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Autore: Storytime_Love    18/02/2020    1 recensioni
Alec si trasferisce in un nuovo liceo, uguale a tenti altri tranne che per la presenza di un gruppo di ragazzi speciali, la corte dei dorati, guidati da un Re e una Regina. Bellissmo, carismatico, forte e inavvicinabile per Alec Magnus Bane non è un re ma un drago, il suo drago.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Letter Trouble


Dopo l'ultimo capitoletto di puro divertimento al Centro Commerciale, torniamo a cosa più serie...

Arrivarono a casa ridendo. Magnus aveva fugato le ultime nubi dal suo cuore e Alec non era mai stato così felice.
Fu per questo che, quando aprì per errore la lettera del tribunale indirizzata a Magnus, si trovò in una posizione così difficile.


Era passato da casa sua per prendere un paio di magliette aveva visto che la casella della posta straripava. Per l'ennesima volta si era chiesto perché, negli ambienti accademici, la gente si ostinava a usare ancora lettere cartacee. Le aveva raccattate tutte pensando di leggerle con calma a casa di Magnus ma una volta lì era stato distratto da altro. Per la precisione da Magnus a torso nudo che si allenava nelle arti marziali, la pelle lucida di sudore, l'espressione concentrata e le movenze feline.
Senza staccare gli occhi dal suo uomo aveva posato le buste sul tavolino e si era appoggiato allo stipite a godersi lo spettacolo. Qualche mossa e due calci dopo, Magnus si era girato verso di lui e gli aveva fatto un piccolo inchino: “Allora, ti piace quello che vedi?”
“Molto,” aveva risposto Alec avvicinandosi. Le lettere erano rimaste dimenticate in ingresso.

Dopo un weekend di rilassato divertimento tornare al lavoro è difficile, soprattutto se si fa la doccia insieme e, come risultato, si deve correre per arrivare in orario. Alec riuscì a dedicarsi alla corrispondenza solo la sera dopo cena. Come sospettava la maggior parte delle lettere era composta da inutile pubblicità, ricevute dei pagamenti bancari di varie bollette e inviti a seminari e lezioni. Poi c'era qualche lettera di colleghi, una cartolina dai genitori in vacanza a Santo Domingo e una comunicazione del tribunale. Si era reso conto troppo tardi che l'ultima lettera era indirizzata a Magnus: doveva essere finita nella pila per sbaglio, magari si trovava già sul tavolino... ma ormai l'aveva letta. Era la richiesta, da parte dell'avvocato dell'accusa, di testimoniare contro Jeffrey Harp, il ragazzo che lo aveva investito. Alec aveva fissato il foglio senza vederlo. Come potevano aspettarsi che Magnus partecipasse a quel processo, perché dovevano chiedergli di rivivere le conseguenze dall'incidente, proprio adesso che tutto andava bene, che aveva finalmente superato il trauma. Il cuore gli batteva a mille, aveva la bocca secca e un groppo nello stomaco: dargli quella lettera voleva dire rimettere in gioco il suo benessere psicologico. Non dargliela era una violazione non solo della legge ma soprattutto del codice morale. Fino a che punto è accettabile fare una cosa sbagliata per un motivo giusto, per proteggere qualcuno?
Alec piegò il foglio e se lo mise nella tasca dei jeans: c'era più di una settimana prima del processo, aveva tempo per decidere.

Mentre Magnus preparava la cena - entrambi avevano capito subito che quel compito era meglio se lo avesse svolto sempre lui - parlarono della sua giornata, dei disegni per la collezione estiva, del lavoro di Alec, dei progetti per il fine settimana successivo, del nuovo ristorante thai che dovevano provare... Era tutto troppo perfetto per permettere a quel Jeffrey di rovinarlo per la seconda volta. Alec non voleva più vedere Magnus perdersi in spirali di malinconia e tristezza, avrebbe fatto di tutto per evitarlo, compreso nascondere quella dannata lettera.

Il giorno dopo Magnus rincasò tardi, avevano deciso di cenare al thai e Alec si stava cambiando - il che voleva dire mettersi una maglietta pulita e un paio di jeans neri invece dai soliti blu. Il ragazzo alzò lo sguardo con un sorriso che Magnus non ricambiò.
“Magnus. E' successo qualcosa?”
“Non ne sono sicuro”. Si sedette sul letto con un sospiro: “Alexander, c'è qualcosa che non mi hai detto? Mi ha chiamato mia madre, ha ricevuto la richiesta di testimoniare a un processo. Per la precisione al processo contro il tizio che mi ha quasi ammazzato”.
Alec rimase immobile, ancora girato verso la porta ormai vuota.
“Mi sembra molto strano che abbiano chiamato lei e non me”. Si alzò di scatto e lo prese per le spalle per farlo voltare. “Ti prego, dimmi che si è persa nella posta, che non mi hai ingannato, che non mi hai tenuto nascosto una cosa così importante”.
Magnus lesse la risposta negli occhi trasparenti di Alec e lo lasciò: “Perché Alexander? Io mi sono fidato di te, ti ho mostrato tutte le mie ferite, e non sto parlando solo di quelle fisiche...”
“Amore, volevo solo proteggerti...”
“Non era compito tuo!” scattò Magnus. “Non avevi alcun diritto di decidere al mio posto!”
Alec allungò una mano ma l'uomo si scostò.
“Se ti interessa sappi che ho già telefonato e accettato”.
Una pausa.
“Forse è meglio se stanotte ti prepari l'altra camera” aggiunse piano. “Anzi, lascia perdere, ci dormo io”.
Alec lo guardò prendere il pigiama di seta e chiudersi la porta alle spalle.
Bene! Se non era in grado di capire che l'aveva fatto per lui, che tutto quello che faceva era sempre e solo per lui, al diavolo! Magnus non si era visto dall'esterno in quella casa di cura, lo stato pietoso in cui versava, lo sguardo spento, la debolezza fisica ed emotiva. Non capiva che doveva proteggerlo? Impedire che cadesse di nuovo in quel baratro?
I pensieri di Alec si rincorrevano come cani impazziti. Il drago sulla scogliera. L'uomo distrutto nel letto d'ospedale. Quello splendido e sexy nel loro letto. I polsi segnati dalla lametta. Gli scherzi in libreria. Canzoni d'amore, sguardi assenti, tocchi proibiti e risate felici. Il re della scuola. Lo stilista famoso. Il suo unico amore.
E lui l'aveva umiliato. Lo aveva trattato come una cosa fragile, che si può rompere al primo tocco. Non aveva avuto fiducia in lui, nella sua forza, nel drago che era.
Appoggiato al cassettone si mise una mano nei capelli. Che cosa aveva fatto?
Prese la lettera da sotto i maglioni e bussò alla porta della camera dagli ospiti.
“Vattene Alexander. Non ho voglia di parlare”.
“Magnus ti prego, fammi entrare”. Doveva dargli un'altra possibilità.
“Non oggi. Direi cose di cui potrei pentirmi. Lasciami solo”.
Alec aveva poggiato la testa alla porta. Si sentiva sconfitto, insistere poteva davvero peggiorare le cose. Non se la sentiva di tornare in camera, non da solo. Prese un plaid e si sdraiò sul divano.
Fuori nel buio l'orologio della chiesa batté la mezzanotte. Poi l'una, le due... Era quasi l'alba quando Alec riuscì ad addormentarsi. Al risvegliò Magnus era già uscito.

Concentrarsi al lavoro sembrava, tanto per cambiare, impossibile. E sì che fino a qualche mese prima la nanomedicina era il fulcro della sua vita. Le ore passavano con inesorabile lentezza, le mail si accumulavano, in laboratorio i colleghi dovevano ripetergli le domande più volte. Sospirò, doveva darsi una svegliata, c'era altro nella vita oltre a Magnus. Niente di così importante, ma c'era. In qualche modo riuscì a lavorare decentemente fino alle sei, poi corse a casa.
Nessuno. Non c'era nessuno. Alle nove tirò fuori dal freezer una vaschetta di gelato, alle dieci accese Netflix. Dopo quattro puntate di The Witcher sentì la chiave girare nella toppa. Era passata la mezzanotte. Magnus, bello come un dio, con i capelli lievemente spettinati e la camicia sudata appiccicata al corpo, puzzava di fumo e alcool. Senza degnarlo di uno sguardo si chiuse in bagno e Alec sentì il rumore della doccia. Aspettò che tornasse ma l'uomo andò direttamente in camera e chiuse la porta.

Perché non gli dava la possibilità di scusarsi? Il loro rapporto non valeva forse questo sforzo? Il suo uomo era dolce, attento, spiritoso e leale, ma anche orgoglioso e testardo. Dava la sua fiducia con difficoltà, ma se lo faceva si aspettava lo stesso in cambio. Alec prese il solito plaid e cercò una posizione non eccessivamente scomoda sul divano troppo corto, il loro letto rimase vuoto e freddo.
La giornata successiva si svolse nello stesso identico modo. Magnus uscì presto e tornò tardi, questa volta con in più un segno di rossetto sul collo. Alec lo fermò prima che sparisse di nuovo: “Magnus ti prego, parlami. Così non ce la faccio”.
L'uomo lo guardò con un mezzo sorriso che non arrivava all'occhio. “Peccato” disse con un'inflessione crudele nella voce: “Io mi sto divertendo”.
Alec sapeva che non era vero ma il commento riuscì a ferirlo lo stesso.
“Te l'ho già detto una volta, se vuoi che vada a casa mia devi solo dirmelo. Se pensi che ormai...”
Magnus si girò e per un secondo ad Alec parve di scorgere panico nel suo sguardo ma non poteva esserne sicuro perché qualsiasi cosa fosse sparì subito.
“E io ti ho già detto che casa tua è questa. Adesso vai a letto Alexander, il divano mi serve”.
“Mi spiace Magnus, ti prego perdonami...”
“Vai-a-letto”.
Alec si rifugiò in camera sbattendo la porta. Dannazione a te e al tuo carattere del cavolo! Vuoi stare da solo, stacci. Però non riusciva a smetter di pensare che finché Magnus lo avesse voluto lì una speranza c'era.

“Adesso basta, stavolta lo ammazzo!” Isabelle era passata pranzare col fratello ed era rimasta scioccata dal suo aspetto stanco e depresso. “Settimana scorsa eri al settimo cielo, e per un attimo ho pensato che forse avevi fatto la scelta giusta e adesso guardati, spettinato, con i vestiti conciati e occhiaie tali che sembra tu abbia preso un pugno in faccia. Per non parlare del tuo umore”.
Alec fece un flebile sorriso, sua sorella era sul sentiero di guerra. “Izzy calmati, questa volta è tutta colpa mia...”

“Ci scommetto, sei proprio una cattiva persona,” fu il suo commento ironico.
“Credici invece,” rispose Alec. Mentre spiegava, Isabelle diventava sempre più pensierosa.
“Fratellone, questa volta hai fatto un bel casino, ovvio che si sia arrabbiato. Però se vi amate davvero deve ascoltarti, darti la possibilità di spiegare”.
Alec aveva smesso di ascoltare a però se vi amate. Magnus lo amava? Lo amava quanto Alec amava lui? Ne era stato così sicuro ma era ancora così?


Lo stress e la mancanza di sonno cominciavano a pesare, quella sera Alec decise che era inutile aspettare ancora, spense la luci e andò a letto presto.
Non sapeva che ora fosse quando il rumore della porta d'ingresso lo svegliò. Senti i passi di nell'ingresso, poi vide la luce sotto lo spiraglio della porta. Un tonfo, lo zaino di Magnus che cadeva terra?
“Alexander?” la voce rasentava il panico. Alec si alzò.
Passi di corsa, “Alexander!” ora il panico era reale. La porta della sua stanza che veniva spalancata. Magnus sulla porta respirava a fatica.
“Cucciolo... pensavo te ne fossi andato”, una singola lacrima gli rigava il volto.
“Sono qui, tesoro, sono qui. Non potrei... senza di te...” Sarebbe mai riuscito a smettere di balbettare davanti a Magnus? “Mi sei mancato così tanto”.
Magnus sembrava ancora non credere ai suoi occhi, una risatina nervosa gli sfuggì dalle labbra.
“Avevi ragione, avevi ragione su tutto. Ho sbagliato a nascondere quella lettera. Sono abituato a proteggere Jace e Isabelle e Max... tutti. Ma non è una scusa valida. Perdonami”.
Magnus sorrise, un sorriso vero questa volta. “Sei perdonato amore disse passandogli i polpastrelli sulla guancia mentre gli faceva scorrere il pollice sulle labbra.
“Torneresti a letto con me Magnus?” chiese Alec piano.
La risposta fu un bacio lungo e sensuale.

La sera seguente, quando Alec rincasò, Magnus aveva preparato una cena a base di aragosta, con tanto di candele e rose sul tavolo. In sottofondo What is Love, Baby don't hurt me, don't hurt me, no more. I want no other, no other lover, this is our life, our time, we are together I need you forever. Is it love?
Alec sentì il cuore gonfiarsi di amore, cosa aveva fatto per meritarsi quest'uomo?

   
 
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