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Autore: manpolisc_    13/04/2020    10 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 7

Vedo il coltello volare verso Jackson, ma non posso fare nulla per fermarlo se non disperarmi.
- Sei un idiota. - Scuote la testa, rassegnato, il ragazzo che glielo ha lanciato. Mentre parla, il coltello cambia direzione, tornando nella sua mano. Io ho perso più di un battito nel frattempo, pensando davvero che l'avrebbe ucciso. L'estraneo si appoggia allo sportello della macchina e si leva il cappuccio dalla testa. Ha dei capelli ricci, ma non troppo (sembrano più che altro spettinati), che gli ricadono sulla fronte, non coprendola del tutto però. Non riesco a guardarlo bene, ma i suoi lineamenti sembrano perfetti, decisi, come se fossero di porcellana. I muscoli non gli mancano, dato che s’intravedono anche con la felpa nera addosso. Anche gli skinny, strappati sulle ginocchia, e gli anfibi sono dello stesso colore. Continuo a guardarlo mentre si gira il coltellino tra le mani, preoccupata che possa avere un altro scatto di rabbia e possa davvero ucciderlo questa volta. I due, però, sembrano conoscersi.
- Ancora questi giochetti, Harry? Riconosco la macchina e non mi fai paura. - Sorride Jackson, dandogli ancora le spalle, piegato sulle ginocchia, mentre estrae un accendino dalla tasca dei pantaloni e dà fuoco al cadavere. Una puzza di bruciato si espande nell'aria e arriccio il naso. Questa volta anche Harry sorride. Quest'ultimo annuisce mentre si guarda in giro. Faccio la stessa cosa io: l'uomo dei panini sta ancora dormendo, per fortuna. Almeno non si sarebbe messo in mezzo a fare domande sul perché stessimo dando fuoco a una ragazza in un parcheggio.
- Quella che stai bruciando era mia. - Dice dopo un po', allontanando il fumo da lui con la mano. Non sembra un tipo loquace, però ha una bella voce, molto virile. Non sembra neanche un tipo amichevole, o paziente, ma alla fine non posso dir nulla sul suo conto: non lo conosco.
Finalmente nota anche la mia presenza, anche se io sono ancora molto confusa su quello che è appena successo. Fino a qualche secondo fa sembrava pronto a uccidere Jackson e ora, invece, a momenti ci scherza.
Mi squadra da capo a piedi. Gli sorrido timidamente per rompere quell'imbarazzo che si è creato, ma lui non ricambia, bensì mette a posto il proprio coltellino nella tasca posteriore dei pantaloni.
- Beh, sì, comunque dovevamo farla fuori. - Taglia corto il biondo.
- E come l'hai uccisa? - Insiste il riccio, alzando un sopracciglio in modo scettico.
- Con un'ascia. - L'altro fa un verso di scherno.
- E dove l'hai trovata? -
- Smettila di farmi l'interrogatorio. - Sbotta Jackson, stanco di ricevere sempre domande. - Thompson, non so! Era vicino a un cassonetto e l'ho usata. -
- Arriverà il giorno in cui il coltello te lo ficcherò nel cuore per davvero. - Ribatte lui, irritato, mentre scuote la testa. - Chi è questa? - Chiede poi con un cenno del mento nella mia direzione.
- Una mia amica. - L'inglese si mette in piedi per guardare l'altro ragazzo e mette l'accendino a posto, in tasca. Si scambiano un'occhiata d'intesa, ma Harry rimane con un'espressione neutra, senza lasciar intendere nulla. Io rimango confusa dalla risposta del biondo. Giorni fa non mi considerava neanche, ora siamo "amici". Il riccio sembra non dare peso alle sue parole, e forse neanche Jackson in fondo. Io, forse, sono l'unica che vuole davvero essere sua amica. Dal momento in cui ha messo piede in classe, sembra che mi abbia stravolto la vita, anche se non l'ha fatto esplicitamente. Non riesco a capire perché desidero creare così fortemente un legame con lui. È come se lo conoscessi da una vita, anche se non ho un ricordo vero di lui. Ho la sensazione di aver già incontrato quegli occhi e, se non li ho incontrati io, qualcuno l'ha fatto al posto mio e, in qualche modo, il loro ricordo è impresso nella mia mente. O forse mi sto solo creando un'illusione per spiegare come faccia ad attrarmi un ragazzo così quando la spiegazione più semplice del mondo è davanti ai miei occhi: è bello, sul serio.
- È come te? - La domanda di Harry interrompe i miei pensieri e mi costringe a portare lo sguardo su di lui.
- Come "come te"? - Domando confusa. Ritorno visibile per il riccio che incurva le labbra in un sorriso beffardo, incrociando le braccia al petto. Vedo i suoi bicipiti contrarsi. Si lecca le labbra, poi scoppia in una grossa risata. Jackson lo guarda divertito, aspettando che finisca di ridere, mentre il fuoco del cadavere si sta man mano estinguendo. Arrossisco alla sua reazione. Non ho fatto nessuna domanda strana, e non voglio farmi considerare stramba anche da lui. Mi mette in soggezione, però in modo diverso da Jackson. Saranno i muscoli o il suo atteggiamento sfacciato, o misterioso, non ne ho idea. L'unica cosa che so è che non voglio che lui sia un segreto. Sento di dover capire chi sia e perché è qui, anche se non ho la più pallida idea del motivo che mi sprona a ciò. È impossibile che non l'abbia mai visto. Quando Jackson nota che per me i miei piedi sono diventati davvero interessanti da guardare, prende la parola.
- Sì. - Si affretta a rispondere, forse volendo evitare altre domande scomode per lui. Deve ancora dare una risposta alla mia, non credo che abbia voglia di rispondere anche a quelle del suo "amico". - Cosa ci fai qui? - Chiede poi dopo, scoccando un'altra occhiata al ragazzo, ancora appoggiato contro la macchina.
- Il mio lavoro? - Chiede in modo ovvio. - E grazie per avermi avvertito che saresti venuto qua. L'ho saputo da tua madre, Mitchell. Comunque, non dovresti... - Mi guarda appena si ricorda di me, per poi correggersi. - ... dovreste stare qui. - Riporta nuovamente lo sguardo su Jackson.
- So difendermi da solo, grazie mamma. -
- Come a Roma? - Chiede inarcando un sopracciglio. Jackson sospira spazientito. È divertente vederli stuzzicarsi. Inoltre, è anche bello vedere Jackson levarsi quella maschera da duro che ho sognato tutte le notti dall'incidente negli spogliatoi. Non riesco a levarmi dalla testa i suoi gesti e il modo in cui è riuscito a muovere l'acqua. Cose che ho visto solamente nei film.
Quest'ultimo sta per ribattere quando nel cielo si sente un urlo acuto e agghiacciante di una donna. Jackson mi guarda come ad assicurarsi che io sia ancora qui, leggermente preoccupato, per poi prestare attenzione ai suoni intorno, ma non si sente nulla: silenzio assoluto. Cosa strana dal momento che qualche rumore si sente sempre: una macchina, la musica di qualche bar non lontano da qui, qualsiasi cosa. C'è un vento leggero che ci smuove dolcemente i capelli. Lancio immediatamente uno sguardo al chiosco dei panini, che ora è chiuso, sebbene fino a qualche minuto fa fosse aperto. Perfino Harry, che sembra non farsi spaventare da nessuno, è turbato. Continua a guardarsi in giro, per poi posare definitivamente lo sguardo su Jackson, abbastanza allarmato. Sembra che lo stia avvisando con gli occhi, ma non ha abbastanza tempo per continuare il contatto visivo. - Giù! - In un lampo, Harry mi afferra e mi trascina a terra con lui. Jackson, invece, si nasconde dietro la Range Rover giusto in tempo: qualcosa di enorme si abbatte nel punto dove eravamo pochi secondi prima, spazzando via le ceneri di quella ragazza. Forse un'aquila, ma è fin troppo grande e veloce per poterlo essere. I miei occhi non riescono neanche a catturarla. Harry, invece, credo abbia visto perfettamente cosa sia. Infatti non perde tempo a cacciare il coltellino di prima. - Porca puttana. - Impreca quest'ultimo, tirandosi su. - Vi ho detto che non dovevate stare qui! Ora tocca a me fermarla! -
- Fermarla? - Chiedo terrorizzata. Mi metto in piedi, ma nessuno dei due mi risponde. Harry continua a scrutare il cielo, Jackson invece sembra cercare un modo sicuro per scappare. Si alza anche lui, raggiungendoci. Mi pulisco le mani dai ciottoli che si sono attaccati. - Jackson! - Richiamo la sua attenzione, decisa e impaziente di una risposta. Harry mi tappa subito la bocca, premendoci una mano sopra.
- Non urlare, capito? - Mi rimprovera con tono severo mentre annuisco subito e ripetutamente, leggermente spaventata dalla reazione del ragazzo. Non so quali amicizie abbia Jackson, ma di certo non mi piacciono. Lui allontana la mano dalla mia bocca non appena è certo che non urlerò di nuovo.
- Come se toccasse solo a te fermarla. Sono cresciuto uccidendo mostri, ti ricordo. - Dice Jackson con tono rabbioso.
- E io sono uno di loro, ti ricordo. - Jackson non ha il tempo di ribattere che quella creatura di prima si poggia sul cofano della macchina di Harry, producendo un sordo rumore metallico. È enorme, alta quasi tre metri. Ha dei lunghi capelli rossi tenuti insieme da una treccia che le arriva fino al bacino. Del rossetto rosso dà vita a delle piccole labbra che contrastano la sua carnagione grigio scuro, simile al colore delle nubi in tempesta. Indossa una canotta bianca e dei pantaloncini. Dal ginocchio in giù, invece, ha delle enormi zampe da uccello con artigli lunghi quanto il mio braccio. Anche le unghie delle mani sono abbastanza lunghe, quasi da tagliarti in due. Ci squadra con un ghigno malefico per poi aprire le ali. Sono grandi e nere, ma non sono ricoperte di piume, bensì sembrano delle ali da pterodattilo. Harry mi passa un altro coltellino.
- Non perderlo, Sharon. - Mi avverte guardandomi negli occhi in modo serio e allarmato, poi si rivolge alla donna sulla sua macchina. - Se c'è un solo graffio sulla mia auto questo te lo ficco dove piace a me! - Sbraita, gesticolando con il suo coltellino dopo averlo estratto dalla tasca. Lei spicca il volo, ridendo. Guardo Harry che subito corre via chissà dove. Rimango ancora più confusa di quanto non lo sia già. Come fa a sapere il mio nome? Non ricordo di averglielo detto, tantomeno Jackson non l'ha pronunciato. Quest'ultimo si avvicina a me, continuando a guardarsi in giro per assicurarsi che quella cosa non torni.
- Ora devi ascoltarmi. Quello che vedi... -
- Non ti azzardare a dirmi che non è reale che ti buco lo stomaco! - Dico furiosa, agitando il coltello in aria. Lo prende delicatamente, poggiandomelo in tasca, poi mi guarda di nuovo negli occhi.
- ... è molto reale. - Ha un tono calmo, come se stesse calmando una bambina dopo un incubo. - Ora voglio che al mio segnale, tu corra più veloce che puoi, e raggiunga la casa più vicina. - In quel momento non riesco a pensare a un posto in cui mi possa nascondere. Le uniche cose che mi vengono in mente sono i modi in cui quella creatura ci avrebbe ucciso e a quanto sia impossibile questa situazione. Non esistono cose del genere, non possono esistere. Sento l'ansia salire ancora di più e il cuore martellarmi nel petto. Mi sta venendo anche mal di pancia a causa della paura. Quando Jackson si accorge che nel mio cervello non c'è una casa a cui stia pensando, ma solo caos, mi strattona il braccio per farmi concentrare su di lui. Un altro urlo rimbomba nel cielo.
- Sono due. - Dichiara Harry fermandosi dal correre, col fiatone. Solo ora mi accorgo che non corre come un essere umano. Sembra abbia dei cavalli al posto delle gambe. Sgrano di poco gli occhi, incredula, mentre comincio a respirare a fatica. Sono sicura di star per avere un attacco di panico. Un'altra creatura, identica alla prima se non fosse per i capelli più corti e verde scuro, vola verso Harry. Quando è a pochi metri da lui, quest'ultimo si gira di scatto, dandole un pugno in faccia e scaraventandola dall'altro lato del parcheggio. Lei va a schiantarsi contro un palo della luce, piegandolo e facendolo spegnere. Poi cade sul cemento, immobile.
- Corri! - Urla Jackson. - Vai! - Inizio a correre più veloce che posso. Il mio respiro sta iniziando già a diventare più pesante di quanto non lo fosse già. Sento i battiti del mio cuore nella testa. Sento il mio cuore in testa. Un altro urlo, però, mi distrae.
- Non voltarti, non voltarti. - Continuo a ripetermi, ma sono costretta a farlo quando vedo il biondo volare contro una macchina, ammaccandola di poco sul lato. Mi fermo subito con la brutta sensazione che sia morto dato che non si muove. L'unico movimento che fa, qualche secondo dopo, è girare la testa nella mia direzione e con non so quale forza riesce a urlarmi contro, dicendomi di correre per l'ennesima volta. Ma è troppo tardi. Mi sento afferrare e istintivamente chiudo gli occhi, pensando che sia Harry per qualche assurdo motivo. Però la presa mi fa male, come se qualcuno mi avesse pugnalato alle spalle. Quando riapro gli occhi, il terreno sotto i miei piedi si sta man mano allontanando. Alzo gli occhi in alto e la donna che prima si era poggiata sulla macchina di Harry ora mi sorride maleficamente al di sopra di me. Mi ha preso. Lancio un urlo, ma lei non mi porta via, bensì continua a volare sopra il parcheggio come se stesse mostrando un trofeo. Sento Jackson chiamarmi terrorizzato, però non può aiutarmi. Mi stringo nella felpa con la paura che possa cadere. La spalla mi fa male. Me la tocco, sfiorando anche il suo artiglio e, quando allontano la mano, noto qualcosa di rosso sulle dita: sangue. Ho una delle sue unghie nella spalla. L'unica cosa che posso fare in questa situazione è calmarmi e non pensare all'altezza a cui mi trovo. Vedo Jackson urlare contro Harry, ma non riesco a sentire le loro parole: siamo troppo in alto. A un certo punto l'altra ragazza, dopo essersi ripresa dallo schianto contro il palo, afferra Harry dalla felpa e cerca di trascinarlo anche lui via in volo. Jackson, però, con una mira da far paura, le lancia un coltello, sicuramente datogli dall'amico, dritto nel petto. La donna strilla dal dolore ed esplode in una polvere grigia mentre Harry ricade a terra, in ginocchio, insieme al coltello. Si rimettere in piedi, pulendosi i pantaloni, e poi recupera l'oggetto. La ragazza che mi regge si ferma dal volare e rimane sospesa a guardare la scena. Dopo lancia un urlo così forte da stonarmi i timpani, furiosa per il fatto che Jackson abbia ucciso la sua amica. Sudo freddo, pensando che possa mollarmi da un momento all'altro. È un ottimo modo per vendicarsi, no?
Quando mi strattona, qualcosa di gelido mi tocca la pancia: il coltello. Lo caccio lentamente, senza farle notare nulla. Lei continua a guardare di sotto, concentrata su altro. A un certo punto non sento più niente tranne il suo battito del cuore che accelera sempre di più dalla rabbia. Non so neanche come faccia a sentirlo. Sta preparando un attacco. Devo agire in fretta, prima che mi lasci cadere per uccidere Harry e Jackson. In una sola mossa, le infilzo il coltello in una gamba. Urla dal dolore e molla la presa sulla spalla. Sento l'unghia uscire dalla mia pelle, provocandomi un dolore allucinante. Per un attimo sembra che stia per perdere i sensi, ma non me lo posso permettere, non ancora. Infatti, subito dopo, sto precipitando verso il basso. Quella creatura vola via, ancora con il coltello nella coscia. Sento Jackson urlare il mio nome, terrorizzato. Chiudo gli occhi, aspettando la mia ora. Non è il modo migliore in cui sarei voluta morire, anzi: è una maniera che non mi sarei mai immaginata. La prima persona a cui penso è mia madre. Cosa le avrebbero potuto dire? Sarebbe un trauma per lei. Non possono neanche trovare una spiegazione credibile. E Delice? E Jackson? Non lo conosco, ma se ha un briciolo di umanità, mi terrà sulla coscienza, almeno spero.
La caduta sembra non finire più, e l'attesa è insopportabile. Finalmente arrivo giù, sbattendo su quello che deve essere il cemento. Stranamente non sento le mie ossa rompersi e neanche il dolore di quell'impatto, ma comunque la mia spalla viene attraversata da un fitta atroce. Non avrei mai immaginato che la morte fosse così indolore: pensavo peggio in effetti. Apro gli occhi lentamente, desiderosa di vedere che aspetto abbia l'aldilà. Però non vedo nubi bianche ed una calda luce che mi aspetta, bensì l'oscurità, ancora quel parcheggio e percepisco quella puzza di bruciato. Se l'aldilà ha quest’aspetto, preferisco il mondo in cui vivevo.
Solo quando mi appoggio sui gomiti per tirarmi su, noto che la spalla fa ancora più male di prima. Anche se vorrei strapparmela, non riuscendo più a sopportarla. Sono contenta di questo dolore: mi fa capire che sono ancora viva.
- Non muoverti! - Mi avverte Harry prima che possa fare un altro movimento. Solo quando urla realizzo di non trovarmi sul cemento, ma a metà strada per arrivarci. Non so cosa mi stia trattenendo, sembra legno, ma è del tutto impossibile. La creatura, nel frattempo, è sparita. Mi sporgo giù e qualsiasi parola stia cercando di dire mi si strozza in bocca: radici da ogni angolo del parcheggio si uniscono fin sotto di me per intrecciarsi a qualche metro da terra con lo scopo di formare quel pavimento che mi sta sostenendo. Cerco Jackson con lo sguardo e poi, finalmente, lo vedo. Avanza verso di me con le mani unite e rigide, con i palmi rivolti verso il cielo, come fa un bambino quando cerca di raccogliere la pioggia. Solo quando mi guarda capisco cosa sta succedendo: lui mi sta trattenendo. Continuo a osservarlo, quasi spaventata. L'ho visto mentre assorbiva e separava l'acqua, perché adesso non riesco a capacitarmi del fatto che abbia unito delle radici per trattenermi e che abbia impedito la mia morte? Cose da tutti i giorni, insomma. Ma forse non sono spaventata sul serio delle cose che fa, quanto dal fatto che sia proprio lui a farle. Quando lo vidi per la prima volta, pensai che i problemi che aveva affrontato fossero familiari o di salute. Tutto, ma non questo.
Continuo a squadrarlo e la stessa domanda mi sorge spontanea in testa: chi diamine è lui? Che cosa è? A un certo punto le sue mani iniziano a tremare. Quando sembra essere abbastanza vicino, le abbassa, non facendocela più a tenere insieme quelle radici. Queste si slegano lentamente fino a far sparire il pavimento a cui avevano dato forma e si ritirano fuori dal parcheggio. Urlo per il vuoto improvviso mentre riprendo la mia caduta verso il basso. Jackson corre verso di me e, prima che possa toccare terra, mi afferra. Cadiamo entrambi. Ansima per lo sforzo mentre goccioline di sudore gli bagnano la fronte e le sue guance assumono una colorazione rosea.
- Presa. - Sussurra tra i respiri affannati e sorride, felice che sia ancora viva. Gli sorrido stancamente. Il dolore alla spalla ritorna più acuto di prima. Me ne ero completamente dimenticata a causa della caduta. - Stai bene? - Corruga la fronte, crucciato dalla mia espressione di dolore e dal pallore del viso. Io mi sento svenire, ma non voglio dargli ulteriori preoccupazioni. Anche la testa inizia a farmi male, maggiormente rispetto alle altre volte.
- Sì... - Mormoro con un filo di voce. Involontariamente mi tocca la spalla proprio dove la ferita è aperta. Mi faccio scappare un gemito quando vengo invasa nuovamente da quel dolore atroce. In quel punto, la felpa si è colorata di un rosso scuro. Harry arriccia il naso, come percependo l'odore del sangue. Si porta il dorso della mano sul proprio naso impedendo a quell'odore di penetrargli nelle narici. Jackson mi sposta delicatamente la felpa per controllare cosa mi sia fatta e, quando nota un buco nella mia spalla, sgrana gli occhi, forse turbato, oppure disgustato, o entrambi.
- È una fortuna che tu sia ancora viva. - Mormora. Anche Harry, osservando la ferita, mostra una faccia disgustata.
- Sto per rimettere, e questo non succede mai. - Dice mentre si volta, trattenendosi dal vomitare. Sarei tentata di girare il volto per capire se quella ferita sia davvero tanto brutta, ma dalle parole di Harry è meglio non peggiorare la situazione a causa di una troppa e inutile curiosità. Jackson mi ricopre la ferita, aiutandomi piano a mettermi la felpa, e mi prende in braccio a mo' di sposa.
- Ce la faccio a camminare. - Affermo sicura, facendomi mettere giù ma, appena poggio i piedi a terra, sento le forze venir meno. Ringrazio che Jackson non si sia fidato a lasciarmi andare, altrimenti sarei già con la faccia sul cemento.
- Stai zitta. -
- Mi dispiace. Non puoi darmi un "niente" o un "suicidio di quello che vuoi" come risposta questa volta. - Accenno una debole risata per poi svenire tra le sue braccia.
   
 
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