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Autore: Moriko_    12/03/2020    6 recensioni
"Come ripeteva sempre suo padre, «per essere dei veri calciatori bisogna essere molto forti, avere un pizzico di fortuna… ma, soprattutto, tanta voglia di non arrendersi mai!»"
Un tuffo nei ricordi, accomunati da una grande passione per il calcio.
[Breve raccolta di missing moment su Yuzo Morisaki, scritti sulle note di Everyday life dei Coldplay.]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sommario: Quattro momenti, accomunati tra loro da una passione sempre crescente per il mondo del calcio.
Un tuffo nei ricordi, dall'infanzia fino all'età adulta.
[Un piccolo gruppo di missing moment su Yuzo Morisaki, scritti sulle note di "Everyday life" dei Coldplay.]






Everyday life.
「What kind of world do you want it to be?」



"What in the world are we going to do?
Look at what everybody's going through
What kind of world do you want it to be?
Am I the future or the history?"




Il piccolo parco della città era illuminato dai raggi del sole, che si facevano strada tra i rami degli alberi spogli. Strisce di intenso giallo e arancio si riflettevano sui vialetti dalla pavimentazione rossiccia che, con il loro colore, risaltavano accanto ai sempreverdi prati.
Un giovane padre stava rincasando lungo un piccolo sentiero che attraversava il parco, tenendo per mano il suo bambino di soli due anni. Con occhi curiosi e spensierati il piccino continuava a guardarsi intorno, affascinato dai colori del panorama circostante o dall’abbaiare di qualche cane che si trovava nel parco in compagnia del suo padrone.
Nel proseguire verso una collinetta, l’attenzione dei due venne richiamata da un vociare di ragazzini. Entrambi si voltarono e videro due gruppetti di bambini che, in un piccolo campetto poco distante da loro, stavano disputando una partita amichevole di calcio mentre i loro genitori, con grande slancio, facevano il tifo per i loro “piccoli campioni”.
Il padre si inginocchiò e si rivolse a suo figlio con un sorriso.
«Yuzo, andiamo a dare un’occhiata?»

Al termine della partita il campetto lentamente si svuotò.
I bambini tornarono a casa con i genitori, e così anche la piccola folla di persone che, spinte dalla curiosità, si erano lì radunate per assistere all’incontro. Sul campo da gioco rimase solo il pallone: solo il vento lo spostava lievemente, accarezzandolo con dolcezza con il suo spirare.
Yuzo lasciò la mano del padre e si aggrappò alla rete che circondava il campetto, osservando con attenzione il movimento della palla.
«Dai, andiamo,» lo invitò il genitore con tenerezza. «Dobbiamo tornare a casa, altrimenti la mamma ci sgriderà.»
Ma suo figlio non lo ascoltò, tutt'altro: con uno scatto corse verso l’ingresso del campetto e, muovendo il cancello che non era ancora stato chiuso a chiave, entrò nell’area di gioco e diede un calcio al pallone. Nel fare ciò, però, il bambino perse l’equilibrio e cadde tra le braccia del suo papà che, nel frattempo, era riuscito a stargli dietro.
«Ti sei fatto male?» chiese lui, rimettendolo in piedi. «Ora, però, dobbiamo proprio andare. Torneremo la prossima volta, va bene?»
Il piccino gli sorrise e, in tutta risposta, diede un altro calcio al pallone che, questa volta, si spostò leggermente. Vedendo quel piccolo movimento, il piccino esplose di felicità: iniziò a ridere di gioia, avvicinandosi a quella palla che nel frattempo si era fermata, e le diede un altro calcio.
«Non vuoi proprio arrenderti, eh?» commentò suo padre con un sorriso affettuoso, sedendosi sull’erba quasi incolta di quel campetto.
Osservò suo figlio che si stava divertendo con poco: un semplice pallone da calcio, amato da tutte le persone di ogni età.

È ancora troppo presto per dirlo… pensò, tenendo gli occhi fissi su di lui, mentre un riso leggero sgorgò dal profondo del suo cuore.
Forse, un giorno… il mio Yuzo potrebbe appassionarsi al calcio!




La luce del sole rendeva tutto più vivido quasi come un’esplosione di colori, in modo particolare le verdi foglie degli alberi del piccolo parco della città. Come tutti i giorni, nei pressi del campetto di calcio era appena terminata un’altra partita e i ragazzini stavano rientrando a casa insieme ai loro genitori.
All’esterno, accanto alla rete che delimitava l’area di gioco, un bambino di circa cinque anni non vedeva l’ora che il campetto venisse lasciato completamente libero, tutto per lui. Da quando, tre anni prima, aveva scoperto la felicità di giocare a pallone, si era appassionato al mondo del calcio.
Ancora una volta lui e suo padre erano tornati lì, nel luogo in cui era iniziato tutto. Da quel giorno ormai lontano, il recarsi nei pressi di quel campetto era entrato a far parte della loro routine quotidiana. E, ancora una volta, Yuzo non vedeva l’ora di entrare con suo padre e il suo amato pallone da calcio, che gli era stato regalato proprio dai suoi genitori nel giorno del suo terzo compleanno. Voleva tornare ad allenarsi con il suo papà e, soprattutto, di divertirsi con lui.
Non appena il campo si liberò completamente, suo padre lo prese per mano e si rivolse a lui con un sorriso.
«Andiamo?»
«Sì!»

«Iniziamo prima con qualche tiro in porta, va bene?»
Il bambino annuì e, seguendo suo padre che nel frattempo aveva posato il pallone sul campo, si mise in posizione di tiro, a pochi passi dalla porta. Poi, su invito del papà, si avvicinò velocemente e calciò la palla.
Sfortunatamente per l’entusiasmo di Yuzo il pallone colpì uno dei pali, nonostante il tiro per lui sembrava essere preciso.
«Uffa…» commentò il piccino, con un po’ di delusione.
Il padre cercò di consolarlo, accarezzandogli dolcemente la testa. «È normale, non scoraggiarti per così poco!»
«E invece no!»
Yuzo corse a recuperare il pallone, poi tornò dal papà e proseguì: «Devo essere molto più bravo di così se, quando sarò grande, voglio entrare nella squadra di calcio della scuola! Devo essere ancora più bravo degli altri!»
Suo padre sorrise. «Non devi avere fretta, hai solo cinque anni: metticela tutta e vedrai che anche tu riuscirai a fare dei tiri da campione!»
«Ma no!»
Il bambino sbuffò. «Dici sempre che con l’impegno si risolve tutto, ed io mi sto allenando ogni giorno, ma... non ci riesco. Pensi che io non sono bravo?»
Il genitore non rispose nulla, e iniziò a riflettere sulle parole del figlio. Aveva ragione: per quanto si sforzasse, la maggior parte dei tiri del suo Yuzo non finiva mai in rete. A volte lo vedeva perdere l’equilibrio mentre stava ancora per calciare, proprio perché ci metteva tutta la sua forza e tendeva a non concentrarsi sullo stare in piedi; altre volte, invece, riusciva a tirare ma con scarsi risultati: spesso il pallone colpiva i pali, spesso finiva fuori dalla porta e altrettanto spesso riusciva ad entrare in rete ma con molta fatica, dato che non riusciva ancora a dosare bene la giusta forza nel tiro. E, per questo motivo, più volte aveva visto il piccino giù di morale ogni volta che sbagliava.
Come era appena successo.
Però, era anche vero che suo figlio era un gran testardo. Dal giorno in cui aveva sentito parlare dei vari club presenti nelle scuole elementari e, in particolare, di quello di calcio, sognava di entrare a farne parte e diventare un bravo giocatore. Per fortuna la sua famiglia non aveva problemi economici, e lui sembrava essere un bambino con molta voglia di imparare, per cui era certo che suo figlio non gli avrebbe dato molti problemi a scuola.
Tuttavia, quando Yuzo si metteva in testa qualcosa, era davvero difficile fargli cambiare idea. Il che, se da una parte era motivo di orgoglio per lui e la sua adorata moglie, perché vedevano in questa testardaggine una grande determinazione e voglia di andare avanti nonostante le difficoltà, dall’altra parte era motivo di grattacapi per loro.
Soprattutto se c’era l’argomento “calcio” di mezzo. Da lì, smuoverlo era davvero impossibile!

Ad un tratto l’uomo ebbe un’idea. Si fece dare il pallone da suo figlio e lo mise sulla linea di tiro, poi indicò la porta e disse: «Vogliamo provare?»
«Va bene!» rispose il piccino, pronto a tirare di nuovo.
«Aspetta un attimo!»
Yuzo si voltò verso suo padre, sorpreso per l’esclamazione che aveva appena udito. «Papà, perché devo aspettare?» gli chiese incuriosito. «E… perché continui ad indicare la porta? Ho capito che devo tirare lì!»
Ma il genitore scosse la testa. «Yuzo, vorresti andare tu in porta al posto mio? È la prima volta, ma… prova a parare qualche tiro. Non preoccuparti: non saranno molto forti, promesso!»
Il bambino si incuriosì.
Anche se aveva solo cinque anni, aveva iniziato a conoscere i vari ruoli dei calciatori proprio vedendo le partite in quel campetto oppure in televisione quando, di tanto in tanto, mandavano in onda le prestazioni di calciatori famosi.
Dunque sapeva cosa fosse un portiere, ma fino a quel momento non aveva mai provato ad esserlo. Da quando aveva la sua adorata palla, come tutti i bambini della sua età aveva provato ad imitare i grandi campioni, correndo sul campo e provando a tirare in porta. Non aveva mai pensato di restare fermo tra i pali e bloccare l’arrivo del pallone; tuttavia l’idea non gli sembrava male… era pur sempre meglio che mandare la palla in orbita.
Yuzo quindi corse verso l’area di rigore e fece come aveva detto suo padre.
«Va bene!» gli disse, con uno sguardo pieno di sfida. «Sono pronto!»
Avendo cura di non usare tutta la sua forza come aveva detto, suo padre tirò. Yuzo riuscì a prendere il pallone con facilità, senza nemmeno cadere.
«Bravo! Ora passamelo!» lo incitò il papà.
Ma il piccino non si mosse: stringeva la palla tra le mani, restando fisso a guardarla.
Quasi non credeva ai suoi occhi: la parata gli sembrava molto più facile del tiro! Era vero che suo padre non aveva tirato abbastanza forte ma, per essere la sua prima volta da portiere, si era mosso nella direzione del pallone senza pensarci troppo, come se fosse stato naturale farlo.
«L’ho… preso?»
«Certo che l’hai preso!» rispose suo padre con un sorriso. «Sei stato molto bravo!»
«Davvero?»
Yuzo era ancora incredulo per ciò che era appena accaduto. Poi si credette e, entusiasta per la sua prima parata, finalmente si decise a rilanciare la palla.
«Dai, papà: proviamoci di nuovo!» esclamò, rimettendosi in posizione. «Ti prego, tira ancora! Voglio ancora parare!»
Suo padre annuì e, con un sorriso, tirò di nuovo il pallone in direzione della porta.
Anche il secondo tentativo andò a buon fine, così come gli altri che ne seguirono. Man mano che tirava e suo figlio riusciva a parare, nel cuore del genitore crebbe sempre più un sentimento di orgoglio: il suo bambino sembrava essere molto più bravo a proteggere la porta che a essere un cannoniere.
Sembra nato per essere un portiere, pensò soddisfatto, e si commosse nel vederlo correre felice verso di lui per abbracciarlo.
«Hai visto? Ci sono riuscito! Li ho parati tutti!»
«Bravissimo!»
Soddisfatto, suo padre si sciolse dall’abbraccio e pose di nuovo il pallone di fronte alla porta.
«Bravo! E ora… proviamo con qualcosa di più difficile, ti va?»
«Sì!»
Con grande entusiasmo il bambino tornò verso la porta… incurante del fatto che nel frattempo il suo amato babbo stava per tendergli una “trappola”. Difatti lui, mentre suo figlio stava ancora correndo per raggiungere i pali, decise di tirare senza attendere oltre. Yuzo vide con la coda dell’occhio il pallone che gli passò accanto e finì in rete, dove si incastrò. Come c’era da aspettarselo, la reazione del piccolo fu spontanea.
«Uffa, papà: così non vale!»
Il bambino andò a riprendersi il pallone, ma era rimasto impigliato nella rete e, tirando e tirando, non ci riuscì.
Che strano! pensò. È proprio incastrato!
Tutto ciò lo fece indispettire ancora di più. Prima suo padre e poi la rete; sembrava che, dopo quel momento in cui tutto stava girando per il verso giusto, il mondo invece era tornato a girare come suo solito: dalla parte opposta alla sua.
Di fronte a ciò il papà si lasciò sfuggire una piccola risata - cercando di non farsi notare da suo figlio - e tornò da lui per aiutarlo con il pallone.
«Ecco qui!» disse, liberando il pallone e restituendolo a Yuzo che, a quel punto, mise il broncio.
«Non è giusto, papà! Perché hai tirato? Non ero ancora pronto!»
L’altro sorrise.
«Yuzo, sai quando un portiere diventa davvero un fenomeno?»
Suo figlio lo guardò con occhi colmi di curiosità. «Quando?»
«Quando riesce a parare anche tiri inaspettati… come quello che ho fatto io. Un ottimo portiere non deve essere solo in grado di parare tutti i tiri che si trova di fronte, ma deve essere veloce e attento a tutto ciò che succede in campo, senza lasciarsi cogliere di sorpresa. Se vuoi essere un bravo portiere, devi anche seguire l’istinto: i calciatori non aspetteranno che tu ti metta in posizione. Questa volta ti ho colto di sorpresa, però sono certo che ben presto anche tu sarai in grado di riuscirci… e sai perché?»
«Perché, papà?»
«Perché non lasci mai il pallone! Non lo perdi mai di vista e, ogni volta che lo hai in mano… sei molto felice!»
Il bambino rivolse lo sguardo verso la rete: era molto rovinata e, in più punti, bucata.

Chissà quanti bambini hanno giocato qui prima di me…

«Forse hai ragione, papà: in porta mi piace di più!»
Il genitore si rallegrò per quelle ultime parole, le stesse che aveva detto nella sua mente poco prima. Ora era lui ad aver raggiunto un traguardo considerevole: era la prima volta, da quando suo figlio si era appassionato al calcio, che era riuscito a restituirgli maggiore autostima e voglia di proseguire. Già per questo, poté ritenersi soddisfatto.
«Yuzo, sai ora cosa penso?»
«Cosa, papà?»
«Che un giorno sarebbe bello vederti in televisione… a giocare nella Nazionale!»
Yuzo spostò lo sguardo colmo di stupore verso di lui; subito dopo, gli sorrise.
«Sì, papà… sarebbe proprio bello essere il portiere della Nazionale!»
Suo padre prese per mano il piccolo e, insieme, uscirono dal campetto.
«Chissà, caro il mio piccolo campione di parate





[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]
Ciao a tutti. Mi chiamo Moriko e sono nuova di queste parti, perciò ringrazio tutti coloro che sono giunti, con un po' di curiosità o di sorpresa, in queste note finali.
Per riassumere il mio rapporto con questa serie, mi sono (ri)avvicinata a Captain Tsubasa da poco tempo, anche se già da piccola conoscevo a grandi linee sia la storia che i personaggi che la popolano. Nel momento in cui in Italia hanno iniziato a trasmettere le puntate del remake del 2018 dell’anime, ciò mi ha spinto a seguire la serie dall'inizio, questa volta con maggiore attenzione e approfondimento.
Il mondo delle fanfiction su questa serie, invece, mi era del tutto nuovo. Tuttavia, credo che chiunque di noi abbia iniziato a pubblicare storie per condividere la passione e l'amore verso un determinato personaggio o contesto… ed è il motivo per il quale oggi sono qui. È la prima volta che pubblico in questo fandom, perciò perdonatemi se qualche parte potrebbe sembrarvi ancora imprecisa. ^^”
La prima idea che mi è venuta in mente (e della quale questa fanfiction è il prodotto finale) ha riguardato un personaggio al quale mi sono avvicinata molto proprio grazie alle puntate del suddetto remake: Yuzo Morisaki - Alan Crocker per i nostalgici. Se l'anime mi ha avvicinata a lui, il manga mi ha aiutata a conoscerlo di più e ad ammirarlo, proprio per la sua ostinazione nell’impegnarsi e la sua voglia di non arrendersi mai.
… e lo ammetto: non a caso, ho pubblicato la prima parte di questa storia proprio oggi, in occasione del suo compleanno. Tanti, cari auguri! (ノ´ヮ`)ノ*: ・゚
Riguardo la storia: come avete già letto nel sommario, ho scritto il testo partendo dal testo di una delle canzoni, a mio parere, più belle dei Coldplay: Everyday life. Un inno alla vita di tutti i giorni nella quale, sebbene vi siano dei momenti difficili e dove arriviamo a farci del male, nonostante tutto “bisogna continuare a danzare” e godere di quei momenti belli che la vita ci offre, pieni di serenità e calore degli affetti. (Tra l’altro, tutto ciò è molto attuale nella difficile situazione che tutti noi stiamo vivendo in questi giorni…)
In altre parole: mai arrendersi, appunto… proprio come fa questo personaggio!
In realtà questa storia era inizialmente nata come one shot ma, dato che come risultato finale sono saltate fuori la bellezza di 24 pagine, ho deciso di dividerla in quattro parti che saranno pubblicate ogni settimana e che, anche se saranno indipendenti l’una dall’altra, seguiranno un ordine cronologico degli eventi narrati. Questa che avete letto è la prima, nella quale ho cercato di descrivere (seguendo la mia ispirazione, dunque assolutamente discutibile) da dove è nata la passione del protagonista per il calcio. Ho immaginato una cosa che potrebbe essere accaduta a chiunque si sia avvicinato a questo sport: una partita in un campetto, e un pallone al quale ci si affeziona subito dopo… perché, si sa: i bambini sanno divertirsi con così poco!
Inoltre, vi dirò la verità: non conosco l’identità dei genitori del protagonista, o della sua famiglia in generale. In questi giorni sto riprendendo la lettura del manga, e finora non mi sembra di aver trovato qualche riferimento a tal proposito, perciò in questa sede non ho approfondito molto l’argomento - per esempio, nella mia storia i suoi genitori non hanno dei nomi e vi confesso che, non volendo inventarli, per me è stato molto difficile trovare dei sinonimi adeguati a “padre” e “madre”, LOL! Qualora ne avesse, tenetemi aggiornata: sarebbe bello scoprire se in realtà anche lui ha dei fratelli, sorelle o altri parenti… chissà! :)
Infine anche qui, come sempre, ringrazio stellaskia che ha accettato di dare un'occhiata all'intera storia. Anzi: è grazie a lei se questo gruppo di missing moments hanno visto la luce così come li state leggendo, questa volta il suo aiuto è stato davvero prezioso. :)
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui, ci vediamo al prossimo aggiornamento!
--- Moriko
   
 
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