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Autore: Soul Mancini    10/03/2020    11 recensioni
Caldo.
Le sento: goccioline di sudore mi imperlano il collo, la schiena… caldo, troppo caldo.
Muovo qualche passo, non so nemmeno verso chi. O forse son da sola.
Non lo so, la gente va e viene. Si sposta.
Mi si abbassa la vista, la luce non sembra più così forte.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Implosione
 
 
 
 
Il cuore mi martella nel petto: ho paura, tanta paura. Sono atterrita, impotente, non posso che stare nel bel mezzo di quel corridoio e guardare.
Fa caldissimo, non mi sono neanche tolta il giubbotto.
Caldo. Lo sento diffondersi in tutto il mio corpo, è soffocante.
“No, no, no, no, così non va bene!” strillo. Spero che qualcuno faccia qualcosa, non riesco a vederla star male.
Ma le mie stesse parole mi giungono ovattate: le mie orecchie si stanno tappando, non sento più bene, tutto è sormontato da un ronzio sordo, sempre più forte e invadente…
Cosa sta succedendo alle mie orecchie?
Cosa sta succedendo intorno a me?
Mi sento lontana, estranea pure a me stessa.
Caldo.
Le sento: goccioline di sudore mi imperlano il collo, la schiena… caldo, troppo caldo.
Muovo qualche passo, non so nemmeno verso chi. O forse son da sola.
Non lo so, la gente va e viene. Si sposta.
Mi si abbassa la vista, la luce non sembra più così forte.
Devo togliermi il giubbotto. Mi strapperei anche la pelle se potessi.
Perché non riesco a sentire bene? Perché mi si sta abbassando la vista?
Sto ferma lì, impalata, mentre tutto attorno a me continua a succedere.
Un formicolio comincia a scorrermi nelle dita delle mani, fastidioso.
Devo togliermi il giubbotto, prima di sentirmi male dal caldo.
Me lo sfilo veloce, ma il caldo non si attenua.
Fate smettere questo ronzio, voglio tornare a sentire bene!
Cosa posso fare? Bere. Ecco, devo bere e questo mi aiuterà a tornare alla giusta temperatura.
Ho una bottiglietta d’acqua in borsa. La afferro, bevo lunghi sorsi; il mio corpo risponde ai comandi.
Ma la mia voce no. Vorrei dire a qualcuno che ho bisogno di sedermi, voglio spiegare cosa mi sta succedendo. Il mio cervello manda l’impulso, ma le labbra non eseguono, tutto ciò che ne esce è un suono inarticolato, un piccolo rantolo che nessuno sente.
Non sento bene.
Non vedo bene.
Sudo, ho le orecchie calde.
E adesso perché non riesco nemmeno a parlare?
Qualcuno mi passa a fianco, non so nemmeno chi sia.
Sento voci, sono lontane, non so cosa dicono.
“Ti vuoi sedere?” mi chiede mia madre.
Muovo qualche passo verso di lei – almeno le gambe funzionano bene! – ma non riesco a parlare, sono respiri pesanti quelli che metto uno dietro l’altro.
“Tutto bene? Sei pallida! Siediti!” Mia madre è preoccupata e agitata, mi trascina dentro la stanza e mi fa accomodare su una poltroncina.
“Oh, stai bene? Sei bianca! Oddio, finisce che collassa!” esclama mamma, ha gli occhi sgranati. Non mi ha mai visto così.
Sto bene, tranquilla! Non è nulla di grave!, strilla la mia mente, ma non riesco a dirlo.
Perché non ci riesco?
Sento il collo fradicio.
Ma ora che sono seduta…
Ora va meglio. Il caldo comincia a scemare, il ronzio si attenua fino a scomparire, anche la vista torna al suo posto.
Quasi non mi ero accorta dell’infermiera che mi si è avvicinata e ora mi sta misurando la pressione.
Meno male che mi è capitato in ospedale, penso ironicamente.
“Che c’è?” continua a chiedere mamma, in ansia.
“Non… non riuscivo a parlare” bofonchio, la voce roca.
Però adesso ci sono riuscita!
Mi rilasso, sento che tutto sta tornando normale.
“Ha ripreso anche il colorito in faccia” commenta l’infermiera, dopo aver annunciato che la pressione è a posto.
Mi metto a sedere dritta e mi passo una mano sul collo: è madido di sudore.
Ma adesso non ho più caldo.
Ho solo voglia di andare in bagno.
E di piangere.
Non so nemmeno definire cos’ho appena vissuto: era forse un attacco di panico? Stavo per svenire?
Non sono abituata.
Ora che la vista è tornata, il bianco delle pareti mi schiaffeggia con tutta la sua nauseante potenza.
Ecco perché detesto gli ospedali: mi fanno stare troppo male, non riesco a guardare gli altri che soffrono, non riesco ad accettare che le persone qui dentro potrebbero lasciarci da un momento all’altro.
Forse non sono abbastanza forte.
Forse sono troppo empatica.
Mi sento in colpa: ci sono già abbastanza pazienti in questo posto, non ci volevo anch’io.
Mia madre mi porge la mano, la afferro e mi alzo.
“Devo andare in bagno.”
“Perché non stai ancora un po’ seduta?”
“Devo andare in bagno” ribadisco.
A piangere.
 
 
 
 
♠ ♠ ♠
 
 
Okay XD
So che questo scritto che vi ho presentato è piuttosto particolare e bizzarro, ma sappiate che è estremamente autobiografico: dopo aver vissuto questa “cosa” (non sono ancora riuscita a capire se fosse un principio di svenimento, un attacco di panico o un misto delle due cose XD), ho pensato di metterla per iscritto sia per esorcizzarla, sia perché mi sembrava abbastanza figa. Mi spiego: sul momento non mi sono sentita male, non avevo ansia, ero solo… strana, è stato un insieme di sensazioni particolari che non avevo mai vissuto.
I momenti peggiori sono stati il prima – lo spavento per quella persona che vedevo star male – e il dopo – il senso di colpa che ho spiegato anche nella storia.
I reparti ospedalieri, soprattutto quelli in cui sta la gente in condizioni medio-gravi, mi hanno sempre fatto stare male, ma stavolta l’esperienza mi ha davvero distrutto. Confesso che ora ho un po’ d’ansia a entrare in ospedale, forse perché ho paura ricapiti qualcosa del genere!
Ma, sorvolando sui miei disagi XD, spero che questo testo senza pretese vi sia piaciuto e vi abbia trasmesso qualcosa! Grazie a chiunque sia giunto fin qui :3
Alla prossima!!! ♥
 
 
   
 
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