tanto poterglielo chiedere.»

«Non posso farti uscire da qui, Thyus. Almeno, non per il momento» lo interruppe Sidhil «Hai ancora il Marchio del Fuoco Azzurro: mio zio ti troverebbe subito, soprattutto grazie al fatto che sfrutti in continuazione il suo potere.»

«Non avevo altra scelta! E non sapevo che recitare una semplice frase avrebbe prodotto quell’effetto» provò a discolparsi.

«Non è chiaro nemmeno a me» ammise l’Elfa «Mia sorella, tuttavia, potrebbe saperlo.»

«Non credo che Eiliat voglia vederlo, però» parlò di nuovo Lunian «E credo che sia per il bene di Thyus accertarsi che lei sia d’accordo, prima che lo trasformi in un cumulo di cenere.»

Sidhil chiuse gli occhi, strizzandoli un poco. Il fuoco della lanterna ondeggiò.

«Ѐ al campo di addestramento, posso provare a convincerla.»

“Ha localizzato sua sorella con la magia?” si chiese Thyus, confuso.

«Immagino che tu non sappia molto sulla magia del Fuoco Azzurro« Sidhil si rivolse a lui, come a rispondere a quella domanda che si era appena fatto.

Thyus la guardò allibito. “Come ha fatto a-”

«La lettura del pensiero è una delle mie abilità» spiegò, ancora prima che finisse il suo pensiero.

«Ѐ incredibile! E tutto questo senza un bastone magico!»

«Un bastone magico? Non servono speciali attrezzature per fare magie» sorrise «Immagino che sia una strana legge imposta da mio zio» concluse l’Elfa.

Qualcuno bussò alla porta e Lunian andò ad aprire. Un Elfo molto più alto di lui e decisamente anche molto più muscoloso entrò nella stanza e squadrò Thyus.

«Ѐ quasi ora, mia Signora» disse rivolto all’Elfa e, così com’era entrato, uscì senza dire altro.

«Temo di non avere molto altro tempo da dedicarti, Thyus» si scusò «Tuttavia devo chiederti di prendere una decisione e dirmi se preferisci rimanere qui o tornare alla tua vita senza ricordarti di questo incontro, né del Fuoco Azzurro.»

«Come posso prendere una decisione adesso? Ci sono troppe informazioni su cui devo ragionare.»

Sidhil si avvicinò a lui e posò l’indice destro sulla sua fronte.

«Forse questo ti aiuterà. Non preoccuparti, Lunian rimarrà qui con te per tutto il tempo; potrai riferire a lui la tua decisione e fargli tutte le domande che vorrai.»

La punta del dito dell’Elfa iniziò a brillare di una luce azzurrina e Thyus ne fu abbagliato. Chiuse gli occhi e, finalmente, iniziò a capire.

Quel giorno, il sole splendeva su Mitfeld, la Città del Fuoco, e l’Imperatore Fandil, seduto sul trono di marmo, attendeva il ritorno del proprio secondogenito, il quale, come suo solito, tardava ad arrivare.

Dal grande arco d’entrata della sala fece il proprio ingresso il primogenito, erede al trono di Mitfeld.

«Non è ancora arrivato?» chiese impaziente al padre dopo aver fatto un breve inchino.

«Conosci bene tuo fratello, Heridar» rispose calmo «Porta pazienza, arriverà prima del tramonto, come sempre.» Heridar annuì e si congedò, ritirandosi nelle sue stanze.

Si lasciò cadere mollemente sull’immenso letto, contemplando il soffitto come era solito fare quando attendeva l’arrivo del fratello.

Comodo sul materasso, la palpebre iniziarono a farsi pesanti e chiuse gli occhi, provando a riposarsi, ma le porte della sua stanza vennero spalancate rumorosamente, facendolo sussultare.

Heridar si alzò di scatto, lanciando uno sguardo alterato a chi era appena entrato, pronto a inveirgli contro. Tuttavia, il suo sguardo alterato ben presto scomparve, lasciando il posto a uno sguardo meravigliato, accompagnato da un largo sorriso.

«Caledar!» esclamò, raggiungendo l’Elfo appena arrivato «pensavo avessi perso la strada di casa» scherzò.

«Ho tardato cercando il regalo giusto per il mio fratello preferito, che a quanto pare a giorni si sposerà» rispose Caledar, abbracciandolo «Non è facile trovare qualcosa di unico per chi ha già tutto.» Si staccò dall’abbraccio e porse al fratello una spada lunga dall’elsa dorata, decorata con preziose gemme bianche. Heridar la prese delicatamente e la osservò con attenzione.

«Non posso crederci!» esclamò estasiato »Come sei riuscito a mettere le mani su una rarità del genere? Ѐ una lama di metallo degli Spiriti! Nessuno è mai riuscito a ottenerne una!»

«Girala.» Heridar seguì il suggerimento del fratello e scoprì un’incisione sulla lama.

«Etraria...» sussurrò leggendo. Alzò lo sguardo «Ѐ davvero l’unica spada dello Spirito Bianco? La lama intoccabile?»

«Ѐ stata un’impresa attraversare il Bosco degli Spiriti, ma per te questo e altro» sorrise Caledar, felice che il suo regalo fosse stato apprezzato «Ho pensato che con il tuo matrimonio e la mia incoronazione non potremo vederci sovente, ma spero che un dono del genere ti aiuti a ricordare che ci sarò sempre per te, qualunque sia l’ostacolo.»

«Nostro zio ha finalmente ceduto?»

«Direi che il carico d’oro che nostro padre gli ha inviato lo abbia convinto molto in fretta» ridacchiò.

«Re degli Elfi Raminghi...» sospirò Heridar «Direi che il titolo ti dona!»

«Tu come ti senti?» Caledar spostò la conversazione sul fratello «Mancano pochi giorni al matrimonio e verrai presto incoronato Imperatore. Ѐ un gran cambiamento.»

Heridar annuì senza rispondere. Era davvero un gran cambiamento per lui; aveva passato secoli a studiare, seguito dai sapienti più rinomati, e era giunto il fatidico momento in cui tutto sarebbe passato nelle sue mani.

Non era una mansione facile, ma aveva passato tutta la vita a prepararsi, sapeva che non avrebbe fallito.

Era, tuttavia, preoccupato riguardo al suo matrimonio, dopotutto non conosceva nulla della misteriosa Principessa del Regno delle Acque di Cristallo.

Non l’aveva mai vista di persona, aveva solamente ricevuto delle brevi e incomplete descrizioni riguardo al suo aspetto fisico, mentre non sapeva nulla della sua personalità e aveva paura che non sarebbe riuscito a fare una buona impressione.

Se il matrimonio non avesse avuto luogo -rabbrividì al solo pensiero- tutti i piani di suo padre non si sarebbero realizzati e l’unione dei due regni elfici sarebbe rimasto solo un desiderio inarrivabile.

Scosse la testa e tornò alla realtà. Salutò il fratello, che era stato convocato dall’Imperatore e tornò a sdraiarsi sul letto, questa volta con i pensieri rivolti a quella Principessa che avrebbe a breve incontrato.

Quando riaprì gli occhi, Thyus si guardò intorno, a metà fra l’emozionato e il confuso.

Vide Lunian appoggiato alla parete, intento a rigirarsi tra le mani un curioso ciondolo che portava al collo, e si schiarì la voce per richiamare la sua attenzione.

«Non ci è voluto molto» commentò l’Elfo «Ti è tutto più chiaro ora?»

«Non esattamente» ammise il mago «Insomma, ho visto l’Imperatore e suo fratello e parlavano di matrimonio e di incoronazioni, ma non capisco cosa tutto questo abbia a che fare con quello che è successo durante la guerra.»

«Non hai visto altro?» chiese Lunian. Thyus scosse la testa «Sapevo che lo avrebbe fatto» l’Elfo alzò gli occhi al cielo.

Aprì la porta e invitò il mago ad alzarsi e a seguirlo.

«Sidhil non ti ha fatto vedere tutto ciò che è successo, vuole che sia Eiliat a farti vedere come sono andate le cose.» Si incamminò velocemente per il corridoio. Thyus fece una piccola corsa per raggiungerlo. «Non sarà affatto contenta di vederti, ma non abbiamo altra scelta: conosco bene Sidhil e non ti farà vedere il resto.»

«Ma perché?» Thyus non capiva e, soprattutto, non voleva avere a che fare con l’Elfa che lo aveva definito un mago da quattro soldi; non l’aveva mai vista, ma il suo temperamento non l’aveva rassicurato.

«Vorrei saperlo anche io, credimi» replicò Lunian «Ma ancora non ho capito come ragionino le loro menti.» Affrettò il passo, assicurandosi che Thyus riuscisse a stargli dietro, fino a che non raggiunsero una grande porta di pietra molto simile a quella che avevano attraversato entrando nella montagna.

Lunian posò una mano sulla porta e voltò il capo verso Thyus, guardandolo senza nascondere il timore che aveva dipinto in volto.

«Qualunque cosa accada non parlare se non importunato» comandò «Non è facile da tenere a bada.»

La porta si aprì inaspettatamente e un’Elfa dai capelli corvini, raccolti ordinatamente in una treccia, e dagli occhi di un blu brillante comparve davanti a loro, visibilmente contrariata.

«E così sarei una sorta di animale incontrollabile per te?» Del fuoco azzurro scaturì dalla punta delle sue dita.

Lunian sbiancò, certo che non si sarebbe tirato fuori dai guai molto facilmente.

  
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