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Autore: ONLYKORINE    29/03/2020    3 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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03. Venerdì

  Venerdì

 

“Non sapevo conoscessi Lilian Parkinson.”
Blaise aveva aspettato di arrivare al primo piatto, prima di fare quella domanda. Avrebbe voluto chiederlo alla madre già quando si era materializzato in giardino, ma era riuscito a resistere un po’.
Althea alzò le spalle in un gesto poco educato. “Siamo andate a Hogwarts insieme, ma lei è più giovane di me di qualche anno. Non sapevo avesse sposato un Parkinson. Quando Dollylee è venuta da me dicendo che lei era alla porta e mi era venuta a trovare, sono rimasta sbalordita. Anche perché si è presentata come Lilian Parkinson e io non avevo la più pallida idea di chi fosse. La povera Dollylee si è stranita quando ha visto la mia faccia sorpresa”. Sua madre rise un pochino.
Ma lui voleva sapere di più. “E cos’è venuta a fare?” Cercò comunque di non mostrare troppo curiosità.
“È venuta a parlarmi di sua figlia”. Blaise si bloccò con la mano a metà fra sé e il bicchiere che voleva prendere.
“Sua figlia?” Sua madre annuì. “Sì. Sembra una cosa strana, eh? Ma si fa.”
“Cos’è che si fa?”
“Voleva propormi un fidanzamento.”
“A te?”
“Sì. Beh, fra te e sua figlia.”
“AH!”

 

Althea alzò ancora le spalle. Oh, avrebbe dovuto contenersi. Restare da sola per così tanto tempo, le aveva dato forse troppa libertà. Doveva riprendere a comportarsi bene.
Lo doveva a Hector. Anche se a lui non interessava. Diceva che la voleva così com’era. Che a lui piaceva per questo.
Ma doveva stare attenta lo stesso. Altrimenti avrebbe iniziato a fare cose come quella anche in pubblico, con altre persone. E non si doveva fare.
Guardò il figlio. Aveva una strana espressione. “Guarda che le ho detto che non organizzo fidanzamenti combinati per mio figlio. Che se vuole, lui lo fa da solo”.
Blaise sorrise.
“Quindi dovrei aspettarmi una sua visita?” Althea alzò le spalle. Merlino! Doveva smetterla! E doveva smetterla di invocare Merlino! Suo figlio rise della sua espressione. Lo guardò malissimo.
“Scusa, mamma. Scusami. Ma…” Poi rise anche lei.
“No, comunque. Le ho fatto capire che non l’avresti presa bene. Spero non venga a disturbare anche te.”

 

Blaise riuscì finalmente a bere. Non gli sarebbe dispiaciuto scambiare quattro chiacchiere con la madre di Pansy. Anzi, era proprio curioso.
“E che impressione ti ha fatto?”
Althea lo guardò con curiosità. “Stai pensando di sposarti?”
“CHI? IO? NO!” Per poco non gli andò di traverso il vino.

 

Althea sorrise come sorride una madre che ha beccato il figlio a rubare la marmellata. Blaise stava valutando l’idea di sposarsi? Davvero? Oh, ma non quella ragazza!
“Comunque non è adatta a te, quella… Non mi ricordo come si chiama…”
“Pansy. Si chiama Pansy…” La strega lo guardò, sempre più incuriosita.
“Quella Pansy non è adatta a te!” Lui era strano, sembrava… pensieroso.
“No?” La strega scosse la testa. Non aveva grossi problemi a parlare con il figlio.
“Da come la svendeva sua madre, non dev’essere un granché.”
Poi però le dispiacque per la ragazza e cercò di rimediare, visto che non la conosceva.
Ed effettivamente non è che sua madre avesse poi parlato tanto di lei. Di solito, quando le altre madri erano venute da lei con quell’intenzione, elogiavano qualità inesistenti e saltavano a piedi pari su difetti lampanti.
“O magari è solo bruttina e non riesce a trovarsi un fidanzato da sola…” Blaise la stava guardando stranito.
“Hai visto Pansy. C’era una foto in camera mia del quinto anno a Hogwarts. Avevi detto che era carina.”
Davvero? Non si ricordava. Dopo avrebbe cercato la foto. Scosse le spalle.
“Allora sarà molto sciocca.”
Ripensò alla ragazza vista alla Gringott. O magari incinta! Si ricordò di aver immaginato che fosse lei la figlia da far sposare e di essersi meravigliata quando le aveva guardato la pancia. Magari sua madre cercava disperatamente un marito alla figlia perché era una ragazza facile. Sospirò.
“E l’altra? Quella che c’era in banca? Daphne, forse? Conosci anche lei, giusto?” Suo figlio fece un verso maleducato con la bocca. Si stranì un pochino. Di solito, non era così villano.
“Sì. E Pansy non è né brutta né sciocca. È Daphne che sta convincendo i suoi a cercarle un fidanzato. Vuole che si sposi così come si è sposata lei.”
Il suo tono era duro.

 

Blaise sbuffò rognosamente, pensando a quello che aveva detto la madre. Non doveva trarre conclusioni errate.
“Ah. Dici che sono loro?”
“No, non lo dico: lo so. Pansy non vuole sposarsi”. Non con qualcuno che avrebbe scelto sua madre.
“Hai parlato con lei?” Lo sguardo di sua madre era curioso e un po’ pettegolo, forse.
“L’ho vista al matrimonio di Draco.”
“Draco?”
“Sì, ricordi? Tre settimane fa. Fra l’altro Draco ha sposato la sorella di Daphne, Astoria”. Sua madre scosse la testa. Non prestava più attenzione alla società, da quando stava con Hector. Era una cosa buona o no? Bo.
“E com’è, allora? Hai un’opinione tua su di lei?” Oh, mamma, è la ragazza più bella del mondo. E anche parecchio sfortunata. Pensò al casino successo al San Mungo. Doveva scoprire qualcosa di più, per poterla aiutare.
Scosse le spalle.

 

Sapeva cos’era quel gesto. Suo figlio non voleva parlarne con lei. Non di questa Pansy. Avrebbe dovuto cercare informazioni da sola.
Magari aveva raccontato a suo figlio che non voleva sposarsi per ingannarlo e poi architettare con sua madre il fidanzamento. Magari era incinta davvero.
Non si rese conto della smorfia che aveva sul viso.

 

Blaise vide lo sguardo di sua madre e non gli piacque. Cercò di deviare il discorso e le chiese dei preparativi per il sabato seguente.

 

***

 

“Oggi sono stata alla Gringott.”
“Davvero?” chiese senza interesse Pansy. Finalmente gli ospiti di sua madre se n’erano andati. Suo padre si era rifugiato in biblioteca a bere il liquore della buonanotte e sua madre chiacchierava senza sosta, nonostante fosse tardi e lei fosse stanca. E poi lei sapeva già che era andata alla Gringott.
“Sì. E sai chi ho visto?” Chi hai visto mamma? Daphne? Theo? Brianna? Salazar Serpeverde?
Pansy cercò di rimanere sveglia. Si sentiva stanchissima. Ma felice. Ripensò a Blaise sul divano che le sorrideva sornione mentre l’accarezzava. Sperò che le sue guance non fossero calde come le sentiva lei. Non avevano fatto l’amore, lui non aveva voluto. Di nuovo. Ma stavolta era andata diversamente. Blaise le aveva fatto capire chiaramente quanto la desiderasse. Merlino, Blaise le mancava di già. E purtroppo, non l’avrebbe neanche visto dopo cena.
Erano rimasti d’accordo che si sarebbero visti il giorno dopo direttamente alla Gringott. Guardò l’orologio. Effettivamente era tardissimo. Sperò di sbrogliare sua madre al più presto.
Sospirò cercando di tornare al presente.
“Chi hai visto, mamma?” chiese.
Okklely, l’elfo domestico che sua madre le mandava ogni tanto a casa, stava sparecchiando. Fra poco avrebbe portato il tè. Oh, cosa avrebbe dato per una burrobirra. O anche una birra babbana.
“Ho visto il signor Zabini. Te lo ricordi, no?” Chi? Ma il padre di Blaise non era morto? Poi capì che sua madre si riferiva proprio a Blaise.
“Davvero?”
“Sì, era con sua madre. Sai cosa pensavo?”
“Cosa pensavi, mamma?” Il suo tono doveva essere un po’ accondiscendente in quanto sua madre si girò verso di lei e la squadrò con un’occhiataccia, come quando aveva sette anni e si rifiutava di andare a lezione di danza. Sospirò. “Davvero, mamma, cos’hai pensato?”
“Quel ragazzo è molto bello…” Oh. Non seppe bene il perché, ma sentì ancora le guance andare a fuoco.
“Mmm… E quindi?”
“Io conosco sua madre. Siamo andate a Hogwarts insieme.”
“Davvero?” Ora era davvero curiosa. Lilian annuì, senza accorgersi del suo tono sorpreso. Era sempre così, non la notava mai.
“Potremmo valutare l’idea… Sì… Sai… Di un fidanzamento.”
Pansy sapeva di non dover mai bere quando parlava con sua mamma. Ma spesso se ne dimenticava. Ora non se lo sarebbe più dimenticato. Iniziò a tossire e a fare versi strani con la bocca. Quando le scesero le lacrime e sentì il petto stringersi, ebbe quasi paura di morire. Tossì ancora, incapace di riprendersi.
Oh, Merlino, stava morendo e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che non aveva ancora fatto l’amore con Blaise. Cercò di riprendere fiato e alla fine riuscì a tornare a respirare normalmente.
Sua madre la guardava come se avesse ucciso il gatto. E non l’aveva neanche aiutata.
“Scusa, mamma. Dicevi?”
“Dicevo che non sarebbe una brutta idea se tu e lui vi fidanzaste, sai? Da quel che ho capito non ha una fidanzata e poi lui lo conosceresti già e…” Sospirò. Ma sua madre non smetteva mai? “C’è una cosa che ho saputo, che andrebbe a suo vantaggio” mormorò poi abbassando la voce.
Ossia? Che la faceva impazzire da quando aveva quindici anni? Questo poteva essere veramente a suo vantaggio.
Ma sua madre la guardò. “Lui è discreto”. Discreto? Che intendeva?
“In che senso, mamma?” Prese la tazza del tè che l’elfo le porgeva e la posò davanti a sé, più interessata a quello che diceva la madre che a ogni altra cosa.
“Beh, si sai, quando fa… quello”. Sua madre aveva abbassato la voce, come se qualcuno potesse sentirla e aveva sventolato la mano davanti a sé. Ma… cosa voleva dire?
La sua faccia dovette parlare da sola, perché sua madre continuò. “Sì, è uno che quando lo fa è discreto”.
Pansy spalancò gli occhi quando capì che sua madre non avrebbe mai osato dire quella parola. Sesso. SUA MADRE PARLAVA DI SESSO? Cercò il vino con gli occhi, ma l’elfo aveva portato via tutto.

Ok, calmati Pansy. Si obbligò a rimanere tranquilla. COSA CAZZO VOLEVA DIRE CHE QUANDO FA SESSO È DISCRETO? Non aveva funzionato bene. Riprovaci Pansy.
“Mamma, ma cosa intendi?” No, era meglio non chiedere. Sicuramente.
“Che non ci saranno scandali. Quando lo farà, tu non lo saprai e non lo saprà nessuno. Lui sarà discreto…” O PORCO SALAZAR! Intendeva che quando l’avrebbe tradita non l’avrebbe saputo nessuno? Ma…
“Mamma, io voglio un marito che lo faccia con me, non con le altre”. Sua madre sbuffò poco elegantemente e sventolò, di nuovo, la mano in aria.
“Quando sarai sposata saprai che la favola di Messer Senzafortuna e Amata non esiste. Nessuno vive felice e contento. Non esiste la Fonte della Buona Sorte. I matrimoni sono così. E può succedere che…”
“Forse, se invece di sposarsi per lo stato di sangue, ci si sposasse perché ci si vuole bene, non succederebbe. Ci hai mai pensato, mamma? Forse, se tu e papà…”
“NON PARLARE DI TUO PADRE!” Sua madre aveva gli occhi spalancati mentre urlava e Pansy vide Okklely smaterializzarsi velocemente. Lo invidiò. Avrebbe potuto farlo anche lei? L’avrebbe seguito in cucina e sarebbe stata lì, buona buona.
“Ma pensi davvero che tuo marito non lo farà? Sei un’ingenua. Lo fanno tutti, cosa credi? E quando i mariti tradiscono, e non si fanno problemi a nasconderlo, le mogli non possono dire niente! Fanno finta che non sia successo.”
Pansy si ammutolì. Il tono di sua madre era cattivo e derisorio. Davvero? Davvero era così? Tutti tutti? Pensò a Draco e Astoria. Va beh, loro si erano appena sposati, non contava. E Daphne e Steve? No. Se Steve tradiva Daphne, lei non lo sapeva di sicuro. E se fosse successo, Daphne non avrebbe fatto finta di niente. E Pansy era abbastanza convinta che non fosse mai successo.
Pensò ad altre coppie che conosceva. Chi è che era insieme da tanto tempo? La faccia sconvolta di una piccola rossa, le comparve nei pensieri. Potter e la Weasley. Stavano insieme da un’eternità. Ripensò a tutte le volte che li aveva visti insieme. Avrebbe scommesso anche su di lui. Non l’avrebbe mai tradita. Neanche in futuro. Beh, ma loro si erano sposati per amore.
Anche Pansy voleva un matrimonio d’amore. Anche lei voleva essere guardata come Potter guardava sua moglie.
Poi si ricordò del fatto che presto Potter non avrebbe più guardato sua moglie. E forse non avrebbe neanche visto il suo bambino. Sospirò. Ma cosa poteva fare? Forse poteva almeno ascoltarla.
Poi tornò a guardare la madre. Ora era stufa.
“Sai mamma, penso che non mi sposerò, allora. Non voglio un matrimonio come il tuo. Non voglio diventare come te o papà. Non mi interessa quello che fa la gente. Non mi piacerebbe vivere così.”
 “E cosa pensi di fare, allora?” Il tono di sua madre era stizzito.
“Voglio vivere la mia vita” rispose.

Per ora voglio fare l’amore con Blaise, per Salazar, anche se fosse l’ultima cosa che farò.
“Gran bella vita. Sei anche stata licenziata.”
“Non sono stata licenziata!” esclamò.
L’occhiataccia di sua madre era una pugnalata. Sua madre non credeva in lei. Come tutti gli altri.
“Vado a casa”. E si smaterializzò senza salutare.

 

***

 

Pansy era sdraiata sulla schiena sulla scrivania nell’ufficio del direttore alla Gringott e baciava Blaise come se non ci fosse stato un domani. Il suo vestito era arrotolato in vita e, non indossando biancheria, era totalmente esposta. Ma la pelle scura del petto di lui continuava a darle brividi contro la sua e lei non se ne preoccupò.
L’unico problema era che lui avesse ancora i pantaloni. Voleva che se li togliesse al più presto. Voleva tutto di lui. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò ancora. Gli mordicchiò le labbra e poi sussurrò sulla sua bocca: “Togliti i pantaloni. Voglio sentirti dentro di me”.
“No”. COME? Non di nuovo!
“Sì.”
“No, perché vedi, io sono discreto”. Pansy gli lasciò il viso e si mise a sedere così velocemente che si svegliò.
Si guardò intorno e si rese conto di essere in camera sua, nel suo letto e di avere addosso la camicia da notte. E di essere da sola.
Per Salazar, era un sogno! Sospirò e si rimise giù, coprendosi con la coperta. Non andava bene. Non poteva fare sogni così. Dovevano assolutamente risolvere la cosa. Al più presto.
Guardò l’orologio. Mancavano ancora tre ore all’orario in cui avrebbero dovuto vedersi alla Gringott. Oh, Merlino.
Di sicuro non avrebbe potuto smaterializzarsi a casa di Blaise a quell’ora. Sbuffò, si girò per trovare una posizione e provò a riaddormentarsi.

 

***

 

Blaise guardò ancora l’orologio. Lei era in ritardo. Aveva detto che ci sarebbe stata. Quindi sapeva che sarebbe successo. E se invece avesse cambiato idea? La sera prima avevano fatto tardi nell’appartamento di lei e Blaise sapeva che non sarebbe mai riuscito a sganciarsi da sua madre a un orario decente, così, pensando di aver risolto le cose fra loro, le aveva dato appuntamento direttamente alla Gringott, spiegandole quello che aveva bisogno che lei facesse.
Per Salazar, era stata una cattiva idea! Quando la vide entrare dalla porta d’argento, sospirò sollevato senza neanche rendersene conto.
La seguì con lo sguardo mentre entrava. Dannazione, aveva i pantaloni. No, ok, era meglio così. Avevano del lavoro da sbrigare. Quando lei lo vide gli sorrise e Blaise le fece cenno di avvicinarsi. Pansy si diresse verso di lui sorridendo.
“Tieni, ti ho portato dei muffin” disse, porgendogli un sacchetto di carta. Si portò una mano al petto con un sorriso.
“Adesso hai conquistato il mio cuore.”

 

Lei sorrise sorniona. “Puntavo ad altro, ma va bene uguale, dai”. Blaise rise e si avvicinò a lei quando Pansy fece il gesto di salutarlo con un bacio sulla guancia. Erano sotto gli occhi di tutti.
“Dov’è la stanza dei quadri?” gli chiese. Lui si incamminò facendole cenno di stargli vicino.
“È giù nei sotterranei. Dobbiamo chiamare un folletto e andarci con il carrello. Intanto spostiamo il tuo denaro?” La ragazza annuì.
Avrebbero spostato il denaro che lei si guadagnava. Aveva fatto un calcolo approssimativo dei suoi risparmi. Ma aveva tenuto in difetto il conto, così che suo padre non potesse reclamare niente. Il primo giro lo finirono alla camera blindata del signor Gustav Parkinson.
Pansy riempì a malincuore la borsetta, ampliata con un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile, con suoi galeoni. Le sembrava di tradire la sua famiglia. Ma sapeva che era il primo passo verso l’essere indipendenti. Indipendenti davvero. Poi tornò sul carrello, Blaise dovette capire quanto fosse difficile per lei, perché le mise un braccio sulle spalle e la baciò sulla testa. Si asciugò una lacrima di nascosto.
Tornarono verso la superficie. La sua nuova camera blindata era meno preziosa, quindi con meno sistemi di sicurezza magica. Svuotò la borsetta direttamente sul pavimento. Merlino. Sembrava ancora più vuota di quando era entrata. Si chinò e prese qualche moneta che infilò in tasca. Poi, sorridendo, tornò verso il carrello. Il moro l’aspettava fuori dalla porta.
“E ora? Dove andiamo?” chiese il folletto.
“Alla cantina dei quadri, Lookuoi. Dobbiamo controllare delle cose”. Il folletto annuì e fece ripartire il carrello. Quando si fermò e loro scesero, Blaise gli disse che poteva andare.
“E come facciamo a tornare su, dopo?” chiese Pansy. Non conosceva molto bene le procedure bancarie, lei.
Il folletto si allungò verso di lei e le diede un campanello d’argento. “Può suonare questo campanello, signorina. Uno di noi folletti verrà subito a prenderla”. Lei sorrise.
“Fantastico. Grazie mille.”

 

Blaise tirò fuori dalla tasca la chiave della cantina e la infilò nella serratura. Mentre questa scattava, Lookuoi il folletto partiva verso la superficie con il carrello. Aprì la porta e con la bacchetta accese una lanterna.
Imprecò quando vide i quadri. Saranno stati un migliaio. Tutti accatastati l’uno contro l’altro, in piedi, sul pavimento. La stanza era enorme. Sentì Pansy sospirare.
“Sei sicuro che siano qui, almeno, vero?” Lui alzò le spalle. Lo sperava.
“Brittany dice che il signor Harris ha spostato i quadri che erano nel suo ufficio, il giorno prima di sparire. E dice che uno dei folletti l’ha visto uscire da qui, quel giorno. Quindi, no, non sono sicuro. Ma è il primo posto dove possiamo cercare. Altrimenti dovremo trovare un altro modo”. Pansy annuì poi si voltò verso di lui.
“Chi è Brittany?” Lui rise.
“La tua Brianna”. La bocca di lei divenne un cerchio.
“Oh”. E ridacchiò. Avrebbe voluto baciarla. Ma se avesse iniziato, non avrebbero finito con i quadri e lui voleva godersi il momento con lei in tutta tranquillità.
La sera prima le aveva spiegato brevemente quello che doveva fare. Il signor Harris era scappato dalla Gringott improvvisamente e non si era più fatto vivo. Ormai era passato un mese. Non si capiva cosa fosse successo.
Così avevano mandato Blaise per indagare. All’inizio avevano pensato a un rapimento, al Ministero, ma poi nessuno aveva fatto richieste di riscatto. E se lui si era preso la briga di sistemare le cose nel suo ufficio, prima di andarsene, se n’era andato di sua volontà.
“Ok, allora hai detto tre quadri: un cacciatore che squarta un cervo, una matrona del diciannovesimo secolo vestita di giallo, e un paesaggio di campagna. Giusto?” Pansy annuì ancora.

 

“Bravo, hai fatto i compiti.”
Pansy si avvicinò alla prima pila di quadri e tirò fuori la bacchetta.
“Come procediamo?”
Lei scosse le spalle. “Io di qua e tu di lì? Se incontri qualcosa che si avvicina alla descrizione, mi chiami e vediamo. Ok?” Lui annuì.
Pansy fece sparire la polvere dal primo quadro per vedere di cosa si trattasse: dame a un ballo. Niente. Lo guidò con la bacchetta fino a un angolo vuoto e guardò il secondo. Al quarto era già stufa. Certi artisti non dovrebbero avere libero accesso alle tele e ai colori.

 

Blaise agitò la bacchetta e tolse la polvere da un altro quadro. Sentì Pansy tossire quando un quadro troppo impolverato venne scosso, ma poi lei stette zitta un attimo e gli chiese: “Dici che avrà fatto un incantesimo per la polvere?”
Il ragazzo si voltò verso di lei.
“La polvere?”
“Sì, per far sembrare che i quadri che ha portato per ultimi siano qui da più tempo. Cioè, io l’avrei fatto. Li avrei nascosti in mezzo agli altri e avrei lanciato un incantesimo impolverante”. Alzò una spalla.
Merlino, aveva ragione. Blaise si spostò lungo le file di quadri, per vedere se ci fosse qualcosa di strano. “Ehi, non ti ho detto di girare a caso! Non dovremmo seguire una logica?” Lui si portò un dito alle labbra per dirle di stare zitta e sorrise.
“Forse so come fare presto. Guarda!” Alzò la bacchetta verso i quadri e la fece scorrere indicando il pavimento mentre formulava: “Finitem incantem!”
Dal centro della stanza si alzò una nuvola di polvere che sparì. Si voltò verso di lei e vide che sorrideva.
“Grande!” Alzò una mano per battere la sua, ma Blaise la prese e la tirò verso di sé, abbracciandola.
“Io direi che mi merito di più.”
Lei rise e gli cinse il collo con ancora la bacchetta in mano. “Ma se ti ho dato io l’idea!”
“Allora ce lo meritiamo tutti e due”. E la baciò. Lei rispose al suo bacio e Blaise la spinse contro il muro in uno dei pochi angoli liberi.

 

Quando Pansy sentì le mani di Blaise sulle natiche e la sua imprecazione sui suoi pantaloni, rise e lo scostò da lei. Oh, che penasse un po’ anche lui, come aveva penato lei!
“Prendiamo quei quadri, va. Così li portiamo su” disse accogliendo la bacchetta da terra.
Si avvicinò alla fila dove si era volatilizzata la polvere e spostò mano a mano tutti i quadri che incontrava al suo passaggio.

 

Blaise rimase un attimo indietro. Se non si fosse allontanata lei, forse avrebbe fatto la sciocchezza di non fermarsi. Si sistemò i pantaloni e la raggiunse, mentre spostava l’ultimo quadro.
Una signora di mezza età molto in carne con una cuffietta gialla gridò quando lo vide e sparì sotto la cornice del quadro. Oh. Cos’era successo?
Pansy ridacchiò piano. “Mi sa che l’hai svegliata…”
“Io? L’hai svegliata tu!” Lei alzò una spalla, chinandosi a prendere il quadro.
“Forse. Ma tu l’hai spaventata”. Annuì.
“È questo, comunque”. Meno uno.
Pansy tirò fuori la bacchetta e lo fece volare vicino alla porta.

 

Ok, uno lo avevano trovato. Quel posto puzzava di muffa. Era fastidioso, Pansy sperava di non doverci mettere ancora tanto tempo. Blaise intanto spostò i quadri lungo la fila vicina e le fece cenno.
“Dovremmo esserci. Vieni a vedere se è uno di questi.”
Pansy si avvicinò.
Ne spostarono altri due e poi, lì dietro agli altri comparve il quadro con il cacciatore che squartava il cervo. Si voltò. Non era mai riuscita a guardarlo.
Lui fu velocissimo e lo spedì vicino all’altro. Lo ringraziò con un sorriso.

 

Meno due. Rimaneva il terzo. Cos’è che era? Un paesaggio di campagna. Forse poteva essere più difficile. I paesaggi si assomigliavano un po’ tutti. Iniziò a spostare i quadri nella fila vicino e Pansy lo aiutò. Passarono un sacco di quadri lentamente, perché lei non si ricordava con precisione come fosse il quadro.

 

Pansy era stanca. C’era poca luce, le lanterne non facevano il loro lavoro e lei aveva gli occhi pesantissimi. Si sedette per terra e illuminò la bacchetta per vederci meglio. “Sei stanca?” le chiese Blaise.
“Un po’…”
“Vuoi fare una pausa?” Scosse il capo.
“No. Non vedo l’ora di finire”. Lui annuì mentre spostava un altro quadro.
“Dopo ti porto a pranzo.” 

Lei sospirò così forte che Blaise la guardò. Pansy alzò lo sguardo su di lui e disse sottovoce: “Daphne mi ha invitato a pranzo a casa sua…”
Annuì. Gli aveva raccontato della litigata con Daphne. Per quanto a lui non stesse particolarmente simpatica, visto che lo voleva lontano da Pansy, sapeva che loro erano amiche. E Pansy ci teneva. Nonostante tutto. E ci soffriva.
“Potresti andarci…”
Pansy alzò una spalla. “Ancora non lo so. E poi oggi pomeriggio ho appuntamento con lo psicomago, per via della sospensione”. Lui annuì. Di sicuro non avrebbe insistito.
La ragazza spostò il quadro successivo e spalancò gli occhi, sorpresa. Si alzò in piedi velocemente e fece un passo indietro. Blaise, che la stava guardando, si voltò a guardare il quadro. Cosa aveva di particolare da farle avere quella reazione? Non era niente di speciale: un ragazzo dormiva sotto un albero. Intorno a lui c’erano un frutteto, un campo coltivato con delle spighe e in lontananza un boschetto. Lo guardò ancora.
Alla fine si voltò verso Pansy perché non riusciva a capire. Lei si portò il dito alle labbra come aveva fatto lui qualche tempo prima e fece apparire uno straccio coprente che lasciò cadere sul quadro.
“Prendilo. È questo.”
Senza dire niente, fece quello che gli aveva detto.

 

Quando furono di nuovo nell’ufficio, gli chiese se potesse far portare del tè. Blaise la guardò stranito ma annuì. Chiamò uno dei suoi elfi e gli ordinò quanto richiesto. Appoggiarono i quadri al pavimento e lei lo bloccò quando fece il gesto di riappenderli al muro.

 

Pansy lo fermò quando tentò di scoprire il quadro.
“Rispiegami un attimo il lavoro che fai.”
Blaise alzò le sopracciglia. Oh, per Salazar! C’era qualcosa che non gli stava dicendo.
Lui sospirò e lei incrociò le braccia al petto. Quando capì che non avrebbe parlato, continuò: “Dimmi che non stai facendo delle indagini anche per il San Mungo”. Lui aprì la bocca e sgranò gli occhi sorpreso.
“Certo che no!” Poi però la guardò in una maniera strana.

 

Ma perché Pansy gli faceva quella domanda? “Perché?”
Lei tirò fuori la bacchetta e per un attimo pensò che la usasse su di lui. Fece un incantesimo non verbale ai quadri coperti dallo straccio e disse: “Il quadro del paesaggio di campagna… Dove c’era il tipo che dormiva… Era appeso qui…” Si fermò.
Lui mosse la testa per farla continuare e lei sospirò. “Il tipo che dormiva non lo avevo mai visto. Non qui”. E dov’è che l’aveva visto?
“E dove l’hai visto? Al San Mungo?” Lei annuì lentamente. Merlino. Era una coincidenza o una complicazione? “Al San Mungo dove?”
“Nel quadro del mio ufficio.”
Santo Merlino!

 

L’elfo si materializzò e portò un vassoio con del tè e dei pasticcini. Pansy si sedette, versò il tè in due tazze e gli fece cenno di sedersi.
“Dobbiamo parlare”. Lui annuì e sospirando prese un pasticcino.
“Ti ho detto che ho mandato un gufo alla Weasley?” Blaise sospirò.
“Sarà una lunga chiacchierata, eh?”

 

***

 

“Ho detto che ti avrei portato a cena, e ti porterò a cena.”
Blaise cercò di essere irremovibile. Pansy rise, di lui, e disse che preferiva mangiare una pizza a casa, sul divano. Sbuffò.
Sua madre gli aveva sempre detto che quando avesse incontrato la donna della sua vita avrebbe dovuto offrirle una cena prima di passare la notte con lei. Non gli era mai venuto in mente, prima. Ma ora…
Pansy rise di nuovo. “Perché fai quella faccia?" Blaise scosse la testa. “Dai, prometto che andremo a cena, ma stasera sono stanca”. Lei fece quella faccia da cucciolo di unicorno. L’aveva vista un sacco di volte anche a Hogwarts, ma doveva essersi specializzata nel frattempo, perché non riuscì a dirle di no. Sospirò.
“Va bene. Vada per la pizza”. Lei si mise in punta di piedi e gli circondò il collo con le braccia.
“Da te o da me?” chiese prima di stampagli un bacio sulle labbra.
“Dove vuoi.”
“Ok. Andiamo a prendere la pizza, poi ti porterò dove voglio io”. Blaise le circondò la vita e intrecciò le mani sulla sua schiena. Era così minuta, lei.
“E poi?”
“E poi farò di te ciò che voglio!” Sorrise ancora e disse qualcosa che lui non capì.
“Come? In che senso ‘discreto’?” Pansy rise forte e scosse il capo.
“Niente niente. Andiamo via.”
Uscirono dalla Gringott e si incamminarono per le strade di Londra.


 

   
 
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