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Autore: LionConway    21/03/2020    8 recensioni
[Il Cacciatore]
[ The Deer Hunter / ... And Justice For All ]
[ high school!AU ] [ 1980s!AU ]
Mike Vronsky ha diciotto anni, vive con il padre in un'anonima cittadina della Pennsylvania e il suo principale sfogo è passare il tempo con i suoi migliori amici. Nessuno di loro ha un cospicuo conto in banca né voti particolarmente brillanti a scuola, ma la situazione di Mike è nettamente peggiorata durante la malattia e, in seguito, la morte della madre. Il nuovo anno è appena iniziato, la domanda per il college e l'evasione dalla vita di provincia pendono sulla sua testa e Mike deve assolutamente mettersi in pari con il programma.
Arthur, un giovane e attraente studente di Legge tornato in occasione dell'Homecoming, sembra essere la sua salvezza per quanto riguarda le ripetizioni... non fosse che detesta Mike e la sua combriccola per un torto subito un paio di anni prima.
Come se non bastasse, a peggiorare la situazione, ci sono gli ormoni ballerini di un diciottenne che comincia a scoprire la sua attrazione per gli uomini e, soprattutto, per il misterioso e affascinante Nick, il nuovo studente alla Clairton High.
Riuscirà Mike a sopravvivere al suo ultimo anno?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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II. 
Vogliono Starti Vicino
 

On the day that you were born the angels got together
And decided to create a dream come true
So they sprinkled moon dust in your hair of gold and starlight in your eyes of blue
That is why all the girls in town 
Follow you all around 
Just like me, they long to be 
Close to you

( The Carpenters - Close to You ) 

 

 

Stanley sbocconcellava i maccheroni ormai freddi. «Quindi» disse, «ci pianterai all'A.V. Club pure tu?»

Michael fece roteare gli occhi, mentre si metteva in bocca una carota. Il tono inquisitore dell'amico lo infastidiva, quasi volesse accusarlo. Eppure, lui non aveva ancora deciso niente. «Non so ancora cosa farò» rispose, e puntò un dito su Steven. «Anche se decidessi di seguire le ripetizioni pomeridiane, non sono comunque io quello che vuole lasciare la band per Yoko.»

«Oh, molto divertente.» Steven storse la bocca in una smorfia. «Sono già in ritardo rispetto al mio piano! Hai visto come il nuovo arrivato si è conquistato le grazie di Angela e compagnia in meno di una mattinata?»

Lo aveva visto eccome, Michael, ma questo avrebbe significato dover ammettere di aver trascorso tutte le lezioni in comune con Nick a fissare intensamente il suo profilo. Cosa che tornò a fare non appena tutti e tre i suoi amici puntarono gli occhi in direzione dei tavoli centrali della mensa, dove, solitamente, la squadra di football troneggiava sugli altri studenti e le cheerleader ronzavano loro intorno come groupie di una rock band. Qualcuna, effettivamente, veniva sfoggiata dall'atleta di turno come trofeo umano. Quel giorno, tuttavia, la maggior parte delle ragazze era riunita intorno a Nick che parlava cordialmente con loro, forte di quel sorriso angelico che aveva riservato a Michael in segreteria –e, a dirla tutta, anche prima dell'inizio dell'ora di inglese.

In mezzo a loro, c'era pure Linda, seduta alla destra di Nick. Non che fosse ufficialmente una ragazza pon-pon (nonostante, quella mattina, Michael l'avesse beccata a firmare il foglio delle audizioni appeso in bacheca), ma l'amicizia di lunga data con Angela, che si era conquistata l'uniforme al secondo anno, l'aveva aiutata a non dover trascorrere il momento del pranzo in mezzo agli sfigati.

«Beh, per Angela sembra che puoi stare ancora tranquillo, Stevie» fece Axel. La sua manona guizzò in aria per un attimo, prima di abbattersi energicamente sulla schiena di Michael. Il ragazzo si sentì mozzare il respiro e dei pezzi di carota volarono fuori dalla sua bocca, colpendo il vassoio. «Mi pare che sia Linda quella interessata all'acquisto! Mike, fa' qualcosa!»

«Piantala.»

Michael inghiottì un lungo sorso di Coca-Cola, eliminando i residui di ortaggi nella laringe, prima di riservare uno sguardo truce all'amico. «Non mi piace Linda, quante volte devo ripetervelo?»

Sembrava non entrare mai loro in testa. Specialmente a Steven.

«Non capisco cos'altro dovrebbe fare o avere Linda per piacerti» sibilò, sporgendosi in avanti sul tavolo. «Ha la faccia di un angelo, un fisico perfetto, il massimo dei voti ed è l'unico essere di sesso femminile che ti considera davvero. E poi, è la migliore amica di Angela! Se tu la invitassi fuori magari potremmo riuscire a organizzare un appuntamento a quattro!»

Michael spalancò gli occhi, esterrefatto. «Un appuntamento a quattro? Ma non senti quanto sei patetico? Alza il culo e va' a chiedere ad Angela di uscire voi due. Cazzo, Stevie, sembra che non vi siate mai parlati!»

Angela abitava letteralmente di fronte a casa di Steven. Alle medie erano tutti buoni amici, se i loro destini avevano finito per dividersi era perché, semplicemente, erano cresciuti maturando interessi diversi. Non si erano mica tolti il saluto!

Steven addentò un dolce. «Mi sentirei semplicemente più sicuro se riuscissimo ad arrangiare qualcosa tutti insieme» bofonchiò. Con le guance così piene somigliava a un criceto riccioluto.

Michael scosse la testa, incredulo per tutte quelle sciocche scuse che tradivano semplicemente il nervosismo di Steven e la sua incapacità di comunicare con la ragazza che gli piaceva. Con la coda dell'occhio, intravide Stanley che lo fissava al di sopra del piatto di maccheroni. «Cosa c'è, Stan?»

Lui scosse la testa. «Stavo pensando» mormorò, «Stevie ha detto che Linda ha ottimi voti. Perché non chiedi aiuto a lei per le ripetizioni?»

Axel estrasse un panino dal suo sacchetto e lo aprì, contemplando il prosciutto. «Dov'è il grasso?»

«Mangialo senza fare storie» lo ammonì Michael, prima di rispondere alla proposta di Stanley con un'alzata di spalle. «Sì, potrei, ma avrà i cavoli suoi da fare e da studiare per quest'anno. No, la cosa migliore sarebbe trovarmi un insegnante...»

«... che, molto probabilmente, non ti chiederà mai meno di dieci dollari l'ora» concluse Stanley. «Secondo me, sei fottuto, amico.»

Michael emise un mezzo piagnucolio dall'alto della sua lattina. Il suo compare aveva ragione. Se fosse stato in grado di lavorare, quell'estate, avrebbe potuto mettersi da parte i soldi che gli sarebbero serviti per le ripetizioni private. Invece, con quattro materie da recuperare non avrebbe avuto nemmeno il tempo di cercare qualcosa da fare nel weekend. Papà era l'unica fonte di reddito in casa, ma l'idea di scroccargli anche solo la minima percentuale di denaro era un pensiero che gli provocava la nausea: sapeva che, alla prima ubriacatura, Piotr gli avrebbe rinfacciato tutta la sua negligenza. Da sobrio, invece, sarebbe tornato alla carica sul fatto che la cosa migliore per lui sarebbe stato piantare gli studi e seguirlo a lavorare nell'acciaieria. Che un vero uomo si formava solo attraverso il duro lavoro manuale, sostentamento primario di tutta l'economia del Paese. Magari aveva pure ragione, ma Michael ancora non si sentiva di raccogliere in prima persona le prove di quella filosofia di vita. Desiderava perlomeno diplomarsi. Avere più porte accessibili, davanti a sé, non una sola strada da seguire obbligatoriamente.

Per farlo, aveva assolutamente bisogno anche delle attività extrascolastiche. Rinunciarvi non era nei suoi piani.

«Va bene» si arrese, alzandosi in piedi. «Tentare non nuoce. Vado a domandarglielo.»

Poteva sentire i respiri dei suoi migliori amici venire trattenuti alle sue spalle. Michael li ignorò e si diresse a passo spedito verso il chiassoso tavolo. Evitò di dare importanza agli sguardi indagatori degli atleti e si piazzò alle spalle di Nick, attirando l'attenzione della sua amica.

«Ehi, Mike!»

A quel saluto, si voltò pure Nick. «Oh, privet, tovarisch!» [¹] disse, inclinando le labbra in un ghigno amichevole. Michael si domandò perché gli venisse così naturale fissarsi sui lineamenti duri del suo viso. Non avrebbe saputo dire se Nick fosse considerabile un bel ragazzo, ma certo non passava inosservato. Somigliava un po' a un vampiro, compresa l'aurea di fascino che sembrava aleggiare intorno a lui, attraendo le persone come un fiore con le api. Nick era un fiore atipico in un giardino quasi monocolore, ma forse era quello a renderlo speciale.

Linda ridacchiò, provocando in Michael l'automatico sollevamento di sopracciglia: da quando era così civettuola? Solitamente, tendeva ad avere in bocca più parolacce che saliva. «Ma che cosa gli hai detto?» chiese, allungando le unghie laccate di rosso sulla spalla di Nick.

«Spiacente, non possiamo tradire i segreti di Madre Russia» bisbigliò lui. Si voltò nuovamente verso Michael e gli fece l'occhiolino.

«Sta' attento» lo ammonì il ragazzo, affrettandosi a ignorare il senso di calore che avvertiva alla base del collo. «Walker sarebbe in grado di sospenderti anche solo per il tuo cognome.»

«Sì, l'ho notato dall'interrogatorio che mi ha fatto in presidenza. Non importa, comunque: sono abituato a essere visto come una spia.»

Michael allungò un piede e colpì lievemente la caviglia di Linda. «Posso parlarti in privato?» le domandò, quando lei alzò lo sguardo scocciato. Con un'occhiata, Michael le fece capire che si trattava di un'urgenza.

«Scusami» fece Linda, rivolta a Nick, alzandosi dalla panca, «torno subito.»

Michael la trascinò nel vicolo tra gli spogliatoi e la mensa, uno spiazzo infestato da erbacce dove andavano spesso a fumare prima delle lezioni pomeridiane.

Linda piazzò i pugni sui fianchi e assunse un'espressione severa. «Spero tu abbia una buona scusa per avermi portata via dal sexy ragazzo nuovo.»

«Ma se sembra un veterano del Vietnam che si è dato alla roulette russa» [²] ghignò Michael. Omise il fatto che lo considerasse un pregio: gli piaceva che Nick non si uniformasse ai bellocci medio-borghesi creati con lo stampino da Madre Natura e dagli steroidi. Ma gli piaceva di più infastidire Linda.

«Sei solo invidioso che sia appena arrivato ed abbia più attenzioni di te» lo canzonò l'amica. Incrociò le braccia sotto al seno e si appoggiò al muro di mattoni della mensa. «Allora, che cosa vuoi?»

«Sono nella merda.» Michael l'affiancò, lasciando che il proprio sguardo si perdesse lungo il campo da football deserto. «Devo recuperare le insufficienze degli ultimi trimestri e non posso frequentare i corsi pomeridiani.»

«Perché no?»

«Il teatro! E poi dobbiamo assolutamente cominciare a organizzarci per il cineforum dell'A.V. Club. Sai quanto mi servono quei crediti.»

Linda annuì: ovviamente era a conoscenza dei suoi problemi economici, così come Michael sperava che immaginasse il perché non gli sarebbe andata a genio l'idea di mettere al corrente tutta la squadra di football.

«Quindi» disse lei, «immagino tu sia qui per chiedermi di darti una mano, visto che sono splendida, intelligente, studiosa...»

«... modesta, soprattutto.»

I due amici ridacchiarono.

«Che cos'hai da recuperare?» chiese Linda.

«Inglese, matematica, spagnolo... e geografia europea.»

Con la coda dell'occhio, vide l'amica sollevare gli occhi al cielo. «Perché diavolo ti sei iscritto a geografia europea?»

«Tutto fa curriculum, va bene?»

«Non credo di poterti aiutare, Mike. Ho il lavoro, ricordi?»

Lui annuì: nei weekend, Linda lavorava come cameriera a una tavola calda. Le faceva bene, poi, vista la sua situazione con il padre. Piotr, almeno, sapeva essere gentile quando non beveva.

Linda si staccò dalla parete e lo studiò per qualche secondo. «Credo di sapere chi può darti una mano, comunque» disse.

A quelle parole, che suonavano tanto come il dolce suono delle campane domenicali, Michael batté le palpebre. «Chi?»

«Arthur, il mio vicino. Mia cugina ha preso ripetizioni da lui per tutta l'estate, le ha fatto un buon prezzo. Scommetto che può aiutarti perfino con geografia europea!»

Le spalle di Michael si afflosciarono per la delusione. Improvvisamente, il tunnel buio lungo il quale arrancava alla cieca aveva chiuso lo spiraglio dal quale aveva visto filtrare la luce. Arthur non avrebbe mai accettato di aiutarlo e ne aveva ben donde.

«Non esiste» rispose, «sai com'è tra me e Arthur.»

«Oh, andiamo, Mike!» esclamò Linda. «Ancora con questa storia? Chiedigli scusa e andate avanti! E poi, non sei nemmeno tu quello che dovrebbe farsi perdonare!»

«Un cazzo. Ho partecipato alle spedizioni punitive pure io, quando era il momento di lanciargli cose addosso.»

«Eri alle medie! Le persone crescono, maturano... non credo che Arthur sarebbe tornato se avesse voluto chiudere tutti i ponti con Clairton. Chiacchieravamo spesso quest'estate, sai? Mi ha pure invitato a mangiare a casa sua, una sera. Un raggio di sole.»

Michael sollevò un sopracciglio. «E non mi hai mai accennato al fatto che fosse tornato?» chiese. «Io e Steven lo abbiamo praticamente scoperto questa mattina.»

Per tutta risposta, Linda si strinse nelle spalle. «Beh, non è che io te ci siamo visti spesso, quest'estate» mormorò.

Aveva ragione. Lei aveva lavorato per tre mesi interi e l'ultima volta che avevano trascorso più di mezz'ora insieme era stato al funerale di mamma, quella primavera. Parlavano spesso al telefono, ma non si dicevano granché. Più che altro, Linda lo ascoltava sproloquiare di questo o quest'altro programma televisivo, come se sentisse il bisogno di lasciarlo sfogare, pensare ad altro. Quando poi aveva ripreso a uscire, lo faceva con i ragazzi. Ed evidentemente, nemmeno Arthur aveva messo piede fuori casa molto spesso, se non lo avevano mai incontrato in città.

Arthur Kirkland. Paradossalmente, in quel momento, gli pareva l'unico accenno di salvezza.

«Dovrò pagarlo comunque» osservò Michael.

Linda sogghignò. «Facciamo così: io ti anticipo il primo mese di lezioni... se tu mi dai una mano con Nick.»

Michael storse il naso. «Mi sembra che con Nick tu te la stia cavando già alla grande.» Non sapeva perché, ma pronunciare quelle parole lo infastidì senza apparente motivo.

«Sì, sono riuscita a placcarlo già al primo giorno.» Linda scosse la testa, facendo svolazzare la lunga chioma bionda. «Ma non l'ho ancora conquistato e con le cheerleader è una fossa di leoni. A lui sembri piacere: potresti metterci una buona parola per me.»

Michael fu lì lì per interrogarla circa il suo interesse nell'entrare in squadra, ma cambiò subito idea. «Una buona parola?» ripeté, invece.

«Sì, insomma, se ti chiede di me durante le lezioni, quando non ci sono... oppure tu puoi tastare il terreno e vedere se c'è qualche interesse di fondo... »

«Va bene, va bene.» Michael tagliò corto. «Gli chiederò se vuole un passaggio fino a casa, oggi. Quando andiamo da Arthur?»

«Quando tu porterai anche me a casa, dopo scuola!»

«Non se ne parla!» esclamò Michael. «Ci sono anche gli altri, in macchina! Dove li metto, nel bagagliaio?»

«Sono sicura che possano stringersi un po' tutti.» Linda allungò le mani, poggiandole sulle spalle di Michael. «Ci parlo io con Arthur» tentò di rassicurarlo. «Ho economia domestica, tra poco. Scommetto che gli piacciono i dolci.» 


 

§§§§ 


 

Arthur viveva nella casa più grande dell'isolato, una pittoresca villetta edoardiana costruita in mattoni rossi. Michael sapeva che l'abitazione apparteneva a suo nonno, un simpatico vecchietto con le orecchie a sventola che, solitamente, trascorreva i pomeriggi seduto, insieme ad altri anziani, su una panca fuori dal negozio di alimentari dietro l'angolo. Si rese conto che quell'estate non aveva mai visto in giro nemmeno lui: che fosse malato? Il ricordo più vivido che Michael possedeva dell'uomo risaliva a tre anni prima, quando lui e altre matricole erano fuggiti pedalando a tutta velocità verso la salvezza, dopo aver lanciato rifiuti nel loro cortile, mentre il signor Kirkland li inseguiva bestemmiando e brandendo minacciosamente il bastone da passeggio. Era il periodo in cui tutti i ragazzini del circondario si divertivano a importunare Arthur.

Il pensiero di essere stato così sciocco dal farsi trascinare in quelle bravate tormentava Michael come uno spillo invisibile che si dilettava a penetrarlo fin sotto la cute. E ora eccolo lì, seduto in nella propria auto sovraffollata, ad osservare penosamente le tende verdastre che nascondevano al mondo la vita privata di Arthur, quella in cui lui si era arrogato il diritto di ficcare il naso, di ergersi a giudice di un decantato pudore che, in fondo, nemmeno condivideva.

Nick, spiaccicato tra altre tre persone sul sedile posteriore (Stanley si era messo in braccio ad Axel), si sporse in avanti. Il suo respiro solleticò il lobo dell'orecchio di Michael, provocandogli un forte brivido lungo il collo.

«Secondo voi» disse, «è tutto coperto perché ha una madre che soffre di forti emicranie mentre lui pratica la tassidermia?»

Se Linda, seduta sul sedile del passeggero, avesse riso un po' più acutamente, il cervello di Michael si sarebbe liquefatto, cominciando a fuoriuscirgli dal naso e dalle orecchie come una purulenta sostanza ectoplasmatica. «Ma da dove le tiri fuori, queste perle?»

«Da Hitchcock» replicò Michael, guadagnandosi da Nick una strizzatina amichevole sulla spalla.

«Menomale che qualcuno capisce i miei riferimenti cinematografici.»

«A.V. Club.» Michael incontrò lo sguardo di Nick nello specchietto retrovisore e gli fece l'occhiolino. «Ogni anno organizziamo un cineforum. Chiedi a Stanley per maggiori informazioni.»

Ma Stanley, in quel momento, aveva altre priorità: «Mi raccomando, Mike, se ti invita in casa, sempre culo contro il muro.»

«Disse quello che sta cavalcando Axel.»

«Cosa c'entra? Lui mica è frocio.»

«Non dire frocio» lo riprese Nick, «è villano.»

Michael sistemò lo specchietto retrovisore, e vide Stanley aggrottare le sopracciglia. «Scuuusa» disse, agitando le mani. «Non avevo capito che fossi un loro amico.»

«Ho solo questa bizzarra convinzione che tutti gli uomini siano stati creati uguali» ribatté Nick. «Parole di Thomas Jefferson.»

«Ma Jefferson non era un misogino?» fece Linda.

«Nessuno è perfetto.»

«Beh, io non sono d'accordo» sbottò Stanley. Michael cominciò ad accarezzare l'idea di prendere il crick nel bagagliaio e tirarglielo in testa. «Non sono uguale a un pervertito che si scopa i ragazzini, mi dispiace.»

«Adesso stai veramente esagerando, Stan!» esclamò Linda. «Arthur è una brava persona! Non ti è bastato rovinargli un anno di vita per uno stupido pettegolezzo? Vuoi ancora infierire? Sei da denuncia!»

Michael si rese conto di aver tenuto gli occhi fissi sul riflesso di Nick per tutto quel tempo. Lo vide sollevare lo sguardo, aggrottare le sopracciglia bionde e passare in rassegna i volti di tutti i presenti. «Rovinato?» chiese. «Che è successo?»

«Storia lunga» bofonchiò Steven.

«Basta stronzate.»

Finalmente, Linda parve tornare la scaricatrice di porto di una volta. Afferrò la scatola bianca che aveva poggiato sul cruscotto e spalancò la portiera della Cadillac. «Muovi il culo, Mike.»

Lui fece roteare gli occhi, prima di seguirla fuori dall'autovettura.

«Chiappe al muro!» gridò Stanley, ma Michael tagliò corto richiudendo rudemente la portiera.

La sua amica gli smollò violentemente la scatola che si portava appresso.

Sul vialetto d'accesso di casa Kirkland, il vento faceva danzare le foglie intorno alle loro caviglie. Il legno degli scalini del portico scricchiolò sotto il loro peso. Mentre Linda suonava il campanello, Michael si guardò nervosamente attorno, come a voler trovare la più efficace via di fuga se Arthur avesse deciso di vendicarsi delle sue malefatte brandendo un coltello alla Michael Myers. Di fronte a lui, appeso a una trave, un dondolo oscillava mosso dal vento, sbattendo contro la parete rustica della casa. Un cane abbaiò in lontananza. Quella quiete era a dir poco spettrale ed erano solo le tre del pomeriggio.

Sussultò, afferrando il polso di Linda, quando udì il gancio della porta venire sciolto. Arthur aprì e mosse un piede sul portico. Era ancora vestito come Michael lo aveva visto quella mattina, con i jeans chiari e la maglietta bianca che, ora, presentava una grossa chiazza di sudore sul davanti. Non lo ricordava mica così robusto, tantomeno così virile. Il tempo, tuttavia, non era stato particolarmente generoso con lui in quanto ad altezza.

«Ciao, Linda.» Sorrise alla ragazza, mentre ignorò del tutto Michael come se fosse un insetto. Nonostante lo sovrastasse di almeno dieci centimetri, il ragazzo si sentiva davvero piccolo in sua presenza.

Linda rispose al sorriso. «Ciao, Arthur!» esclamò, raggiante, prima di stritolare la spalla di Michael in una morsa. «Ti ricordi il mio amico Mike?»

Le labbra carnose (troppo carnose) di Arthur non sembrarono volersi incurvare subito verso il basso, quando i suoi occhietti scuri si mossero su di lui. Che avesse davvero deciso di lasciarsi il rancore alle spalle? «E chi se lo scorda?» rispose, appoggiandosi allo stipite della porta. Incrociò le braccia sul petto e squadrò Michael da capo a piedi. «Mi ha quasi spaccato uno specchietto dell'auto.»

Come non detto. L'espressione volpina sul volto di Arthur era solo una facciata colma di sarcasmo e vecchi livori. Stavano solo perdendo tempo.

Linda, evidentemente, fiutò il pericolo nell'aria, perché si premurò di venire subito in suo aiuto.

«A tal proposito» disse, facendosi più vicina a Michael. «Non sapeva che fossi tornato, altrimenti sarebbe passato prima! Ci teneva davvero tanto a chiederti scusa per quello che è successo, sai... tutta quella brutta storia... Mike si sente davvero in colpa.»

«Davvero» ripeté lui. Una gomitata di Linda nelle sue costole lo costrinse a porgere la scatola ad Arthur. Lui sollevò un sopracciglio, scettico, prima di afferrarla e aprirla.

«Carini» commentò, afferrando uno dei muffin al cioccolato sul quale era impressa una S di pasta di zucchero. Affiancati tutti insieme, formavano la scritta I'M SORRY all'interno del pacco.

«Li... li ho fatti io... » mentì Michael, come da copione. Per essere nel club di teatro da quattro anni, si sentiva un pessimo attore. «Faccio economia domestica, questo trimestre.»

«Ovviamente.» Arthur richiuse la scatola e sospirò. «Dai, entrate. Vi faccio il caffè.»

L'ingresso odorava di naftalina, una buffa essenza che, fin da piccolo, Michael aveva imparato ad associare ai nonni. Anche se la loro casa puzzava di cavolo. Alcune lampade a muro erano l'unica fonte di luce nel corridoio, ma la cucina era più luminosa grazie alla grossa vetrata sopra il lavandino.

Arthur posò i muffin sul bancone e cominciò a maneggiare con la macchina del caffè.

«Allora» esordì, mentre Michael e Linda prendevano posto al tavolo. «Dove lo vuoi fare?»

Michael sobbalzò, preso alla sprovvista da quella domanda. «Cosa?» disse: non era sicuro di aver capito bene.

Arthur si voltò verso di lui, una mano posata sul fianco. «Sei qui per farti sverginare, no? Sei il quinto che mi suona alla porta, questa settimana. Sai, visto che ho così tanta domanda ho pensato di aprire un business.»

Michael spalancò la bocca così tanto che temette potesse cadergli la mascella. Era serio? Davvero pensava...?

«Io... io non sono... cioè, non credevo....»

La risata di Linda accanto a sé, tuttavia, gli fece capire che Arthur lo stava prendendo in giro. Richiuse la bocca, prendendo a tormentarsi le mani, mentre lui finiva di preparare il caffè e posava due tazze e una zuccheriera di fronte a loro.

«Ripetizioni, uh?» domandò Arthur, sedendosi sul tavolo. «Quanto sei messo male?»

Michael grugnì e fece una piccola pausa per mandare giù qualche sorso di caffè bollente. «Molto» rispose, flebilmente. «Sono... sono indietro di quattro materie... e, in più, devo seguire il programma regolare di quest'anno...»

Posò la tazza e si mise a frugare nello zaino, in cerca dei fogli con i programmi che i professori gli avevano consegnato quella mattina, e li consegnò ad Arthur.

Lui estrasse un paio di occhiali e li inforcò per leggere meglio. «Geografia europea...» bofonchiò. «Sei proprio nella merda, eh?»

Michael si inumidì le labbra insaporite dal caffè, tenendo gli occhi fissi sul ripiano del tavolo. I colori vivaci della tovaglia di nylon si fecero presto sfocati. «Ho avuto dei problemi...»

«Lo so. Ho sentito di tua madre. Condoglianze.»

Lui si strinse nelle spalle. Sotto il tavolo, la mano di Linda trovò parsimoniosamente la sua.

Evidentemente, i suoi problemi famigliari addolcirono Arthur perché, a una certa, saltò giù dal tavolo e annunciò che accettava di dargli una mano. Ora, però, veniva la parte dolente. «Faccio due ore di lezione il martedì e il giovedì» spiegò Arthur. «Quindi, per me possiamo iniziare già domani. Sono quindici dollari l'ora.»

«Cazzo» sibilò Michael, ma Arthur lo udì comunque.

«Pensavi che sarebbe stato gratis?»

«Non puoi fargli un po' di sconto?» intervenne Linda. Ogni tanto, Michael avrebbe desiderato avere una faccia tosta come quella dell'amica. «So che ai miei zii hai fatto un prezzo molto più basso.»

«Tua cugina andava alle medie e aveva solo una materia» le fece presente Arthur. Poi, dopo qualche istante, scosse la testa e aggiunse: «D'accordo. Facciamo dieci. Prendere o lasciare.»

Un forte pizzicotto di Linda fece capire a Michael che sarebbe stato meglio per lui accettare. Così, alla fine, annuì alla proposta: in qualche modo, avrebbe raccattato venti dollari per il giorno dopo. Magari, Linda sarebbe stata fedele alla parola datagli fuori dalla mensa.

«A che ora posso venire?» domandò, mentre si muovevano nuovamente nell'ingresso. Davanti a loro, Arthur sbocconcellava il muffin con la S.

«Vieni pure appena finisci scuola» rispose, aprendo la porta per farli uscire. «E comunque i tuoi muffin fanno proprio schifo.»

Uscendo sul portico, Michael riservò un ghigno a Linda. «Lo so.» 

 


 

[¹] – Ciao, compagno. Again, se vedete che ho fatto qualche castroneria linguistica, non esitate a farmelo notare. Mi diverto troppo a far parlare Mike e Nicky in russo!

[²] – Sono molto simpatica, perciò ho deciso di inserire una citazione al film originale. Nella pellicola, Nick rimane in Vietnam e diventa un professionista della roulette russa (gioco a cui era stato sottoposto anche durante una prigionia insieme a Mike e Steven). Morirà quando Mike proverà a convincerlo a tornare a casa.


Allora, io non so se si è notato, ma sono veramente presissima da questa storia! E spero che piaccia a voi tanto quanto sta piacendo a me. Ci tenevo a dirvi, soprattutto ai più timidi, che mi farebbe davvero piacere un commento ai capitoli, giusto per sapere che cosa ne pensate. Ricordate che i feedback fanno sempre la felicità di una scrittrice <3 E, poi, sono davvero curiosa: a primo impatto, cosa siete? Team Nick o Team Arthur? Io non saprei chi scegliere, Mike e Nick sono una mia grandissima otp ma trovo che Mike e Arthur siano un'interessantissima accoppiata. Sicuramente entrambi faranno dannare parecchio quel poverino eheheh.  
Beh, spero davvero che questa storia possa allietarvi un po' la quarantena e il periodaccio che tutto il mondo sta passando. Facciamoci forza e cerchiamo di distrarci quando possiamo, io farò del mio meglio per portare dei contenuti che possano aiutare un po' in questo. Alla prossima, vi abbraccio virtualmente e spero di rivedervi presto anche con 
Bridge Over Troubled Water, la mia long principale. 

 

  
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