Il giorno dopo
Blaise era nervosissimo quella
mattina. Non riusciva a stare fermo. Brittany si affacciò
alla porta
dell’ufficio e sorrise. “Le faccio portare
qualcosa? Un tè? Un caffè?” Lui
scosse la testa. Avrebbe voluto bere un Firewhisky. Doppio. La ragazza
annuì e
fece per andarsene.
“Aspetta. Ehm, Brittany…” Lei si
rigirò verso di lui sorridendo troppo.
“Sì?”
“Tu sai… cosa c’era qui alle
pareti?”
chiese, indicando il muro. Lei seguì la direzione della sua
mano e Blaise poté
vedere la delusione sul suo viso. Oh,
dai, su. Cerca di essere utile, almeno. Lei scosse la testa.
“Forse… dei quadri?” tentò. E va, davvero bravissima. Perché non hai
fatto l’Auror con una mente così geniale?
Pansy aveva detto che c’era un quadro
orribile alla parete. Subito non ci aveva dato peso, ma poi,
pensandoci, si
rese conto che quando lui era arrivato, la parete era spoglia.
“E sai che
quadri c’erano?” Lei scosse il capo.
“Puoi scoprire se le cose che erano in
questo ufficio sono state per caso portate
in una cantina o da qualche altra parte?”
Brittany sorrise e annuì. “Perfetto.
Grazie” la liquidò.
Ma dopo poco lei tornò indietro. “Ho
detto che non ho più bisogno” tentò
ancora di mandarla via.
Lei arrossì e disse: “C’è una
persona
che la cerca”. Lui si raddrizzò. Oh. Pansy? Pansy
era arrivata? Sorrise senza
accorgersene e seguì la bionda fuori dall’ufficio.
Quando si trovò di fronte sua madre,
il suo sorriso svanì e imprecò mentalmente.
***
“Allora, adesso parliamo
di cose serie.”
Althea Zabini, finì di firmare tutte
le pergamene che c’erano sulla scrivania e posò lo
sguardo sul figlio.
Blaise sospirò. Quali sarebbero state
le ‘cose serie’? “Ossia?” La
strega sorrise.
“Con chi vieni sabato?” Sospirò.
Avrebbe dovuto intuire che intendeva il matrimonio. Cosa
c’era di più
importante per quelle matrone dell’alta società?
“Con un’amica”. Il sorriso di sua
madre si piegò in una smorfia. Sapeva che non era la
risposta giusta. Ma era
l’unica che potesse dare, al momento.
“Oh.”
Althea sospirò. Ma
quand’è che suo
figlio avrebbe messo la testa a posto? Forse doveva iniziare a valutare
l’idea di
presentargli qualche ragazza. “Che tipo di amica?”
Doveva assicurarsi che non
si presentasse con una ballerina da locale notturno. Era il suo
matrimonio,
santo Salazar! E ci sarebbero state tutte le sue sorelle e anche buona
parte
delle cognate collezionate dai vari mariti. Non voleva dare spettacolo.
“Un’amica a posto, mamma. Davvero. Non
preoccuparti.”
Lei annuì. Sperò che lo fosse davvero.
Lo guardò in viso. Era bello. Somigliava tutto a suo padre.
Aveva i lineamenti marcati
e i capelli corposi, forse un pochino troppo lunghi, ma capiva come mai
le
streghe cadessero tutte ai suoi piedi. Ora però sarebbe
stato carino se avesse
messo la testa a posto e avesse iniziato a pensare di sposarsi. E
magari anche
smetterla di girovagare di qua e di là e darle dei nipotini.
Aprì la bocca per parlare al figlio
della visita ricevuta quella mattina, quando lui la sorprese e le
chiese:
“Mamma, se fossi stato una strega, mi avresti costretto a
sposare qualcuno
anche se io non fossi stato d’accordo?”
Lei spalancò gli occhi, sorpresa. E fu
contenta di non avergli detto quello che stava pensando prima.
“Se fossi stato
una femmina, avrei voluto quello che voglio adesso che ho te. Vorrei
che fossi
felice. Vorrei tenere in braccio i tuoi bambini e vorrei vederti
accanto a una
persona che ti vuole bene. E vorrei che le volessi bene anche tu.
Perché questa
domanda, Blaise?” Lui scosse le spalle.
“Ho sentito diverse cose, da quando
sono tornato. E so che esistono ancora i matrimoni
combinati.”
“Il mio primo matrimonio
fu combinato
dai miei genitori. Ma non è stato un matrimonio felice. Non
ti obbligherei mai.
Ma magari ti presenterei qualcuno che ritengo adatto e berrei una Felix
Felicis!”
Sua madre ammiccò nella sua direzione e lui si sorprese. Era
la prima volta che
gli parlava così.
Annuì e si alzò per accompagnarla
fuori. “Verrai a cena questa sera?”
Annuì ancora con il capo. “E mi farai
conoscere la tua amica?”
“Non penso. Mi piacerebbe che non
cambiasse idea per sabato”. Sua madre ridacchiò.
“Non sono così cattiva. O Forse
sì?” Uscirono dall’ufficio e davanti a
loro vide Daphne in coda alla cassa,
vicino a una strega che non conosceva.
Sua madre si fermò e sussurrò: “Per
Salazar!”
Il ragazzo si voltò verso di lei e poi
guardò nella direzione del suo sguardo. Che stava
succedendo? Guardava Daphne.
La ragazza si girò, incrociò lo sguardo di Blaise
e spalancò gli occhi per la
sorpresa.
Poi la strega accanto a lei alzò gli
occhi e sorrise a sua madre. Si avvicinò con un gesto
teatrale esclamando:
“Althea, che piacere rivederti. Anche tu qui?” Sua
madre fece un verso strano
con la bocca. Piano. Lo sentì solo lui. Poi sorrise
artificiosamente alla
strega e guardò Daphne mentre si avvicinavano a loro. La
ragazza non sembrava
particolarmente contenta ma, forse per educazione, seguì la
strega docilmente.
Quando si fermarono davanti a loro sua
madre esclamò: “Lilian, cara. È lei tua
figlia Pansy?” Daphne sgranò gli occhi
(probabilmente lo stava facendo anche lui, pensò Blaise) e
si voltò verso la cara Lilian.
“No, Althea”. La strega più
ridacchiò piano. “Lei è Daphne, la
figlia dei Greengrass, ora Daphne Wilkinson.
Anche lei era a Hogwarts con i nostri figli. Daphne, ti presento Althea
Zabini”.
Blaise sentì sua madre sospirare e
guardare la pancia alla ragazza, mentre stringeva la mano di Daphne e
la madre
di Pansy gli rivolgeva un sorriso. “Lei è il nuovo
direttore?”
“Lui è mio figlio Blaise, Lilian.
Blaise, ti presento la signora Parkinson, sua figlia Pansy dovresti
conoscerla
già”. Il sorriso della donna divenne ancora
più ampio. “Oh, è proprio un bel
ragazzo, complimenti Althea!” Daphne sbuffò. Lui
la ignorò.
“Faccio le veci del direttore,
comunque. Aveva bisogno?” La strega sorrise, ma un pochino
meno.
“Sì. Ho una pergamena da consegnare.
Mio marito ha firmato per dei permessi alla camera
blindata…” Lasciò cadere la
frase e sospirò. Lui annuì e prese il documento
controllandolo. Era a posto.
Pansy aveva di nuovo diritto ai suoi galeoni. Le avrebbe subito fatto
spostare
il denaro. Sorrise senza accorgersene.
“Scusate… Ho
bisogno di sedermi…”
Daphne si toccò la pancia e sperò di apparire
stanca quanto doveva.
“Oh, sì certo, cara. Scusami”. Lilian
le indicò una sedia nel locale, mentre la madre di Blaise
scosse la testa.
“Blaise, accompagnala nel tuo ufficio
e falle portare un bicchiere d’acqua.”
“No, io
devo…” Sua madre si voltò
verso di lui con lo stesso sguardo di quando gli aveva beccato i
fumetti spinti
sotto il letto. Sospirò. “Vieni Daphne, ti faccio
portare qualcosa da bere”. Le
indicò l’ufficio e la seguì quando si
incamminò con lentezza e la testa bassa.
Poi lei si voltò e disse alla madre di
Pansy: “Grazie Lilian, penso che tornerò a casa da
Steve, dopo”. L’aveva
liquidata. Blaise sbuffò.
Daphne si andò
lentamente a sedere e
aspettò pazientemente che lui chiudesse la porta.
“Vuoi che ti faccia portare…”
Quando la porta fu chiusa non dovette più fingere per
chiedere a Blaise quello
che voleva e lo interruppe.
“È stata qui?” Lui spalancò
gli occhi.
“Come?”
“Non eri sorpreso dalla storia dei
permessi alla camera. Lo sapevi già”. Lui
annuì. “Pansy è stata qui? E
l’ha
scoperto?” Blaise annuì ancora. Merlino!
Daphne si mordicchiò l’unghia di un
dito. Aveva fatto un casino. Un grosso casino. Stavolta aveva
esagerato. E
aveva perso Pansy. Si era messa dalla parte dei suoi genitori e aveva
provato a
incastrarla in un matrimonio che non voleva. Aveva visto la rabbia e la
delusione negli occhi della sua amica. Si era sentita tradita. E aveva
perfettamente ragione. Solo che non sapeva come rimediare. E ora quella
cosa
che suo padre le aveva tolto l’accesso ai galeoni. Pazzesco.
“Era arrabbiata?”
“Sì.”
“È colpa mia. Sono stata io.”
“C’entri con la storia del
fidanzamento?” Lei alzò lo sguardo sul moro.
Merlino, gli aveva detto anche
quello? Sentì le guance arrossarsi dalla vergogna e
annuì lentamente. Lui si appoggiò
alla scrivania e le chiese: “E perché
l’hai fatto?”
“Io… Non lo
so. Volevo solo che si
sposasse. Come me…” Si toccò la pancia.
Daphne non era cattiva, davvero, lo
vedeva. Ma gli sembrava un po’ stupida. E aveva detto anche a
lui che Pansy si
sarebbe fidanzata. “Ma lei non vuole sposarsi”.
“No…” Vide i sensi di colpa nei suoi
occhi.
“Suo padre le toglie l’accesso al
denaro quando litigano.”
Lei annuì. “Ma io non lo sapevo! Come
potevo immaginare una cosa del genere? Lo giuro, non pensavo sarebbe
finita
così. Lei si è arrabbiata tantissimo e adesso ce
l’ha con me!” Come se a lui
potesse interessare di Daphne.
“Te lo meriti”. Scrollò le spalle.
“Ho provato ad andare a casa sua per
parlarle, ma ha il camino bloccato…”
“Sì, lo so.”
Lei alzò un sopracciglio, meravigliata
dalla sua riposta. Gongolò. “Ho bussato per ore
alla porta, prima di capire che
non c’era. Ma comunque non vuole
parlarmi…”
“Non lo farei neanch’io.”
Lei sbuffò. “Non è a casa sua. Tu sai
dov’è?” Nel
mio letto.
“Non sono sicuro di potertelo dire”.
Lei annuì.
“Dimmi solo se sta bene. Sua madre
dice che è successo uno scandalo grosso al lavoro, ma non
sapeva bene cosa…”
Blaise bleffò. “È stata una cosa
grossa. Molto grossa. Lei è molto scossa. Magari avere
vicino una persona un
po’ meno egoista le avrebbe fatto bene”. Daphne
abbassò la testa e guardò per
terra.
“Puoi dirle che voglio
fare pace?” Si
alzò e lo guardò. Lui annuì.
“L’ho detto anche a Theo, spero che uno di voi
riesca a farglielo sapere…”
Blaise si alzò dal piano della
scrivania. “Theo?”
“Sì. Sono andata anche da lui. Loro
sono molto amici. Pensavo fosse là, ma non c’era.
Quando l’ha saputo, Theo ha
detto che si sarebbe smaterializzato a casa sua e l’avrebbe
aspettata. Io
invece sono andata a casa dei suoi, per questo ero qui con sua mamma,
mi ha
spiegato lei la storia dei permessi.”
Lui scosse la testa lentamente. Daphne
non capiva cosa gli passasse per la mente.
Theo? Theo a casa di Pansy?
Qualcosa
gli prese il petto e lo stritolò. Guardò
l’orologio. Lei avrebbe dovuto essere
già arrivata. E non lo aveva fatto. Sarebbe venuta? Ora
iniziava a dubitarne.
“Ok. Adesso scusami, ma ho del lavoro
da sbrigare. Devo chiedere a qualcuno di accompagnarti a
casa?”
Lei alzò il mento e rispose un po’
incattivita: “No. Ci riesco benissimo da sola.
Ciao”.
***
Pansy si svegliò
lentamente. Aprì gli
occhi e stiracchiò le braccia oltre la coperta. Ma
dov’era? Si guardò intorno.
Merlino! Non era camera sua! Si tirò a sedere velocemente.
Il plaid che la
copriva cadde e lei notò che indossava lo stesso vestito del
giorno prima. Si
portò una mano alla testa, un po’ dolorante. Cosa
aveva fatto? Non si
ricordava.
Il ricordo del bacio di Blaise nel
vicolo si affacciò alla mente e lei sentì le
guance andare a fuoco. Per Salazar
non aveva quindici anni! Però si sentì come se li
avesse ancora. Aveva bevuto
un po’ troppo e si era svegliata nel letto di Blaise.
Merlino, non si ricordava
niente. Ma poi si guardò intorno con più
attenzione.
Scese dal letto. Era un letto
dannatamente grande. Beh, ci stava. Blaise era alto e aveva le spalle
larghe.
Probabilmente gli serviva un letto grande. L’aria nella
stanza profumava di lui.
Ebano. Ebano nero e cedro. Raccolse da terra il plaid che
l’aveva coperta
quella notte e notò che il letto era sfatto solo da un lato.
Quello dove doveva
aver dormito Blaise. Ma… Lei aveva dormito sul copriletto? E
perché?
Un altro ricordo le si affacciò alla
mente: lui che la respingeva. L’aveva baciata ancora,
più volte, dopo la prima.
Ma non aveva voluto fare l’amore con lei. Si portò
una mano alla testa. Non
seppe dire se per la vergogna o il dolore.
Andò in bagno e si sistemò. Quando
tornò nella camera per raccogliere le scarpe,
notò un biglietto sul comodino.
C’era scritto il suo nome.
Si sedette e lo aprì per leggerlo.
Sorrise nonostante fosse andato tutto male. Ricordava la scrittura di
Blaise, i
compiti svolti tutti insieme in sala comune al quinto e al sesto anno,
le
chiacchiere a notte fonda. Theo, Draco, Daphne…
Sospirò e lesse le poche righe. Blaise
era andato al lavoro. Non poteva non andarci e gli dispiaceva andarsene
via, ma
lei avrebbe potuto raggiungerlo quando si fosse svegliata. Era carino.
Era
gentile. Lo faceva con tutte? O solo con quelle che rifiutava? Sarebbe
rimasto
con lei se avessero fatto l’amore? Che domanda stupida, tanto
non l’avevano
mica fatto. Lui non aveva voluto. Lei aveva fatto la sostenuta, dicendo
che non
sarebbe andata a letto con lui e dopo nemmeno diciotto ore, lo pregava
di farlo
e Blaise le diceva di no. Umiliante.
Si alzò e si smaterializzò in Diagon
Alley. Le aveva detto di andare alla Gringott e ci sarebbe andata. Ma
alla
Gringott la biondina del giorno prima le disse che il signor Zabini era
impegnato con una strega nel suo ufficio e lei non poteva disturbarlo
per
nessun motivo. Aveva alzato le sopracciglia in una maniera
inequivocabile, così
se n’era andata.
Quando si materializzò
in soggiorno,
Pansy era ancora triste. Tristissima. Avrebbe fatto un bel bagno caldo
e
avrebbe potuto piangere silenziosamente e copiosamente nella vasca.
Ma quando si diresse in sala per
andare in cucina una voce la fece sobbalzare: “Dove sei
stata?” Pansy si guardò
intorno, con il cuore che batteva a mille.
“Porco Salazar, Theo!” Il moro era
seduto in poltrona e sogghignava mentre lei si sedeva pesantemente sul
divano.
Theo era preoccupato. Non era mai
successo che lei rimanesse fuori per la notte. Non senza dirglielo. Non
era il
tipo da storie di una botta e via.
Vederla gli fu di sollievo, finché non
la osservò bene. Era strana. “Stai
bene?” Lei annuì poco convinta. “Dove
sei
stata?” chiese ancora.
Oh, bella domanda.
“Fuori”. Lui alzò
un sopracciglio. “Sbaglio o mi hai consigliato tu di farmi sbattere un po’?”
Theo ghignò.
“Mi sa che hai capito male. Se avessi
fatto quello che ti ho consigliato io, ora saresti distrutta, ma
sorrideresti
soddisfatta.”
Lei annuì ancora. Certo, come se fosse
facile.
“Lui non mi ha voluto…” La faccia si
Theo si fece sorpresa. Già. Appunto. Si nascose il viso fra
le mani.
“Per Salazar, non sai quanto è
umiliante!” Sentì il ragazzo avvicinarsi. E la sua
mano sulle spalle.
“È un troll…” Già.
Un troll che le
aveva annebbiato il cervello con i baci più intensi che
avesse mai provato e
probabilmente il giorno dopo si stava già sbattendo
un’altra sulla scrivania
del suo ufficio. Ma perché le aveva detto di andare alla
Gringott se poi non
aveva intenzione di incontrarla?
Sospirò. “Vado a farmi un bagno. Ehi,
ma perché non sei al lavoro?”
Theo alzò le spalle. “Ero preoccupato
per la mia miglior amica”. Sorrise. Che carino.
Ma poi ci ripensò. “Non ti credo”.
Lui rise e lei sentì il nervosismo e
la tristezza scenderle lungo la schiena. “Hai ragione. Ho
preso dei giorni di
vacanza. Vado da Amelia”. Amelia! La ragazza di cui era
innamorato. Sorrise.
“Allora vai, che fai qui?” Si alzò e
lo spinse verso la porta.
“Dovevo prima sapere se stessi bene.”
“Sto bene, non preoccuparti. Sto bene
fisicamente anche se sono stata un po’ ferita nel mio amor
proprio. Ma mi
riprenderò. Lo faccio sempre!” E
strizzò un occhio nella sua direzione.
Sperò che la sua sceneggiata servisse
a farlo uscire. Non aveva nessuna voglia di parlare con lui di Blaise.
Theo annuì. Capiva che
non stava bene,
ma sapeva che preferiva stare da sola. La salutò prima di
smaterializzarsi.
Intanto lui sarebbe andato a Diagon
Alley a fare delle commissioni e, prima di andare da Amelia, avrebbe
cercato
qualcuno che la tenesse d’occhio. Anche se ancora non sapeva
chi. Draco era
ancora in viaggio di nozze e Daphne… Oh, Daphne aveva
combinato un bel casino.
Ma il ragazzo sapeva che le voleva
bene. E Pansy l’avrebbe perdonata, prima o poi.
Theo entrò alla Gringott
velocemente e
si diresse verso una biondina che non aveva mai visto.
“Devo prelevare. Sono Theodore Nott.
Può chiamare un folletto per farmi accompagnare alla mia
camera blindata?” La
strega gli sorrise e annuì mentre gli chiedeva la chiave
della camera.
“Theo” Il moro si voltò.
“Lascia,
Brittany, penso io al signor Nott”. Blaise lo stava guardando
insistentemente e
gli fece cenno di seguirlo. Aspettarono un folletto che li
accompagnasse nei
sotterranei e quando furono sul carrello Blaise chiese all’ex
serpeverde: “È
venuta Daphne. Mi ha raccontato un po’ di cose…
Hai visto Pansy stamattina?”
Theo fu felice di non dover spiegare
niente. “Sì. È tornata a casa. Ma non
sta bene”.
“No?” gli chiese l’amico, preoccupato.
Lui scosse la testa e la spostò velocemente per schivare una
sporgenza sulla
parete. Si voltò verso di lui. Non avevano più
parlato. Ma se fosse stato vero
quello che aveva sospettato al matrimonio… Sì,
forse Blaise poteva essere la
persona giusta a cui lasciare Pansy.
“Sembra che ieri sia uscita con un
troll.”
“COME?” Blaise
gridò un po’ perché il
carrello aveva preso velocità e un po’
perché sorpreso di quello che aveva
detto il moro.
“Sì. Lei ci è rimasta malissimo.
È uno
straccio. Non so cosa sia successo di preciso. Non ha voluto
parlarne”.
Oh, Merlino! Ecco perché non era
venuta. Ci era rimasta male perché l’aveva
baciata? E sì che pensava che lei
fosse d’accordo. Però lei non era propriamente in
sé. Avrebbe dovuto andarci
più cauto.
Si passò una mano nei capelli. Quando
il carrello si fermò si spostò per far passare
Theo, ma lui non scese. Lo
guardò un po’ stranito.
“Ascolta… Io non so se davvero
tu…” Si
voltò verso il folletto a capo del carrello, ma questi non
lo degnò di uno
sguardo. “Ma io devo andare via qualche giorno, e vorrei
saperla in buone mani.
Purtroppo ho una questione molto importante e non
posso…” Capì quello che
intendeva.
“Ci penso io”. Il moro annuì,
sollevato.
“Non posso proprio rimandare” si scusò.
Blaise cercò di ricordarsi quello che gli aveva detto Pansy.
“Una ragazza, giusto?” Lui annuì
ancora, sorpreso.
“Lo sai?” Lui scosse le spalle. “Non
abbiamo parlato molto”. Non era propriamente una bugia.
Theo annuì e scese dal carrello. “Ok.
Magari…” Blaise gli fece cenno alla porta della
camera.
“Sì, ma qui sotto si gela. Quando torniamo
su ti offro qualcosa e ne parliamo. Ma ora, fai presto.”
Theo sorrise e aprì la
porta scura.
Merlino c’era freddo davvero!
“Tieni.”
Si erano fatti portare due burrobirre
dall’elfo domestico di Blaise e si erano seduti alla
scrivania nell’ufficio del
direttore. Due giorni che non combinava niente.
Theo prese il suo boccale e si dissetò.
“Come mai qui? Non ti facevo un impiegato della Gringott.
Pensavo che…” Blaise
gli lanciò un’occhiata di ammonimento. Theo e
Draco sapevano cosa facesse per
lavoro. Più o meno. Ed effettivamente la Gringott poteva
essere una sorpresa,
per loro. “Oh. Ok. Non parliamone”. Theo si
guardò intorno, in silenzio.
“A proposito di cose da non dire… Tu
sai cos’è successo a Pansy al San
Mungo?” Theo scosse la testa e appoggiò la
burrobirra, sospirando.
“Dice che non può parlare con nessuno.
Non so cosa sia successo, ma quando ha litigato con i suoi, ha fatto
qualcosa
al lavoro che ora le può costare il posto. Se ho capito
bene, qualcuno ha
parlato di esaurimento nervoso…”
Blaise
alzò un sopracciglio. Pansy non sembrava proprio esaurita.
Stanca, sì.
Esaurita, no. Ma Theo la conosceva meglio di lui. Purtroppo.
“Lo pensi anche tu?” gli chiese. Theo
lo guardò in silenzio per un tempo indefinito. Non capiva
cosa gli passasse per
la testa.
“A te sembra esaurita?” gli rigirò la
domanda. Lui scosse la testa e si appoggiò indietro sulla
sedia.
“No.”
Theo sorrise “Appunto”.
Blaise annuì.
Theo continuò a guardare
l’amico. Non
sapeva cosa ci facesse lì, alla Gringott, ma sapeva che
Blaise lavorava per il
ministero della Magia, quindi doveva essere importante. E segreto.
“Ma parliamo di altre cose… Quindi…
Hogwarts…” Cercò di lasciare cadere un
po’ la frase e studiò la reazione
dell’ex serpeverde.
“Non penso siano fatti tuoi” disse
infatti.
Theo ghignò. “Se ti devo lasciare la
mia miglior amica, voglio sapere bene le tue intenzioni”.
Lui lo guardò e sbuffò. “E cosa
vorresti sapere?” Sorrise ancora. Era bravo. Non parlava a
vanvera.
Ma anche Theo era bravo con le
domande. “Hai lasciato Daphne per Pansy?” Blaise
sospirò.
“È successo dieci anni fa…”
Il ragazzo
allampanato non mollò e nascose un altro ghigno.
“Appunto. Ti piace da dieci anni?”
Blaise scosse le spalle, a disagio.
Non gli piaceva parlare di quello che sentiva per Pansy. E non voleva
parlarne
con quello che diceva di essere il suo miglior amico. Non avrebbe
potuto
mentire. “Forse” buttò lì.
“Forse?” Theo ridacchiò. Oh, Merlino,
che voglia di prendere la bacchetta e lanciargli una fattura!
“E perché ti sei
messo con Daphne, allora?”
La sua storia con Daphne era durata tre
mesi. Tre mesi tremendi. Al quinto anno. Poi lei aveva capito di essere
un
ripiego e l’aveva mollato.
Alzò le spalle. “Pansy stava con Draco”
Il viso di Theo si ingarbugliò in un’espressione
confusa. “No. Lei si è messa
con Draco dopo” .
“Ma cosa dici?” Blaise se lo ricordava
benissimo, quando era successo. Draco aveva raccontato, una sera nella
loro
camera, dopo un’infinità di bottiglie di
Firewhisky, quello che aveva fatto con
Pansy. Dettagliatamente.
Blaise era morto piano piano, avvelenato
lentamente dalle parole del biondo. Alla fine si era scolato
più Firewhisky lui
degli altri quattro nella stanza. Era stato malissimo. E il giorno dopo
aveva
guardato Pansy, una Pansy di cui avrebbe preferito non conoscere
l’esistenza,
sorridere a Draco. Dopo tre giorni si era messo con Daphne.
L’errore più grosso
della sua vita.
“Mi sono messo con Daphne tre giorni
dopo la sbronza in camera al quinto anno. Ti ricordi? Quando Draco ha
raccontato…” Incapace di finire la frase, si
interruppe. Tanto valeva dire le
cose come stavano.
“Quando Draco ha fatto quella
spiattellata di particolari su come fosse stato scopare?”
chiese Theo. Non
riuscì a capire la sua espressione. Forse perché
quella frase gli aveva fatto
male come una Cruciatus ben assestata. Abbassò gli occhi e
Theo si avvicinò
alla scrivania con la sedia. “Per Salazar, gli avevi
creduto?” COME? Alzò lo
sguardo sull’amico.
“Come?”
Theo era serio. “Gli avevi creduto? Ma
dai! Draco si era inventato tutto. E si capiva benissimo. Va beh, Tiger
e Goyle
pendevano dalle sue labbra, ma perché erano due idioti! Non
puoi aver pensato
che fosse vero!” NO? Come? Cosa intendeva?
Theo vide lo sguardo di Blaise
sempre
più confuso. Merlino! Aveva davvero creduto a Draco? Quel
troll si era fatto
grande con una storia senza senso e lui non aveva capito?
“La sua storia faceva acqua da tutte
le parti. Si è ingarbugliato tantissimo. E un sacco di cose
non combaciavano.
Non potevi non averlo notato!” E no, Blaise ci aveva creduto.
Glielo leggeva in
faccia. E quando disse: “Però non puoi esserne
sicuro”, ne ebbe la conferma.
“Oh sì, invece. L’ho chiesto a
lei!”
“L’hai chiesto a Pansy?” la faccia di
Blaise era sbalordita. Avrebbe voluto vantarsi. Però non lo
fece. “Beh,
gliel’ho chiesto cinque anni fa, e non direttamente. Non le
ho detto di quello
che aveva raccontato Draco. Non mi sembrava…
carino”. Il moro annuì.
Quindi non era vero niente?
Cioè lui
pensava che loro scopassero tutte le sere e invece... niente? Aveva
trattato
male Pansy più volte perché non riusciva a
concepirla insieme al biondo e aveva
iniziato la sua scalata verso l’inferno. Prima Daphne, che
aveva capito subito.
Poi tutte le altre. Ma non era stato più con nessuna. Non
davvero. Ci aveva
provato, nel corso di quei dieci anni, ma non c’era riuscito.
Tanto valeva non
provarci più.
Però ora che era a Londra… Ora che lei
era libera. Theo si alzò in piedi. “Ti
dirò una cosa. Ma se glielo dirai
negherò o dirò che mi hai fatto un incantesimo
così penserà che sei una brutta
persona. Al quinto anno a Hogwarts, a Pansy, piacevi tu. Poi ti sei
messo con
Daphne e dopo un mese, durante le vacanze di Natale, lei ha deciso che
era
giunto il momento di smetterla di guardarsi intorno ed è
andata a casa di
Draco. Da lì, il resto lo sai”. Ma non era vero!
“Se fosse vero quello che dici, ci
saremmo messi insieme quando Daphne mi ha lasciato, lei lo aveva
capito, che mi
piaceva Pansy. E invece non è successo. E Pansy ha
continuato a stare con Draco.”
Theo si preparò ad andare. “Non è
successo, perché se tu conoscessi le ragazze, sapresti che
non ci si mette con
gli ex delle tue amiche. Soprattutto se lui l’ha
tradita!”
Blaise strabuzzò gli occhi. “Io non ho
tradito Daphne!”
Lui non aveva mai tradito nessuna.
Nessuna. Perché non era stato con nessuna. “Questo
lo sai tu e lo so io, ora.
Ma Daphne ha raccontato che l’avevi tradita e che ti ha
lasciato per questo.
Perché Pansy avrebbe dovuto pensare diversamente?”
Perché non era così, ecco
perché!
Si alzò anche lui. Quindi aveva
buttato via tutto quel tempo… E a Pansy, lui, piaceva? Si
passò una mano fra i
capelli, ma poi si sedette di nuovo. Forse gli piaceva ancora. Forse
no, non
era venuta da lui. La sera prima l’aveva baciata, ma ora?
Cos’era successo,
perché aveva raccontato a Theo che la serata non era andata
bene? A parte la
Weasley, la giornata era stata perfetta. La spa, il pub, i
baci… Erano i suoi
baci il problema?
“E ieri? Cosa ha detto di ieri?” Theo
scosse la testa.
“Ora vado. Non ho più tempo. Ma guai a
te se quando torno…” Vide il suo sguardo severo e
Blaise annuì.
“Dimmi dove abita.”
***
Pansy sospirò. Lesse
ancora la
pergamena scritta dalla madre che aveva ricevuto nel pomeriggio: era
andata
alla Gringott, quella mattina, a portare il permesso per la camera
blindata.
Avrebbe dovuto dirle di aver fatto richiesta per una camera tutta sua?
Sospirò ancora. Persino sua madre era
stata accolta bene alla Gringott. Tutti tranne lei. Lanciò
la pergamena sul
tavolo e andò a prepararsi. Sua madre esigeva che lei
andasse a cena da loro.
Che si mettesse il vestito scelto da lei, perché avevano
ospiti a cena. E lei
lo avrebbe fatto. Come sempre. Una brava figlia.
Imprecò mentre si infilava i sandali.
Quand’è che sarebbe cresciuta e avrebbe iniziato a
dire ai suoi genitori quello
che pensava veramente? Si guardò allo specchio e fece una
cosa rischiosa: si
tolse il vestito e se ne mise un altro. Uno che non avrebbe avuto
l’approvazione di sua madre.
Sorrise e si avvicinò allo specchio
per truccarsi. Dopo dieci minuti, qualcuno bussò alla porta.
Ma chi poteva essere? Theo era andato
da Amelia, non aveva ancora ripreso a parlarsi con Daphne, Millicent
abitava
lontano e le sue colleghe… Le sue colleghe non potevano
andarla a trovare. Il
legalmago era stato chiaro: nessun contatto con nessuno del San Mungo.
Di
nessun genere.
Sospirò e imprecò insieme. Quando
bussarono la seconda volta, si diresse nell’ingresso.
L’unica maniera per
scoprire chi fosse, era aprire la porta.
Oppure… Dove aveva lasciato la
bacchetta? In bagno. Pensò di tornare indietro a prenderla
quando bussarono
ancora, questa volta un po’ più forte.
Sbuffò e si allungò alla porta
d’entrata.
Aprì l’uscio senza neanche guardare lo
spioncino. Si scordava sempre. A casa dei suoi erano gli Elfi ad
accogliere le
persone.
“Blaise!” quasi gridò quando si
trovò
davanti il ragazzo.
“Pensavo non volessi aprirmi” sospirò
lui. Lei arrossì. “Posso entrare?”
chiese, osservandola come si osserva la luna
con il telescopio a Hogwarts durante l’ora di Astronomia. Lei
si fece da parte
e annuì.
Blaise si guardò
intorno, un po’
imbarazzato. Si era preparato tutto un bel discorso. Davvero. O
perlomeno,
pensava che lo fosse. Di solito, per lavoro, era bravissimo a usare le
parole.
Ora però…
Pansy era vestita per uscire. Aveva un
altro abito di quelli che dicevano: ‘sono bellissima,
prendimi!’
Con chi doveva uscire? Theo aveva
detto che se ne andava per qualche giorno. Non usciva con lui. E
allora, con
chi? Non riusciva a frenare i pensieri.
In quel momento dalla finestra aperta
entrò un gufo reale. Bubulò in direzione della
ragazza, dopo aver lasciato
cadere la busta sul tavolino davanti al divano. Vide Pansy seguirlo con
lo
sguardo e sbuffare.
Chiuse la porta e si avvicinò alla
busta sul tavolino e come la toccò, il gufo volò
via. Prese la pergamena e alzò
gli occhi su di lui, mostrandogliela.
“Mia madre. Anche il suo gufo mi
sgrida per il ritardo.”
“Sei fortunata che non ti ha mandato
una strillettera.”
Quando la vide sorridere il suo
nervosismo si sgretolò un po’.
“Non sei venuta,
stamattina.”
Beh, no, non era proprio così. Lei ci
era andata davvero alla Gringott.
“Veramente sono venuta. Eri tu che eri
impegnato con una strega e non ti si poteva disturbare.”
“COME?” Il suo sguardo sorpreso le
fece odiare la biondina alla cassa della banca. Quindi lui non lo
sapeva?
“Quando… Quando sono venuta, tu eri
impegnato. Brianna mi ha fatto capire…” Si
bloccò. Voleva veramente fargli
sapere che la stronzetta le aveva fatto credere che lui fosse impegnato
‘intimamente’?
“È venuta mia madre stamattina” disse.
Oh. Il sorriso spuntò da solo sulle sue labbra. Poi lui si
passò una mano fra i
capelli (l’aveva fatto anche lei, la sera prima, che voglia
di farlo ancora…)
“Poi sono venute anche tua madre e Daphne”.
“Daphne?” I suoi occhi si allargarono,
sorpresi.
Blaise annuì. “Beh, poi ho visto anche
Theo”.
“Oh, che giornata impegnativa.”
Blaise non riuscì a non
sorridere.
“Già. Ascolta. Vado a cena da mia madre. Poi ti va
se…” Lei scosse la testa.
“Io vado a cena dai miei. Non so mai
quando vengo via…” Il suo sguardo era un
po’ sconsolato.
Blaise sorrise “Vieni a casa mia…” Non
disse per favore e sperò
che non si
sentisse la supplica nella sua voce. Però
ti prego, vieni da me.
Lei tentennò. Lui lo capì benissimo. E
la delusione si impossessò di lui. Alzò le spalle
e fece un passo verso la
porta, non voleva smaterializzarsi lì.
“Va beh, fa’ come vuoi. Io…”
Si infilò
le mani in tasca e sbuffò.
Quando lo vide avvicinarsi alla
porta,
Pansy si spaventò. Lui era venuto fino a lì, la
stava invitando a casa sua e
lei non riusciva a rispondergli decentemente? Voleva andare da lui.
Certo. Ma…
la sera prima…
Quando lui sbuffò dicendole di fare
quello che voleva, capì che aveva intuito male e doveva
fermarlo.
“Aspetta!” Si avvicinò a lui e lo
bloccò con una mano sul braccio, prima che se ne andasse.
“Vuoi che venga a
casa tua…” Lui annuì, ma il
suo sguardo non cambiò
“…Perché?”
balbettò.
COME PERCHÈ? Blaise non
capiva più
niente.
Lei non voleva stare con lui? Se era
vero che l’aveva cercato alla Gringott, voleva dire che non
aveva cambiato idea
su di lui. Non dalla sera prima (e non dal quinto anno).
Non riuscì a dire niente, così fece i
due passi che li dividevano per raggiungerla, la prese fra le braccia e
prima
di chinarsi a baciarla sussurrò:
“Perché sì”. Lei sorrise e
chiuse gli occhi
accostandosi a lui.
Quando le loro labbra si incontrarono
fece fatica anche a ricordarsi chi fosse, ma non gli importò
molto. Si
baciarono per quello che sembrò un anno intero, ma dovettero
essere solo venti
minuti di orologio e quando lei si staccò da lui, la
guardò senza dover
nascondere più niente.
Le disse, accarezzandole una guancia:
“Dovrò lasciarti andare o non arriverai mai dai
tuoi, stasera…”
Il suo viso si fece strano e poi
sussurrò: “Ieri non mi hai voluto”.
COSA?
“Come?” chiese infatti.
“Ieri sera…” iniziò lei,
staccandosi
da lui e voltandosi verso la finestra aperta. “…Mi
hai rifiutato”.
Era stato così difficile
dirglielo.
Non era neanche riuscita a guardarlo mentre lo faceva. Si era girata
verso la
finestra e si era allontanata. Non si accorse che lui l’aveva
raggiunta ancora.
Quando le cinse il ventre con le mani
e poi la fece girare, non lo guardò. “Ieri
sera…” iniziò lui. Ma non
riuscì ad
alzare lo sguardo.
Cosa le avrebbe detto? L’aveva
rifiutata. Era stato brutto. Bruttissimo. Soprattutto dopo che lei si
era
scoperta così tanto con lui. Aveva risposto ai suoi baci e
lo aveva
accarezzato. Lui aveva lasciato il suo sapore sulle sue labbra e lei
non aveva
capito niente. Poi le aveva detto di no e lei si era svegliata nel
letto da
sola.
No. Lei non lo guardava. Non andava
bene. Doveva guardarlo. Le alzò il mento con la mano. E
ricominciò solo quando
riuscì a incatenare i suoi occhi.
“Ieri sera è stato il momento più
bello della mia vita. Non pensavo che avresti mai ricambiato un mio
bacio e
quando l’hai fatto è stato elettrizzante. Ma poi
ho avuto paura che per te
fosse un momento… di debolezza. Dopo la Weasley, le birre e
tutto il resto… Non
volevo approfittare di te. O che tu stamattina ti potessi pentire di
qualcosa.
Quando non ti ho visto, pensavo che ti fossi pentita anche di avermi
baciato” riuscì
a dire tutto di un fiato, consapevole che altrimenti non
l’avrebbe più detto.
Pansy spalancò gli occhi. “Stamattina
ci sono rimasta male. Ma non mi sono pentita. E non mi sarei pentita
neanche se
tu avessi fatto l’amore con me. A meno
che…” Lei abbassò gli occhi, in un
gesto
di finta timidezza.
“A meno che?” chiese lui.
“A meno che quello disastroso a letto
non sia tu!” Ghignò mentre rialzava lo sguardo su
di lui e si allontanava
scherzosa. Blaise rise mentre la raggiungeva e cercava di bloccarla.
“Ti faccio vedere io, adesso…”
Pansy ridacchiò e sospirò
deliziosamente mentre si lasciava imprigionare. La baciò
più volte e alla fine
caddero sul divano. Quando si tirò su, lei gemette di
protesta, ma lui non ebbe
pietà. Non l’avrebbero fatto di corsa, su un
divano. Non questa volta,
perlomeno. Ma quando la guardò, lei aveva gli occhi
appannati dal desiderio e
lo guardava con aspettativa. Non voleva deluderla ancora.
Il suo sguardo volò su quel bellissimo
corpo e raggiunse la gonna, stropicciata, che si era alzata svelando le
cosce.
Le sfiorò la pelle con la mano e lei rabbrividì.
Non resistette più. Non
sarebbero andati fino in fondo, ma l’avrebbe accontentata.
Sorrise mentre si chinava ancora su di
lei, spostandole la spallina del vestito e baciandole una spalla.