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Autore: ONLYKORINE    24/03/2020    4 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Il giorno dopo

 -

Blaise era nervosissimo quella mattina. Non riusciva a stare fermo. Brittany si affacciò alla porta dell’ufficio e sorrise. “Le faccio portare qualcosa? Un tè? Un caffè?” Lui scosse la testa. Avrebbe voluto bere un Firewhisky. Doppio. La ragazza annuì e fece per andarsene.
“Aspetta. Ehm, Brittany…” Lei si rigirò verso di lui sorridendo troppo. “Sì?”
“Tu sai… cosa c’era qui alle pareti?” chiese, indicando il muro. Lei seguì la direzione della sua mano e Blaise poté vedere la delusione sul suo viso. Oh, dai, su. Cerca di essere utile, almeno. Lei scosse la testa.
“Forse… dei quadri?” tentò. E va, davvero bravissima. Perché non hai fatto l’Auror con una mente così geniale?
Pansy aveva detto che c’era un quadro orribile alla parete. Subito non ci aveva dato peso, ma poi, pensandoci, si rese conto che quando lui era arrivato, la parete era spoglia. “E sai che quadri c’erano?” Lei scosse il capo. “Puoi scoprire se le cose che erano in questo ufficio sono state per caso portate  in una cantina o da qualche altra parte?” Brittany sorrise e annuì. “Perfetto. Grazie” la liquidò.
Ma dopo poco lei tornò indietro. “Ho detto che non ho più bisogno” tentò ancora di mandarla via.
Lei arrossì e disse: “C’è una persona che la cerca”. Lui si raddrizzò. Oh. Pansy? Pansy era arrivata? Sorrise senza accorgersene e seguì la bionda fuori dall’ufficio.
Quando si trovò di fronte sua madre, il suo sorriso svanì e imprecò mentalmente.

 

***

 

“Allora, adesso parliamo di cose serie.”
Althea Zabini, finì di firmare tutte le pergamene che c’erano sulla scrivania e posò lo sguardo sul figlio.
Blaise sospirò. Quali sarebbero state le ‘cose serie’? “Ossia?” La strega sorrise.
“Con chi vieni sabato?” Sospirò. Avrebbe dovuto intuire che intendeva il matrimonio. Cosa c’era di più importante per quelle matrone dell’alta società?
“Con un’amica”. Il sorriso di sua madre si piegò in una smorfia. Sapeva che non era la risposta giusta. Ma era l’unica che potesse dare, al momento.
“Oh.”

 

Althea sospirò. Ma quand’è che suo figlio avrebbe messo la testa a posto? Forse doveva iniziare a valutare l’idea di presentargli qualche ragazza. “Che tipo di amica?” Doveva assicurarsi che non si presentasse con una ballerina da locale notturno. Era il suo matrimonio, santo Salazar! E ci sarebbero state tutte le sue sorelle e anche buona parte delle cognate collezionate dai vari mariti. Non voleva dare spettacolo.
“Un’amica a posto, mamma. Davvero. Non preoccuparti.”
Lei annuì. Sperò che lo fosse davvero. Lo guardò in viso. Era bello. Somigliava tutto a suo padre. Aveva i lineamenti marcati e i capelli corposi, forse un pochino troppo lunghi, ma capiva come mai le streghe cadessero tutte ai suoi piedi. Ora però sarebbe stato carino se avesse messo la testa a posto e avesse iniziato a pensare di sposarsi. E magari anche smetterla di girovagare di qua e di là e darle dei nipotini.
Aprì la bocca per parlare al figlio della visita ricevuta quella mattina, quando lui la sorprese e le chiese: “Mamma, se fossi stato una strega, mi avresti costretto a sposare qualcuno anche se io non fossi stato d’accordo?”
Lei spalancò gli occhi, sorpresa. E fu contenta di non avergli detto quello che stava pensando prima. “Se fossi stato una femmina, avrei voluto quello che voglio adesso che ho te. Vorrei che fossi felice. Vorrei tenere in braccio i tuoi bambini e vorrei vederti accanto a una persona che ti vuole bene. E vorrei che le volessi bene anche tu. Perché questa domanda, Blaise?” Lui scosse le spalle.
“Ho sentito diverse cose, da quando sono tornato. E so che esistono ancora i matrimoni combinati.”

 

“Il mio primo matrimonio fu combinato dai miei genitori. Ma non è stato un matrimonio felice. Non ti obbligherei mai. Ma magari ti presenterei qualcuno che ritengo adatto e berrei una Felix Felicis!” Sua madre ammiccò nella sua direzione e lui si sorprese. Era la prima volta che gli parlava così.
Annuì e si alzò per accompagnarla fuori. “Verrai a cena questa sera?” Annuì ancora con il capo. “E mi farai conoscere la tua amica?”
“Non penso. Mi piacerebbe che non cambiasse idea per sabato”. Sua madre ridacchiò. “Non sono così cattiva. O Forse sì?” Uscirono dall’ufficio e davanti a loro vide Daphne in coda alla cassa, vicino a una strega che non conosceva.
Sua madre si fermò e sussurrò: “Per Salazar!”
Il ragazzo si voltò verso di lei e poi guardò nella direzione del suo sguardo. Che stava succedendo? Guardava Daphne. La ragazza si girò, incrociò lo sguardo di Blaise e spalancò gli occhi per la sorpresa.
Poi la strega accanto a lei alzò gli occhi e sorrise a sua madre. Si avvicinò con un gesto teatrale esclamando: “Althea, che piacere rivederti. Anche tu qui?” Sua madre fece un verso strano con la bocca. Piano. Lo sentì solo lui. Poi sorrise artificiosamente alla strega e guardò Daphne mentre si avvicinavano a loro. La ragazza non sembrava particolarmente contenta ma, forse per educazione, seguì la strega docilmente.
Quando si fermarono davanti a loro sua madre esclamò: “Lilian, cara. È lei tua figlia Pansy?” Daphne sgranò gli occhi (probabilmente lo stava facendo anche lui, pensò Blaise) e si voltò verso la cara Lilian. “No, Althea”. La strega più ridacchiò piano. “Lei è Daphne, la figlia dei Greengrass, ora Daphne Wilkinson. Anche lei era a Hogwarts con i nostri figli. Daphne, ti presento Althea Zabini”.
Blaise sentì sua madre sospirare e guardare la pancia alla ragazza, mentre stringeva la mano di Daphne e la madre di Pansy gli rivolgeva un sorriso. “Lei è il nuovo direttore?”
“Lui è mio figlio Blaise, Lilian. Blaise, ti presento la signora Parkinson, sua figlia Pansy dovresti conoscerla già”. Il sorriso della donna divenne ancora più ampio. “Oh, è proprio un bel ragazzo, complimenti Althea!” Daphne sbuffò. Lui la ignorò.
“Faccio le veci del direttore, comunque. Aveva bisogno?” La strega sorrise, ma un pochino meno.
“Sì. Ho una pergamena da consegnare. Mio marito ha firmato per dei permessi alla camera blindata…” Lasciò cadere la frase e sospirò. Lui annuì e prese il documento controllandolo. Era a posto. Pansy aveva di nuovo diritto ai suoi galeoni. Le avrebbe subito fatto spostare il denaro. Sorrise senza accorgersene.

 

“Scusate… Ho bisogno di sedermi…” Daphne si toccò la pancia e sperò di apparire stanca quanto doveva.
“Oh, sì certo, cara. Scusami”. Lilian le indicò una sedia nel locale, mentre la madre di Blaise scosse la testa.
“Blaise, accompagnala nel tuo ufficio e falle portare un bicchiere d’acqua.”

 

“No, io devo…” Sua madre si voltò verso di lui con lo stesso sguardo di quando gli aveva beccato i fumetti spinti sotto il letto. Sospirò. “Vieni Daphne, ti faccio portare qualcosa da bere”. Le indicò l’ufficio e la seguì quando si incamminò con lentezza e la testa bassa.
Poi lei si voltò e disse alla madre di Pansy: “Grazie Lilian, penso che tornerò a casa da Steve, dopo”. L’aveva liquidata. Blaise sbuffò.

 

Daphne si andò lentamente a sedere e aspettò pazientemente che lui chiudesse la porta. “Vuoi che ti faccia portare…” Quando la porta fu chiusa non dovette più fingere per chiedere a Blaise quello che voleva e lo interruppe.
“È stata qui?” Lui spalancò gli occhi.
“Come?”
“Non eri sorpreso dalla storia dei permessi alla camera. Lo sapevi già”. Lui annuì. “Pansy è stata qui? E l’ha scoperto?” Blaise annuì ancora. Merlino!
Daphne si mordicchiò l’unghia di un dito. Aveva fatto un casino. Un grosso casino. Stavolta aveva esagerato. E aveva perso Pansy. Si era messa dalla parte dei suoi genitori e aveva provato a incastrarla in un matrimonio che non voleva. Aveva visto la rabbia e la delusione negli occhi della sua amica. Si era sentita tradita. E aveva perfettamente ragione. Solo che non sapeva come rimediare. E ora quella cosa che suo padre le aveva tolto l’accesso ai galeoni. Pazzesco.
“Era arrabbiata?”
“Sì.”
“È colpa mia. Sono stata io.”
“C’entri con la storia del fidanzamento?” Lei alzò lo sguardo sul moro. Merlino, gli aveva detto anche quello? Sentì le guance arrossarsi dalla vergogna e annuì lentamente. Lui si appoggiò alla scrivania e le chiese: “E perché l’hai fatto?”

 

“Io… Non lo so. Volevo solo che si sposasse. Come me…” Si toccò la pancia. Daphne non era cattiva, davvero, lo vedeva. Ma gli sembrava un po’ stupida. E aveva detto anche a lui che Pansy si sarebbe fidanzata. “Ma lei non vuole sposarsi”.
“No…” Vide i sensi di colpa nei suoi occhi.
“Suo padre le toglie l’accesso al denaro quando litigano.”
Lei annuì. “Ma io non lo sapevo! Come potevo immaginare una cosa del genere? Lo giuro, non pensavo sarebbe finita così. Lei si è arrabbiata tantissimo e adesso ce l’ha con me!” Come se a lui potesse interessare di Daphne.
“Te lo meriti”. Scrollò le spalle.
“Ho provato ad andare a casa sua per parlarle, ma ha il camino bloccato…”
“Sì, lo so.”
Lei alzò un sopracciglio, meravigliata dalla sua riposta. Gongolò. “Ho bussato per ore alla porta, prima di capire che non c’era. Ma comunque non vuole parlarmi…”
“Non lo farei neanch’io.”
Lei sbuffò. “Non è a casa sua. Tu sai dov’è?” Nel mio letto.
“Non sono sicuro di potertelo dire”. Lei annuì.
“Dimmi solo se sta bene. Sua madre dice che è successo uno scandalo grosso al lavoro, ma non sapeva bene cosa…”
Blaise bleffò. “È stata una cosa grossa. Molto grossa. Lei è molto scossa. Magari avere vicino una persona un po’ meno egoista le avrebbe fatto bene”. Daphne abbassò la testa e guardò per terra.

 

“Puoi dirle che voglio fare pace?” Si alzò e lo guardò. Lui annuì. “L’ho detto anche a Theo, spero che uno di voi riesca a farglielo sapere…”
Blaise si alzò dal piano della scrivania. “Theo?”
“Sì. Sono andata anche da lui. Loro sono molto amici. Pensavo fosse là, ma non c’era. Quando l’ha saputo, Theo ha detto che si sarebbe smaterializzato a casa sua e l’avrebbe aspettata. Io invece sono andata a casa dei suoi, per questo ero qui con sua mamma, mi ha spiegato lei la storia dei permessi.”
Lui scosse la testa lentamente. Daphne non capiva cosa gli passasse per la mente.

 

Theo? Theo a casa di Pansy? Qualcosa gli prese il petto e lo stritolò. Guardò l’orologio. Lei avrebbe dovuto essere già arrivata. E non lo aveva fatto. Sarebbe venuta? Ora iniziava a dubitarne.
“Ok. Adesso scusami, ma ho del lavoro da sbrigare. Devo chiedere a qualcuno di accompagnarti a casa?”
Lei alzò il mento e rispose un po’ incattivita: “No. Ci riesco benissimo da sola. Ciao”.

 

***

 

Pansy si svegliò lentamente. Aprì gli occhi e stiracchiò le braccia oltre la coperta. Ma dov’era? Si guardò intorno. Merlino! Non era camera sua! Si tirò a sedere velocemente. Il plaid che la copriva cadde e lei notò che indossava lo stesso vestito del giorno prima. Si portò una mano alla testa, un po’ dolorante. Cosa aveva fatto? Non si ricordava.
Il ricordo del bacio di Blaise nel vicolo si affacciò alla mente e lei sentì le guance andare a fuoco. Per Salazar non aveva quindici anni! Però si sentì come se li avesse ancora. Aveva bevuto un po’ troppo e si era svegliata nel letto di Blaise. Merlino, non si ricordava niente. Ma poi si guardò intorno con più attenzione.
Scese dal letto. Era un letto dannatamente grande. Beh, ci stava. Blaise era alto e aveva le spalle larghe. Probabilmente gli serviva un letto grande. L’aria nella stanza profumava di lui. Ebano. Ebano nero e cedro. Raccolse da terra il plaid che l’aveva coperta quella notte e notò che il letto era sfatto solo da un lato. Quello dove doveva aver dormito Blaise. Ma… Lei aveva dormito sul copriletto? E perché?
Un altro ricordo le si affacciò alla mente: lui che la respingeva. L’aveva baciata ancora, più volte, dopo la prima. Ma non aveva voluto fare l’amore con lei. Si portò una mano alla testa. Non seppe dire se per la vergogna o il dolore.
Andò in bagno e si sistemò. Quando tornò nella camera per raccogliere le scarpe, notò un biglietto sul comodino. C’era scritto il suo nome.
Si sedette e lo aprì per leggerlo. Sorrise nonostante fosse andato tutto male. Ricordava la scrittura di Blaise, i compiti svolti tutti insieme in sala comune al quinto e al sesto anno, le chiacchiere a notte fonda. Theo, Draco, Daphne…
Sospirò e lesse le poche righe. Blaise era andato al lavoro. Non poteva non andarci e gli dispiaceva andarsene via, ma lei avrebbe potuto raggiungerlo quando si fosse svegliata. Era carino. Era gentile. Lo faceva con tutte? O solo con quelle che rifiutava? Sarebbe rimasto con lei se avessero fatto l’amore? Che domanda stupida, tanto non l’avevano mica fatto. Lui non aveva voluto. Lei aveva fatto la sostenuta, dicendo che non sarebbe andata a letto con lui e dopo nemmeno diciotto ore, lo pregava di farlo e Blaise le diceva di no. Umiliante.
Si alzò e si smaterializzò in Diagon Alley. Le aveva detto di andare alla Gringott e ci sarebbe andata. Ma alla Gringott la biondina del giorno prima le disse che il signor Zabini era impegnato con una strega nel suo ufficio e lei non poteva disturbarlo per nessun motivo. Aveva alzato le sopracciglia in una maniera inequivocabile, così se n’era andata.

 

Quando si materializzò in soggiorno, Pansy era ancora triste. Tristissima. Avrebbe fatto un bel bagno caldo e avrebbe potuto piangere silenziosamente e copiosamente nella vasca.
Ma quando si diresse in sala per andare in cucina una voce la fece sobbalzare: “Dove sei stata?” Pansy si guardò intorno, con il cuore che batteva a mille.
“Porco Salazar, Theo!” Il moro era seduto in poltrona e sogghignava mentre lei si sedeva pesantemente sul divano.

 

Theo era preoccupato. Non era mai successo che lei rimanesse fuori per la notte. Non senza dirglielo. Non era il tipo da storie di una botta e via.
Vederla gli fu di sollievo, finché non la osservò bene. Era strana. “Stai bene?” Lei annuì poco convinta. “Dove sei stata?” chiese ancora.

 

Oh, bella domanda. “Fuori”. Lui alzò un sopracciglio. “Sbaglio o mi hai consigliato tu di farmi sbattere un po’?” Theo ghignò.
“Mi sa che hai capito male. Se avessi fatto quello che ti ho consigliato io, ora saresti distrutta, ma sorrideresti soddisfatta.”
Lei annuì ancora. Certo, come se fosse facile.
“Lui non mi ha voluto…” La faccia si Theo si fece sorpresa. Già. Appunto. Si nascose il viso fra le mani.
“Per Salazar, non sai quanto è umiliante!” Sentì il ragazzo avvicinarsi. E la sua mano sulle spalle.
“È un troll…” Già. Un troll che le aveva annebbiato il cervello con i baci più intensi che avesse mai provato e probabilmente il giorno dopo si stava già sbattendo un’altra sulla scrivania del suo ufficio. Ma perché le aveva detto di andare alla Gringott se poi non aveva intenzione di incontrarla?
Sospirò. “Vado a farmi un bagno. Ehi, ma perché non sei al lavoro?”
Theo alzò le spalle. “Ero preoccupato per la mia miglior amica”. Sorrise. Che carino.
Ma poi ci ripensò. “Non ti credo”.
Lui rise e lei sentì il nervosismo e la tristezza scenderle lungo la schiena. “Hai ragione. Ho preso dei giorni di vacanza. Vado da Amelia”. Amelia! La ragazza di cui era innamorato. Sorrise.
“Allora vai, che fai qui?” Si alzò e lo spinse verso la porta.
“Dovevo prima sapere se stessi bene.”
“Sto bene, non preoccuparti. Sto bene fisicamente anche se sono stata un po’ ferita nel mio amor proprio. Ma mi riprenderò. Lo faccio sempre!” E strizzò un occhio nella sua direzione.
Sperò che la sua sceneggiata servisse a farlo uscire. Non aveva nessuna voglia di parlare con lui di Blaise.

 

 

Theo annuì. Capiva che non stava bene, ma sapeva che preferiva stare da sola. La salutò prima di smaterializzarsi.
Intanto lui sarebbe andato a Diagon Alley a fare delle commissioni e, prima di andare da Amelia, avrebbe cercato qualcuno che la tenesse d’occhio. Anche se ancora non sapeva chi. Draco era ancora in viaggio di nozze e Daphne… Oh, Daphne aveva combinato un bel casino.
Ma il ragazzo sapeva che le voleva bene. E Pansy l’avrebbe perdonata, prima o poi.

 

Theo entrò alla Gringott velocemente e si diresse verso una biondina che non aveva mai visto.
“Devo prelevare. Sono Theodore Nott. Può chiamare un folletto per farmi accompagnare alla mia camera blindata?” La strega gli sorrise e annuì mentre gli chiedeva la chiave della camera.
“Theo” Il moro si voltò. “Lascia, Brittany, penso io al signor Nott”. Blaise lo stava guardando insistentemente e gli fece cenno di seguirlo. Aspettarono un folletto che li accompagnasse nei sotterranei e quando furono sul carrello Blaise chiese all’ex serpeverde: “È venuta Daphne. Mi ha raccontato un po’ di cose… Hai visto Pansy stamattina?”
Theo fu felice di non dover spiegare niente. “Sì. È tornata a casa. Ma non sta bene”.
“No?” gli chiese l’amico, preoccupato. Lui scosse la testa e la spostò velocemente per schivare una sporgenza sulla parete. Si voltò verso di lui. Non avevano più parlato. Ma se fosse stato vero quello che aveva sospettato al matrimonio… Sì, forse Blaise poteva essere la persona giusta a cui lasciare Pansy.
“Sembra che ieri sia uscita con un troll.”

 

“COME?” Blaise gridò un po’ perché il carrello aveva preso velocità e un po’ perché sorpreso di quello che aveva detto il moro.
“Sì. Lei ci è rimasta malissimo. È uno straccio. Non so cosa sia successo di preciso. Non ha voluto parlarne”.
Oh, Merlino! Ecco perché non era venuta. Ci era rimasta male perché l’aveva baciata? E sì che pensava che lei fosse d’accordo. Però lei non era propriamente in sé. Avrebbe dovuto andarci più cauto.
Si passò una mano nei capelli. Quando il carrello si fermò si spostò per far passare Theo, ma lui non scese. Lo guardò un po’ stranito.
“Ascolta… Io non so se davvero tu…” Si voltò verso il folletto a capo del carrello, ma questi non lo degnò di uno sguardo. “Ma io devo andare via qualche giorno, e vorrei saperla in buone mani. Purtroppo ho una questione molto importante e non posso…” Capì quello che intendeva.
“Ci penso io”. Il moro annuì, sollevato.
“Non posso proprio rimandare” si scusò. Blaise cercò di ricordarsi quello che gli aveva detto Pansy.
“Una ragazza, giusto?” Lui annuì ancora, sorpreso.
“Lo sai?” Lui scosse le spalle. “Non abbiamo parlato molto”. Non era propriamente una bugia.
Theo annuì e scese dal carrello. “Ok. Magari…” Blaise gli fece cenno alla porta della camera.
“Sì, ma qui sotto si gela. Quando torniamo su ti offro qualcosa e ne parliamo. Ma ora, fai presto.”

 

Theo sorrise e aprì la porta scura. Merlino c’era freddo davvero!

 

“Tieni.”
Si erano fatti portare due burrobirre dall’elfo domestico di Blaise e si erano seduti alla scrivania nell’ufficio del direttore. Due giorni che non combinava niente.
Theo prese il suo boccale e si dissetò. “Come mai qui? Non ti facevo un impiegato della Gringott. Pensavo che…” Blaise gli lanciò un’occhiata di ammonimento. Theo e Draco sapevano cosa facesse per lavoro. Più o meno. Ed effettivamente la Gringott poteva essere una sorpresa, per loro. “Oh. Ok. Non parliamone”. Theo si guardò intorno, in silenzio.
“A proposito di cose da non dire… Tu sai cos’è successo a Pansy al San Mungo?” Theo scosse la testa e appoggiò la burrobirra, sospirando.
“Dice che non può parlare con nessuno. Non so cosa sia successo, ma quando ha litigato con i suoi, ha fatto qualcosa al lavoro che ora le può costare il posto. Se ho capito bene, qualcuno ha parlato di esaurimento nervoso…” Blaise alzò un sopracciglio. Pansy non sembrava proprio esaurita. Stanca, sì. Esaurita, no. Ma Theo la conosceva meglio di lui. Purtroppo.
“Lo pensi anche tu?” gli chiese. Theo lo guardò in silenzio per un tempo indefinito. Non capiva cosa gli passasse per la testa.
“A te sembra esaurita?” gli rigirò la domanda. Lui scosse la testa e si appoggiò indietro sulla sedia.
“No.”
Theo sorrise “Appunto”.
Blaise annuì.

 

 

Theo continuò a guardare l’amico. Non sapeva cosa ci facesse lì, alla Gringott, ma sapeva che Blaise lavorava per il ministero della Magia, quindi doveva essere importante. E segreto.
“Ma parliamo di altre cose… Quindi… Hogwarts…” Cercò di lasciare cadere un po’ la frase e studiò la reazione dell’ex serpeverde.
“Non penso siano fatti tuoi” disse infatti.
Theo ghignò. “Se ti devo lasciare la mia miglior amica, voglio sapere bene le tue intenzioni”.
Lui lo guardò e sbuffò. “E cosa vorresti sapere?” Sorrise ancora. Era bravo. Non parlava a vanvera.
Ma anche Theo era bravo con le domande. “Hai lasciato Daphne per Pansy?” Blaise sospirò.
“È successo dieci anni fa…” Il ragazzo allampanato non mollò e nascose un altro ghigno.
“Appunto. Ti piace da dieci anni?”

 

Blaise scosse le spalle, a disagio. Non gli piaceva parlare di quello che sentiva per Pansy. E non voleva parlarne con quello che diceva di essere il suo miglior amico. Non avrebbe potuto mentire. “Forse” buttò lì.
“Forse?” Theo ridacchiò. Oh, Merlino, che voglia di prendere la bacchetta e lanciargli una fattura! “E perché ti sei messo con Daphne, allora?”
La sua storia con Daphne era durata tre mesi. Tre mesi tremendi. Al quinto anno. Poi lei aveva capito di essere un ripiego e l’aveva mollato.
Alzò le spalle. “Pansy stava con Draco” Il viso di Theo si ingarbugliò in un’espressione confusa. “No. Lei si è messa con Draco dopo” .
“Ma cosa dici?” Blaise se lo ricordava benissimo, quando era successo. Draco aveva raccontato, una sera nella loro camera, dopo un’infinità di bottiglie di Firewhisky, quello che aveva fatto con Pansy. Dettagliatamente.
Blaise era morto piano piano, avvelenato lentamente dalle parole del biondo. Alla fine si era scolato più Firewhisky lui degli altri quattro nella stanza. Era stato malissimo. E il giorno dopo aveva guardato Pansy, una Pansy di cui avrebbe preferito non conoscere l’esistenza, sorridere a Draco. Dopo tre giorni si era messo con Daphne. L’errore più grosso della sua vita.
“Mi sono messo con Daphne tre giorni dopo la sbronza in camera al quinto anno. Ti ricordi? Quando Draco ha raccontato…” Incapace di finire la frase, si interruppe. Tanto valeva dire le cose come stavano.
“Quando Draco ha fatto quella spiattellata di particolari su come fosse stato scopare?” chiese Theo. Non riuscì a capire la sua espressione. Forse perché quella frase gli aveva fatto male come una Cruciatus ben assestata. Abbassò gli occhi e Theo si avvicinò alla scrivania con la sedia. “Per Salazar, gli avevi creduto?” COME? Alzò lo sguardo sull’amico.
“Come?”
Theo era serio. “Gli avevi creduto? Ma dai! Draco si era inventato tutto. E si capiva benissimo. Va beh, Tiger e Goyle pendevano dalle sue labbra, ma perché erano due idioti! Non puoi aver pensato che fosse vero!” NO? Come? Cosa intendeva?

 

Theo vide lo sguardo di Blaise sempre più confuso. Merlino! Aveva davvero creduto a Draco? Quel troll si era fatto grande con una storia senza senso e lui non aveva capito?
“La sua storia faceva acqua da tutte le parti. Si è ingarbugliato tantissimo. E un sacco di cose non combaciavano. Non potevi non averlo notato!” E no, Blaise ci aveva creduto. Glielo leggeva in faccia. E quando disse: “Però non puoi esserne sicuro”, ne ebbe la conferma.
“Oh sì, invece. L’ho chiesto a lei!”
“L’hai chiesto a Pansy?” la faccia di Blaise era sbalordita. Avrebbe voluto vantarsi. Però non lo fece. “Beh, gliel’ho chiesto cinque anni fa, e non direttamente. Non le ho detto di quello che aveva raccontato Draco. Non mi sembrava… carino”. Il moro annuì.

 

Quindi non era vero niente? Cioè lui pensava che loro scopassero tutte le sere e invece... niente? Aveva trattato male Pansy più volte perché non riusciva a concepirla insieme al biondo e aveva iniziato la sua scalata verso l’inferno. Prima Daphne, che aveva capito subito. Poi tutte le altre. Ma non era stato più con nessuna. Non davvero. Ci aveva provato, nel corso di quei dieci anni, ma non c’era riuscito. Tanto valeva non provarci più.
Però ora che era a Londra… Ora che lei era libera. Theo si alzò in piedi. “Ti dirò una cosa. Ma se glielo dirai negherò o dirò che mi hai fatto un incantesimo così penserà che sei una brutta persona. Al quinto anno a Hogwarts, a Pansy, piacevi tu. Poi ti sei messo con Daphne e dopo un mese, durante le vacanze di Natale, lei ha deciso che era giunto il momento di smetterla di guardarsi intorno ed è andata a casa di Draco. Da lì, il resto lo sai”. Ma non era vero!
“Se fosse vero quello che dici, ci saremmo messi insieme quando Daphne mi ha lasciato, lei lo aveva capito, che mi piaceva Pansy. E invece non è successo. E Pansy ha continuato a stare con Draco.”
Theo si preparò ad andare. “Non è successo, perché se tu conoscessi le ragazze, sapresti che non ci si mette con gli ex delle tue amiche. Soprattutto se lui l’ha tradita!”
Blaise strabuzzò gli occhi. “Io non ho tradito Daphne!”
Lui non aveva mai tradito nessuna. Nessuna. Perché non era stato con nessuna. “Questo lo sai tu e lo so io, ora. Ma Daphne ha raccontato che l’avevi tradita e che ti ha lasciato per questo. Perché Pansy avrebbe dovuto pensare diversamente?” Perché non era così, ecco perché!
Si alzò anche lui. Quindi aveva buttato via tutto quel tempo… E a Pansy, lui, piaceva? Si passò una mano fra i capelli, ma poi si sedette di nuovo. Forse gli piaceva ancora. Forse no, non era venuta da lui. La sera prima l’aveva baciata, ma ora? Cos’era successo, perché aveva raccontato a Theo che la serata non era andata bene? A parte la Weasley, la giornata era stata perfetta. La spa, il pub, i baci… Erano i suoi baci il problema?
“E ieri? Cosa ha detto di ieri?” Theo scosse la testa.
“Ora vado. Non ho più tempo. Ma guai a te se quando torno…” Vide il suo sguardo severo e Blaise annuì.
“Dimmi dove abita.”

 

***

 

Pansy sospirò. Lesse ancora la pergamena scritta dalla madre che aveva ricevuto nel pomeriggio: era andata alla Gringott, quella mattina, a portare il permesso per la camera blindata. Avrebbe dovuto dirle di aver fatto richiesta per una camera tutta sua?
Sospirò ancora. Persino sua madre era stata accolta bene alla Gringott. Tutti tranne lei. Lanciò la pergamena sul tavolo e andò a prepararsi. Sua madre esigeva che lei andasse a cena da loro. Che si mettesse il vestito scelto da lei, perché avevano ospiti a cena. E lei lo avrebbe fatto. Come sempre. Una brava figlia.
Imprecò mentre si infilava i sandali. Quand’è che sarebbe cresciuta e avrebbe iniziato a dire ai suoi genitori quello che pensava veramente? Si guardò allo specchio e fece una cosa rischiosa: si tolse il vestito e se ne mise un altro. Uno che non avrebbe avuto l’approvazione di sua madre.
Sorrise e si avvicinò allo specchio per truccarsi. Dopo dieci minuti, qualcuno bussò alla porta.
Ma chi poteva essere? Theo era andato da Amelia, non aveva ancora ripreso a parlarsi con Daphne, Millicent abitava lontano e le sue colleghe… Le sue colleghe non potevano andarla a trovare. Il legalmago era stato chiaro: nessun contatto con nessuno del San Mungo. Di nessun genere.
Sospirò e imprecò insieme. Quando bussarono la seconda volta, si diresse nell’ingresso. L’unica maniera per scoprire chi fosse, era aprire la porta.
Oppure… Dove aveva lasciato la bacchetta? In bagno. Pensò di tornare indietro a prenderla quando bussarono ancora, questa volta un po’ più forte. Sbuffò e si allungò alla porta d’entrata.
Aprì l’uscio senza neanche guardare lo spioncino. Si scordava sempre. A casa dei suoi erano gli Elfi ad accogliere le persone.
“Blaise!” quasi gridò quando si trovò davanti il ragazzo.
“Pensavo non volessi aprirmi” sospirò lui. Lei arrossì. “Posso entrare?” chiese, osservandola come si osserva la luna con il telescopio a Hogwarts durante l’ora di Astronomia. Lei si fece da parte e annuì.

 

Blaise si guardò intorno, un po’ imbarazzato. Si era preparato tutto un bel discorso. Davvero. O perlomeno, pensava che lo fosse. Di solito, per lavoro, era bravissimo a usare le parole. Ora però…
Pansy era vestita per uscire. Aveva un altro abito di quelli che dicevano: ‘sono bellissima, prendimi!’
Con chi doveva uscire? Theo aveva detto che se ne andava per qualche giorno. Non usciva con lui. E allora, con chi? Non riusciva a frenare i pensieri.
In quel momento dalla finestra aperta entrò un gufo reale. Bubulò in direzione della ragazza, dopo aver lasciato cadere la busta sul tavolino davanti al divano. Vide Pansy seguirlo con lo sguardo e sbuffare.
Chiuse la porta e si avvicinò alla busta sul tavolino e come la toccò, il gufo volò via. Prese la pergamena e alzò gli occhi su di lui, mostrandogliela.
“Mia madre. Anche il suo gufo mi sgrida per il ritardo.”
“Sei fortunata che non ti ha mandato una strillettera.”
Quando la vide sorridere il suo nervosismo si sgretolò un po’.

 

“Non sei venuta, stamattina.”
Beh, no, non era proprio così. Lei ci era andata davvero alla Gringott.
“Veramente sono venuta. Eri tu che eri impegnato con una strega e non ti si poteva disturbare.”
“COME?” Il suo sguardo sorpreso le fece odiare la biondina alla cassa della banca. Quindi lui non lo sapeva?
“Quando… Quando sono venuta, tu eri impegnato. Brianna mi ha fatto capire…” Si bloccò. Voleva veramente fargli sapere che la stronzetta le aveva fatto credere che lui fosse impegnato ‘intimamente’?
“È venuta mia madre stamattina” disse. Oh. Il sorriso spuntò da solo sulle sue labbra. Poi lui si passò una mano fra i capelli (l’aveva fatto anche lei, la sera prima, che voglia di farlo ancora…) “Poi sono venute anche tua madre e Daphne”.
“Daphne?” I suoi occhi si allargarono, sorpresi.
Blaise annuì. “Beh, poi ho visto anche Theo”.
“Oh, che giornata impegnativa.”

 

Blaise non riuscì a non sorridere. “Già. Ascolta. Vado a cena da mia madre. Poi ti va se…” Lei scosse la testa.
“Io vado a cena dai miei. Non so mai quando vengo via…” Il suo sguardo era un po’ sconsolato.
Blaise sorrise “Vieni a casa mia…” Non disse per favore e sperò che non si sentisse la supplica nella sua voce. Però ti prego, vieni da me.
Lei tentennò. Lui lo capì benissimo. E la delusione si impossessò di lui. Alzò le spalle e fece un passo verso la porta, non voleva smaterializzarsi lì.
“Va beh, fa’ come vuoi. Io…” Si infilò le mani in tasca e sbuffò.

 

Quando lo vide avvicinarsi alla porta, Pansy si spaventò. Lui era venuto fino a lì, la stava invitando a casa sua e lei non riusciva a rispondergli decentemente? Voleva andare da lui. Certo. Ma… la sera prima…
Quando lui sbuffò dicendole di fare quello che voleva, capì che aveva intuito male e doveva fermarlo.
“Aspetta!” Si avvicinò a lui e lo bloccò con una mano sul braccio, prima che se ne andasse.
“Vuoi che venga a casa tua…” Lui annuì, ma il suo sguardo non cambiò “…Perché?” balbettò.

 

 

COME PERCHÈ? Blaise non capiva più niente.
Lei non voleva stare con lui? Se era vero che l’aveva cercato alla Gringott, voleva dire che non aveva cambiato idea su di lui. Non dalla sera prima (e non dal quinto anno).
Non riuscì a dire niente, così fece i due passi che li dividevano per raggiungerla, la prese fra le braccia e prima di chinarsi a baciarla sussurrò: “Perché sì”. Lei sorrise e chiuse gli occhi accostandosi a lui.
Quando le loro labbra si incontrarono fece fatica anche a ricordarsi chi fosse, ma non gli importò molto. Si baciarono per quello che sembrò un anno intero, ma dovettero essere solo venti minuti di orologio e quando lei si staccò da lui, la guardò senza dover nascondere più niente.
Le disse, accarezzandole una guancia: “Dovrò lasciarti andare o non arriverai mai dai tuoi, stasera…”
Il suo viso si fece strano e poi sussurrò: “Ieri non mi hai voluto”. COSA?
“Come?” chiese infatti.
“Ieri sera…” iniziò lei, staccandosi da lui e voltandosi verso la finestra aperta. “…Mi hai rifiutato”.

 

Era stato così difficile dirglielo. Non era neanche riuscita a guardarlo mentre lo faceva. Si era girata verso la finestra e si era allontanata. Non si accorse che lui l’aveva raggiunta ancora.
Quando le cinse il ventre con le mani e poi la fece girare, non lo guardò. “Ieri sera…” iniziò lui. Ma non riuscì ad alzare lo sguardo.
Cosa le avrebbe detto? L’aveva rifiutata. Era stato brutto. Bruttissimo. Soprattutto dopo che lei si era scoperta così tanto con lui. Aveva risposto ai suoi baci e lo aveva accarezzato. Lui aveva lasciato il suo sapore sulle sue labbra e lei non aveva capito niente. Poi le aveva detto di no e lei si era svegliata nel letto da sola.

 

No. Lei non lo guardava. Non andava bene. Doveva guardarlo. Le alzò il mento con la mano. E ricominciò solo quando riuscì a incatenare i suoi occhi.
“Ieri sera è stato il momento più bello della mia vita. Non pensavo che avresti mai ricambiato un mio bacio e quando l’hai fatto è stato elettrizzante. Ma poi ho avuto paura che per te fosse un momento… di debolezza. Dopo la Weasley, le birre e tutto il resto… Non volevo approfittare di te. O che tu stamattina ti potessi pentire di qualcosa. Quando non ti ho visto, pensavo che ti fossi pentita anche di avermi baciato” riuscì a dire tutto di un fiato, consapevole che altrimenti non l’avrebbe più detto.
Pansy spalancò gli occhi. “Stamattina ci sono rimasta male. Ma non mi sono pentita. E non mi sarei pentita neanche se tu avessi fatto l’amore con me. A meno che…” Lei abbassò gli occhi, in un gesto di finta timidezza.
“A meno che?” chiese lui.
“A meno che quello disastroso a letto non sia tu!” Ghignò mentre rialzava lo sguardo su di lui e si allontanava scherzosa. Blaise rise mentre la raggiungeva e cercava di bloccarla.
“Ti faccio vedere io, adesso…”
Pansy ridacchiò e sospirò deliziosamente mentre si lasciava imprigionare. La baciò più volte e alla fine caddero sul divano. Quando si tirò su, lei gemette di protesta, ma lui non ebbe pietà. Non l’avrebbero fatto di corsa, su un divano. Non questa volta, perlomeno. Ma quando la guardò, lei aveva gli occhi appannati dal desiderio e lo guardava con aspettativa. Non voleva deluderla ancora.
Il suo sguardo volò su quel bellissimo corpo e raggiunse la gonna, stropicciata, che si era alzata svelando le cosce. Le sfiorò la pelle con la mano e lei rabbrividì. Non resistette più. Non sarebbero andati fino in fondo, ma l’avrebbe accontentata.
Sorrise mentre si chinava ancora su di lei, spostandole la spallina del vestito e baciandole una spalla.


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