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Autore: Duncneyforever    23/04/2020    0 recensioni
{Seguito di " Canone inverso - Behind enemy lines "}
Tratto dal testo:
Lui si china verso di me, dolce, fragile quasi, lasciandomi un candido bacio sulla fronte. " Se ti avessi persa, non sarebbero bastate le urla di mia madre, il dolore di mio fratello o il richiamo della patria a dissuadermi dal raggiungerti... "
~
" Questo non devi dirlo mai. " Dopo aver rizzato la schiena, lo rimiro con gli stessi suoi occhi tersi, scossa dal magone. " Perché morirei due volte se scoprissi di aver ucciso te. "
Genere: Drammatico, Guerra, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Smettila - protesto, in tono giocoso, vedendolo imbambolato a guardare il bimbo, che si è aggrappato al seno in cerca di latte; - povero cucciolo affamato - commento, delusa nel non poter provvedere ai suoi bisogni. - Tu lo sai come si fa il latte in polvere? - 

- Chi io? - Domanda, cadendo dalle nubi. - Ma come faccio a saperlo, piccola... Hai provato a chiedere ad Ariel? - 

- E come fa a saperlo lui? Se non lo sai tu... - Ridacchio, riprendendolo. Il bambino inizia a gemere, visibilmente irritato. - Oh mi spiace, ma io figli non ne ho - mi giustifico, avvolgendo le mani attorno al suo corpicino e sollevandolo, solo per vedere il suo viso buffamente corrucciato. - Potresti andare a vedere se qualche donna ha allattato di recente, al campo. Deduco che la madre, per prudenza, non voglia più vederlo. - 

- E una volta che l'avrò trovata? Non potrei portarla qui in ogni caso. No, dobbiamo sbarazzarcene subito. - Afferma, correggendosi in seconda battuta. - Non intendevo in quel senso; intendevo dire che non è sicuro tenerlo, né per noi, né per lui. - Ahimè, devo convenire con lui questa volta. È stato un rischio salvarlo e, sebbene non sia ebreo, potremmo avere comunque delle rogne, se qualcuno segnalasse la sua presenza a Rüdiger o ad un'altra autorità. Reiner potrebbe scaricare la colpa su di me; potrebbe dire che io sia poco più che una ragazzina, altruista quanto sprovveduta, che non è riuscita a tacere dopo aver visto una donna, con un neonato per le mani, incunearsi nella fila per la selezione. In qualunque caso, dubito che gli basterebbe scrollarsi di dosso la responsabilità... 

- Dov'è il "centro di raccolta" più vicino? - 

- Cracovia - 

- beh, che stiamo aspettando? Andiamo! - Lo sorpasso con in braccio il bimbo scalciante, che si placa solo dopo aver appoggiato il suo musetto sulla spalla. Sembra volerlo prendere in giro; le labbra di Reiner non sono mai state più spalancate per lo sconcerto. 

- Piccolo viziato - commenta, soffiandosi infantilmente un ciuffo di capelli dal viso. La brillantina, per soddisfare i miei desideri, non gli impiastriccia i capelli; almeno per oggi, non gli ho certo chiesto la Luna... 

- Avvolgilo in una coperta. Non puoi uscire di casa con un moccioso non tuo. - Scuoto la testa, meravigliandomi nel riscoprire la sua parte più fanciullesca, nel bene o nel male. Ha soltanto venticinque anni, eppure è già intrappolato in un ruolo che lo sta lentamente soffocando. Quando se ne libera, il risultato è proprio questo: un impulsivo, geloso bambino cresciuto troppo in fretta. Ho imparato ad amare anche questa sua sfaccettatura, preferendola di gran lunga all'intransigenza da fervente nazista. 

Imbacucco il pargolo come mi aveva consigliato, assicurandomi che abbia sufficiente spazio per respirare. 

- Buono piccolino... - Il pianto dei bambini mi aveva sempre lasciata indifferente, tediata se il loro strillare fosse persistito a lungo, ma adesso, oltre ad aver bisogno del suo silenzio per cause di forza maggiore, mi sento smossa in qualche modo, come se il mio istinto materno si fosse improvvisamente acuito.  

Lo faccio ondeggiare dolcemente ed egli viene cullato dalle mie braccia inesperte, come le onde del fiume che trasportarono Mosè ancora in fasce, salvandolo dall'infanticidio voluto dal faraone. 

Anche lui vivrà. Crescerà lontano dal luogo che gli ha dato i natali, ignaro d'esser stato strappato via dall'amore di sua madre. Ma vivrà ed è lei che lo ha voluto; il desiderio che ha espresso senza dargli voce, lasciandomi suo figlio come testamento ed eredità. 

- Sei pronta? - La creatura è in pace, accarezzata dai miei lisci e teneri polpastrelli. È giunta l'ora. 

Ci defiliamo, scappando via come ladri, trasportando la prova della nostra colpa e del suo tradimento. Lui non mi ha accusata; sostiene di non aver accantonato i suoi ideali, in realtà, di aver dato ascolto al buon senso e al codice cavalleresco e che lui, in ogni caso, avrebbe giudicato quell'atto empio e indegno di sé. 

Quando il Castello di Wawel si prospetta all'orizzonte, maestoso ed imponente sull'omonimo colle, mi pare quasi che il peggio sia ormai passato. Non abbiamo riscontrato la presenza di alcuna pattuglia lungo la strada e Reiner si è risparmiato un'ulteriore inutile giustificazione da annoverare tra le tante che, fondamentalmente, mi hanno permesso di sopravvivere. 

- Come fai a sapere dove si trovi? - È una domanda legittima la mia; il posto sembra essere dislocato al di fuori della città, verso la campagna. Il progetto Lebensborn, per quanto ne sappia, fu uno degli esperimenti più abbietti condotti dai nazisti: bambini rubati a genitori spesso deportati o uccisi, giovani ragazze persuase all'idea di accettare la poligamia, di riprodursi a comando come in un allevamento di purosangue inglesi e di battezzare i loro nascituri razzialmente "perfetti" alla Nazione, offrendoli alla Patria affinché diventassero soldati, reclute con le quali rinfoltire le fila dell'esercito. 

- Mi avevano chiesto di farne parte, ma non ho aderito all'iniziativa. Non mi allettava l'idea di disseminare figli bastardi solo perché questi nuovi nati " ariani " potessero germanizzare i più " impuri " tedeschi meridionali. Se avessi concepito un figlio, lo avrei fatto per amore di una donna, anche se all'epoca ero portato ad escludere quest'ipotesi. Poi ho conosciuto te e mi sono ricreduto... Mi sono innamorato. - Gocce di gioia piovono dalle ciglia spioventi, come rugiada rilucente alle prime luci dell'aurora. Mi sono lasciata trafiggere dalla freccia di Amore, senza più opporre resistenza dopo aver ascoltato la sua dichiarazione appassionata. Mi ostinavo a fingere di non ricambiare, mi illudevo che non avrei ricambiato mai, eppure alla fine sono caduta, annegando i miei dubbi tra le sue labbra, che ancora sussurravano promesse di felicità. 

Amore mio... mi hai reso la tua principessa, ma tu non potrai essere il mio principe. Il segreto mi strugge giorno dopo giorno, sempre più; ti vorrei avvertire riguardo al futuro che non vedremo insieme, che ti porterà via da me. Sarei egoista se sfidassi la sorte per inseguire il mio sogno; il nostro sogno... ma quale sacrificio esige la storia, pur di non alterare il suo corso! Mi chiede di lasciarlo morire, a me, che potrei tentare di tutto pur di impedirlo e che ho già visto sfumare il sogno di poter rivedere le persone a me care. Questo viaggio ha richiesto le mie lacrime, il mio sudore, il mio sangue; ora, vuol sfilarmi l'anima. 

- Qualcosa ti turba. - 

Mi conosce troppo bene. Una domanda simile me l'aspettavo.

- Niente di importante. - Mento sapendo di star mentendo; è un dolore che non riesco più a sopportare. - Dai, siamo arrivati mi sa. Dev'essere quella. - 

Il bambino si agita, senza neppure aver visto la clinica. Il bello, o il brutto forse, è che non mi trasmette sensazioni negative. Sembra una baita, come quelle in cui ci rifugiavamo io e la mia famiglia nelle notti invernali, quando andavamo a trovare gli zii in Südtirol. 

- Secondo te lui sa? - Domando, provando a calmarlo. 

- No, non farti strane paranoie. Sai che lo stiamo facendo soltanto per il suo bene. - Assento con fare grave, mordendomi il labbro alla vista dei suoi occhietti rossi di pianto. Sono azzurri, l'incarnato diafano... non c'è motivo per il quale non dovrebbero accollarselo. Che poi, non sono nemmeno sicura che gli dispiacerebbe così tanto. - Resta qui. - 

- No, io voglio venire. Non lo senti poverino? - 

- Sarà più difficile - mi avverte, aprendomi lo sportello. 

Come se non lo sapessi. 

Il " centro di raccoglimento " ha un giardino antistante, curato, addobbato di fiori che ne occultano l'intento diabolico. Un'infermiera che deve aver sentito sbattere le portiere viene ad accoglierci, sorridendo in modo cordiale, ma inquietante secondo i miei canoni. Si comporta come un'allegra apicoltrice, quando in concreto traffica esseri umani, cancellando la loro identità. 

Reiner spiega subito il motivo della nostra visita, accennando al piccolo polacco e sostenendo di aver riscontrato in lui un " eccezionale valore razziale ". 

- Meine feste Freundin und ich würden uns darum kümmern, aber wir würden es vorziehen, eigene Kinder zu haben, da wir fruchtbar sind. Sie verstehen... meine Position erfordert, dass ich sie von mir habe, nicht sie zu adoptieren. / Ce ne occuperemmo io e la mia fidanzata, ma preferiremmo avere dei figli nostri, dal momento che siamo fertili. Voi comprendete... la mia posizione mi impone di averne da me, non di adottarne. - Specifica, stringendomi una spalla. 

La ragazza osserva incredula le stellette sulla sua divisa, confrontandole con la pelle tesissima da venticinquenne. 

Reiner aggiunge che il bimbo sia un trovatello, omettendo di averlo recuperato in un campo di sterminio, un'informazione che comunque sarebbe dovuta rimanere segreta. Dovrebbe essere una specie di orfanotrofio, ma la risata dei bambini non colora le sue bianche pareti asettiche, né il pianto dei più piccoli ne rompe il silenzio tombale. 

Dove sono i bambini? 

- Sie schlafen gerade. / Stanno dormendo. - Replica la giovane donna, tendendo le mani per sottrarmi il bimbo. Sono reticente nell’affidarglielo; so che con noi non potrebbe vivere una vita dignitosa e che il fardello d’essermi legata ad un nazista debba ricadere unicamente su di me e non su un’anima pia, che meriterebbe solo affetto dalla nuova famiglia. Ha già patito troppo, inconsapevolmente. 

Non so neppure se lo scoprirà mai. 

- Tesoro, dovresti lasciarlo adesso - mi avverte Reiner, non senza manifestare una certa insofferenza nel vedermi così abbattuta, di nuovo, per uno di loro. 

Saluto il piccolo un’ultima volta, sapendo che mai potrebbe ricordarsi di me e che io, al contrario, faticherò a dimenticarlo. 

La sua manina si stringe attorno alle mie dita mentre mi viene portato via ed io mi sento vuota, come se mi stessero privando del frutto del mio grembo, piuttosto che di quello di un’altra. 

- Haben Sie ihn einen Name gefunden? / Gli avete trovato un nome? - Guardo l’infermiera con occhi persi, titubante. 

- Reiner. Er heißt Reiner. - Ribatto, aggiungendo in italiano, per lui soltanto: - come l’uomo che gli donato il regalo più bello... La vita. - Lui si commuove pur senza darlo a vedere, dovendosi voltare dall’altra parte per non rendere partecipe anche lei del suo coinvolgimento emotivo. 

- Was für einen schönen Name. / Che bel nome. - 

Sí, meraviglioso. 

- Andiamo - me lo lascio alle spalle, perché devo e non perché voglio, ritrovandomi in auto a rimuginare su quanto ho pensato prima, su quanto ho pensato in queste settimane. 

Piango, inevitabilmente, sotto il suo sguardo puro e preoccupato. 

- Reiner ti devo dire una cosa... ma non mi crederai. - 

Sto per commettere un errore, un grande, grandissimo errore. Per amore. 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: 

eccomi qui, con un capitolo cortino, ma strabordante - o così spero - di emozioni. 

Ringrazio tutt* coloro che mi supportano, le leggono la mia storia o che l’hanno posta in elenco ^-^ grazie, senza di voi non potrei farcela. 

Fatemi sapere cosa ne pensate, cosa dovrebbe fare, secondo voi, la “ povera crista “ vittima di un amore che va “ oltre la coscienza morale “. 

Alla prossima!  

 

 

 

  
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