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Autore: Storytime_Love    24/02/2020    2 recensioni
Alec si trasferisce in un nuovo liceo, uguale a tenti altri tranne che per la presenza di un gruppo di ragazzi speciali, la corte dei dorati, guidati da un Re e una Regina. Bellissmo, carismatico, forte e inavvicinabile per Alec Magnus Bane non è un re ma un drago, il suo drago.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Talk Show


“E' andato dove?”
“A Brooklyn, parteciperà al Late Night Show di Stephen Colbert, te l'ho detto. Non lo sapevi?” rispose Max. “Ho preso un biglietto, pensavo venissi anche tu, per questo sono passato. Ho l'aereo fra un'ora”.

Alec guardò il fratello. “Perché ci va?” chiese pur conoscendo già la risposta.

“... Per raccontare la sua versione”.
“E per farsi ammazzare. Ecco perché non me l'ha detto. Dammi quei biglietti...”
“Stai sragionando. Se lui è la vittima, perché dovrebbero prendersela con lui?”
Alec sospirò: “La gente è strana, Max. L'opinione pubblica si è schierata contro tutti e due, il pazzo maniaco e il malato di mente, un omosessuale e un bisex, entrambi da linciare. Solo Camille ne è uscita bene”.
“Secondo me esageri, ma tieni” disse passandogli i biglietti dell'aereo e dello show.

L'aereo atterrava due ore prima dell'inizio delle riprese e Alec prese un taxi fino all'Ed Sullivan Theatre. Si era messo occhiali scuri e berretto per mantenere l'anonimato e fino a quel momento aveva funzionato bene, Clark Kent insegna...
Max aveva preso un ottimo posto, in terza fila. Lo show era divertente, irriverente e caustico, il pubblico rideva, poi Colbert annunciò la guest star della serata, lo stilista al centro delle controverse notizie del momento, Magnus Bane.

Alec vide Magnus salire sul palco, il suo stile eccentrico e sexy portato allo stremo, strettissimi jeans d'oro, maglietta fucsia strappata con la scritta Don't slobber on the guest star in nero glitterato, uno spolverino senza maniche nero trasparente lungo fino ai piedi, bracciali, catene e un armband d'oro. I brillantini fucsia sulla benda venivano ripresi dall'altro lato in un ricciolo che scendeva sullo zigomo. Il trucco era perfetto, l'eyeliner gli allungava l'occhio fino alla tempia, l'ombretto sfumava dal nero al magenta, rossetto nero, unghie cangianti. Aveva rasato i capelli cortissimi ai lati e colorato le punte della cresta in oro, era uno spettacolo incredibile.
Il pubblicò scoppiò in un applauso roboante e Alec si rilassò. Troppo presto. Da qualche parte qualcuno cominciò a urlare insulti omofobi, “Pagliaccio, tornatene a leccare il c*** del tuo carceriere... dovevi ucciderti per davvero... scarto della natura...” Altri due o tre voci si unirono, cominciarono a volare oggetti sul palco. Magnus sorrideva imperturbabile, almeno finché qualcosa di pesante non lo colpì alla testa. La sicurezza era in movimento. Alec vide il sangue colare sull'occhio sano di Magnus. Saltò su e corse verso il suo uomo, una delle guardie gli si parò davanti, probabilmente pesando fosse uno degli agitatori ma Alec non aveva tempo di spiegare. Colpì l'uomo con un destro - grazie Jace che mi hai convinto a fare boxe - e con un balzò fu sul palco. Si parò davanti a Magnus, facendogli scudo col suo corpo.
“Alexander, cosa ci fai qui?”
“Ogni tanto ci parlo, con i miei fratelli,” tentò di scherzare prima di venir colpito a sua volta. “L'occhio, come va?”
“Non è niente cucciolo, solo un taglietto, sul sopracciglio credo” rispose Magnus tamponandosi la parte interessata con un fazzoletto bordato di pizzo.
“Perfetto, andiamo adesso, via da qui”.
Magnus scosse la testa. “Non posso, questa storia deve finire”. Con un sorriso scostò Alec e avanzò verso il fronte del palco. La spalle dritte, il passo sicuro, la testa alta, anche da dietro Alec vide emergere il drago. La voce di Magnus aveva mille toni, a volte era calmo, a volte ironico, dolce, divertito, tagliente o deciso, ma Alec non lo aveva mai sentito gridare. E non gridò neppure questa volta. Era la voce di una attore, il genere di voce che riempie la sala, raggiunge ogni angolo e impone di ascoltare. La voce che aveva bloccato i ragazzi nello spogliatoio tanti anni prima, che aveva costretto Billy a lavare l'armadietto. E il pubblico si calmò mentre gli uomini della sicurezza facevano uscire i pochi colpevoli. Tutti gli occhi erano puntati su Magnus.
“Grazie per l'attenzione. Prima di iniziare vorrei presentarvi un ospite a sorpresa, almeno per me. Il mio compagno, Alexander Lightwood”. Magnus gli tese la mano e Alec la prese d'istinto, si sentiva privato di ogni possibilità di scelta, completamente in balia di Magnus. L'uomo lo attirò a se e gli diede un bacio davanti a tutti. Un bacio vero, lungo e dolce, di quelli che ti fanno dimenticare dove sei e chi c'è intorno.
Poi Magnus cominciò a raccontare gli stessi fatti che erano riportati nell'articolo, ma aggiungendo le emozioni, i pensieri, l'amore nascosto, la paura di non essere accettati, l'imbarazzo, la timidezza, la solitudine di quei sei lunghi anni. Parlò del loro incontro, della gioia di quei cinque giorni perfetti. Poi del suo incidente del terrore di non essere abbastanza.
“Questo non l'ho mai rivelato a nessuno, tanto meno ad Alexander. Lo dico oggi a voi perché è giusto che conosciate la storia intera. Quando ho usato quella lametta l'ho fatto perché pensavo che la mia vita fosse finita, perché, come mi hanno fatto notare, ero un po' narcisista e non sopportavo il mio aspetto, ma soprattutto l'ho fatto perché così com'ero non potevo chiedere ad Alexander di accettarmi, di stare con me, magari di amarmi...” Alec gli strinse la mano e Magnus ricambiò la stretta. “... e dopo averlo ritrovato non riuscivo più concepire una vita senza di lui, non avrebbe avuto senso”.
Alec non riuscì a resistere “Ti amo da morire, Magnus Bane” gli sussurro piano. Ma non aveva tenuto conto del microfono che Magnus aveva appuntato alla camicia.

Il clima in studio era mutato, la gente applaudiva e li incitava. Tornata la calma Magnus riprese, descrisse la sua apatia in clinica, gli sforzi senza risultato di medici e infermiere, poi l'arrivo di Alec, come lo aveva scosso, costretto a reagire. Senza di lui non ce l'avrebbe mai fatta, spiegò.
“E quella frase, che penso sia rimasta in mente a tutti, è vero che Alexander le ha detto che non gli importava del suo occhio?” chiese Colbert.
“E' vero”, rispose Magnus portandosi la mano alla benda, “ma come sempre le parole sono soggette a varie interpretazioni. Penso che questa sia una domanda che dovreste fare direttamente a lui ”.
Colbert passò il microfono ad Alec che si trovò nella situazione che più odiava la mondo: al centro dell'attenzione, costretto a parlare in pubblico.
“Si, ecco... Magnus, lui... cioè, mi spiaceva certo ma non...” Prese un respiro profondo. “Io lo amo per la persona fantastica che è, amo tutto di lui, non solo il suo aspetto fisico”. Poi temendo che Magnus potesse prenderla male aggiunse. “Anche se è l'uomo più bello che abbia mai visto”, a questo punto si rese conto che l'aveva detto davanti a migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti e avvampò. “Insomma, volevo solo fargli capire che l'avrei amato a prescindere, che avrebbe dovuto chiamarmi, che il mio posto era accanto a lui sempre e comunque... in quel senso non mi interessava, e ancora non mi interessa, del suo occhio”.
Il presentatore annuì: “Sì capisco, letta in quest'ottica la frase cambia completamente. Ma andiamo avanti...”
Magnus finì il racconto arrivando fino al presente, poi Colbert gli rivolse un'altra domanda: “E cosa mi dice di Camille Belcourt?”
“A differenza sua io non vado in giro a infangare la reputazione delle persone. Diciamo solo che è una donna egoista e vendicativa. Forse sarà venuto in mente anche a voi che per avere foto di determinati momenti era necessario che il tutto fosse accuratamente pianificato, che ci fosse qualcuno che sapeva cosa sarebbe successo e quando”.

“La sua nuova linea di abiti si chiama Forever Light...
“Luce per sempre, un bel nome, rimanda a una gioventù luminosa, felice. Ma per me è un augurio, una speranza. Per sempre insieme” disse Magnus girandosi a guardare Alec negli occhi e lasciandogli una piccola carezza sulla mascella. “Ah, su una nota più leggera, vorrei aggiungere che per la linea uomo ho trovato un nuovo fantastico modello, molto sexy”. Poi si rivolse alle telecamere, fece l'occhiolino e salutò: “Ciao Maximillian, adesso puoi arrossire!”
Alec rise, neanche Jace sarebbe riuscito a far morire d'imbarazzo il fratello in mondovisione.

“Benissimo, grazie per essere venuto, credo che questa puntata passerà alla storia! Ha qualcosa da aggiungere?”
Magnus scosse la testa con un sorriso. Fu Alec a farsi avanti: “Posso?”
“Ma certo signor Lightwood”, Colbert fece un cenno a un ragazzo che corse a mettere un microfono anche ad Alec.
“Sì, grazie... Ecco, io non pensavo di farlo così, non era... pianificato. In qualche modo mi sembra giusto e visto che ce l'ho sempre dietro... però fra l'articolo e tutto il resto...” Si fermò un attimo e fece un profondo respiro. Al diavolo suo padre, le telecamere, Camille e il resto del mondo. Ora esistevano solo loro due e quando erano vicini tutto era perfetto.
Posò un ginocchio a terra e, senza lasciare la mano di Magnus, con la sinistra prese una piccola scatoletta blu dalla tasca e ne fece scattare il coperchio: “Magnus Bane, mi vuoi sposare”.
Magnus guardò gli occhi di Alec, così pieni d'amore: “Oggi e per sempre”.
Mentre il teatro quasi crollava per gli applausi la telecamera si spostò sull'anello: un drago d'oro che si mordeva la coda.

 

FINE

Spero vi sia piaciuta :) Io mi sono divertita a scriverla. La scelta della perdita dell'occhio di Magnus è stata dettata da due considerazioni:
1. Nell'originale Magnus si vergogna dei suoi occhi da gatto, occhi che per ovvi motivi non potevo dargli. Quindi...
2. Sempre nel telefilm lo stregone resta senza magia, cosa che lo fa sentire inadeguato e incompleto, che gli fa credere che la sua scintilla si sia spenta. Qui è la perdita di parte della sua (fantastica) bellezza a creargli problemi simili. Problemi che grazie al suo cucciolo questa volta riesce a superare.

 

   
 
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