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Autore: Duncneyforever    15/04/2020    1 recensioni
{Seguito di " Canone inverso - Behind enemy lines "}
Tratto dal testo:
Lui si china verso di me, dolce, fragile quasi, lasciandomi un candido bacio sulla fronte. " Se ti avessi persa, non sarebbero bastate le urla di mia madre, il dolore di mio fratello o il richiamo della patria a dissuadermi dal raggiungerti... "
~
" Questo non devi dirlo mai. " Dopo aver rizzato la schiena, lo rimiro con gli stessi suoi occhi tersi, scossa dal magone. " Perché morirei due volte se scoprissi di aver ucciso te. "
Genere: Drammatico, Guerra, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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La colazione è veramente il pasto più importante della giornata, così importante da averci spinto nella doccia per liberarci da un altrettanto importante strato di untura zuccherosa. 

Chiunque ci avesse visti, l'avrebbe considerata una cosa rivoltante, ma pur di non sprecare nulla, io mi sono divertita ad usare il suo stomaco come piatto e tavolino, mentre lui si raccoglieva sulle dita la crema che ancora mi colava lungo il collo. 

- Facciamo schifo - enfatizzo, strofinandogli i capelli impastati. 

- Avresti preferito deprimerti tutto il giorno? Già dovrò trattenermi quando incrocerò quella faccia di cazzo! - Stressato, batte un pugno contro la parete, ringhiando qualche altro sproloquio dialettale. 

- Sì, forse è stato meglio così. - Convengo, continuando a tenere d'occhio l'anello di fidanzamento poggiato sul lavandino. - Sembra bizantino. - 

- Lo è l'originale... La mia famiglia ne ha commissionato una copia intorno al seicento o settecento, perché non si usurasse. Forma parte del nostro patrimonio, è al sicuro in una cassaforte. - 

Più parla della sua famiglia, della residenza ducale di Dresda e dei suoi possedimenti e più mi sento indegna di lui, socialmente parlando. Contadinella, plebea, zotica... Persino Rüdiger, quando ancora mostrava un accenno di affetto nei miei riguardi, mi considerava figlia di nessuno, nonostante lui, oltre al denaro, non avesse nulla da rivendicare. Reiner può vantare i gradi di colonnello, la posizione all'interno dell'alta società, l'appartenenza ad uno dei pochi rami non decaduti della nobiltà; la sua famiglia ha accresciuto il suo potere sfruttando le nuove politiche economiche importate dall'oltreoceano e il sistema capitalistico in sé, che ha facilitato la loro transizione da proprietari terrieri a industriali. La capacità di vedere oltre, di evolversi a costo di rinunciare agli antichi privilegi, gli ha consentito di sopravvivere e riconfermarsi " Signori " in mezzo a schiere di aristocratici caduti in disgrazia. Il suo odio nei confronti del comunismo non è cieco: la Rivoluzione Russa non solo ha portato ad una dittatura del proletariato, ma ha fatto sì che la classe dominante venisse espropriata dei suoi beni e costretta all'esilio. Particolarmente sanguinosa, fu poi la vicenda dei Romanov, che vide il massacro dell'intera famiglia regnante. Tuttavia, il nuovo ordine sociale non si scagliò solo contro i nobili, ma anche contro i " contadini " ricchi, i cosiddetti kulaki, che furono tra i primi ad essere internati nei gulag. 

Fin qui ci sono. Ha anche senso se messa in questi termini, ma gli ebrei? Il motivo di tanto disprezzo mi è tuttora oscuro. 

Ho sempre la testa tra le nuvole; il più delle volte, lui se ne accorge e si mette ad agitarmi una mano davanti agli occhi... oggi no, oggi ha ben deciso di farmi sobbalzare. 

Brucia, brucia! 

Lui mi prende pure in giro, ma sul mio fondoschiena non tarderanno a comparire le sagome di tutte e cinque le dita che adesso gli coprono la bocca, piegata in un riso beffardo. Ride ride e come ride! Non il soffio d'una boccata d'aria ad interrompere questa sua ilarità e lui si sganascia, fino a quando non gli sibila il respiro. 

- Scemo! mi hai fatto malissimo! - Se proprio avesse voluto marchiarmi, avrebbe potuto fare più piano! L'impatto avrà ucciso almeno un milione delle mie cellule cutanee. 

- Prinzessin, hai proprio una voce dolcissima ma, quando urli in quel modo, sembri un gattino a cui è stata pestata la coda. - Oh, gli posso garantire che tra un minuto non riderà più così tanto... Addolcisco lo sguardo solo in facciata, per poi avventarmi contro di lui, o meglio, contro le sue parti basse, come la più spietata delle creature che popolano Sumatra. Un ululo acuto da parte sua si eleva ben oltre il mio precedente gridolino, facendomi gongolare come un cattivo dei cinecomics. 

- Tra ieri ed oggi i " gioielli di famiglia " sono un tema ricorrente, eh? - Solo a vederci, si direbbe impensabile che io possa prevalere su di lui a livello fisico ( e la prima a dirlo, di solito, sono proprio io ) ma adesso è lui ad essere vulnerabile, strepitante, e posso tranquillamente dire che i ruoli si siano invertiti. 

Peccato che non sia sadica... mi sarei potuta divertire per un altro po'. 

Allento la presa man mano, osservando con interesse i mutamenti sul suo viso, i muscoli che si rilassano, la bocca che si distende. 

- Mi hai ferito. - Mormora, finalmente libero dalla mia morsa. 

- Beh, che ti aspettavi? " Pan per focaccia " si dice da noi. A proposito... Devi fare qualcosa oggi? - Il suo prender tempo mi fa intuire quale sia la risposta e non mi piace. Da quando mi ha raccontato la sua storia, lo avevo guardato come un soldato, un soldato nemico sì, ma pur sempre un uomo con dei principi, che combatteva per uno scopo nobile. Il nazista lo avevo accantonato, come se fosse un lato repellente, dal quale mi estraniavo e dal quale volevo che lui si estraniasse. 

- Avevo promesso che non ti avrei lasciata più sola, ma nel luogo in cui dovrò andare io, tu non ci vorrai nemmeno metter piede. - 

E dove allora? Nella camera a gas? Perché se pensa che me ne starò buona e tranquilla pur dovendo sentire le loro urla dall'altra parte, si sbaglia di grosso. 

Resto in ascolto, asciugandomi i capelli con un panno. 

- Tra un'ora è previsto l'arrivo di un convoglio dalla Francia. Dovrò assistere al processo di selezione, almeno una parte. - 

- Sei uscito mentre dormivo, vero? Ti è stato chiesto di sostituire il rosso - ipotizzo, non trovando altre ragioni. 

Non è possibile che non me ne accorga, ma quanto è pesante il mio sonno? Da quando sono qui, collasso, poco importa se ho dormito due, sei o quindici ore. Alla sera sono stanca e, se non ci fosse Reiner a tenermi sveglia, mi addormenterei subito. Il mondo dei sogni è un ottimo rifugio, fin quando non si infesta di incubi, spesso troppo reali, tanto da potersi definire ricordi, piuttosto che incubiStanotte ho visto una successione di immagini orribili, che ho visto realizzarsi in concreto. Non sono nemmeno più sogni, il lager mi ha privato anche di questi. 

- Ti posso affidare a qualcun altro, se preferisci. Dammi solo il tempo di trovare una soluzione. - 

- No, sai che Schneider troverebbe il modo di intromettersi. Tu sei l'unico suo parigrado, teme solo te e può sottostare solo a te, per via della tua posizione. - Neanche lui sembra entusiasta all'idea di portarmi con sé, ma non abbiamo alternative: finché vivremo, o sopravvivremo, ad Auschwitz, dovremo dormire con gli occhi aperti ed io dovrò camminare con il paraocchi come i cavalli per non soffermarmi dove il cuore lo richiederebbe. 

Ed oggi... Oggi lo richiede anche più di altre volte. 

I vagoni trasportavano centinaia di civili, tra cui donne e tanti, tantissimi bambini. 

Nel vedere come venissero tirati giù, come bestie da soma, mi sono indignata profondamente, e non perché non avessi mai visto scene simili, bensì per il fatto che anche contro i bimbi più piccoli venissero aizzati i cani e che non gli fosse concesso nemmeno un ultimo atto di pietà, prima che venissero inevitabilmente scartati alla selezione. Stavo e tuttora sto guardando uno sciame di disperati, che ancora non sa d'esser destinato a bruciare di qui a poche ore nelle fosse comuni. Io, invece, sarei rimasta in vita e avrei visto le loro ceneri fioccare sul terreno come neve estiva. 

Sento di poter svenire, devo ricacciare in gola l'amaro per non dar l'impressione di star piangendo le loro sciagure: mi era sempre parso giusto rassicurarli, mentirgli per non infrangere per sempre i loro sogni, eppure ora come ora non ne sono più sicura. È un'ipocrisia inutile, che potremmo risparmiarci... Un inganno, proprio come quella scritta, "il lavoro rende liberi ". Non è una bella morte quella che li attende; non è dolce come tutti si aspetterebbero considerando un'intossicazione da monossido di carbonio. Queste persone non hanno dimenticato di chiudere la manopola del gas, non stanno dormendo. Saranno compressi in uno spazio irrisorio, insieme, lucidi soprattutto. Lo Zyklon B compromette ogni funzionalità del nostro corpo, ci fa soffocare uccidendoci nella miseria, immersi nei fluidi corporei di quelle centinaia che non sono più in grado di controllarsi. Da quella porta escono cadaveri rossi, gonfi o con gli occhi fuori dalle orbite, solo per poi subire l'ennesima degradazione, anche da morti. 

Reiner sta analizzando la situazione con occhi vigili, scorrendo in mezzo a quella lunghissima fiumana fino al primo, in coda davanti al medico che stabilità il suo destino. Tra la vita e la morte, vi è soltanto un suo gesto della mano e quell'uomo in camice, in questo momento, risulta essere quanto di più prossimo ad una concezione blasfema di " dio ". 

Non vi è alcuna mutazione nello sguardo di Reiner, del mio Reiner, che nel sentir piangere intere famiglie non si scompone, sorvolando quelle scene strazianti con la stessa leggerezza di chi osserva degli scarafaggi impagliati in un espositore. 

Tanto sono già morti, quello che si dicono tutti ammirando le teche collocate negli zoo e nei musei, quello che probabilmente sta pensando anche lui. 

Si accorge del mio sguardo amareggiato e si piega dinnanzi alla mia disapprovazione, come se fosse stato quello a fargli aprire gli occhi, a fargli capire d'esser diventato qualcos'altro al di fuori di sé. 

- Aspetta, quel ragazzino... - Il giovanissimo ragazzo in questione, è lì da più tempo di quanto avrebbe dovuto sostarci e il medico gli sta ponendo delle domande per capire se sia idoneo o meno. 

Wie alt bist du? 

Il ragazzo non parla tedesco; si volta indietro per ricevere un suggerimento, ma è solo, nessuno risponde. 

- Sechszehn. Mir scheint, dass er sechszehn Jahre alt ist. / Sedici. A me sembra che lui abbia sedici anni. - Intervengo, cercando di mettere una buona parola affinché venga lasciato vivere. Naturalmente non è vero; non ha i miei stessi anni, ma quindici, quattordici forse. È ben piazzato però, anche più di un ragazzo della sua età, e gli va data questa possibilità, una possibilità di salvarsi, cosa che al fratellino di Isaac era stata negata. 

Questo è per Yonathan. 

Non è sufficiente che una ragazzina si opponga per poter scongiurare un omicidio. La presa di posizione del comandante si rivela cruciale. Egli, che dovrebbe prender nota delle diverse fasi della selezione e di come queste vengano organizzate, fa presente al dottore che il ragazzo sia effettivamente abile al lavoro e che sarebbe più conveniente graziarlo ora, che è ancora sano e forte. 

Una strategia quasi sempre vincente la mia, quella di affidarmi a lui. Il ragazzo supera il controllo e viene indirizzato verso il gruppo di futuri prigionieri. 

- Ti ringrazio - mi appoggio al suo braccio e immergo il viso nella sua divisa, sperando che anche lui, per oggi, ne abbia avuto a sufficienza. 

Ora è il turno di una giovane donna, che si fa avanti con un fagotto di stoffa premuto sul seno. Dalla bandana che le oscura il volto, emergono due occhi che mi paiono scuri, rivolti a me e non al dottore che dovrebbe esaminarla. Qui s'incontra lo sguardo mio e di Reiner, in simultanea, e la donna stessa, sfidando le guardie e i loro cani da pastore, cammina a passo svelto verso di me. Impartisco un ordine per la prima volta ( in pubblico si intende ) e, stranamente, mi viene dato ascolto: la ragazza si può avvicinare. Lei mi guarda dritto negli occhi e mi consegna il bozzolo, affidandomelo. 

- W imię Boga, ratujesz go. / In nome di Dio, salvatelo. - Non saprò parlare la sua lingua, ma posso immaginare cosa mi abbia chiesto: il gigantesco baco da seta scalcia, il che dimostra che non è una creatura morta che avrebbe la pretesa di sembrar viva, ma un essere vivente in piena regola. Un neonato. Nonostante mi tremino le mani per lo shock e non sappia come tenerlo, non oso restituirglielo, soprattutto, per paura di cosa potrebbe accadergli. 

Lei fa un passo indietro, Reiner uno avanti per assicurarsi di non esser stato vittima di una qualche allucinazione. 

Il bambino continua a riposare, placido tra le mie braccia. Un lembo della copertina con cui era stato avvolto gli scopre un ciuffetto di capelli biondi, come quelli di sua madre; istintivamente, mi viene da ripararlo con la mano, per impedire che la brezza fredda dell'est gli sferzi sul viso, facendolo ammalare. 

Un tedesco si fa avanti con aria minacciosa, per sottrarmelo, ma il piccolo non si agita, non si sveglia neppure. Corro all'indietro per sfuggire al nazista eppure, a discapito della turbolenza, nulla, neanche un lamento. 

- Halt! Du wirst kein Kind vor ihr töten. Wir sind Soldaten, keine verfluchten Metzger. / Fermo! Non ucciderai un bambino davanti a lei. Siamo soldati, non fottuti macellai. - Lo riprende Reiner, dopo essersi voltato ed aver visto due grossi goccioloni defluirmi lungo le guance. Lui è costretto a retrocedere, non senza polemiche. - Überlasse es ihr, ich regle das. / Lasciaglielo, ci penso io. - 

Che cosa avrebbe voluto fare, eh? Quella donna è qui... avrebbe avuto il coraggio di prenderlo, lanciarlo in aria e sparargli, come avevo letto in certi reportage di guerra? 

Mai finché avrò vita. Tuo figlio non verrà straziato, non verrà usato come bersaglio per il tiro al piattello. 

- Salvala. Ora che non deve più occuparsi di lui, falla passare a destra. È giovane, sembra robusta... può lavorare. - Mi sono sempre rivolta alla creatura come fosse un lui, dando per scontato che sia maschio, pur senza averne l'assoluta certezza. Non so, me lo sento nella pancia... E mi sento legata a questo bambino; avverto un bisogno quasi ancestrale di proteggerlo. 

Reiner assente quasi subito, perché lo giudica sensato o per pura commiserazione. Lei invece, che si inserisce nella fila dei salvati, ha gli occhi lucidi, certamente per il dolore della separazione, ma credo anche per la gioia d'avere almeno la speranza che il figlioletto si salvi. 

È rimasta in silenzio fin quando non è scomparsa in mezzo agli altri.

Non mi ha comunicato neanche il suo nome. 

- Che intendi fare con questo bambino? Non vorrai portartelo in casa. A casa di Schneider, mi correggo. - 

- Tu invece? Che vuoi fare? Non ti permetterò di soffocarlo... - Chiarisco fin da subito, ricordando il modo in cui aveva giustiziato Michael. - Non te lo perdonerei mai. - 

- Lo so. - Reclina il capo all'indietro, passandosi una mano sul viso. - Forza, torniamo in macchina. Un'ora mi è più che sufficiente per giudicare. - Sento i loro occhi sulle mie spalle, sulla creatura che cullo tra le braccia come fosse mia... avvoltoi, che non accettano la sovranità del nuovo predatore, il leone di Buchenwald. 

- Ci affideremo al progetto Lebensborn. - Enuncio, dopo aver appoggiato la schiena al sedile. Lui, che stava esaminando il bambino con glaciale serietà, batte le ciglia come stordito, balbettando per la prima volta da quando l'ho conosciuto. - So che stai pensando: " come fa a sapere ", ma ti posso assicurare che tu non sia l'unico ad essere ben informato. Me ne aveva parlato Friederick; una sua amica era stata selezionata per dare alla luce un figlio " puro ". - Ho guardato negli occhi il mio amore e gli ho mentito. Mi sento un verme per averlo fatto. Ho appreso da Rüdiger uno dei suoi trucchi: mi sono focalizzata su un punto indefinito, sulle sue nere pupille, lasciando navigare la mente altrove, così da riuscire a non deviare lo sguardo e a risultare comunque convincente. Reiner mi conosce bene ormai e forse riesce comunque a decifrare la menzogna oltre alla sicurezza costruita attorno a quel muro di carta, ma lo ignora, colpito dalla mia ferrea volontà di infrangere la barriera dell'impossibile. 

- Continua. - 

- Guarda com'è biondo! Se avrà anche gli occhi di sua madre, non avremo difficoltà nell'incaricare una di quelle cliniche della sua custodia. Verrà affidato ad una famiglia tedesca, allevato come un tedesco in tutto e per tutto; non saprà mai chi era, da dove proveniva e di chi era figlio... Non farti strane idee, commetteremmo un crimine orribile nel privarlo della sua identità, ma non vedo altro modo per poterlo salvare. - Il bimbo emette un vagito, emergendo dalla copertina. Sonnecchia ancora, abbastanza insonnolito da permetterci di proseguire senza venir gravati da quell'ulteriore peso. 

- Di solito non vengono pescati dai campi di concentramento. - Obietta, contrariato, ricordandomi la sua provenienza. 

- Potrebbe esser figlio tuo. È carino. - Ammetto, accarezzandogli la testolina bionda, della stessa gradazione di quelli di Reiner e del pargolo che ho immaginato come nostro. Per quanto sappia che, per norma igienica, non si dovrebbe toccare il viso di un bambino, infrango la regola, sfiorandogli una guancia paffuta. Non ho toccato nulla di sporco e, per di più, nel tempo in cui mi trovo ora, si era molto meno attenti a queste cose. Chiaramente, tutto ciò va sommato al fatto che la donna abbia viaggiato in un vagone per bestiame, un luogo che pullula di microbi. 

Lui sbuffa, roteando gli occhi in segno di fastidio. 

- Come no... -

 Non saprei descrivere esattamente la reazione che ebbe Ariel quando facemmo ritorno con il bambino. Stava spazzando per terra in quel momento ma, quando si rese conto di cosa fosse quel fagotto, gli sfuggì la scopa dalle mani, complici le proteste di Reiner e il suo continuo barbottolare rivolto alla mia " deplorevole " condotta e sensibilità. 

Non l'ho più visto per almeno un'ora, durante la quale evidentemente si era ritirato in camera sua per macinare sull'ennesimo oltraggio. Non riusciva a smaltire l'idea che mi fossi andata a cercare un'altra " distrazione " e quando mi ha ritrovata in camera con la canottiera calata sotto le costole, per poco non gli è venuto un infarto. 

È lì in piedi da più di un minuto, in cui non ha proferito parola e si è limitato a riservare un'occhiata atroce al piccolo polacco, che comunque, troppo piccino e inconsapevole, mi ha appoggiato una manina sul seno, approssimandosi a ciò che crede essere un biberon. 

- Smettila, ma cosa fai?! Non farlo attaccare! - Bercia, gesticolando all'italiana. 

- Ha bisogno di mangiare... Non potrò sfamarlo io, ma forse si calmerà in questo modo. Piangeva, cos'avrei dovuto fare? - 

- Qualunque altra cosa! Non voglio che un moccioso ebreo poggi la bocca dove la poggio io... Quella è mia! - 

- Tua - ripeto, inarcando un sopracciglio. - Ad ogni modo non è ebreo; sua madre non aveva alcuna stella appuntata al petto e Ariel dice che non è circonciso. - 

- Non ce lo voglio qui. - 

- Allora va. Trovagli una sistemazione, una nuova casa, una nuova famiglia. - Propongo, sussultando nel sentirmi tirare in quella zona così sensibile. 

- Seduta stante! - Ma lui non si è mosso di un millimetro: mi guarda mentre, intenerita, lo cullo tra le braccia, raggiante in volto per via di questa nuova e bellissima sensazione. 

- Hai visto? - 

- Sì, è carino... sono sicuro che saresti un'ottima madre. - Chiosa, imbarazzandosi per la precedente scenata di gelosia nei confronti di un cucciolo innocente. 

Fregato. 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: 

Sono riuscita ad essere puntuale questa volta. Mi raccomando, fatemi sapere la vostra opinione a riguardo, eventuali errori, critiche, perplessità. 

Alla prossima settimana con il seguito! 

 

 

  
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