Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Stellato    08/03/2020    17 recensioni
Siamo nel 1775, rispetto alla storia originale Rosalie manca (manca?), il conte di Fersen è ancora in Svezia e le giornate scorrono monotone in quel di Versailles tra un brutto tiro e l’altro della Polignac e i capricci di Maria Antonietta.
E se Oscar avesse avuto un’amica?
Questo, signori, è il folle tentativo di innestare un po’ di frivolezza nella stoica esistenza di madamigella Oscar.
Ad aiutarmi nell’impresa ci sarà una tizia bizzarra inventata di sana pianta, naturalmente André, un viaggio nella profumata Provenza, delle illustrazioni ad acquerello e probabilmente degli scivoloni fuori personaggio perché questa sarà una storia (insostenibilmente) leggera.
Forse.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
Mamma e figlia
 
 
La passeggiata continuava da più di un’ora e si erano a malapena lasciati alle spalle i campi coltivati, ma con Magali al seguito era necessario tenere un ritmo abbastanza lento per non stancarla, oltre che per non perderla nei momenti in cui improvvisamente lasciava la presa della mano di Sabine o di André per schizzare all’inseguimento di una farfalla, come pure alla conquista di un sasso bianco luccicante nella ghiaia. Di Oscar non aveva voluto saperne, la sua ormai era una guerra dichiarata e unidirezionale che il trio di giovani adulti trattava con la considerazione dei cavalli per i moscerini, confidando in una sua rinuncia per spossamento che tardava ad arrivare.
Nei prati attorno al loro cammino, strie violazzurre di borragine e malva si alternavano ad altri fiori di campo in un verde rigoglioso nonostante la siccità che invece rivelava il sentiero riarso, talmente arido che in alcuni punti più ripidi della discesa diventava difficile non scivolare sul brecciolino secco di vento e di sole. Le chiacchiere tra loro allora si diradarono, passarono dagli inesauribili racconti provenzali di Sabine al silenzio di chi presta attenzione a dove mette i piedi, rallentando ulteriormente la loro escursione.
 
Giunti ad uno smottamento particolarmente ostico, André sollevò Magali e subito porse l’altro braccio alla baronessa; un gesto che Oscar non avrebbe neppure dovuto notare poiché era di certo la più agile tra loro, il salto in questione avrebbe potuto farlo a occhi chiusi. Tuttavia, la mancata offerta d’aiuto fece il paio con la sensazione stonata che aveva provato fin dall’inizio del giorno, quando nell’incontrarsi per caso all’uscita delle loro stanze il saluto di André era stato inspiegabilmente freddo. A cui era seguita la mattinata in cui si era dileguato, trovando il modo di rendersi utile in chissà quali faccende della casa in cui teoricamente avrebbero dovuto essere solo ospiti e restare in panciolle... ma lui era fatto così. Lei aveva provato ad ammazzare il tempo in una lettura senza voglia, spulciando tra i libri della deludente biblioteca di Laurence Florentin, ma un’insofferenza senza nome la distraeva dalle righe.
Ci avrebbe giurato: qualcosa non andava.
Anche se si era ripromessa di far tornare le cose al proprio posto dimostrandosi più tranquilla, era bastato quell’atteggiamento imprevisto di André a rimetterla sulla difensiva.
Adesso ce l’aveva con lei? E perché mai doveva essere lui ad avercela con lei? Non poteva fare a meno di domandarsi se stesse esagerando ora o l’avesse fatto in precedenza, infastidita per quel ripresentarsi non richiesto di ipotesi in conflitto tra loro nella sua mente.
Da quando in qua si accorgeva di simili sfumature del proprio umore, o di quello di André, persino?



Perché solo adesso iniziava a farsi domande simili?
Quanto di lei si andava sgretolando come quel sentiero e rotolava a valle, allontanandosi dal suo controllo?
Non era certo abituata ad aver tutto quel tempo libero, ecco cosa. Le fantasie da ozio potevano essere insidiose, esasperanti, ma col passare delle ore si dissipavano… c’era da stare tranquilli, aveva ragione Sabine.
Eppure, volente o nolente si trovava ad osservare più del dovuto il volto maschile che avrebbe dovuto conoscere a memoria e che invece sembrava contenere storie a lei ignote, suggerimenti della pelle mai notati prima, come l’ombra della barba nascosta nella fossetta sotto le labbra carnose o l’esile cicatrice di una caduta antica, proprio accanto al sopracciglio disteso, parte di quel suo sguardo gentile, gentile sempre.
Quanto accadeva e quanto era accaduto senza di lei, nonostante tutto il loro tempo condiviso?
Quali segreti aveva André?
Lui tardò ad accorgersi di quell’ispezione, ma infine si volse a incrociare il suo sguardo, reagendo istintivamente con un sorriso rassicurante. Che divenne assoluto stupore quando la vide inciampare, spiazzata a sua volta di quel ritrovarsi improvvisamente a terra, nobili terga al suolo e palmi nella polvere.
“Tutto bene?” “Vi siete fatta male?” chiesero subito in coro André e Sabine, mentre un sorrisetto sadico si faceva largo sul volto di Magali.
“Nulla, nulla… ho solo ammaccato l’orgoglio.” ammise, rialzandosi da sé.
“Già fuori allenamento, colonnello de Jarjayes?”
“Il paesaggio è così bello che è facile distrarsi, Sabine.” rigirò. “Vogliamo trovare un posto dove fermarci?”
“Ecco, quella radura laggiù!” puntò entusiasta l’altra, indicando uno spiazzo al riparo tra gli alberi un centinaio di metri più in basso, mentre lottava con le folate che provavano a rubarle il cappello.
“Io ho fame”
“Sii paziente, Magali, ormai ci siamo.”
“Ma io ho fame adesso!” piagnucolò.
“Quindi adesso è il momento di mettere le gambe in spalla: prima si arriva, prima si mangia” spronò la baronessa.
E non appena sistemati sullo spesso telo a quadri colorati disteso sull’erba, anche gli adulti si affrettarono a metter mano ai biscotti e al pane all’uvetta, perché se c’era una cosa che accumunava tutti gli elementi di quell’improbabile trio era un entusiasmo sincero per il cibo.
Alla bambina invece bastò un solo biscotto a farle decretare con la bocca ancora piena di volere esattamente quello che aveva afferrato Oscar dal piatto. Proprio quello. Non ne fecero una questione di principio e Oscar glielo porse immediatamente, ma una volta ottenuto il biscotto specifico, la piccola dichiarò di non averne più voglia.
Sabine soffocò un’imprecazione roteando gli occhi al cielo.
“Sai che non appena rientrerà mia madre le dirò che ti stai comportando mooolto male, Magali?”
Questo parve colpirla.
“No, no, no… per favore!”
“Allora vedi di comportarti meglio. Comincia col dare del voi ai miei ospiti, tanto per cominciare. E chiedi scusa ad Oscar.”
“Ma non le ho fatto nulla!”
“Magali!”
“Scusate…” disse incrociando le braccia quella, ma la totale assenza di convinzione non convinse nessuna delle parti.
“Oscar, davvero scusatela, e scusate me per non riuscire a contenerla.”
“Non preoccupatevi per nulla, Sabine.” fece l’oggetto delle vessazioni.
“A me puoi dare del tu, piccola.” provò André mellifluo “Ma è un peccato rovinare questa bella giornata con i bronci, perché non provi a far contenta la baronessa e ad essere più gentile?”
Magali sgranò gli occhi, già rinvigorita.
André le piaceva.
Gliel’aveva anche detto quella mattina, esclamando “Bello…” quando lui le aveva augurato il buongiorno come fosse una vera dama, con un piccolo inchino che l’aveva estasiata. Chissà se aveva capito che si riferiva a lui e non al gesto.
Calmo e accondiscendente rispetto a Sabine che comunque provava a contenere le sue spine, il giovane dagli occhi verdi era diventato il suo preferito del momento, nonché la persona di cui provare a monopolizzare l’attenzione dato che la sua amica non faceva che rivolgersi alla tizia vestita da uomo.
“Va bene. Allora aiutami a prendere le pratoline e ti faccio una coroncina! Io so intrecciare bene i fiori, ti insegno se vuoi!” e già si allungava a cogliere le piccole margherite più vicine a loro.
“Possiamo, baronessa?” sondò lui, rassegnato.
“André: Sabine.”
“Come?”
“Chiamatemi Sabine, se me lo fate ripetere ancora una volta giuro che vi affido Magali per tutti i giorni a venire.”
Un lampo di preoccupazione contraddisse la dichiarazione successiva dell’uomo: “Ma non sarebbe certo un problema…”
Le occhiate beffarde delle altre due lo indussero a continuare “…Sabine!”
“Ah, volevo ben dire.” fece quella, soddisfatta. “Ma prendo comunque sulla parola la vostra offerta, André. Almeno per una breve passeggiata con Oscar, possiamo lasciarvi a intrecciare fiori con quel folletto?”
“Naturalmente baron… Sabine.”
 
 
***
 
 
“Non è una bambina cattiva.” dichiarò la donna, sistemandosi lo scialle non appena si furono allontanate di qualche passo.
Oscar di rimando la guardò sorpresa. “Perché, ne esistono?”
Sabine sorrise.
“È molto sola. Certo, mia madre l’ha salvata dall’orfanotrofio, ma la sua condizione a casa la rende un’estranea per i suoi coetanei. Persino le domestiche non sanno più bene come approcciarla. Vedete, Magali è una via di mezzo… la protetta della signora, ma non la figlia della signora. E ovviamente le preferenze che le indirizza mia madre la espongono ad ogni tipo di invidia…”
Un collegamento all’infanzia di André attraversò la mente di Oscar, incupendo il suo sguardo. Per fortuna. Per fortuna il loro essere due vie di mezzo insieme li aveva salvati dalla solitudine, realizzò.
“Ma ovviamente questo non l’autorizza ad essere così capricciosa.” continuò la baronessa, sospirando. “Dovrò parlarne con mia madre… credo sia l’ennesimo discorso che non vorrei fare e che invece mi toccherà affrontare, finendo col parlare del perché non ho ancora figli e quindi non possa far valere le mie opinioni come educatrice…”
Con cautela, molta cautela, Oscar sentì di poterle chiedere: “E li vorreste, dei figli?”
“Eccome.” fu la risposta immediata che rivelava molto altro. Ma non articolò, e ad Oscar non rimase che cambiare argomento.
“Magali.” rimuginò quasi tra sé e sé. “È un nome raro, non l’avevo mai sentito prima.”
“Qui è molto diffuso; credo sia proprio provenzale… molti nomi provenzali hanno un corrispettivo francese, sapete? Ad esempio voi ed io abbiamo lo stesso secondo nome: Franchouèze!”
“Come?”
“In effetti al maschile sarebbe Franchouè.” si corresse Sabine.
“Sembra… Italiano?”
“Ci sono parecchie somiglianze, sì, le Alpi sono dietro l’angolo. Senza contare che ci sono tantissimi italiani che si sono spostati qui con l’arricchirsi della zona per il commercio dei profumi; la tradizione a cui si affida Grasse è soprattutto toscana. Anche la mia famiglia ha radici nel bel paese, e ho tuttora dei parenti di mia madre a Firenze.”
“Siete mai stata a trovarli?” chiese Oscar con gli occhi accesi dall’interesse. Nella sua stanza di Parigi, da prima che lei nascesse, c’era appesa un’acquaforte del campanile di Giotto e della cupola di Santa Maria Maggiore e sognava di vedere dal vivo quella piazza, prima o poi.
“No, macché. Non ho visto che Parigi e Grasse. Lo sapete, a viaggiare è sempre stato mio marito.” rispose la baronessa con amarezza.
Passarono altre folate di mistral e altre incertezze.
“Volete parlarne, Sabine?”
“Io… Non credo di riuscire a farlo.”
Continuando a camminare fianco a fianco, senza osservarla, Oscar le restituì le parole del giorno precedente.
“Non voglio forzarvi, ma di recente una persona saggia mi ha detto che sfogarsi con le persone fidate è utile a schiarirsi le idee.”
La baronessa annuì con un ghigno di sarcasmo, non senza una punta di divertimento.
“Saggia… temo sia un giudizio da rivedere il vostro.”
“E la stessa persona saggia non fa altro che provare ad ascoltarmi senza curarsi di giudizi di sorta.” ribadì Oscar, fermandosi. “Perdereste l’occasione di fidarvi dei vostri stessi preziosi consigli?”
A quel punto, Sabine esplose.
“MA QUANDO MAI HO ASCOLTATO I MIEI… ma.. che cavolo… è il caso di ridere, Oscar?” chiese all’amica che provava a soffocare un raro attacco di ilarità.
“Sì. Mi fa ridere che stia iniziando a conoscervi. E mi fa ridere che vi scappino risposte brusche come questa, le trovo un modo molto salutare di esprimersi.”
“Scommetto che tra voi e André non avete mai cacciato neppure un Dannazione! nei momenti di rabbia.”
“Il più paziente dei due è sicuramente lui” assestò Oscar. “Ma ammetto che entrambi non siamo portati a verbalizzare l’insofferenza.”
“Ah, ma sapeste la soddisfazione che dà un bel MERDA! al momento giusto!” rincarò con eleganza ancor meno che borghese la baronessa.
L’altra scosse la testa, esaurite le risate riprese a camminarle accanto, le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo comprensivo.
“Allora, Sabine. Sono tutta orecchie.”
 

 
***


A raccontarla, una situazione in stallo come quella di Sabine non sembrava insormontabile, ma non per questo era meno angosciante per lei che viveva sulla propria pelle quello stato di impotenza. Il non sapere cosa dover fare, prima ancora di non avere il coraggio di farlo, la teneva lì in attesa delle mosse altrui, e la spiegazione che fornì ad Oscar non fu che un ammasso confuso di queste sofferenze. Andare, tornare, scrivere… restar fermi in compagnia dell’aleggiante senso di colpa per la sua fuga dal confronto con il marito, ormai probabilmente giunto a Parigi.
 
“Gli avete lasciato una lettera, un messaggio per dirgli che eravate qui?”
“No, ma può facilmente venirne a conoscenza tramite i domestici, non ho mica fatto mistero della destinazione il giorno in cui sono partita.”
“…Lo state aspettando?”
La baronessa sbuffò.
“È finita, davvero. Sto aspettando sue notizie però, questo sì. Chissà, magari arriverà direttamente una lettera dei suoi legali con le spiegazioni sul come procedere con la separazione, l’annullamento… quello che è per rendere la libertà al ricco rampollo de Plantier. Non credo che la madre baderà a spese per riuscirci, non le sono mai andata a genio.”
Si accomodarono su una roccia scolpita dalle intemperie, e dopo un po’ Oscar tornò a parlare: “Mi sfuggono parecchie cose.”
“Siamo in due.” le fece eco l’altra, nebulosa.
“La vostra certezza assoluta quando dite che non ci sia speranza, ad esempio”
“Perché non c’è.”
A questo punto Oscar la osservava incuriosita come se avesse parlato in un’altra lingua. “Non prendetela male, ma questa vostra sicurezza lapidaria non è basata sui fatti, quindi dovreste considerare l’eventualità che…”
“Ma dovete fidarvi di me!” La interruppe alzando la voce. “È mio marito, saprò bene cosa vuole!”
“…”
“…”
“E voi cosa volete?”
“Io?”
“Ricordo di avervelo già chiesto, Sabine. Voi cosa vorreste che facesse lui? Potendo scegliere cosa far accadere, vorreste provarci ancora?”
La donna si strinse nello scialle violetto. Parve rimpicciolirsi, mordendosi le labbra in un’incertezza schiacciante, che spaventava. “Me lo chiedo ogni giorno, Oscar.” rispose pianissimo. “No. Sì. Potrei rispondervi l’una e l’altra cosa a seconda del momento, ed essere sincera perché continuamente mi faccio queste domande e continuamente cambio idea, però il risultato finale è sempre lo stesso: mi arrendo.”
“Perché.”
“Perché si arriva ad un punto di non ritorno in cui l’incertezza del futuro è comunque meglio dell’esasperazione che ci si lascia alle spalle.” recitò imbronciata. I capelli incendiati dal sole e spettinati dal vento, fili di rubino arrabbiati come lei.
“È stato davvero così… difficile? Io vi ho conosciuta da pochi mesi, ma non sembrava che le cose fossero così…” azzardò Oscar.
“Non ha fatto che lasciarmi sola.”
“Era nei vostri patti, però. Voi a Parigi, lui a seguire le sue ricerche; avete detto che era una vostra proposta.”
“Le cose cambiano!”
“Ma gliel’avete detto?”
La baronessa la osservava sorpresa. Di fatto non si aspettava un simile mordente dalla stessa persona che il giorno prima aveva a stento proferito due parole. Certo, non era lei ad essere sotto torchio, adesso.
“Mio marito non è così ingenuo da non aver capito che volevo che restasse con me! Che lo volevo vicino, diamine… non è mica così difficile! Non c’era spazio per me in quella testa piena dei misteri di madre natura, ecco cosa.”
“Che l’avesse capito o meno, resta il fatto che non glielo avete mai chiesto. O sbaglio, Sabine?”
“… Touché, Oscar. Touché.”



Rimasero così, sedute l’una accanto all’altra per un po’, senza parlare più. Una gran quantità di api laboriose sciamava nelle vicinanze, attirate dai cespugli carichi di caprifoglio estivo.
“Tornerò.” disse Sabine con poca voce, quasi inaudibile, come i ronzii delicati attorno a loro.
“Come avete detto?”
“Tornerò a Parigi. Devo parlargli ancora… di persona, non saprei scrivergli altrimenti.”
“Ne siete sicura?” chiese Oscar con tatto e buon senso.
L’altra annuì. “È la cosa più vicina alla sicurezza che senta da un bel po’, almeno.”
La bionda si alzò e le diede la mano per aiutarla a risollevarsi. Era tempo di tornare anche da André.
“Posso esservi di aiuto in qualche modo, Sabine?”
“Beh, sì.” Le sorrise con un velo di dispetto, o forse furbizia; qualcosa che ricordò all’altra l’espressione di Magali e non le piacque. “Vedete, resta il fatto che non posso partire subito” puntualizzò “Devo aspettare rientrino i miei genitori e mi piacerebbe essere ancora qui per Sant’Élie. È la grande festa patronale di Grasse, un evento bellissimo a cui manco da così tanti anni… è tra qualche giorno…”
La versione affranta di Sabine di qualche istante prima non era che un ricordo.
“E…?”
“E mi piacerebbe restaste con me fino ad allora, per poi rientrare insieme.”
Più di una settimana, ancora.
“Sarebbero tanti giorni, Sabine… Dovete pensare anche al tempo del viaggio… Mio padre non sa neppure che sono qui…” rifletté l’altra ad alta voce.
“Ma non vi accorgete di quanto vi stia facendo bene questa vacanza?”
“Mi trovate diversa?”
“Sì!” rispose Sabine di slancio. “Non si tratta di cambiamenti radicali, ma di spiragli. Concessioni alle alternative che non mi sarei mai aspettata da voi. Questa vostra disposizione d’animo verso le novità non vi fa sentire viva… non vi fa sentire libera?” chiese esaltata lasciando svolazzare lo scialle nel vento.
E in effetti Oscar doveva ammettere che quel ribollire di pensieri che l’accompagnava ultimamente poteva essere stancante, ma non era affatto malvagio.
Quello era il tempo in cui poteva prendere decisioni inaspettate.
Stupirsi di se stessa.
Le piaceva.
“Concedetevi qualche giorno in più lontana da tutto. Per favore. Ancora qualche giorno.” insisté Sabine.
“Va bene, va bene, siamo d’accordo. Ma non oltre la festa di Sant’Élie.”
“Affare fatto! Non un giorno di più, Oscar, promesso!” concluse l’altra entusiasta serrandole la mano in una stretta che poteva far invidia ai suoi soldati.
A poca distanza dal sentiero dove stavano camminando c’erano delle strutture pressoché piramidali in legno chiaro, su un rialzo del terreno, protette da una macchia alberata. Oscar non l’aveva notato prima, ma anche il ronzio degli insetti in quel punto era più forte, a momenti rivaleggiava col rumore delle foglie smosse dalle folate.
“Non avviciniamoci, lì ci sono le arnie” spiegò cauta Sabine.
“Quindi la Maison Florentin produce anche miele?” domandò l’altra affrettando un po’ il passo. Non aveva ne aveva mai avuto paura, ma il rumore della moltitudine di ali in lontananza stimolava in lei un timore arcano e istintivo, come quello dei tuoni.
“Non proprio… Abbiamo iniziato ad usare la cera in molti dei nostri unguenti, però le api sono state il dono nuziale che mi ha fatto Raymond.”
“Un regalo?”
“Già.”
“Per il vostro matrimonio, delle api?” insisté l’altra, credendo fosse uno scherzo.
“Pare che servano a far riprodurre i fiori, è una scoperta recente.”
“In che modo?”
“Non ne ho la minima idea, Oscar. Il barone provò a spiegarmi al tempo, ma ero troppo seccata all’idea di aver ricevuto delle api per dargli retta.”
“E… ci sono stati risultati?”
“I campi più vicini alle arnie hanno aumentato la produzione a dismisura negli ultimi anni. È impressionante. Mio padre sta provvedendo ad installarne altre.”
“Ma è incredibile! E tutto per delle api… Cosa ne ha pensato vostro marito?”
Sabine la fissò indignata a quella ipotesi, come se la sola idea le facesse orrore.
“E dargli una simile soddisfazione? Non gliel’ho mica detto.”
 
 
***
 
 
“Giochiamo a mamma e figlia; io sono la mamma, Sabine!”
Era difficile star dietro a Magali quando aveva tante energie. Il pisolino che si era concessa dopo aver fatto le coroncine di fiori con André era durato poco, si era svegliato non appena erano tornati ad essere in quattro. E adesso dava loro i tormenti, bloccando ogni pigra conversazione che provassero a intavolare mentre il sole si abbassava e si avvicinava il momento di andar via.
Con una pazienza e una concentrazione distribuita in modo ammirevole, Sabine si prestava al gioco della bimba continuando a chiacchierare e mettendo via nella cesta ciò che restava della loro merenda nell’erba.
Osò però protestare nel momento in cui Magali, nella parte di una mammina apprensiva, provò a tutti i costi imboccarla con un legnetto, ovvero il cucchiaio immaginario con cui girava petali e altra vegetazione nella conca di una foglia d’edera.
“È la zuppa che ti ha fatto la mamma; mangia, su.”
“Magali… non potresti passarmi dei biscotti, invece di questa sbobba?”
“I biscotti solo se finisci la verdura!” disse la piccola despota esercitando un chiaro contrappasso agitando il bastoncino.
“Ti stai forse vendicando del pranzo di ieri, bestiolina?”
“Fai aaah” continuò quella divertita, spalancando la bocca per dare l’esempio.
“Aspetta solo che rientri madame Toto” minacciò Sabine, ma il sorriso con cui lo fece dissolse l’effetto di quelle parole, facendo scoppiare in una risata argentina la piccola.
Madame Toto?” chiese André.
“Toto sta per Tognetta in realtà. È il nome di mia madre.”
Gli altri due si osservarono in tralice. Dov’è che avevano già sentito quel nome così insolito?
“Che poi sarebbe Antonietta in provenzale, eh.” continuò la baronessa.
“André, André! Allora facciamo che tu hai la corona e quindi sei il re.” propose Magali riferendosi ai fiori intrecciati ancora poggiati sulle onde brune del ragazzo. Poteva essere una bimba seccante, ma aveva fatto un ottimo lavoro.
“Il re, hm? Mica male.” commentò soddisfatto. “Accetto le responsabilità del mio ruolo di sovrano e prometto di non scambiare il mio regno con l’ultimo dei panini all’uvetta.” dichiarò solenne facendo ridere la piccola e passando il panino citato a Sabine.
Sfiorò la mano di Oscar nel raccogliere il suo stesso piattino.
Stavolta lei non si tirò indietro, ma anzi incontrò il suo sguardo con un sorriso dolcissimo, un premio per il suo savoir-faire con la bimba dispettosa e allo stesso tempo una dichiarazione di pace, un punto e accapo tutto loro da cui André si lasciò mitigare.
Era tutto a posto.
Nulla di nuovo sotto il sole provenzale.
Oscar non aveva paura di lui.
Bastava quello.
Tirò un sospiro di sollievo, mentre Magali aveva deciso di arrampicarsi sulla sua schiena per sistemargli la coroncina e gli assestava gentili ginocchiate sulle vertebre.
Oscar intervenne nel tentativo di salvarlo.
“E io cosa sono, Magali?” domandò con tono di sfida, sapendo che l’avrebbe aizzata.
“Tu sei la strega.” sibilò la bimba ad Oscar, andandole incontro col dito puntato.
“Magali.” avvertì Sabine.
“…La regina.” corresse il tiro quella, fingendosi un agnellino.
“Meglio.”
La regina cattiva” venne aggiunto di soppiatto non appena Sabine si distrasse e davvero ad Oscar scappò da ridere. Non era forse da ammirare una simile testardaggine? Suo padre diceva sempre che la differenza con la caparbietà era irrisoria. Era una dote.
 “Mi raccomando non lasciare la mia mano” insisté Magali quando si furono rimessi in marcia verso la villa, continuando a fare il verso a ciò che le era stato detto in precedenza, ancora molto presa dal suo ruolo.
“Va bene, Magali”
“No, no Sabine, devi dire va bene Mamma, altrimenti non vale”
“Va bene, mamma…”
“E voi due, mica potete camminare così, facciamo il corteo!” ordinò la despota rivolgendosi agli altri due, e subito procedette ad intrecciare il braccio di Oscar a quello di André.
Intercorse tra loro una placida accettazione del comando della bimba, un assenso che nascondeva imbarazzo, piacere, affetto, il tutto in un ordine crescente che non provava solo il monarca, ma certo anche la sovrana in pantaloni, la quale sistemò meglio la presa e si strinse all’avambraccio tonico, dal profilo venoso e fermo.
“Ecco il re e la regina” proclamò Magali creando un precedente per l’investitura più veloce della storia, mentre Sabine osservava la scena con gusto.
 
Non sciolsero le braccia. Continuarono a camminare a quel modo, per tutto il percorso.
Era un’assoluta prima volta per loro, lo pensarono entrambi ma nessuno dei due provò a farlo notare, per paura di interrompere quel contatto che mai avrebbe avuto motivo di ripetersi… quindi perché non godersi quella sensazione per quanto possibile?
Perché non far finta di ignorare le occhiate soddisfatte della loro amica, per concentrarsi sul sole che si abbassava sulla valle in una carezza di colori caldi quanto il punto in cui i loro corpi si sfioravano, passo dopo passo?
Ora toccava ad Oscar ammettere che era normale.
L’umanità stessa si basava su quegli istinti tra gli uomini e le donne, quindi sì, era inevitabile apprezzare la vicinanza di André; aveva ragione Sabine.
Era normale che l’attrazione fosse tangibile, ma la verità era che andava in entrambi i sensi e ciò che aveva pensato di riconoscere in André le si rifletteva addosso, forse amplificato dalla sua inettitudine diventava difficile, come afferrare una goccia d’olio nell’acqua.
Lui sembrava così calmo, così sereno.
Così contenuto.
 
“Sabiiiiiiiiiine!”
Una figura femminile veniva loro incontro a braccia aperte dalla villa, urlando a squarciagola.
“Madame Toto!!!” urlò quindi Magali a sua volta, precipitandosi dalla signora con la parrucca.
“Mamma!” esclamò Sabine avvolgendo la madre in un abbraccio.
 
E mentre sbiancava dall’orrore, Oscar non mancò di valutare le esclamazioni ineleganti suggerite dall’amica quel pomeriggio per convogliare il suo estremo disappunto nel riconoscere la signora della carrozza in quella donna.
 
 

 
Un’Amica *Bonus Track*
 

(In questi giorni di sconforto collettivo e con la necessità di farci forza e coraggio a vicenda, mi pare un buon momento per aggiungere delle postille spensierate a questa storia, nella speranza di condividere un sorriso con chi passasse di qui. A tutti voi: siate prudenti e state bene!)


 

 
Schizzi che non hanno passato il rodaggio



 
Scatto delle nostre con abiti provenzali

 
Angolo mea culpa:
 
Questo racconto NON è storicamente corretto in più punti e non è nei miei piani il passaggio a una stesura più rigorosa perché -diciamocelo - non è quello che mi va di raccontare. Però nel tentativo di bazzicare nel verosimile qualche informazione l’ho trovata e magari le condivido qui (qualsiasi informazione ulteriore o eventuali correzioni sono sempre graditissime!)
 
- Di divorzio in Francia si è iniziato a parlare solo nel 1792, almeno per quello che concerne l’aspetto civile del matrimonio. In questa storia si ammicca alla possibilità di far sciogliere anche l’aspetto indissolubile del sacramento grazie all’uso di grandi quantità di denaro per corrompere chi di dovere. Sì, i personaggi che ne hanno parlato hanno un approccio molto laico (e cinico) a riguardo, me ne scuso.
 
- Per coprire la distanza Parigi - Grasse in diligenza nel 1775 ci sarebbe voluto più del doppio del tempo che ho usato io nel racconto. Poco meno a cavallo. Ma l’idea di ulteriori tappe metteva a dura prova il mio già scarso dono della sintesi… il rischio era di cominciare una storia completamente diversa in un altro posto ancora.
 
- Le nozioni di profumeria accennate sono/dovrebbero essere coerenti con l’epoca, mentre le note olfattive di cui spesso si parla per descrivere un profumo (testa, cuore e fondo) sono una definizione ottocentesca interessante che ero tentata di infilare, però ho fatto dietrofront. Avevo una mezza idea di come avrei composto delle eventuali fragranze per i nostri… ma anche in questo caso ho provato a tenere a bada la tentazione di dare troppo spazio a quello che fondamentalmente resta il set-up della storia, per quanto mi diverta poi a cercare dettagli della ambientazione.
 
 
 
  
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Stellato