Capitolo
1
1
settembre 1978
Londra,
Hogwarts Express
-
Scrivici non appena arriverai a scuola, siamo curiosi di
scoprire in che Casa finirai. Presta attenzione a quello che ti dice
tua
sorella e… -
Marlene
alzò gli occhi al cielo, roteandoli al sentire le
raccomandazioni con cui i suoi genitori stavano inondando le orecchie
della
povera Clarisse. Le sembrava quasi di essere tornata al primo anno,
quando il
discorso sul fare affidamento sui gemelli era toccato a lei. Come se
poi i suoi
fratelli, entrambi smistati a Grifondoro, l’avessero mai
effettivamente tenuta d’occhio;
questo salvo le poche volte in cui qualche ragazzo si era avvicinato a
lei, ben
inteso.
-
Non stiamo partendo per la guerra -, sospirò alla fine, -
perciò potete lasciarci prendere il treno senza alcuna
preoccupazione. Clarisse
starà benissimo, io e i miei amici vigileremo su di lei
senza sosta, ora
possiamo andare? –
Clarisse
le rivolse un’occhiata preoccupata, mentre si
facevano largo tra la folla di genitori intenti a salutare i figli,
dirette
verso la scaletta del treno.
-
Vigilerai davvero su di me in continuazione? –
-
Certo che no -, la rassicurò scompigliandole i capelli
biondo rossicci, - ma dovevo pur dirlo se volevamo toglierci dai piedi
mamma e
papà, no? –
La
sorellina annuì, sollevata, sorridendole mentre cercava di
trascinare in avanti il suo baule.
Marlene
si alzò in punta di piedi, alla ricerca di qualche
faccia familiare. Finì con il perdere
l’equilibrio, sbilanciandosi in avanti, e
impattò contro una schiena alta e una folta chioma bionda.
Il
ragazzo si voltò verso di lei, aprendosi in un sorriso
smagliante quando la vide. L’imbarazzo, che inizialmente
aveva assalito
Marlene, svanì dal suo volto e in men che non si dica
gettò le braccia attorno
al collo del ragazzo e l’attirò a sé.
-
Ciao, Arkell! –
Lo
strinse in uno dei suoi celebri abbracci spaccaossa,
ignorando le rimostranze di lui e le risatine di sua sorella.
-
Ciao, Marley. Pensi che riuscirai a farmi tornare a
respirare prima o poi? –
Sciolse
la presa, continuando a sorridergli, poi gli indicò la
sorella: - Lei è Clarisse, mia sorella, comincia il primo
anno. –
Il
Grifondoro le tese la mano, constatando il rossore che
aveva preso possesso del volto leggermente paffuto
dell’undicenne, - Piacere di
conoscerti. –
Poi
fece vagare lo sguardo sui loro bauli e aggiunse: -
Permettete che vi dia una mano a portarli nello scompartimento?
–
Mentre
le due McKinnon annuivano, e il Grifondoro le precedeva
facendo levitare i bagagli alla ricerca di uno scompartimento libero,
Clarisse
diede di gomito alla sorella.
-
Marley… -
-
Sì? –
-
Tutti i ragazzi di Hogwarts sono belli come lui? –
Marlene
proruppe nella sua solita risata imbarazzata e
allontanò una ciocca dal volto: - Non tutti, Arkell
è tra quelli che alzano
decisamente la media. –
-
Bene, allora spero di finire a Grifondoro come i gemelli. –
La
Corvonero scosse il capo, ridendo della spontaneità del
commento della più piccola, poi accompagnò Arkell
fuori dallo scompartimento.
Rimase
ferma sulla soglia, la porta scorrevole chiusa quasi
del tutto, e sondò gli occhi castani del ragazzo: -
Raggiungi il resto della
tua squadra? –
-
Già. Ti inviterei a trascorrere il viaggio con me, ma
immagino che sarebbe un po’… -
-
Strano? Già -, concluse per lui, - ma non preoccuparti.
Amelia e Benjamin dovrebbero arrivare tra poco, immagino siano ancora
impegnati
nella ricerca di Hestia. –
Arkell
tamburellò appena contro lo stipite della porta, poi si
decide a domandarle: - Magari ci vediamo dopo il banchetto? –
Quella
sì che era un’ottima idea, specialmente dato che
avevano passato l’intera estate a scriversi e a uscire
insieme ogni qualvolta
fosse possibile. Non era nulla d’ufficiale, ma la sua indole
curiosa moriva
dalla voglia di essere soddisfatta e scoprire, finalmente, se tra lei e
Arkell
potesse esserci qualcosa di più.
-
Mi sembra perfetto – assicurò.
Lo
vide lanciare un’occhiata al corridoio, trovandolo vuoto,
per poi chinarsi a sfiorarle le labbra con le sue.
-
Ci vediamo dopo. –
Valya
si lasciò ricadere su uno dei sedili dello
scompartimento, che lei e i suoi amici avevano faticosamente
conquistato, e lanciò
un’occhiata incredula alla quantità di dolciumi
che affollavano il tavolino
posto al centro.
Riversati
sulla superficie lignea, c’erano infatti dolci di ogni
genere e sorta, sia comprati dal carrello che quelli portati da Adam e
Shari.
Guardandoli da fuori tutti si sarebbero domandanti cosa potesse
accomunare due
Serpeverde e due Tassorosso, specialmente se si considerava che non
condividevano neppure il medesimo Stato di sangue, eppure quella
quantità
industriale di zuccheri era la risposta più ovvia.
Si
erano incontrati per la prima volta durante il viaggio
sull’Espresso
del primo anno, quando si erano tutti accalcati attorno al carrello ed
era nata
una vera e propria diatriba per decidere a chi spettasse
l’ultimo pacchetto di
Cioccorane. Alla fine avevano deciso, di comune accordo e motivati
perlopiù
dall’enorme quantità di cibarie che avrebbero
messo insieme se si fossero
riuniti, di occupare il medesimo scompartimento.
Avevano
passato il viaggio mangiucchiando dolci e conversare
era venuto loro talmente naturale, che si erano accorti di cosa
avessero fatto
solo quando il fischiare dell’Espresso aveva annunciato loro
di essere giunti
in prossimità di Hogwarts. Il fatto che il Cappello Parlante
li avesse smistati
in coppia nelle rispettive Case, poi, aveva finito con il cementificare
il
rapporto che si era instaurato.
Così
Shari e Adam avevano finito con il passare molto tempo
insieme, approfittando del tempo libero per sgattaiolare nelle cucine
di
Tassorosso e mettersi ai fornelli per produrre leccornie dolci di ogni
genere;
lei ed Hector, invece, si erano avvicinati quando Valya aveva compreso
esattamente che tipo di famiglia ci fosse alle spalle del ragazzo.
Essendo una
Nata Babbana, infatti, non aveva la minima idea di chi fossero i
Macnair né di
quale fosse la loro reputazione all’interno del mondo magico.
Le
erano bastate poche insinuazioni per capire che erano
ferventi sostenitori di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato.
Eppure
Hector non aveva mai dato dimostrazione di essere
troppo toccato dal suo essere una Sanguesporco, come
l’avevano etichettata
molti dei suoi compagni di Casa, e non si era scomposto minimamente
quando il
Cappello Parlante l’aveva assegnata a Serpeverde.
Probabilmente
c’entrava il fatto che, tra i membri verde
argento, entrambi venissero guardati di sottecchi: lui
perché era una
delusione, lei perché disonorava l’intera Casa con
la sua sola presenza.
Sì,
di sicuro era stato quello che li aveva spinti a cercare
la compagnia reciproca e il fatto che Adam e Shari li accettassero
senza pregiudizi
aveva cementato automaticamente l’esistenza del quartetto.
Ed
ora eccoli lì, alle prese con l’ennesima
discussione
dolciaria.
-
Vi rendete conto che abbiamo cibo in abbondanza per tutto il
treno, vero? –
Shari
annuì, mangiucchiando una Cioccorana.
-
Abbiamo ripulito la signora del carrello prima che arrivasse
chiunque altro. –
-
Quindi -, constatò lentamente la Serpeverde, -
perché questi
due testoni discutono su quei biscotti? –
Hector
si voltò verso di lei, approfittando della sua
rapidità
per sottrarre l’ultimo rimasto da sotto il naso di Adam, e
glielo mostrò: -
Chiaramente non ti rendi conto di che razza di prelibatezza siano.
–
-
No -, ammise sorniona, - ma mi rendo perfettamente conto che
se i Mangiamorte cominciassero a distribuire biscotti vi unireste
subito a
loro. –
Shari
scoppiò a ridere davanti alle espressioni indignate dei
due ragazzi, dandole man forte: - Sarebbero i primi della fila.
–
-
Insinuate forse che i dolciumi possano comprare la nostra
morale? – chiese Adam, inarcando un sopracciglio, fintamente
indignato.
Nello
stesso momento, Hector prese un morso del biscotto,
masticandolo lentamente per godersi il più possibile la
sensazione burrosa
della sua consistenza contro la lingua, e scherzò: - Stiamo
parlando di
biscotti in generale o di questi in
particolare? –
-
Biscotti in generale. –
-
Ah… no, allora no. –
Le
risate invasero lo scompartimento.
Tornare
a Hogwarts era bello, considerò Valya, li aiutava a
mantenere la mente lontana da tutto quello che stava accadendo fuori
dalle alte
mura del castello.
Dava
loro qualche attimo di respiro dopo un’estate a dir poco
infernale.
Quando
Alys aprì la porta scorrevole dello scompartimento,
annaspando sotto il peso della sua copia del Settimanale del Quidditch,
il
mantello ripiegato della divisa e la scorta di cibarie,
trovò due dei suoi
migliori amici stravaccati sui rispettivi sedili.
Condividevano
un articolo sul nuovo set di mazze da Battitori,
corredate di lucido per i pomelli d’ottone, panni e
quant’altro; erano così
presi dalla lettura che la degnarono di un’occhiata solo
quando sbuffò.
-
Comodi, mi raccomando, che non vi passi per la testa di
darmi una mano. –
Alphard
alzò lo sguardo dal giornale, sollevandosi quanto
bastava per toglierle di mano i dolci, e la invitò ad
accomodarsi davanti a
loro.
-
Grazie, a quanto pare c’è ancora qualcuno che
possiede un
minimo di galanteria. –
-
Galanteria? Eppure sono sicuro di averti sentita ripetere,
diverse volte quest’estate a onor del vero, che non sei una
di quelle stupide
ragazzine che non si prendono cura di se stesse perché
temono di rompersi un’unghia.
Se vuoi la parità dei sessi, bambolina, devi accettare sia
il bello che il
brutto della situazione – replicò, sentendosi
chiamare in causa, condendo il
tutto con il suo solito sorrisetto sornione.
Alys
fece svettare in aria il medio, mimando un bacio a mezz’aria,
cosa che fece scoppiare a ridere Alphard ed estese anche il sorrisetto
di
Antonin.
-
Ma che gesti sconsiderati, bambolina. Una signorina come si
deve non dovrebbe mai fare cose del genere; cosa direbbe tua madre se
venisse a…
-
Non
riuscì a finire la frase, perché una Cioccorana
lo centrò
in piena fronte.
-
La prossima volta ti tiro una scarpa – lo ammonì.
-
Che minaccia scioccante. –
-
Non la provocherei oltre -, intervenne Alphard, - perché
sono
sicuro che lo farebbe. –
Per
nulla impressionato, Antonin si allungò sul tavolino e
afferrò una manciata di liquirizie.
Mentre
ne scartava una, Alphard lanciò un’occhiata al suo
orologio da tasca.
-
Come mai ci hai messo così tanto per prendere qualche dolce?
–
Il
bel volto di Alys si rabbuiò come se avesse fatto la
domanda peggiore della sua vita. Eppure non riusciva a capire cosa ci
fosse che
non andava.
-
Macnair e la sua banda di disadattati socialmente inetti
hanno preso d’assalto il carrello dei dolci. Ci hanno messo
una vita, così la
fila è rallentata all’inverosimile –
replicò, facendo schioccare la lingua con
fare stizzito.
-
Ah. –
Ed
ecco anche spiegata l’assenza della consueta piuma di
zucchero alla cannella, che Alys si gustava durante ogni singolo
viaggio sull’Espresso,
e di qui il suo conseguente malumore.
-
Spero che diventino delle palle di brufoli e ciccia,
dovrebbero rotolare in giro per il castello e io potrei prenderli a
calci per i
corridoi. Così sì che imparerebbero a non
rubarmi… -
Antonin
si alzò in piedi a metà del suo sproloquio,
uscendo
dallo scompartimento senza una parola.
I
due si scambiarono un’occhiata perplessa, che venne ripagata
quando il Corvonero fece ritorno poco dopo.
Stringeva
in mano una Piuma di zucchero alla cannella.
La
porse ad Alys, che lo guardò con tanto d’occhi.
-
Ecco fatto. –
-
Sei andato a rubargliela? Oppure li hai minacciati? –
chiese, incredulo, Alphard.
-
Ma per che razza di troglodita mi avete preso -, sbuffò
Antonin di rimando, - gliel’ho semplicemente chiesta.
Specificando che un’Alys sul piede di guerra per tutto il
viaggio in treno avrebbe messo sul piede di guerra me.
Hanno considerato l’eventualità e me
l’hanno ceduta senza
troppe storie. –
-
Quindi sì -, considerò la ragazza, - li hai
minacciati. –
-
Mangia la tua stupida Piuma o la butto via. –
-
Va bene -, succhiò la piuma assaporandone l’aroma
di
cannella, - ma posso fare una domanda che non riguarda né le
minacce né te in
particolare? –
-
Dov’è Alther? –
I
due ragazzi si scambiarono un’occhiata complice, che ebbe il
potere di far alzare le mani ad Alys.
-
Come non detto, non lo voglio sapere, voglio vivere nella
più beata ignoranza. –
Un
urlo squarciò il silenzio del corridoio vicino al loro
scompartimento. Era decisamente femminile e oltremodo furioso.
E
davvero molto, sospettosamente, familiare.
Hestia
rivolse un’occhiata eloquente all’indirizzo di
Benjamin
e Marlene.
-
Sono io o quella era decisamente la voce di Amelia? –
-
Difficile dirlo da qui -, considerò Marlene, - ma da come
l’ultima
parola ha preso un’inclinazione verso l’alto
sembrerebbe proprio di sì. –
Benjamin
si alzò, facendo scorrere la porta dello
scompartimento e sporgendosi per vedere cosa stesse accadendo.
Vide
che anche altri studenti, a pochi metri di distanza da
loro, avevano fatto la stessa identica cosa.
Audrey
e Jade incrociarono il suo sguardo, di ritorno dal
bagno delle ragazze, e rallentarono fino a fermarsi alla sua altezza.
-
Credo che Amelia stia per uccidere Rosenroth –
asserì Jade,
giocherellando disinvolta con una ciocca di lunghi capelli biondi.
-
Il che, di per sé, non sarebbe questa gran perdita -, le
venne dietro Audrey, - ma forse è meglio se provate a
calmarla. Ci avrei
parlato io, ma anche se siamo nella stessa Casa dubito di avere
abbastanza
ascendente da calmarla. –
Marlene
fece capolino da dietro l’amico, domandando: - È
davvero
messa così male? –
-
Fuori dalla grazia di Tosca -, confermò la rossa, - non
credo di averla mai vista così. –
Prima
ancora che potesse assicurare che ci avrebbero pensato
loro, Hestia afferrò sia lei che Benjy per un braccio e li
tirò con sé verso la
direzione delle urla.
Non
riusciva a sentire cosa stesse dicendo Rosenroth, ma
conoscendolo era sicuramente qualche replica beffarda che contribuiva a
mandare
ancora più il sangue al cervello ad Amelia, ma in compenso
sentì chiaramente
quello che Jade disse all’amica: - Uffa, avremmo potuto fare
finta di nulla,
Amelia Bones che Schianta qualcuno non è uno spettacolo che
si vede tutti i
giorni. –
Alther
osservò il piccolo drappello in avvicinamento con un
sorrisetto sfrontato sul viso. Hestia Jones guidava la delegazione, o
per
meglio dire trascinava gli altri due, con uno sguardo battagliero.
-
Guarda, sta arrivando la cavalleria, Bones. –
-
Te la do io la cavalleria, razza di deficiente –
sbuffò
Hestia, spintonandolo mentre si avvicinava all’amica.
Amelia
aveva il bel viso rosso per la rabbia, teneva le mani
strette a pugno, e sembrava davvero starsi facendo violenza pur di non
mettere
mano alla bacchetta e cancellare una volta per tutte
quell’espressione dal
volto del Corvonero.
Hestia
le prese il volto tra le mani, costringendola a
smettere di guardare verso Alther e focalizzarsi solo su di lei.
-
Amy, che succede? –
-
Succede che lo ammazzo –, decretò, - o me lo togli
da
davanti o lo faccio volare giù dal treno. –
Bene,
a quanto sembrava Rosenroth aveva esagerato più del
solito.
Lo
fronteggiò a brutto muso, puntandogli contro un dito.
-
Cosa le hai fatto? –
-
Assolutamente nulla -, replicò sgranando gli occhi, - sono
innocente. –
Certo,
lui era innocente e lei era mago Merlino.
Parve
leggerle nel pensiero, perché abbozzò un
sorrisetto
malandrino: - Cioè, magari non proprio innocente, ma in
questo particolare caso
non ho combinato nulla di male. –
A
giudicare dallo stato dei suoi abiti, spiegazzati come se
qualcuno si fosse ricomposto in fretta e furia, e dal rossetto che gli
macchiava il collo dubitava seriamente che non avesse fatto nulla.
Questo,
però, non giustificava la sparata di Amelia.
-
Signor innocente dei miei stivali, levati dai piedi –
decretò alla fine, prendendo sottobraccio Amelia e
portandola via.
Quando
furono abbastanza lontane da essere certe che nessun
altro le ascoltasse, Hestia si arrischiò a chiedere: - Cosa
è successo? –
-
L’ho beccato con una Grifondoro del quinto anno,
nell’anticamera
del bagno delle ragazze del terzo scompartimento, e quando ho fatto
valere la
mia posizione di Prefetto abbiamo cominciato a discutere come al
solito. Solo
che poi lui… -
-
Lui? –
-
Mi ha chiesto se volessi rovinare il rientro a scuola anche
a lui oltre che ad Alphard – ammise, a voce bassa, gli occhi
azzurri improvvisamente
lucidi.
Amelia
e Alphard Shafiq erano usciti insieme per quasi tutto l’anno
prima, avevano rotto un paio di giorni prima che finisse la scuola, e
tutti e
due erano usciti decisamente a pezzi dalla storia.
Non
dubitava che Alphard ne soffrisse, specialmente perché la
rottura non era dipesa da lui, ma sapeva che anche Amelia si sentiva
uno schifo
per come erano andate a finire le cose tra loro.
Insomma,
Rosenroth aveva colpito sui tasti giusti per
scuoterla.
-
Ora capisco perché volevi buttarlo giù dal treno
in corsa,
probabilmente l’avrei fatto anche io. –
Nathan
rientrò nello scompartimento, rispondendo alle mute
domande negli occhi dei suoi compagni di Casa.
-
Rosenroth e la Bones che discutevano come al solito –
rivelò.
-
Sai che novità. Mi domando ancora cosa abbia detto il
cervello a Shafiq quando ha deciso di mettersi insieme a quella -,
considerò
Barty da sopra il tema di Storia della magia che stava finendo di
ricontrollare,
- ha delle manie da despota non indifferenti. –
Regulus
replicò, inarcando un sopracciglio e sfoggiando il
migliore dei suoi sorrisetti sghembi: - Senti da chi viene la predica.
–
Barty
sgranò gli occhi, palesemente indignato: - Io non sono
un despota, diglielo Nat!
–
-
Per l’appunto… -
Nathan
tossicchiò, soffocando una risata, guadagnandosi
un’occhiataccia
dal suo migliore amico.
-
Beh, Regulus non ha certo tutti i torti. Insomma, non è che
tu sia la persona più accomodante a Hogwarts… o
sul resto della Terra, per
quanto ne so. –
Mentre
il ragazzo boccheggiava, all’evidente ricerca di una
replica che ponesse fine a tutta quella storia, Regulus e Nathan
continuarono a
dare sfogo alla loro ilarità.
Alla
fine si limitò a puntare un dito contro Nathan,
agitandolo in un’imitazione che a tutti loro
ricordò spaventosamente Bartemius
Crouch senior: - Si può sapere da che parte stai? –
-
Io sono neutrale, proprio come la Svizzera. –
-
Non provarci nemmeno. E per quanto riguarda te, Reg… il
despota rinuncia a correggerti il tema e da oggi entra in sciopero
– concluse,
abbandonando il foglio sulle gambe del giovane Black.
Questo
bastò a cancellare le espressioni divertite dalle facce
dei due Serpeverde. Barty seguiva dodici materie, tutte rigorosamente
con il
massimo dei voti, ed era solo merito suo se anche loro due avevano
potuto
mantenere una media alta anche nelle materie in cui di per
sé non brillavano.
-
Dai, Barty… non fare così –
provò Regulus, conciliante.
Per
tutta risposta, Crouch si lasciò ricadere contro lo
schienale del suo sedile e incrociò le braccia al petto,
guardandoli dall’alto
in basso con supponenza.
Prima
o poi li avrebbe davvero ricominciati ad aiutare,
dopotutto erano i suoi migliori amici, ma vederli ingoiare
l’orgoglio per un po’
sarebbe stato un toccasana per il suo ego.
Insomma,
se la stava godendo un sacco.
-
Ah, adesso vi appellate al mio buon cuore? Peccato, i
despoti non ne hanno uno. –
-
Lo sai che senza di te saremmo persi – gli diede man forte
Nathan.
-
Vedremo -, sentenziò alla fine, - adesso lasciatemi andare
alla riunione. –
Uscì
dallo scompartimento, ignorando le moine che quei due
avevano preso a urlargli dietro per convincerlo del loro sincero
pentimento, e
bussò piano contro la vetrata di quello in cui si trovavano
Rhaenyra e le sue
amiche.
Quando
gli venne accordato il permesso di entrare, Barty fece
capolino e notò all’istante il silenzio in cui era
precipitata Lyra Selwyn.
Per
quale motivo quella ragazza, nell’arco dei vari anni di
scuola, continuasse a fare delle scene come quelle tutte le volte in
cui la
incontrava non riusciva proprio a capirlo.
-
Barty -, salutò Aletha allegramente, - come mai Regulus e
Nathan ti urlano dietro cose tipo “mio signore e
padrone” o “magnifico rampollo”?
–
Liquidò
il tutto con un gesto della mano.
-
Perché tu e Rhae avete due cugini che hanno dei seri
problemi mentali. –
Il
sorriso sulle labbra di Aletha si allargò ancora di
più: -
E pensa che Regulus è l’erede che è
venuto meglio. –
-
Appunto, immaginati gli altri. –
Le
ragazze vennero scosse dalle risate. Poi Rhaenyra si alzò
in piedi e accennò all’ora.
-
Vogliamo andare alla riunione? –
-
Naturalmente. –
Barty
si fece da parte, permettendole di uscire per prima e di
precederlo lungo l’angusto corridoio.
Quando
giunsero a metà corridoio si decise a domandare: -
Posso chiederti una cosa, Rhae? –
La
ragazza si fermò, voltandosi a guardarlo, incuriosita.
-
Certo. –
-
Come mai la Selwyn non apre bocca quando ci sono io? –
-
Forse dovresti chiederlo a lei… ovviamente conosco il
motivo, ma non credo che spetti a me dirtelo. –
Tipica
sorellanza femminile, un muro praticamente impossibile
da sfondare, specialmente se la detentrice del segreto era Rhaenyra.
Dopo
aver ripreso a camminare, ormai in procinto di varcare
l’ingresso
della carrozza dei Prefetti e dei Caposcuola, tentò un altro
approccio.
-
Non mi dai nemmeno un indizio? –
Rhaenyra
allungò una mano, risistemandogli il nodo della
cravatta verde e argento, e si soffermò appena in
corrispondenza del primo
bottone della camicia.
La
pressione della sua mano sul suo petto era gentile, ma la
scintilla nelle sue iridi di ghiaccio era a dir poco malandrina.
-
Sono sicura che ci arriverai, dopotutto sei tremendamente
intelligente, no? –
Interruppe
il contatto, voltandosi in una sventagliata di onde
corvine che gli portarono il suo profumo alle narici, poi
spalancò la porta e
interruppe la loro conversazione.
Barty
rimase a guardarla per un paio di secondi, interdetto,
prima di seguirla all’interno.
Mah,
ragazze… chi le capiva era bravo.
Spazio
autrice:
Salve!
Non
ho
dedicato moltissimo spazio a tutti gli OC, ma prometto che
già dal prossimo
capitolo dedicherò più tempo a chi in questo
è apparso di meno. Per il resto,
spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A
presto.
Baci,
Fiamma