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Autore: beep beep richie    14/04/2020    2 recensioni
IT [ REDDIE!AU ]
Di cosa profuma Richie Tozier? Un quesito simile, prima di quel momento, Eddie non se l’era mai posto. Se ne stava in piedi davanti allo specchio del bagno a fissare il proprio riflesso ed aveva appena finito di constatare che la camicia con le palme di Richie fosse molto, anzi tremendamente larga, cazzo. Di cosa profuma Richie Tozier? Di stupido, innanzitutto. Aprì gli occhi e si rese conto di star sorridendo, piuttosto soddisfatto, ma farlo in assenza del suo amico gli sembrò un attimo dopo un po’ sciocco. Che gusto c’era ad insultare Richie se quello non poteva sentirlo? Se lo figurò proprio: s’immaginò quello che, ridendosela, quella sua risatina del cazzo, gli diceva che insultarlo in sua assenza fosse poco producente e poi faceva un’imitazione di qualcosa che Eddie non conosceva. «Sta’ zitto, Richie!» Un. Attimo. Cavolo. «Oh, perfetto, adesso per colpa tua mi metto anche a parlare da solo!» Era peggio di un’infezione, Rich gli avrebbe fatto venire una malattia mentale e non andava bene, oh, non andava proprio bene. Se gli avesse fatto venire una malattia, sua madre ne sarebbe uscita pazza.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chi è gay finisce all'inferno?

 
Le serate della settimana bianca in albergo Eddie se le sognava di notte durante quell’attesa che sembrava eterna – e forse sarebbe stata eterna davvero per colpa di sua madre. Le avrebbe trascorse in camera coi suoi amici a giocare a quei giochi che facevano gli altri ragazzi e che spesso Beverly e Richie proponevano: il gioco della bottiglia, obbligo o verità, cose così. (Poi però non ci giocavano mai perché Bill trovava giochi più divertenti.) Una volta si era parlato anche di un certo... “dieci minuti in paradiso”? Nove? Otto? Sette? Beh, erano comunque tanti secondo lui e gliene bastava anche soltanto uno di minuto in paradiso con Richie, in particolare dopo che Sonia gli aveva ricordato che quelli come lui, gay, non ci finiscono in paradiso.
I Perdenti stavano sempre insieme e una normale serata trascorsa alla clubhouse magari non sarebbe stata diversa da quella in gita, eppure c’era questa magia, questa aspettativa... Per forza, lo dicevano tutti che durante la settimana bianca succedeva qualcosa e se succedeva a qualsiasi ragazzo allora doveva succedere anche a dei Perdenti come loro. Fuori Derry, magari, poteva essere diverso. E allora ci sperava, ci sperava così tanto... Anche se Richie poi aveva fatto sesso con Stacey, anche se a lui piacevano le ragazze, anche se a conti fatti non c’era speranza. Però lui nella gita, solo nella gita, come fosse qualcosa di divino e ben lontano dalla realtà, ci sperava...
 
 
Ce l’aveva fatta alla fine.
Le camere dell’albergo erano per tre studenti e c’era la possibilità di tenere insieme classi differenti, ma non ragazzi e ragazze. Beverly e Stacey si erano scelte come compagne di stanza ed a loro si era aggregata una ragazzina un po’ emarginata di un’altra classe. Stessa cosa era accaduta con Stan e Richie, mentre Ben, Bill e Eddie condividevano un’altra stanza. Il coprifuoco era a mezzanotte, quando alcuni docenti avrebbero girato per i corridoi intimando a tutti di essere già nei propri letti, ma dalla fine della cena alla mezzanotte c’era ancora molto tempo. I cinque ragazzi, Beverly e Stacey potevano avere tutto il tempo del mondo per giocare a quei giochi che andavano tanto di moda. Poteva esserci la magia tanto attesa da Eddie.
O un disastro.
Lui sperava nella magia.
La magia cominciava con Richie che si spaparanzava sul letto di Eddie, fatto ma mai in modo preciso quanto quello di Stan, di là.
 
«Allora è qui che riposeranno le belle chiappette di Eds per il resto della vacanza!» disse un Richie molto divertito sedutogli davanti sul materasso. Si lasciò cadere indietro con la schiena su di lui ed alzò il viso verso il suo, sorridente e malandrino. «Massaggiami, amore!»
 
Eddie mise sì le mani sulle spalle del Tozier, ma per toglierselo di dosso e spintonarlo su di un lato, quel coglione non poteva certo stargli davanti nascondendolo agli altri Perdenti. Questi comunque vedevano benissimo entrambi, se li guardavano proprio per benino come fossero due creature molto interessanti per via della loro estrema stupidità.
 
«Non ci penso neanche! Levati dai coglioni!» Letteralmente. «E non chiamarmi Eds! Detesto quando lo fai!» Si ricordò di dover aggiungere: «E neanche amore
 
Quel disappunto non era per niente credibile, Richie lo vedeva quanto era divertito sotto sotto. Si spostò lo stesso e gli si sedette accanto.
Ben era sul proprio letto assieme a Stan e Stacey, Beverly era comodamente sdraiata sul letto di Bill e dal modo in cui era poggiata a lui non sembrava fossero solo amici. Non che infatti fossero solo questo, ormai era abbastanza ovvio.
 
«D-dovremmo finire di bere prima di-di u-usare la b-b-bottiglia!» convenne Bill dopo che fu deciso a cosa giocare. «Q-qualcuno ha s-sete?»
 
Era solo acqua, non gli era permesso portare alcolici in camera né uscire dall’albergo per comprarne. Anche se, secondo Richie, in cucina qualche birretta c’era per forza e potevano pure prenderne in prestito un paio.
 
«Sì, grazie! Da’ qua!» fece Ben, ma non riuscì a finirla tutta.
 
Anche Eddie aveva sete, dopo averci pensato su per qualche attimo di troppo pulì il collo della bottiglia e ne bevve l’ultimo sorso. Mentre gli altri decidevano a chi spettasse il primo turno e ripetevano le regole del gioco, Richie rubò a Eddie la bottiglia vuota e si attaccò ad essa. Nessuno al di fuori di Eddie badò a lui (a parte Stan, abbastanza schifato) mentre muoveva le labbra attorno al collo della bottiglia come a succhiare un... beh, un pene (era palese!), lo sguardo malizioso spostato lateralmente su di lui. Il castano sapeva perfettamente che lo stava facendo di proposito, infatti rise prima di togliergli di mano la bottiglia. Lo fece più che altro per non eccitarsi.
 
Avevano deciso che Stacey, in quanto “quella nuova”, potesse girare la bottiglia, poi l’avrebbe fatto chiunque quella avesse puntato. Si era deciso che la posta in gioco fosse a scelta tra: bacio, carezza, schiaffo, pizzicotto e lettera.
 
«Ci andrò piano per il primo turno: carezza!» esclamò Stacey. Il collo della bottiglia indicò Ben, che arrossì violentemente. Bill sorrise complice, le due ragazze risero piano e Richie...  beh, Richie fece una battuta.
 
«Hai capito Covone! Già al primo turno si becca le avances di una pupa!»
 
«Smettila, così lo metti in imbarazzo!» disse Beverly ridendo.

Effettivamente Ben si sentiva in imbarazzo, ma non gli dispiacque troppo quando Stacey allungò una mano verso un suo zigomo per accarezzarglielo delicatamente. Se possibile, a quel punto arrossì anche di più.
 
«OOH OOOOHHHH!» Eddie  diede una gomitata a Richie, ma quello non si stette zitto. «Forza, è il tuo turno! Che scegli?»
 
Ben ci pensò ed alla fine, incerto, propose: «Pizzicotto?»
 
«Okay, ma se esce Spaghetti ti obbligo a cedermi il turno!» scherzò ancora quello.
 
«C-cerca di rispettare le r-regole!»
 
«Già!» fece Eddie, indispettito, con l’appoggio dei Perdenti.
 
Ancora prima che Ben potesse girare la bottiglia, però, Richie andò a pizzicare una guancia dell’amico.
 
«Carino carino carinooo!»
 
«Richie!!!!!»
 
Fra risa, sciocchi battibecchi, momenti imbarazzanti e occhiate maliziose, il gioco andò avanti. Beverly si ritrovò a baciare Bill, Ben e Stacey, Richie non poté far altro che farci sopra una battuta, ma fu molto più divertente quando lui scelse bacio e uscì Stan.
 
«Uuuuhhh, vieni qui, uccellinoooo!» Fischiò pure.
 
Stan non aveva la minima intenzione di farsi baciare dal Tozier, si voltò e si coprì persino le labbra con una mano, ma quello gli salì praticamente addosso e alla fine fu inutile divincolarsi: Richie riuscì a prendersi un veloce bacetto a stampo.
 
Fu meno divertente quando Stacey dovette schiaffeggiare Eddie e quando dovette accarezzarlo, ma il divertimento tornò quando Bill schiaffeggiò talmente forte Richie da farlo stare zitto per un turno intero. Poi Richie per una volta scelse lettera e proprio quella volta uscì Eddie. Ci rimase di merda. Aveva praticamente sempre scelto bacio fino a quel momento, non era possibile che proprio a quel turno avesse dovuto scegliere lettera. Ma questo era.
 
«Forza, alzati, tesoruccio! È tempo di scriverti una bella letterina!»
 
Eddie gli diede la schiena e lì Richie scrisse con le dita.
Aveva avuto modo di capire quanto Eddie fosse idiota a non capire le scritte sulla schiena perché già Beverly ci aveva scritto “ti voglio bene” e lui aveva capito che ci fosse scritto “tridente”, perciò poteva osare. Eddie non capiva mai un cazzo.
Scrisse “ti amo luce dei miei occhi”.
 
Eddie rispose: «Ma quanto cazzo hai scritto?!»
 
«Non rompere e indovina!»
 
Qualcuno fece il tifo per lui, ma Eddie sparò parole a caso. Allora Richie fu costretto a rivelare: «Mi sembra ovvio, no?! “Mi sono fatto tua madre!”» E rise. In fretta terminò il turno dandogli una pacca sulla spalla ed un leggero calcio nel sedere, esclamando: «Lettera spedita!»
 
Il castano si infastidì e lo aggredì fisicamente, tentando di buttarlo prima sopra e poi giù dal letto. Qualcuno rise, Stan alzò gli occhi al soffitto. Alla fine Ben fece tornare tutti coi piedi per terra: «Eddie, tocca a te a girare la bottiglia! Che scegli?»
 
Eddie si calmò e si rimise composto, mentre Richie ancora rideva sotto i baffi. Fece passare lunghi secondi. Aveva già scelto carezza, schiaffo, pizzicotto e lettera più volte. Mancava solo bacio. Non aveva il coraggio di farlo, benché avesse questo forte desiderio di baciare Richie. Ma non c’era solo Richie, no? Avrebbe potuto baciare Bev, gli altri amici o la brutta stupida qual era Stacey. Pensò che teoricamente non era nemmeno la fine del mondo, ma conoscendosi sarebbe morto dalla vergogna. Pensò anche che il regolamento non aveva precisato che i baci si dovessero dare per forza in bocca. Pensò che comunque doveva rischiare, se voleva baciare il ragazzo che gli piaceva. Anche se non sarebbe stato un vero bacio, ma solo un gioco. Pensò...
 
«Bacio!»
 
Qualcuno ne rimase stupito.
Eddie girò la bottiglia e in quel momento il tempo sembrò rallentare. La bottiglia stava girando più volte rispetto a prima e con una lentezza quasi logorante, gli sembrava di sentire rimbombante entro le quattro pareti il battito cardiaco che nei film mettevano nelle scene di suspense. Magari lo sentiva proprio. Il suo. E sentiva lo stomaco fare i capricci. Sentiva un silenzio assordante e come a rallenty la bottiglia si fermò su...
 
«Richie!»
 
 
Che fervida immaginazione, eh, Eds?
 
Alla fine non era riuscito ad addormentarsi, però sognare ad occhi aperti sì. Se avesse continuato avrebbe giurato che gli si sarebbe persino indurito il sesso, ma l’Eddie della sua fantasia non era arrivato nemmeno ancora a toccare le labbra di Richie.
 
Però quello in carne ed ossa avrebbe potuto. Cazzo, può ancora succedere, si disse. E cazzo, c’era Stacey. Ma non stanno ancora insieme. E cazzo, a Richie non piacevano i ragazzi. Però sarebbe solo un gioco, ripensò. Basta. Doveva fare in modo che succedesse. ‘Fanculo mamma. ‘Fanculo Stacey. ‘Fanculo tutto. Eddie sarebbe partito per quella gita con o senza il permesso di Sonia. Uscì infastidito dal letto e andò a cercare una delle innumerevoli firme di sua madre sul suo diario e cominciò su un foglio ad esercitarsi nel copiarla. Quando vide di averci preso la mano e di essere diventato abbastanza bravo, dato che l’ultima firma pareva uguale all’originale, Eddie si firmò da solo l’autorizzazione della gita. Non l’avrebbe consegnata l’indomani per non correre il pericolo che qualcuno chiacchierando con sua madre chiedesse “Quindi alla fine ho visto che mandi Eddie in gita, eh?”, robe del genere. No, l’avrebbe consegnata l’ultimo giorno, giusto per stare sicuro. Tanto mancava ancora un po’.
Soddisfatto, chiuse il foglio dell’autorizzazione tra le pagine del diario e si mise a studiare. Non aveva neppure pranzato, però non sentiva la fame e per miracolo riuscì a concentrarsi, per una buona mezz’oretta andò circa tutto liscio, finì quasi matematica. Quella matematica in cui faceva tanto schifo. E infatti c’era quell’ultimo esercizio che...
 
«Non... non funziona!»
 
L’ultimo esercizio era impossibile e la pazienza del ragazzo stava venendo talmente tanto a mancare che ora si immaginava Richie lì con lui che faceva una battuta del cazzo in risposta al gioco di parole involontariamente fatto. Dato che... stava svolgendo proprio una funzione...
 
«Idiota!» disse ad un Richie che nemmeno era lì, però la battuta l’avrebbe fatta lo stesso, ed eccolo allora in tutta la sua isteria di nuovo a parlare da solo fingendo di avere l’amico con sé. Come due anni prima, ma come sempre in fondo. Sbuffò.
 
«Che palle, Rich!» Sempre lui, eh?
 
Lo chiamò, praticamente.
 
Richie aveva portato Stacey a casa sua e si era trattenuto con lei per un po’ – più che altro lei  lo aveva trattenuto con sé per un po’. Prima di andarsene stava quasi per chiederle se avesse detto qualcosa di sbagliato a Eddie, la curiosità... no, la paura era troppa. Aprì la bocca per farlo, ma tempo due secondi e perse il coraggio, non chiese niente. Lasciata allora la ragazza, si recò a casa propria per pranzare e prendere un oggetto, poi con quello decise di tornare dal suo amico per capire cosa stracazzo fosse successo. Stacey gli aveva raccontato tutto, informandolo però che suo zio non avesse alcun compagno ed avesse messo in mezzo quel discorso per vedere cosa ne pensasse la signora Kaspbrak della questione, dato che Richie le aveva rivelato quanto gli piacesse Eddie, ma come lui aveva potuto notare era finita molto male. Non c’erano dubbi che quella stronza di Sonia avesse quei pensieri al riguardo, lui era più che altro curioso di capire come l’amico si sentisse e cosa fosse accaduto dopo, quando era stato lasciato solo con lei.
 
Bussò alla finestra così forte che Eddie tornò bambino e pensò che il mostro della matematica fosse venuto a prenderlo, quasi cadde dalla sedia per lo spavento. Si alzò in piedi ed andò ad aprirgli.
 
«Che cavolo ci fai qui?!»
 
I toni soavi di Eddie che lo accoglievano erano sempre adorabili, sì, sì, ma ora un po’ di più se facevano credere a Richie che andasse tutto bene. O perlomeno che ci fosse speranza.
 
«Non lo so, sicuramente per intavolare una conversazione con te mentre faccio il Romeo! Signore mio, alla mia dolce Giulietta non importa un accidenti che le mie povere gambine rischino di cedere facendomi cadere giù dalla finestra! Ahimé!»
 
«Taci prima che mia madre ti senta!» lo rimbeccò facendolo entrare e poi richiudendo la finestra. Pensò di chiudere la porta a chiave per sicurezza, ma si ricordò di averlo già fatto prima di mettersi nel letto. «Che hai lì?» chiese indicando una scatola che Richie teneva con sé. Come aveva fatto ad arrampicarsi fin lì in camera sua con quella sotto il braccio?
 
Studiando l’espressione del Kaspbrak, il suo umore pareva leggermente miglliorato, ma le apparenze spesso ingannavano e bisognava essere sicuri che lui stesse bene.
 
«Questa, Spaghetti?» Gliela mostrò meglio e Eddie notò subito dal disegno e dal nome che si trattasse di Twister, ma lo lasciò comunque parlare. «È una scatola che contiene uno strumento magico, qualcosa che ti farà sorridere come un bambino che si perde al luna park!»
 
«I bambini quando si perdono al luna park piangono.»
 
«Non se hanno tanti gettoni in tasca e dei genitori che non gli permettono di salire sulle montagne russe più belle!»
 
La stronzata di Richie strappò un sorriso a Eddie, ma poteva andare anche meglio, il suo sorriso poteva essere più bello di così e l’altro si sarebbe impegnato per vederlo. Gli fece l’occhiolino e si lasciò cadere sul pavimento. Eddie gli si sedette accanto, tanto sapeva fosse pulito, e lo lasciò fare: quello aprì la scatola, ne tirò fuori la tavoletta con la lancetta ed il tappetino coi cerchi colorati, che sistemò. Nel frattempo, ovviamente, sparò altre cazzate.
 
«Il luna park, però, non lo sa che il gioco migliore di tutti i tempi si trova in questa scatola! Crede di essere il più divertente? Per carità, ragazzo mio! Non lo sa, nossignore!, non lo sa che il massimo del divertimento sta qui quando hai la possibilità di farti piazzare in faccia il culo del tuo adorato Eddie Spaghetti!» Prese il foglio col regolamento e finse di leggere con voce meccanica: «Non adatto ai bambini con un’età inferiore ai tre anni: il culo di Eddie Kaspbrak è porno!»
 
Eddie rise, togliendogli il foglio dalle mani ed andando a posarlo sul proprio letto – bastava solo allungare il braccio.
 
«Non c’è scritto niente del genere, coglione!» lo rimbeccò, realizzando col trascorrere dei secondi che godersi la compagnia del ragazzo che gli piaceva fosse meglio che deprimersi perché quello aveva fatto sesso con una ragazza – che per di più non gli piaceva affatto – o perché sua madre non avrebbe mai accettato la sua omosessualità.
 
«Ah no? E cosa credi che significhi quel “3+”?»
 
«Che quelli come te che hanno lo stesso cervello di un bambino di due anni non potrebbero giocare! E infatti con te non ci gioco!»
 
«Che cosa?!» Sconvolto. «Certo che giochiamo! Non puoi rovinarmi i piani, sono venuto qui con l’intenzione di avere il tuo sederino ad un centimetro dalla mia faccia e ce l’avrò!» Non esattamente, ma... avrebbe apprezzato molto.
 
«Se la freccetta vorrà!» rispose Eddie dandogli corda e sentendo qualcosa nel suo stomaco muoversi per l’ennesima allusione fatta dall’altro. L’ennesimo scherzo, certo, certo. Si appropriò della tavoletta, girò la freccetta e disse: «Comincia con la mano destra sul blu allora!»
 
«Se me lo chiedi con quel tono, la mano te la metto dove vuoi!» sghignazzò Richie, posando la mano in questione su uno dei pallini blu. Ricevette un’occhiataccia dal suo amico, ma quello fece continuare ugualmente il gioco, portandosi la tavoletta dietro.
 
Cinque minuti dopo, la situazione era questa: Richie era finito con la mano sinistra sul cerchio verde in un angolo, la mano destra esattamente nel cerchio giallo accanto, il piede sinistro allungato verso uno dei cerchi gialli e quello destro verso uno di quelli rossi, mentre Eddie aveva il piede destro sul primo cerchio rosso, quello accanto al giallo dove Richie aveva la mano, il piede sinistro sul primo giallo disponibile più vicino, la mano destra su un rosso e la sinistra su un altro giallo. Questo significava una sola cosa: alla fine la freccetta l’aveva voluto! Eddie stava praticamente piegato in avanti e col sedere in faccia all’altro e come poteva quello non ammirare la vista? E non farci battute sopra?
 
«Porca puttana! C’era proprio bisogno di giocare a Twister per metterti a novanta davanti a me, tesoro?» Sì, c’era proprio bisogno.
 
Eddie arrossì all’istante e fece per mollare, dicendo imbarazzato: «’Fanculo, il gioco è finito!»
 
«No!» lo fermò Richie. «Aspetta, facciamo l’ultimo giro!»
 
«L’ultimo!» Eddie tolse per un attimo la mano da uno dei cerchi per girare la ruota. «Mano sinistra sul verde!»
 
«Ce l’ho già!» fece Richie. «Vai tu! Mi raccomando, cerca di farmi finire il tuo bel culetto ancora più vicino alla faccia!»
 
Eddie girò la ruota per l’ultima volta e la freccetta indicò...
 
«Di nuovo mano sinistra sul verde!»
 
Passò un secondo e si rese conto di quanto fosse impossibile quella manovra. Lo capì anche Richie e gongolò.
 
«Uuuh, qualcuno qui sta per perdere, Spaghettino!»
 
«Non sto per perdere!» lo contraddisse l’altro, orgoglioso, sicuro che non sarebbe caduto. Anche se, a giudicare dalla difficoltà, onestamente sarebbe potuto benissimo cadere. Allungò il braccio più che poteva verso il cerchio verde più vicino, ma finì solo col tirare fuori la lingua per lo sforzo invano. Non ci arriva, cazzo.
 
«Sei così piccolo, Eds..
 
Ma Eddie non ci badò, non badò a come, nonostante quella dell’amico fosse una presa in giro, una delle solite, fosse uscita dalla sua bocca con un tono che dopotutto risultava... carino. O di uno cotto a puntino. Non ci badò perché stava facendo l’ultimo sforzo e stava realizzando che c’era solo un modo per vincere: sfruttare il corpo di Richie. Perciò smise di stargli davanti a novanta ed abbassò il sedere, così da arrivare con la mano sul verde, fino a sedersi sopra al cavallo dei pantaloni del corvino.
 
«HAH!» esclamò soddisfatto e pure comodo. «Chi è che non è caduto?!»
 
Richie Tozier voleva piangere: sapete per quanto tempo ancora sarebbe voluto restare in quella fottutissima posizione? Più che appagato, dopo aver ringraziato Dio per non avergli fatto venire un’erezione d’amore e dopo aver lasciato a Eddie i suoi secondi di gloria, rispose: «Il più carino di tutta Derry!» E gli stampò un bel bacetto su una guancia.
 
Fu allora che il rosso (non di capelli, ma di faccia) andò nel panico e con una spinta fece cadere Richie sul tappetino del gioco. Cadde anche lui, ma sopra l’amico, il che gli fece ricordare che...
 
«Aspetta...» Il suo volto già riprendeva il normale colorito. «Non ho toccato terra.» Si girò con l’intero corpo e stavolta addosso a Richie si mise proprio a cavalcioni. «Questo vuol dire...» Gli spuntò un grosso sorriso sulle labbra, il migliore di questa giornata di merda. Puntò un dito contro il petto del Tozier e... «... che ho vinto! HAH! HO VINTO!»
 
Così, mentre il più piccolo si vantava di essere il vincitore, con gli occhi chiusi ed un sorriso da stupido in faccia (da sconfitto, credeva l’altro) Richie moriva un po’, beato, perché Eddie gli stava addosso ed era così carino quando era fastidiosamente soddisfatto di una propria vittoria. Oh, e naturalmente anche questa volta ringraziava Dio perché non stava avendo nessuna erezione – d’amore, si ostinava a definirla nella sua testa. Eddie gli stava proprio lì...!
 
«Ho vintoooo, ho vintoooo, ho vintooooo! E tu hai perso!» cantilenò.
 
«Mi hai steso.» ammise Richie, drammatico, segretamente alludendo ad altro.
 
«Oh sì! Letteralmente! Ti ho stesooo!» confermò Eddie, premendo più volte quel dito contro il suo petto. Abbassò il volto verso quello dell’amico ed a quella distanza ravvicinata continuò, fiero di sé: «Steso
 
«Pem!» fece Richie, imitando uno sparo.
 
Quando quello aprì gli occhi, Eddie si rese conto dell’immane cazzata che aveva fatto ad avvicinarsi tanto, le guance presto gli bruciarono e così si tirò su. Non notò che per un attimo fosse arrossito anche Richie, ma tanto lui un secondo dopo pareva già sereno – e se lo tenne, poi, quel sorriso sereno sul volto. Un sorriso troppo sereno per un Richie Tozier che era appena stato battuto ad un gioco.
Una volta in piedi, il castano allungò una mano verso Richie per aiutarlo a rialzarsi. Quello andò a sedersi sul letto, prima di imitarlo Eddie piegò ordinatamente il tappetino e mise il gioco nella scatola.
 
«Oggi mi hai sconfitto, stronzetto di un Kappa, ma la prossima volta ti farò il culo!»
 
«Io non ci giurerei, Rich!»
 
«Ti vedo convinto!» rise Richie, osservando il suo Eddie. Sembrava contento ed era felice che fosse così, però non era del tutto sicuro che fosse sul serio e pienamente contento. Avrebbe voluto conoscere i suoi pensieri, capire cosa non andasse in quella giornata da quando a scuola si era presentato come uno zombie e sapere che diavolo avesse detto sua madre, ma era spaventoso. Era spaventosa l’idea che Eddie potesse piangergli addosso – era spaventosa l’idea di non riuscire a consolarlo, se i suoi stupidi scherzi o giochi non fossero stati abbastanza? Se un suo abbraccio non fosse bastato? Se si fosse messo a piangere insieme a lui perché detestava vederlo triste? Però al tempo stesso voleva esserci, voleva consolarlo proprio lui. Era ancora più spaventoso mettersi a parlare della questione omosessualità quando Richie stesso amava Eddie più di ogni altra persona al mondo. Non era gay, le ragazze gli piacevano, ma Eddie gli piaceva molto di più. Quindi era anche gay. Forse era bisessuale, ma aveva avuto troppa paura a ragionarci sopra. Era troppo spaventoso perché Richie gli chiedesse “Ehy, Eds, come stai?”. «Lo sai che si dice che la convinzione fotte la gente? Se preferisci, ti fotto io!»
 
«Finiscila!» lo rimproverò dandogli una manata e Richie si zittì. Si zittì perché pensò che dopotutto non sapeva se Stacey fosse veramente rimasta in silenzio riguardo la questione in questo momento vorrei baciare Eddie, come le aveva detto quando lei aveva tentato di baciare lui, e magari gli dava fastidio. Magari gli faceva schifo. Però dopo un paio di secondi Eddie rise, ricadendo di schiena sul materasso, e Richie si rilassò, imitandolo. Risero per qualche istante, sdraiati l’uno accanto all’altro.
 
Non amava starsene soltanto... sdraiato. Era noioso. Lui non stava mai fermo, diamine, avrebbe preso Eddie per i polsi e l’avrebbe trascinato al centro della stanza per farlo ballare con lui a ritmo di una delle sue canzoni rock preferite. Però amava stare con Eddie e se lui voleva starsene tranquillo sul letto, allora lo voleva anche Richie. Dio, se necessario, sarebbe diventato un fottuto vegetale pur di stargli accanto. Se necessario, avrebbe scelto di trascorrere la vita intera su una stupida sedia a rotelle, purché l’altro gli stesse accanto. In tutta onestà non amava neanche stare sull’amaca alla clubhouse per più dei dieci minuti che gli spettavano, ma dopo i dieci minuti Eddie arrivava a rompergli le scatole e si sdraiava assieme a lui. Era per questo in fondo che amava quell’amaca. Era per questo che in quel momento amava quel materasso. Ruotò la testa verso l’altro, lo fece anche Eddie e si guardarono dritto negli occhi.
 
«Ti ricordi, prima che arrivasse Stacey?»
 
Sì, Eddie se ne ricordava benissimo: la vita prima di lei era piena di Richie Tozier che gli dava attenzioni ed era bellissima, per essere quella di un ragazzino di Derry gay che soffriva d’asma, doveva stare attento ai bulli ed aveva una madre iperprotettiva che non gli dava alcuna libertà. Se poi si aggiungeva il trauma post-pagliaccio assassino che quasi uccideva lui e i suoi amici... In effetti la sua vita non era per niente invidiabile, ma non ci pensava, i suoi amici la rendevano sopportabile e il ragazzo che gli piaceva più che sopportabile.
Però Richie con quella domanda alludeva a qualcosa di ben preciso – non parlava della loro vita prima di Stacey, ma esattamente del momento in cui lei li aveva interrotti. Eddie lo capì solo quando Richie aggiunse: «Stavamo parlando di fottere tua madre con qualche bugia.»
 
«Non ho voglia di parlare di mia madre adesso.» ammise Eddie.
 
«Se la meriterebbe proprio una bella bugia, cazzo.» continuò Richie ugualmente. Eddie non ripeté che volesse cambiare argomento, forse l’amico aveva ragione. Allora continuò. «La voglio proprio vedere la sua faccia di merda mentre viene fregata, Eds.» E un’idea, in effetti, il Tozier ce l’aveva. La stava per dire prima che il campanello di casa sua, l’altra volta, suonasse, ma di nuovo sembrava che l’universo volesse impedirglielo. Eddie lo anticipò.
 
«Una cosa c’è, in effetti.»
 
Così Richie lasciò perdere.
 
«Cosa?» chiese invece.
 
«Beh...» tentennò.
 
«Beh cosa? Forza, Spaghetti, non tenermi sulle spine!»
 
«Io...» cominciò un po’ incerto, ma più guardava l’altro negli occhi e più prendeva coraggio. «Mi sono firmato da solo l’autorizzazione alla gita.» disse perciò sicuro. Prese lo shock di Richie come un invito a continuare. «Non vuole farmi partire, settimana bianca off limits, per questo non avevo ancora consegnato il foglio! Ci ho pensato io, mi sembra una bugia bella grossa, no?»
 
«Cazzo!» Se lo era! «Ti –» Amo?!?!? «Adoro! Cazzo!»
 
«Sì!» comprese Eddie, improvvisamente strapazzato in un goffo abbraccio. «Okay, lasciami, non respiro! Rich, sul serio!» Sentendolo ridere di nuovo, Richie non lo prese esattamente sul serio, ma allentò comunque la presa per stare sicuro che Eddie respirasse.
 
I loro lunghi abbracci erano strani: più passavano i secondi, più Eddie si sentiva a proprio agio e smetteva di arrossire; più passavano i secondi, più Richie si sentiva in imbarazzo ed iniziava ad arrossire lui. Il castano non lo allontanò, poggiò la testa contro il petto dell’altro e quello pensò che la cosa sarebbe durata ancora per molto.
 
Ancora una volta Eddie si dimostrò tra i due il più coraggioso, quando dal nulla disse: «Mia madre è omofoba.»
 
Richie lo sapeva eppure non si era preparato nessun discorso al riguardo. Non si era preparato neanche psicologicamente per non sentirsi uno schifo e infatti lo ci si sentì. Annuì, accorgendosi di quanto Eddie stesse affondando il volto nel proprio petto. Cazzo, se davvero si mette a piangere? Titubante, portò una mano sul capo di lui. Consolare le persone senza fare l’idiota era così dannatamente difficile! E in questo momento non poteva fare l’idiota! Per sua fortuna fu di nuovo Eddie a parlare.
 
«Lo sapevo. Voglio dire, lo immaginavo, lo sai com’è fatta. Però sentirle dire a voce alta che morirebbe piuttosto che avere un figlio gay è stato schifoso.»
 
Richie non sapeva che fosse schifoso perché Eddie fosse gay, ma poteva immaginare comunque il fastidio. Forse Eddie voleva solo che almeno sua madre non fosse una tipica abitante di Derry: una testa di cazzo. Però lo era anche lei – una testa di cazzo.
 
Richie sapeva invece che allora era lui quello schifoso per Sonia e già spacciandosi per etero a lei faceva schifo, figuriamoci gay. Fantastico.
 
«È solo che io... speravo...»
 
Per l’appunto, pensò il corvino.
 
«È strano quando è proprio tua madre a fare schifo.» continuò sempre Eddie. È strano quando sono proprio io a farle schifo. A fare schifo. «È... è brutto, è...»
 
«Lo sai che le cose che dice tua madre sono solo stronzate, Eds. Come con le medicine. Non devi ascoltarla.»
 
«Lo so, ma lo dice comunque per proteggermi.» rispose, ma poi si chiese: e ti protegge? Proteggerti da cosa, Eddie?
 
«E tu vuoi essere protetto?» domandò invece Richie, pur conoscendo già la risposta.
 
Eddie scosse la testa per dire di no e così facendo strofinò il naso contro il petto dell’altro. Gli fece un po’ il solletico, ma quello non si scompose stavolta.
 
«Dico solo che lo so che non lo fa con cattiveria, mi ama a modo suo.» Anche se poi lo faceva sentire di merda lo stesso.
 
E ti amo anche io. «Okay, Eds.» concesse Richie, osando e provando ad accarezzargli i capelli, ma le sue dita rischiavano di tremare. «Ma devi ricordarti che le sue parole non sono legge. E se sono legge, il mio piccolo Spaghettino riuscirà ad infrangere tutte le regole, dico bene?»
 
«Ma ha messo in mezzo anche la Bibbia! Dio, l’inferno, cose così! Perché chi è gay finisce all’inferno!»
 
«E tu sei gay?» venne spontaneo domandargli, ma si morse la lingua all’istante, pentito, e subito disse qualcosa affinché Eddie non gli rispondesse. Cazzo, non voleva chiedergli se fosse gay, non voleva sentire una risposta che l’avrebbe sconsolato. Anche se poi, in realtà, se Eddie avesse affermato no, Rich, sono etero, sarebbe stato molto meglio. Perché se Eddie era etero, non aveva problemi e smetteva di essere triste – e se Eddie non era triste, delusione d’amore nonostante, non lo era nemmeno Richie. «Ascoltami. Sono solo stronzate, te l’ho detto. La Bibbia è tipo un best-seller.» Questa stronzata fece ridere per breve tempo il castano. «Sai quanti fan ha chi l’ha scritta? Tutti conoscono la Bibbia! Solo che nei best-seller ci deve essere sempre qualcosa di inaccettabile, quell’ingiustizia che ti fa stringere i denti per la rabbia, un po’ come nella vita. Sai, questione di trama, è per l’intreccio... E quindi boom, spariamo merda su chi è gay, un gruppo di persone a caso! Ma poteva andare diversamente, eh? Cazzo, che ne sai, magari ci sta una religione che ha nel libro sacro tipo la stessa storia ma al posto dei gay c’è scritto che all’inferno ci vanno le donne grasse!» Eddie rise di nuovo. «Che è una cazzata, ma in quella versione è tua madre che ci finisce all’inferno, mica tu! E poi...» Sentì Eddie stringerglisi più forte. «Lo sappiamo tutti che all’inferno fa più caldo!» Stava per arrivare la battuta, lo sapeva. «E il più caliente sono io!»
 
«Spari tante stronzate quanto mia madre!» rispose Eddie ridendo, grato, davvero grato e poco più sollevato. Anche Richie si sentì sollevato quando lo sentì, allora sorrise. Lo strinse anche lui.
 
«Io sparo cazzate perché ho un bel cazzo, tua madre spara stronzate peché è una stronza!» disse, facendolo ridere.                                                                                                                       
 
Se da un lato c’era Eddie che era coraggioso e coraggioso ci si sentiva grazie a Richie...
 
«È che...» tentò, tirando su col naso.
 
... dall’altro Richie si cagava in mano.
 
Cazzo, pensò questo. Pensava di aver salvato la situazione con le sue battute, anche se in effetti ce l’aveva questo dubbio di non riuscirci, ma se invece fosse appena ricaduta?! E se – dato che aveva tirato su col naso – all’improvviso il suo amico si stesse mettendo a piangere?! Il tono usato pareva più serio! Porca puttana! Lo sapeva: senza fare l’idiota, in queste situazioni non ci sapeva proprio fare.
 
«Sai una cosa?» fece il corvino prima che Eddie potesse dire qualsiasi cosa. «Dobbiamo farci un pisolino di bellezza!»
 
Eddie rimase in silenzio per alcuni istanti, confuso, e poi chiese: «Eh?»
 
«Ma certo! Quando avrai aperto gli occhi saranno al massimo le quattro o le cinque, che ne so, ma sembrerà un nuovo fottutissimo eppure meraviglioso giorno, ragazzo mio!»
 
«Ma che stai dicendo...»
 
«Come?! Non lo sai che fare un riposino aiuta!? Soprattutto se dormi insieme al bellissimo e fortissimo Richie Tozier! Boom!»
 
Il loro abbraccio era diventato più debole, ma Richie non aveva il coraggio di distruggerlo e guardare il ragazzo in faccia. Quando però Eddie fece per tirarsi indietro e puntargli gli occhi addosso, Richie si girò immediatamente dall’altro lato. Gli guardò la schiena con aria incerta.
 
«Ma io non ho sonno!» Sì, intanto la notte precedente non era riuscito a dormire e nemmeno prima!
 
«Io sì, stronzo! Buonanotte!»
 
«Ma che vuol dire buonanotte?!? Rich!!!!» Si tirò un po’ su e lo scosse per una spalla, ma quello finse teatralmente di russare. Il castano si arrese e si mise nuovamente sdraiato accanto all’amico; stavolta non lo strinse, anche se era girato verso di lui, verso la sua schiena, e a questa era molto, molto vicino.
 
Cinque minuti dopo, Eddie sorrideva e Richie invece sembrava davvero voler dormire alla fine. Non era mai lui il primo tra i due ad addormentarsi quando lo facevano assieme, era sempre più facile farlo quando Eddie era già nel mondo dei sogni, perché così sapeva che stava bene. Questa volta, però, la loro complicità lo portò ad avere la sensazione che Eddie stesse bene e Richie poteva dormire – e togliersi di dosso quei pesi che dopotutto aveva anche lui, ci pensava di meno solo perché erano più importanti i pesi di Eddie. Prima Eds. Sempre. Così in quel momento era lì lì per addormentarsi.
 
Per quanto sereno, però, c’era qualcosa... C’era che Eddie doveva finire di dire quello che stava per dire prima che l’amico lo interrompesse.
 
«Richie?» lo chiamò.
 
Per miracolo quello lo sentì. Più o meno, insomma.
 
«Sì?» Oppure stava sognando e gli stava rispondendo nel sonno, non ne era sicuro. Era difficile ragionare quando si stava per cadere tra le braccia di Morfeo.
 
«Devo dirti una cosa...»
 
«Che devi dirmi, Eddie?» domandò assonnato, lentamente, molto lentamente e senza neanche considerare l’idea di ascoltarlo.
 
Eddie inarcò un sopracciglio, chiedendosi se non si stesse davvero addormentando, e si tirò su per sporgersi oltre le sue spalle e guardarlo in volto. Sorrise quando lo vide con gli occhi chiusi e le labbra schiuse, capace che tra poco gli sporcasse anche le lenzuola con la bava, gli diede mentalmente dell’idiota e pensò wow, sei davvero crollato. Rise silenziosamente, ebbe il coraggio di posargli un bacio sulla guancia e tornò per l’ultima volta a sdraiarsi accanto a lui. Parlare ormai era inutile, constatò, per cui si limitò ad agganciare un braccio attorno al suo corpo, il naso premuto contro la schiena dell’amico, e lì tentò di addormentarsi. Nonostante tutto, ci riuscì presto.
  
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