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Autore: DonnieTZ    08/04/2020    4 recensioni
[Destiel] [Human!AU]
Dean ha una vita semplice: un lavoro all'officina di Bobby, i venerdì sera al Roadhouse, una storia lunga un anno alle spalle e il desiderio (irrealizzabile?) di avere una famiglia tutta sua, un giorno.
Poi un certo Castiel Novak porta a riparare la sua macchina e "semplice" non è più la parola che Dean userebbe per descrivere la sua esistenza.
O forse sì?
Perché perfino la cosa più complicata, profonda e sconvolgente della vita può rivelarsi quella giusta.
***
Questa storia è fluffosa e spensierata. Insomma, è la family!fic di cui avevo bisogno, in questo periodo incerto.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Gabriel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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«Aspetti qualcuno?»
Dean si accorge di stare alzando la testa ogni volta che una persona entra nel Roadhouse. Charlie gli ha piantato un gomito nelle costole e ora lo guarda con attenzione, come se potesse leggergli la verità da qualche parte, fra le lentiggini e gli occhi verdi.
Non ha intenzione di cedere, Dean. 
Non sta affatto fissando la porta.
«No, no.»
«Ti sei rimesso con Lisa?»
Charlie beve un sorso di birra e lo scruta da sopra la bottiglia. Potrebbe metterla all’angolo, prenderla in giro perché viene al Roadhouse solo per vedere Jo, ma l’ultima volta ha rischiato di offenderla sul serio e la ragazza è terribile quando si arrabbia. Dean non vuole mettere in pericolo il suo computer e tutti i file lì segretamente custoditi.
«No. È finita e basta.»
«So che Ben-»
«Lascia perdere.»
Dean può ammetterlo: Ben gli manca. Gli manca l’idea di avere una famiglia, di rientrare dopo ore e ore di lavoro e farsi raccontare una giornata di scuola, mentre si decide cosa mangiare tutti insieme. Gli manca l’atmosfera rilassata, quando si fermava da loro, il quieto stare insieme che lui e Lisa avevano costruito. Certe volte – quando è notte e il cervello non vuole decidersi a spegnere tutto – quasi rimpiange che non ci sia mai stato un grosso litigio, un addio straziante, una rottura. Lisa ha solo capito di meritare di meglio.
Gli ha solo chiesto se fosse felice e Dean non ha saputo rispondere. 
Era contento, era appagato, ma la felicità è un concetto difficile, per Dean.
Sono anche stati abbastanza bravi da spiegare tutto a Ben e assicurargli che Dean continuerà ad andare alle sue partite. Come potrebbe perdersele? Sono uno dei momenti più vivaci dei suoi week-end, a parte i venerdì sera lì.
«Beh, se hai bisogno di parlarne sai che ci sono, vero? Ci siamo tutti.»
«Lo so, lo so.»
«Ecco, non fare l’idiota.»
La verità è che non ha bisogno di parlarne. È una cosa che è successa e poi è passata. E forse è questo il problema: avesse amato Lisa, ora sarebbe ridotto uno schifo. Invece è semplicemente al punto di partenza, niente di più, niente di meno.
Gabriel e suo fratello scelgono quel momento per entrare. Dean alza la testa e perde il respiro. Castiel Novak indossa sempre una camicia chiara e i pantaloni di un completo, ma sembra ancora più spettinato dell’ultima volta in cui l’ha visto. Senza pensarci – stupido, stupido – Dean alza il braccio e saluta Gabriel, facendogli gesto di avvicinarsi.
«Dean.» Sam richiama la sua attenzione, un’espressione sorpresa in viso. «Da quando tu e Gabe siete amiconi?»
«Gabe
Prima che Sam possa rispondere, facendo seguito al suo sguardo irritato, Gabriel e Castiel si avvicinano.
«Fate posto, fate posto, è arrivata la festa!»
Gabriel si schiaccia fra Sam e Ash, ma Dean è veloce e tira fuori una sedia al suo fianco per Castiel, invitandolo con l’ennesimo gesto della mano. Non si gira a guardare Charlie o Sam, non vuole vedere le domande nei loro occhi. Si limita a restare premuto contro Castiel, godendosi il profumo di sapone che lo circonda, la sua nota leggermente dolce. Miele forse.
«Come va la macchina?» chiede, per avere qualcosa – qualsiasi cosa – da dire.
Castiel finalmente si volta a guardarlo e Dean annega nel blu. Erano così anche la prima volta che li ha visti, quegli occhi? Pensava quasi di averli idealizzati, di averli dipinti di una sfumatura più intensa.
E invece…
«Va molto bene, grazie.»
«Bene, bene.» 
Dean prende un lungo, lunghissimo sorso di birra. Per sbaglio incrocia lo sguardo di suo fratello e può interpretare l’inclinazione delle sopracciglia alla perfezione. Sam si sta chiedendo da cosa diavolo Dean sia stato posseduto. Come nei periodi peggiori dell’alcolismo di John, quando dietro ogni angolo c’era una forza oscura che poteva distruggerli tutti e allora bisognava armarsi di acqua santa e sale.
«Gabriel ha detto che suoni,» dice Castiel.
«Umh…» Dean si passa una mano sul collo, un calore familiare a risalirgli fino alle orecchie. «Non è che… strimpello alla chitarra, a volte qualcuno si aggiunge, niente di che.»
Castiel inclina la testa di lato, lo osserva in modo totalmente diverso da come hanno sempre fatto Sam e Charlie e tutti gli altri. C’è un’intensità profonda in quello sguardo, e Dean si sente nudo.
«Secondo Gabriel, sei molto bravo.»
«Ah, Gabriel ha detto così?» chiede Dean, gettando un’occhiata sorpresa verso l’altra parte del tavolo.
«È stato molto più… colorito, ma non intendo ripetere le sue parole.»
«Se ti interessa puoi salire anche tu, cantare o suonare. Ellen dice che la facciamo risparmiare sull’intrattenimento.»
«Ti ringrazio, ma non è il caso.»
Cas – Dean inizia a chiamarlo così nella sua mente – sembra teso e fuori posto. Se ne sta rigido sulla sedia e alterna sguardi irritati verso suo fratello, che lo ignora spudoratamente in favore di Sam, e occhiate intense verso Dean.
«Non ti piace la musica?»
«Mi piace molto, ma non sono dotato di talento.»
Sembra che ogni tentativo di chiacchierare finisca contro un muro, così Dean si lascia trasportare da altre conversazioni. Come quella fra Charlie e Kevin su Lo Hobbit e il ruolo di Tauriel nel film – una discussione che avviene quasi ogni venerdì -, che si sposta come sempre sul femminismo hollywoodiano che serve solo a vendere più biglietti, ma non si sforza di creare personaggi tridimensionali. Dean si limita a infilare qualche battutina qua e là, ma Cas lo sorprende.
«Concordo. Quel film è un insulto a chiunque abbia letto e amato Lo Hobbit. Non che Tolkien fosse migliore, dal momento che per sua stessa ammissione non ha scritto molti personaggi femminili perché non si sentiva in grado di scriverli. Ma almeno non ha avuto paura di concentrare l’attenzione sulle dinamiche che si creano fra i personaggi maschili. Qui il fulcro doveva essere il rapporto fra Bilbo e i nani, Thorin nello specifico, ma per paura che la gente ci leggesse dentro troppo – come accaduto per Frodo e Sam, d’altronde – hanno voluto aggiungere un triangolo eterosessuale. E come se non bastasse, hanno cercato di creare una qualche specie di intesa amorosa fra Gandalf e Galadriel, la cui sola idea è vagamente nauseante. In più hanno voluto riproporre vecchie glorie, cambiando il tono e l’atmosfera del libro, dividendolo in tre come se avesse senso, e tutto solo per vendere qualche biglietto in più, come dice Charlie.»
La parte di tavolata che è riuscita a sentirlo si è improvvisamente zittita, gli occhi di tutti su di lui. Castiel sembra rendersi conto di aver parlato con una certa agitazione quando ha ormai finito e abbassa lo sguardo sulla birra che Jo gli ha appena consegnato, i muscoli tesi dall’imbarazzo. Forse non sa che rivelarsi un po’ nerd può solo fargli guadagnare punti, in questo gruppo, e qualcosa – dentro – impone a Dean di cavarlo fuori dall’imbarazzo.
«Capitalismo, dico bene?» butta lì, facendo un occhiolino verso Cas.
Charlie ridacchia, Sam sbuffa un po’ di insofferenza, e la conversazione riprende. Parlano del lavoro, delle novità più chiacchierate, di cosa fare quel week-end. Parlano di tutto e di niente, e Dean si sente a casa. Non un luogo, ma un’atmosfera, una sensazione che si spande dal petto al resto del corpo.
Prima che possa provare a chiacchierare di nuovo con Cas, arriva il momento di salire sul palco. Quelle serate l’hanno salvato in più di un’occasione – la musica l’ha salvato – e gli hanno impedito di chiudersi in se stesso quando tutto andava male. La sua famiglia è lì con lui, e salire sul palco per cantare accompagnato dalle voci che arrivano dai tavoli gli ricorda qual è il suo posto nel mondo. 
Sul palco, Dean canta i suoi grandi classici e ci butta dentro anche una Eye of the tiger con il balletto che non manca mai di far ridere tutti fino alle lacrime; si alterna a Chuck, che inizia sempre nervoso ma finisce per lasciare tutti a bocca aperta come al solito con i pezzi che ha scritto di suo pugno; si mette d’accordo con quel pomposo di Crowley per un pezzo che possa essere accompagnato dalla batteria. 
Quando finalmente torna al suo posto, l’adrenalina inizia a scemare e si sente addosso la solita soddisfatta stanchezza.
«Concordo con mio fratello. Sei molto bravo.»
La voce di Cas è più sicura, la postura più sciolta. Lo sguardo è ancora intenso, ma un po’ più lucido.
«Umh… grazie.» Dean gli batte una mano sulla spalla. «Tutto bene?»
«Sì.»
Castiel si allarga in un sorriso tutto gengive e rughe attorno agli occhi. 
Un bel sorriso.
Un sorriso che Dean guarda per troppi secondi perché sia normale.
«Se hai qualche richiesta per il prossimo venerdì, spara,» si affretta a dire.
E Cas non ci pensa poi troppo prima di rispondere.
«Hey Jude
Il tavolo si zittisce. Sam incontra lo sguardo di Dean e si esibisce nella sua espressione da cucciolo abbandonato. Tutti fingono di essere molto concentrati sulle loro birre.
«Umh, scusa Cas, quella… quella non la suono.»
«Oh.»
«Non è per te… è che… non c’entri, d’accordo? Ehi, bellissima canzone, però. Ma no.»
Il silenzio teso si allunga un po’, ma tutti a quel tavolo sanno perché Dean non canta Hey Jude. Tutti tranne Cas, che ora lo guarda con un’attenzione che è già diventata parte del modo in cui sembrano studiarsi da quando si sono incontrati.
«Lunedì gli sistemo il computer,» si intromette Charlie, nel tentativo di rianimare la serata.
Dean butta giù l’ultimo sorso di birra, si appiccica in faccia un sorriso e fa del suo meglio.
«Ci credo, se lo tratta come tratta la sua macchina,» ribatte, permettendo al resto del tavolo di tornare alle varie discussioni.
«Non capisco niente di automobili, Dean,» spiega Cas, scandendo le parole come chi cerca di non sembrare troppo ubriaco. «Ma il mio portatile non fa strani rumori. Ho solo bisogno che sia efficiente per lavorare anche da qui.»
«D’accordo, d’accordo, non scaldarti. E che lavoro fai?»
«Mi occupo di traduzione di testi antichi. Lingue morte. No-io-so
Dean sbuffa una risata. Non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, ma Cas è adorabile, con la testa inclinata di lato e l’espressione rilassata di chi, da sobrio, sembra preoccuparsi sempre troppo.
«Gabriel, credo che tuo fratello sia ubriaco,» dichiara Dean, spostando finalmente lo sguardo dall’altra parte del tavolo, certo che Sam abbia smesso di compatirlo per tutta la questione della canzone.
Gabriel smette di bisbigliare verso Sam – che è rosso d’imbarazzo per qualsiasi provocazione a cui il pasticcere lo sta sottoponendo – e scuote bonariamente la testa.
«Cassie è famoso per divertirsi sempre un po’ troppo, non è vero? Ah, se solo potessi raccontarvi gli anni del college!»
«Gabriel,» avverte Cas, quasi ringhiando, tanto da far alzare le mani in segno di resa al fratello.
«Non dico niente, non dico niente, ma è meglio se andiamo o potresti iniziare a farlo tu.»
Mentre li guarda alzarsi e salutare tutti, Dean realizza di sentire una strana nostalgia stringergli lo stomaco. 
Ed è quasi sicuro non si tratti dell’hamburger di qualche ora prima.
Quasi.

 
***

Sono passati i tempi dei suoi vent’anni, quando il fine settimana era una nebbia confusa di birra e corpi. Ora, per Dean, il sabato è dedicato alla spesa e al bucato, e la domenica a sistemare casa e rilassarsi davanti alla televisione. Ogni tanto butta ci butta dentro qualcosa di emozionante – una partita di Ben, una serata dedicata ai giochi da tavolo con Charlie, Kevin e Sam –, ma da quando è tornato single riprendere questa routine gli è servito. Ha capito, per dirne una, che non gli mancano i pranzi domenicali dai genitori di Lisa o i sabati sera con altri genitori a fare cene in cui si parla solo di scuola, compiti e simili. Non odiava fare quelle cose, le considerava parte del pacchetto. La parte peggiore del pacchetto, certo, ma una famiglia doveva essere anche quello, no? 
Quel fine settimana c’è una differenza, però. 
Castiel.
Il pensiero non lo lascia mentre percorre il reparto surgelati, mentre carica la lavatrice, mentre pulisce i pavimenti o fa partire l’ennesima maratona di Dr. Sexy. 
Fa una lista delle cose che sa: Castiel non è bravo con i motori e con i computer, si è trasferito da poco e dev’essere un cervellone perché traduce testi antichi.
Fine.
Non ha idea del perché gli sembri troppo poco, ma arriva alla conclusione che sta solo cercando di aiutarlo. Gabriel gli ha detto che Castiel ha bisogno di amici, no? E se c’è una cosa in cui Dean è bravo è farsi degli amici.

 
***

Lunedì si sveglia prima del solito e passa allo Spicy Donut Hole. Non sa bene perché – o, forse, lo sa e non vuole ammetterlo –, ma Gabriel ha ragione: è tanto che non passa da quelle parti e non si gode una colazione come si deve.
Il proprietario non è al bancone, così Dean si fa fare il solito caffè molto amaro da Aflie e sceglie una ciambella glassata classica, perché ama i piaceri semplici della vita. Mentre sta ritirando la sua ordinazione, Gabriel spunta fuori e rischia di fargli prendere un colpo.
«Dean-o!» urla, entusiasta. «Mi sembrava di aver sentito la tua voce! Jody ha ordinato tre torte, tre, per il compleanno di Donna. Se chiedi a me, credo che si sia fatta prendere un po’ la mano.»
«Spero che ci sia una torta di mele nel mezzo.»
«Spiacente, non è proprio roba da compleanno quella. Niente Sam, oggi? Che delusione.»
«Devi smetterla di irritarlo, sai? Non fosse un pacifista ti avrebbe già tirato un pugno.»
«Certo, certo.»
Dean resta lì come un’idiota, con le mani occupate dalla colazione e niente da dire per portare la conversazione su Castiel. L’espressione di Gabriel inizia a farsi divertita e Dean decide di battere in ritirata. Lo considererebbe un fallimento, non ci avesse guadagnato una ciambella.
Così il resto della mattinata vola via, fra le riparazioni e un po’ di manutenzione sull’Impala. Cerca di tenere la mente occupata, di non pensare troppo, di continuare come ha sempre fatto: mettendo i pensieri in un angolo della mente e dimenticandosi di averli mai prodotti. È un angolo polveroso e affollato, lo sa, ma gli sembra che il momento per mettere ordine sia ormai passato. A un certo punto bisogna realizzare che non ci sarà un “dopo” e che la vita che abbiamo è il momento che stiamo vivendo.
Cazzo, sta anche diventando un filosofo…
«Tutto bene, fratello?»
Benny si sta asciugando la fronte sotto il berretto che si ostina a portare nonostante il caldo. È uno dei migliori amici che ha, Dean lo sa bene, ma non crede di poter parlare di questioni da commedia romantica, con lui. Di come, di tanto in tanto, Dean si senta confuso e… solo. Benny non è parte del gruppo del venerdì sera, però, e questo significa che parlargli sarebbe meno spaventoso che parlare a quella famiglia estesa che finirebbe per stargli col fiato sul collo tutto il tempo. Ne farebbero un dramma e Dean non vuole drammi, grazie e prego.
«Nah, tutto bene,» risponde invece.
«Si tratta di Sam?» chiede Benny, stringendo gli occhi in un’espressione sospettosa
«No, cazzo Benny, non si tratta di Sam.»
«Scusa, scusa. Sembri parecchio pensieroso, tutto qui. Di solito stai così per tuo fratello.»
«Prima o poi dovrete risolverla, quella questione.»
Benny si stringe nelle spalle e infila lo straccio nella tasca della tuta.
Si rimettono a lavorare in silenzio, ma la mente di Dean non accenna a spegnersi. Mentre è sotto un’utilitaria, cerca di identificare il momento esatto in cui qualcosa ha fatto caos dell’ordine maniacale del suo cervello e la risposta gli arriva come un pugno nello stomaco.
Castiel.
È così spaventosa e inspiegabile, quell’idea – così stupida – che Dean ricaccia tutto via. Solo che adesso il suo angolino polveroso e sovraffollato somiglia più a un armadio stipato fino all’orlo, tanto che deve spingere le ante a forza per tenerlo chiuso.
«Dean!»
«Dannazione.»
La voce di Bobby tuona per l’officina, e Dean rischia quasi di tirare una testata dalla sorpresa.
«Che c’è?!» chiede, scivolando fuori da sotto l’auto.
Non si aspetta di trovare Castiel in piedi dietro a Bobby, con una scatoletta in cartone dello Spicy stretto in mano e l’espressione perplessa in viso.
«Ti ho chiamato tre volte, ragazzo.»
«Scusate, ero concentrato. Capita anche a me, a volte,» risponde Dean. «Ehi, Cas. Spero tu non sia qui per la Lincoln,» aggiunge, mentre Bobby si allontana e li lascia soli.
«No, la Lincoln funziona perfettamente, grazie Dean.»
Cas resta in attesa, come se avesse qualcosa da dire e non sapesse bene come dirla. Non ci sono indizi di nervosismo nel suo corpo – non sposta il peso da un piede all’altro, non si guarda attorno, non si tocca i vestiti – ma resta lì a guardarlo, la testa un po’ inclinata di lato.
«Posso fare una pausa,» dice Dean. «C’è un tavolino sul retro.»
Sbircia l’orologio e fa segno a Benny, che si limita a un cenno del capo prima di rimettersi a lavorare. Dean cerca di pulirsi le mani con lo straccio mentre esce dall’officina e fa il giro sul retro, con il rumore dei passi di Cas alle spalle.
«Cosa ti porta da queste parti?» chiede finalmente, quando raggiunge la sedia e la volta per incrociare le braccia sullo schienale quando si siede.
Castiel rimane in piedi, la scatoletta ancora in mano e una certa rigidità nella postura.
«Volevo scusarmi per venerdì sera. Lo avrei fatto prima, ma sono stato impegnato e-»
«Gesù, Cas, siediti.»
Castiel alza un sopracciglio, un’espressione decisa che Dean non gli aveva ancora visto addosso e che trova stranamente interessante. Poi si siede e posa la confezione sul tavolino traballante che Dean e Benny usano per la pausa pranzo.
«Cos’è questa, un’offerta di pace?»
«Gabriel dice che la torta di mele è la tua preferita.»
«Gabriel sa essere un uomo saggio, ma non hai bisogno di offerte di pace. Non capisco neanche per cosa dovresti scusarti, a dire il vero.»
Dean sta già alzando il coperchio; la fetta che lo aspetta lì sotto è enorme e profuma in modo divino.
«Quindi posso riprendermela?»
Dean trascina la torta verso di sé e la difende con il braccio, perché Castiel ha parlato con tono serio e serve qualche istante più del necessario a capire che sta scherzando. 
«No-uh, non sono così crudele da impedirti di scusarti, anche se non ce n’è motivo.»
Sorridono e Dean si sente leggero. Raccoglie la forchetta monouso e inizia a darci dentro, gustandosi tutti i sapori che gli esplodono sulla lingua. C’è la giusta quantità di cannella e le mele sono morbide nell’impasto. Vorrebbe dire che è meglio del sesso, ma il sesso gli piace parecchio, quindi…
«Volete che vi lasci soli?» chiede Cas.
Dean sorride senza preoccuparsi di mostrare il contenuto del suo ultimo boccone.
«Affascinante,» riprende Cas. «A proposito di venerdì, era la prima volta dopo molto tempo che mi concedevo una serata libera e temo di non reggere più l’alcol come un tempo.»
«Hai dei vuoti di memoria?» chiede Dean, divertito.
«No, niente del genere. A volte non sono particolarmente bravo a cogliere i segnali delle persone, soprattutto nei gruppi numerosi, e posso risultare invadente. Inoltre, ricordo di essere stato indelicato nei tuoi confronti, a un certo punto.»
«Indelicato?» Improvvisamente Dean si ricorda. «Ah, parli della canzone. Gabriel te ne ha parlato, è così?»
«Potrebbe aver accennato a qualcosa. Ma solo per evitarmi di ripetere lo stesso errore. Non ci conosciamo e non avevo idea che fosse un territorio delicato.»
Dean sente l’imbarazzo riscaldargli la faccia ed è certo di essere rosso fino alla punta delle orecchie. Non gli piace sentirsi così esposto e vulnerabile, ma non vuole che le uniche informazioni che Cas ha su di lui vengano da Gabriel.
«Non è niente, davvero. Non so cosa ti sia stato raccontato, ma quella canzone significa tanto per me. Una volta ho provato a cantarla in pubblico e ho scoperto che…»
La frase sfuma nel silenzio.
«Dean, non mi devi spiegazioni.»
Il fatto è che Dean vuole raccontare a Cas di sé e non sa bene perché. Non lo conosce, non ha idea di chi sia a parte i pochi dati raccolti nelle uniche due volte in cui si sono visti, ma tutto questo non sembra contare. Vuole essergli amico. E forse è il suo complesso da eroe unito alla frase che Gabriel gli ha detto quando è venuto a ritirare la macchina, ma la realtà è quella che è.
«No, davvero, voglio che tu lo sappia così smetti di parlare di scuse e roba del genere, d’accordo? Comunque… me la cantava mia madre e quando l’ho cantata in pubblico la prima volta è stata un po’ una botta, presente? Insomma, non è stato un bello spettacolo e da allora preferisco evitare.»
Quando Dean alza lo sguardo, trova Cas a osservarlo con la testa inclinata di lato e gli occhi stretti.
«Cosa?»
«Sei una brava persona, Dean.»
Quella frase, pronunciata in modo così diretto, scalda Dean in punti segreti. Quelli fragili, messi lì dai colpi della vita, che rischiano di mandarlo in pezzi alla prima pressione inaspettata.
«Cristo, Cas, non dire robe del genere,» lo rimprovera, senza riuscire a nascondere né l’imbarazzo, né la gratitudine.
«È vero.»
«D’accordo, sì, beh, smettila lo stesso.»
Sorridono per quello scambio, ma le loro espressioni divertite sfumano in fretta e loro restano a guardarsi per un po’. Dean non sa cosa stia succedendo, come mai le pulsazioni siano aumentate e se ci sia motivo di preoccuparsi per la propria salute. Troppo caffè, pressione alta, quelle cose.
«Devo…umh… tornare a lavoro.»
«Devo andare anche io. Grazie Dean, per avermi dedicato del tempo.»
«Figurati.» Si alzano e Dean batte una mano sulla spalla di Cas. «Ehi, ci sei per il compleanno di Donna?»
«Il compleanno di Donna?»
«Sì. Facciamo una grigliata da Jody, niente a che vedere con le serate al Roadhouse. Una cosa tranquilla, domani pomeriggio, perché poi partono. Insomma, non è niente di folle, quindi se vuoi venire…»
Cas lo guarda e sembra combattuto, ma non cede a quella che ha tutta l’aria di apparirgli come una tentazione.
«Mi dispiace Dean, non posso. Ma grazie per l’invito.»
«Ok, nessun problema, nessun problema.»
Anche se per tutto il pomeriggio Dean pensa a quanto gli piacerebbe rivederlo presto.
 


 
Buonsalve, buonsalve!
Ecco il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e che vorrete farmi sapere!
Sto partecipando al CampNaNoWriMo per finire il (dannatissimo) romanzo, ma troverò comunque tempo per questi due perché sono quello di cui ho davvero bisogno al momento. 
Voi come state? Tutto bene???
Al prossimo capitolo!!!
   
 
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