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Autore: Ink_    31/03/2020    1 recensioni
[Raccolta di drabble in due atti]
II ~ Tornerà, lo sa, glielo ha promesso. Ne ha la prova, impressa a forza sul suo braccio, viva.
IV ~ Nella solitudine della sua cella, Bellatrix ricorda.
IX ~ Ah, sì, l’inizio della fine, ma lei è una fenice.
X ~ Crucio.
{Bellatrix!centric | slight Bellatrix/Rodolphus | Bellatrix/Voldemort}
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La maratona della Mediaset mi ha fatto venir voglia di finire anche questo WIP che avevo abbandonato da un tempo impietosamente lungo. È una semplice raccolta senza pretese di dodici drabble. Pubblicarle in capitoli separati mi sembrava eccessivo visto che seguono lo stesso filo conduttore (una one-shot frammentata se volete) ma metterle in un capitolo unico mi dava l’impressione di non dare sufficiente spazio alle varie drabble, ecco dunque il compromesso: due parti, da sei drabble l’una. La seconda parte arriverà martedì prossimo :)
Spero possa piacervi e tenervi compagnia in queste giornate tutte uguali.  

P.s Se siete in vena di fare un giochino, fatevi uno shot ogni volta che leggete la parola “sporco” o una sua variante. Ma non fatelo davvero perché rischiate il coma etilico.
 


 
 
Gotta keep my fingernails clean
   - Parte I -
 
 


I.
La cella è fredda, buia e sporca, proprio come lei, le sembra di essersi dentro.
Sporca e marcia fino al midollo, lei che si è sempre contraddistinta ed elogiata per la purezza del suo sangue, si rende conto solo ora di quanto lurida sia, macchiata del sangue impuro delle sue vittime.
Ma è colpa loro, sì, solo loro.
Sono loro che l’hanno lerciata e impregnata del loro sangue sporco e traditore, l’hanno sporcata e devono pagare.
Hanno pagato.
Ma non è ancora abbastanza, lo sporco si lava via solo con altro sporco.
 
 
II.
Ascolta in silenzio Azkaban, i gemiti e le urla dei suoi abitanti.
Tutti sporchi, tutti falliti.
La sua gola è muta, lei non geme e lei non urla, lei tace e attende, lei ascolta, lei aspetta.
Il suo nome risuona tra le mura muffite della prigione.
 Bellatrix!
Bellatrix!
Non ci fa caso, la sua voce la chiama ogni giorno, ogni notte, ma lei la rinnega, è sbagliata.
Lei aspetta, lei lo aspetta.
Tornerà, lo sa, glielo ha promesso. Ne ha la prova, impressa a forza sul suo braccio, viva.
Bellatrix aspetta.
 
 
III.
La Morte ad Azkaban è crudele e spietata, si aggira per i corridoi, carezzando i corpi e rubandone il respiro.
Evanescente, avanza inesorabile: non puoi combatterla, non puoi vincerla.
Giunge, silenziosa e impalpabile e ti prende, nel sonno come nella veglia.
Lei la sente strisciare e impregnare col suo puzzo di odio e rimpianto ogni anfratto della prigione, ne è assuefatta ormai.
Lo sporco si lava via con lo sporco, forse il viscidume della morte sta mondando le sue mani pregne di sangue indegno.
Forse la Morte non è una così cattiva compagna, più una vecchia amica.
Mille volte l’ha vista giungere, tra le tenebre di Azkaban e fuori, quando giungeva a pulirle le mani, portando via l’ennesima vittima delle sue maledizioni.
Ma non è ancora venuta per lei, no, perché le urla si ripetono ancora, ma sono ancora sbagliate.
 
 
IV.
Nella solitudine della sua cella, Bellatrix ricorda.
Rivive frammenti della sua vita passata che ora le paiono così lontani ed incerti, quasi non fossero più suoi.
Azkaban è un luogo confuso, i ricordi ed i peccati si fondono con quelli altrui, tutti uguali, tutti sporchi.
E’ facile che un tuo assassinio diventi quello di qualcun altro, quando di notte urli e ti agiti nel sonno, scagliando maledizioni contro nemici invisibili, l’altro ti ascolta e ti è vicino, ti comprende e ti conforta, prendendo parte del tuo ricordo e facendolo suo, aiutandoti, svuotandoti.
 
 
V.
Cosa c’è da ricordare?
C’è il rosso, sì, il rosso del sangue che colava lungo le pareti e giù lungo la punta della sua bacchetta, lungo le sue mani già sporche dei peccati di qualcun altro.
Tu non sei una peccatrice Bellatrix, tu sei la vittima dei loro peccati.
Lei è innocente, lei è bianca.
Lei dovrebbe essere bianca, me è nera, è sporca.
Sporca di Azkaban, sporca del sangue rappreso che si fa nero, sporca della cenere che è diventata.
Ma non sarà cenere per sempre, lei è una fenice, brucia e ora è cenere, ma un tizzone ancora incandescente è impresso sulla sua pelle, non spegnerlo Bellatrix, presto risorgerai.
 
 
VI.
La voce si è zittita, finalmente.
Meglio essere chiamata dalla voce sbagliata che non essere chiamata affatto? 
No. Sarebbe una menzogna che la sporcherebbe, non ha bisogno di altro lerciume da spalmarsi addosso, altro marcio da aggiungere a quella corazza putrida che si è costruita intorno.
Sporca per proteggersi da uno sporco peggiore.
Ma senza la voce a ricordarle che è viva, come farà a rimanere tale?
Perché lo sei, sei viva, vero Bellatrix?
Sì, è viva, glielo dicono i ricordi cremisi a cui si è aggrappata: ricorda perché sei qui, ricorda perché sei qui a testa alta, ricorda perché ne uscirai.



 
   
 
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