Fanfic su artisti musicali > Chicago
Segui la storia  |       
Autore: evelyn80    12/03/2020    5 recensioni
Raccolta di shot sui compleanni dei membri fondatori dei Chicago. Trattasi di AU in cui Terry Kath e Laudir de Oliveira sono ancora vivi e vegeti.
L'ultimo capitolo, "Bonus Track: Laudir de Oliveira", partecipa al contest "Countdown" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Walter Parazaider

 

Los Angeles, 14 marzo 2020


Walter si fissò allo specchio appeso all'ingresso per dare gli ultimi ritocchi al proprio aspetto. I suoi corti capelli neri, freschi di tintura, stentavano a stare al loro posto nonostante l'abbondante dose di gel che vi aveva applicato sopra. Stava giusto per tornare in bagno per usarne dell'altro quando James lo abbracciò da dietro, poggiandogli la guancia sulla scapola destra.
«Basta preoccuparti, sei bellissimo! Oppure sono io che devo cominciare a preoccuparmi? Non è che magari vuoi provare a soffiare Peter a Bobby?».
«E attirarmi la sua rabbia? No, grazie. E poi, tu mi basti e mi avanzi».
Il sassofonista si voltò e baciò il suo compagno sulle labbra per poi stringerlo in un forte abbraccio. Jimmy alzò lo sguardo su di lui e sorrise, facendosi apparire una marea di rughe d'espressione attorno agli occhi luminosi.
«Andiamo, ora, o gli altri ci daranno per dispersi».
I due uomini uscirono di casa e salirono sulla loro Dodge Charger del 1969, diretti al ristorante che avevano scelto per festeggiare il compleanno di Walt.

Davanti al “Byblos”, il nuovo ristorante giapponese “all you can eat” di Sunset Boulevard, i restanti membri dei Chicago aspettavano il festeggiato e il suo compagno: Peter e Robert, l'uno con le braccia dietro la schiena dell'altro; Danny, intento a fumare uno spinello nonostante il medico glieli avesse categoricamente vietati; Laudir che si appoggiava al suo bastone da passeggio; Lee che camminava nervosamente sul marciapiede.
Una volta parcheggiata l'auto, Walt e Jimmy raggiunsero i compagni.
«Dov'è Terry?», chiesero. Il ragazzone, infatti, non si vedeva da nessuna parte, così come il suo vecchissimo e scassatissimo pick-up blu.
«Non è ancora arrivato», rispose Peter, sciogliendosi dall'abbraccio di Robert per salutare il festeggiato. «Mi ha mandato un messaggino su WhatsApp per dirmi che è un po' in ritardo, ma è già passata più di mezz'ora».
Proprio in quel momento il suono di un clacson, accompagnato dal rumore scoppiettante di un motore sfiatato, attirò la loro attenzione. Terry stava finalmente arrivando, il cassone del suo furgoncino stracolmo di scatoloni di cartone semiaperti e un gazebo di stoffa ancora parzialmente montato.
«Scusatemi!», esclamò il chitarrista raggiungendo i suoi compagni. «Ero all'Artist and Fleas Market e ho fatto tardi! Una vecchia rimbambita non riusciva a decidersi su quale centrino regalare a sua nipote». Diede una pacca sulle spalle a ognuno dei suoi fratelli, e quella che riservò a Danny fu tanto potente da fargli sputare lo spinello.
«Cazzo, Terry! Avevo fatto solo qualche tiro!», imprecò il batterista indicando la cicca appena accesa che si consumava lentamente sul marciapiede.
«Dai, più tardi te ne offrirò uno io», rispose l'omone, scrollando le spalle. Lanciò un'occhiata all'insegna del ristorante e inarcò le sopracciglia. «Cos'è, l'avete fatto apposta?», chiese, voltandosi a fissare gli altri con sguardo indagatore.
«No, è soltanto un caso», rispose Jimmy, una scintilla di malizia negli occhi. «Nessuno voleva ricordarti che quasi cinquant'anni fa al “Byblos” di Osaka ti sei lasciato sfuggire una scopata facile, che poi ti è stata soffiata da Peter». *1
Terry roteò gli occhi e sbuffò. «Tutta merce sprecata è stata, quella, visto che a Peter la figa neanche piace!».
«All'epoca mi piaceva ancora», rispose il bassista, per poi voltarsi verso Robert che lo fissava con la fronte aggrottata. «Beh? Che c'è? Tu mica ti eri ancora dichiarato!».
Lee li interruppe schiarendosi la gola. «Ragazzi, sarà meglio andare dentro? Io sto morendo di fame».
Tutti annuirono e lasciarono che Walter e James entrassero per primi.
Una cameriera cinese minuta e dal sorriso simpatico li accompagnò al loro tavolo, lasciando i menù e carta e penna per ordinare. Gli otto uomini esaminarono a lungo ogni piatto prima di scegliere varie portate, composte principalmente da uramaki e sashimi di tonno e salmone.
Non appena i primi piatti iniziarono ad arrivare sorse subito un problema di vitale importanza: nonostante avessero visitato il Giappone con frequenza regolare, durante i loro tour mondiali, nessuno di loro aveva mai imparato a usare le bacchette. E nessuno, per orgoglio personale, quella sera aveva voluto chiedere alla cameriera di avere le posate per non doverlo ammettere.
«E ora, come si fa a prendere 'sta roba?», chiese Danny, fissando gli uramaki sistemati in file ordinate sui vassoi.
«Così», rispose semplicemente Terry. E, allungate le mani sul tavolo, afferrò tra le dita enormi un rotolino di riso e se lo ficcò in bocca, masticando rumorosamente.
«Che schifo, Terrence! Sei sempre il solito animale!», si lamentò Lee e il chitarrista, tanto per fargli dispetto, ne prese un altro e lo masticò a bocca aperta, sputacchiando chicchi di riso a destra e a manca.
Laudir ci pensò un po' su, poi afferrò una delle sue bacchette come fosse stata un pugnale e trafisse una fettina di sashimi di salmone portandosela alle labbra, entusiasta come se avesse pescato il pesce da cui era stata tagliata con le sue stesse mani.
In molti seguirono il suo esempio, tranne Robert che, caparbio e ostinato, volle a tutti i costi provare a usare le bacchette come si sarebbe dovuto. Afferrò con difficoltà un uramaki e lo sollevò tremolante dal vassoio ma, quando fu a metà strada verso il suo piatto, le bacchette ruotarono e il rotolino cadde nel bicchiere di Peter, sollevando una marea di spruzzi di birra e facendo scoppiare a ridere tutti gli altri, tranne il proprietario del bicchiere.
«Noooo... disastro... disastro!», esclamò il tastierista mettendosi le mani tra i capelli e guardando Peter con aria di scuse. Il bassista si sbatté la mano sulla faccia, poi inzuppò le dita nel bicchiere e recuperò l'uramaki affogato, deponendolo infine nel piatto del suo compagno. *2
Senza smettere di ridere, James prese un rotolino ostentando una sicurezza con le bacchette che in realtà non aveva – forse per dimostrare al tastierista come si dovevano usare – con il risultato di farselo sfuggire dalla presa dei bastoncini di legno e mandarlo a finire ben oltre il loro tavolo. L'uramaki atterrò nel cappuccio del giaccone della signora seduta loro vicino, e che non si accorse di nulla.
Le risate si accentuarono e, mentre Terry ancora si comportava da scimmione, mangiando con le mani praticamente tutto quello che gli capitava a tiro, Walt rischiò di strozzarsi con il riso, quasi decretando quella serata come il suo ultimo compleanno di sempre.
A quel punto Lee, che non aveva ancora dimenticato la birra che Terry gli aveva gettato in faccia in occasione del suo compleanno, un mese e mezzo prima, prese uno degli ultimi rotolini di riso rimasti e lo buttò in faccia al chitarrista, gettando alle ortiche tutte le sue buone maniere.
L'omone fissò il trombettista per alcuni secondi, stupito e incredulo. Poi le sue labbra si stirarono in un ghigno e rispose al fuoco buttandogli contro la propria salsa di soia.
Ancora una volta, come già successo in precedenza, gli otto vecchietti presero a lanciarsi addosso tutto ciò che era rimasto di commestibile nei vassoi, accendendo subito lo sdegno negli altri avventori. Al suono delle rimostranze la cameriera – che ora non aveva più il sorriso simpatico stampato in faccia – corse al loro tavolo stringendo il conto e schiaffandolo davanti a Danny.
«Voi pagale e poi uscile subito!».
«Ehi, perché proprio io?», si lamentò il batterista, una fettina di sashimi di tonno spiaccicata sulla testa calva. «Non è mica il mio compleanno!».
«A me non intelessale! Pagale e poi fuoli. Fuoli!», ribadì la cinesina, pestando i piedi a terra.
I Chicago saldarono il conto sotto lo sguardo vigile della cameriera e si alzarono. Terry, che si era soffermato ad afferrare gli ultimi due o tre uramaki ancora mangerecci e se li era ficcati in bocca tutti insieme, fu spintonato verso l'uscita dalla ragazza che ora sbraitava pesantemente in cinese.

Di nuovo all'esterno del locale, sul marciapiede antistante l'ingresso, James frugò nel suo borsello e ne tirò fuori un quadernino mezzo sgualcito. «Qualcuno ha una penna da prestarmi?».
Danny gli porse una biro blu decorata con la scritta “Byblos” in lettere dorate: la stessa che la cameriera aveva lasciato loro per ordinare. Jimmy inarcò le sopracciglia in un'implicita domanda e il batterista si strinse nelle spalle.
«L'ho presa come souvenir».
«Cosa devi scrivere, scusa?», chiese Lee, scuotendosi i chicchi di riso dalle spalle mentre si chinava verso l'amico. «Neanche al mio matrimonio ne avevo così tanti, addosso», aggiunse, seccato.
«L'indirizzo di questo posto», rispose il trombonista. «Di sicuro saremo bannati anche da qui, come ci è già successo all'Old Wild West». Col dito indicò prima la riga sovrastante quella che aveva appena scritto e poi dietro le sue spalle, verso il locale in questione la cui insegna si intravedeva in lontananza.
«Scusa, questo non lo mangi?», chiese Terry rivolgendosi a Danny e indicando il sashimi di tonno che aveva ancora sulla testa.
«Cosa?», domandò in risposta il batterista mentre l'omone allungava le dita e si lanciava in bocca il pezzo di pesce, suscitando smorfie di sdegno.
«Ma che schifo, però!», esclamò Lee, che aveva recuperato tutta la puzza sotto al naso, facendo ridere Laudir. L'anziano percussionista fu costretto ad appoggiarsi pesantemente al proprio bastone per non rovinare a terra.
Il chitarrista si strinse nelle spalle. «Perché dovrebbe farmi schifo? Danny è il mio migliore amico da una vita. Mangerei anche nel suo stesso piatto e con le sue stesse posate, se fosse necessario. Anzi, qualche volta è anche successo...».
Il batterista si mise a ridere mentre Lee storceva di nuovo il naso, questa volta imitato da Robert.
«E tu cos'hai da fare tanto lo smorfioso?», riprese Terry fissando il tastierista. «Non mi pare che ti dia tanto fastidio ficcare la lingua in bocca a Bellicapelli!».
«Cosa c'entra? Peter è il mio compagno!».
«E Daniel è il mio fratello mancato, perciò...», non concluse la frase, ma affibbiò una sfilza di pacche sulla schiena dell'amico fino a lasciarlo senza fiato.
«Basta cosi, Terry, grazie... hai reso l'idea», ansimò il batterista, cercando di riprendere aria.
«E anche questo compleanno direi che è stato epico», commentò James, voltandosi a guardare il suo compagno negli occhi prima di sporgersi a baciarlo lievemente sulle labbra. «E mi sa che il prossimo sono io, vero?».
«Sì», rispose Danny, «tu sei nato il 20 di agosto e io il 28».
«Allora dovremo aspettare un sacco, prima di festeggiare il prossimo compleanno», si lamentò Peter.
«Già, ma poi sarà tutto un fuoco di fila!», rise Walter togliendosi gli ultimi chicchi di riso dai capelli. *3

Dopo gli ultimi saluti di rito, gli otto uomini raggiunsero ognuno il proprio mezzo. Terry partì per primo, il pick-up malandato che vibrava e sferragliava come una locomotiva a vapore.
Jimmy e Walt rimasero ultimi. Prima di mettere in moto, il trombonista si sporse sul sedile e catturò le labbra del compagno con le proprie. Walter gli passò le dita tra i corti capelli bianchi.
«Sbrigati ad andare a casa», sussurrò quando il bacio si interruppe. «Ho voglia di chiudere in bellezza questa serata... tra l'altro non sono riuscito a mangiare nemmeno la torta».
James sorrise. «Tranquillo, penserò a tutto io».
E, con un rombo, il motore della Dodge Charger prese vita.

 

 

 

Spazio autrice:

AUGURI WALTER!
Purtroppo devo pubblicare in anticipo, perché data la situazione non so se domani o sabato avrò il computer a disposizione.
Ho deciso di trasformare la prima shot, dedicata al compleanno di Terry Kath, in una raccolta per includere i compleanni di tutti i membri fondatori dei Chicago. Trattandosi di un modern/AU ho deciso, con il permesso di Kim WinterNight cui appartiene il personaggio, di inserire Greta (OC già apparso nella mia Alive Again e nella sua Disperazione, capitolo della raccolta intitolata “Melodies”) come moglie di Terry Kath, andando a modificare il primo capitolo.
Naturalmente, in questo universo alternativo i Chicago sono esclusivamente i membri fondatori, in compagnia di Laudir de Oliveira che, pur non essendolo, è troppo simpatico per essere lasciato da parte. E quest'ultimo e Terry sono ancora vivi e vegeti. Le mie OTP slash la fanno ovviamente da padrone.
Personalmente, ho imparato abbastanza bene a usare le bacchette (e non sapete come mi manca andare all'all you can eat in questo periodo), però so che non è affatto facile e quindi mi sono divertita a renderli tutti un po' goffi in questa attività. Mentre pensavo alla storia, prima ancora di scriverla, mi sono fatta delle grasse risate immaginando le varie scenette. Spero di aver strappato un sorriso anche a voi.
Tanto per la cronaca: la Dodge Charger del 1969 è l'automobile di Hazzard (il Generale Lee) che io adoro!
Ed ecco le note numerate.
*1 – Per non fare una marea di note cerco di racchiudere un po' di informazioni in una:
Nel capitolo Tende di pizzo e centrini all'uncinetto della mia raccolta “Dieci assi per una Challenge”, Terry ha la passione per l'uncinetto. Passione che lo porterà, in vecchiaia (come raccontato nel capitolo Only handcrafted! della raccolta “Multi-feelings” di Kim WinterNight), a mettere su una bancarella nei più famosi mercatini di Los Angeles. L'Artist and Fleas Market è appunto uno di questi, che si svolge il sabato.
Uno dei vizietti di Danny, oltre alle donne, è sempre stato il fumare spinelli. Sicuramente in vecchiaia avrà smesso, ma mi sono presa la licenza di farlo continuare perché fa troppo rock 'n' roll.
Il “Byblos” è un night club giapponese (non so se sia a Osaka, perché su internet non ne ho trovato traccia, ma ho scelto quella città perché, in tutti i tour in Giappone che i Chicago hanno fatto hanno sempre fatto almeno una tappa, lì), che ha ispirato la magnifica canzone omonima del 1974 scritta da Terry Kath. In questa canzone, Terry racconta il suo incontro con una ragazza con cui passa tutta la sera a parlare. Si trova benissimo con lei, ma si dimentica di chiederle il numero di telefono. Torna nel locale qualche sera dopo, con la speranza di incontrarla di nuovo. Così avviene, ma viene interrotto da un suo amico che lo ferma a parlare. Quando finalmente si libera lei sta chiacchierando con un altro amico di Terry, il quale stava passando un brutto periodo, e quindi Terry decide di lasciargli la ragazza perché gli avrebbe fatto bene. Spulciando su internet, ho trovato un sito su cui era scritto che la leggenda vuole che l'amico in questione fosse proprio Peter Cetera. La canzone è ovviamente molto romantica e non parla affatto di sesso, ma io mi sono presa la libertà di interpretarla a questo modo.
*2 – La frase pronunciata da Robert è un omaggio a Giovanni Vernia e al suo personaggio “Jonny Groove”.
*3 – I compleanni dei membri fondatori dei Chicago sono, in ordine cronologico, i seguenti: Terry: 31 gennaio; Walter: 14 marzo; James: 20 agosto; Danny: 28 agosto; Peter: 13 settembre; Robert: 13 ottobre; Lee: 21 ottobre.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Chicago / Vai alla pagina dell'autore: evelyn80