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Autore: pamina71    16/04/2020    7 recensioni
1777. Oscar è ancora alla Guardia Reale, Fersen è ancora in Svezia (dalla cronologia del manga).
Tutto procede come di consueto, sino al giorno in cui cominciano ad giungere messaggi molto particolari.
Qualcuno da aiutare, oppure da salvare.
Talvolta Oscar deve agire da sola, talaltra con André, ed altre ancora in cui è lui solo a dover sbrogliare la matassa.
Vagamente noir, ma molto più leggero delle mie ultime storie.
Credits: L'Assommoir – Io sono il messaggero
Genere: Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26. Notti

     

In quella che sarebbe stata ricordata come le notte più calda di quell'estate, André si rigirò nel lette per l'ennesima volta.

Pensieri contrastanti gli agitavano la mente, impedendogli il sonno. Era felice di aver trovato chi avrebbe potuto introdurli dal Duca, era sollevato all'idea di poter finalmente liberare Madame Marguerite. Sapeva di aver pensato un buon piano per liberare quella donna che negli anni era riuscita a fargli sentire un po' meno la mancanza di sua madre, con la sua dolcezza e la pacata sollecitudine di cui lo aveva circondato.

Si sentiva però meschino per il fastidio che provava per la maniera in cui si erano risolte le cose. Non amava quel sentimento miserabile di invidia e rivalsa che gli opprimeva il petto. Eppure non riusciva a scacciare il senso di fastidio che quell'aiuto insperato gli procurava.

Doveva ammetterlo, il sentimento verso di lei che ormai non poteva più negare a se stesso gli aveva fatto sperare che il piano da lui elaborato li avvicinasse ancora più di quanto le avventure degli ultimi tempi non avessero fatto. In quelle poche settimane la distanza che il servizio di Oscar alla reggia aveva scavato tra loro si era a poco a poco ridotta. E la consapevolezza che quello che provava non poteva più essere definito affetto fraterno, né amicizia, lo aveva portato a nutrire qualche irragionevole speranza.

Alimentata ulteriormente negli ultimi giorni. Le sue intuizioni, il piano, che aveva ideato per liberare Madame, ma che avrebbero potuto avere anche qualche positivo risultato collaterale.

E invece...

Si girò dall'altro lato, rovesciò il cuscino, che gli dava fastidio, scostò i capelli dalla nuca.

La sera precedente, stava discutendo con Oscar ed il Generale a proposito di altri possibili candidati al ruolo di “cavallo di Troia” per permettere l'ingresso nel castello del Duca De Guiche e De Gramont. quando era stata annunciata una visita.

- Non voglio vedere nessuno. - aveva ribattuto Oscar, secca.

La cameriera aveva risposto che l'ospite se lo aspettava, ma era venuto ad offrire i suoi servigi in quel momento difficile.

Oscar aveva sospirato, accettando a malincuore l'intervento non richiesto. Non era stato previsto, ma non era certamente nelle condizioni rifiutare l'aiuto di chicchessia.

Nemmeno si era voltata verso la porta per ricevere l'ospite.

- Buonasera. Avrei voluto tornare a farvi visita in un momento migliore. - aveva esordito una voce dal leggero accento straniero.

Solo allora si era girata, e con lei André aveva sollevato lo sguardo.

- Conte di Fersen. Cosa fate qui?

- Sono tornato per seguire alcuni affari per conto di mio padre. E per cercare moglie. - Aveva risposto, serio.

- Ma non è di questo che voglio parlare. La prima cosa che ho saputo arrivando a Versailles, è stata la notizia di quanto accaduto. Quindi mi metto al vostro servizio.

Oscar non aveva risposto. André aveva immaginato che stesse elaborando la notizia della ricerca di una sposa. Un ulteriore colpo, in un momento tanto delicato.

Ma era stato il pragmatismo del Generale a prendere il sopravvento.

- In che rapporti siete con il Duca e G?uriche e De Gramont

- Posso dire di non conoscerlo.

Il vecchio militare aveva annuito.

- Benissimo. Ora vi dico cosa dovrete fare.

 

I due giorni successivi erano trascorsi tra gli abboccamenti di Fersen con alcuni aristocratici della cerchia del duca, contatti tra lui ed Oscar ridotti all'osso, nella finzione che non ci fosse nemmeno amicizia, e seguendo gli accordi presi a Palazzo Jarjayes.

La sera della festa, lei ed André si presentarono all'appartamento che il Conte aveva preso in affitto a Parigi con largo anticipo.

Li attendeva un sarto che aveva preparato in tutta fretta per entrambi una livrea da lacchè di colore verde oliva, pronto a dare gli ultimi ritocchi.

Quando ebbero modo di vedersi, nonostante la tensione, scappò loro un sorriso. Vestiti in maniera identica, con in capo una parrucca che dava loro un aspetto curioso, si sentivano alquanto ridicoli.

- Allora, ricordati che io sono Jacques. E tu non parli francese, e sei Lennart.

Oscar annuì. Sebbene avesse un nome nordico, avevano preferito non utilizzarlo. Troppo riconoscibile. Come la sua voce. Avrebbe fatto la parte del servitore svedese, di fronte al quale, sicuri di non essere compresi, gli altri avrebbero potuto lasciar scappare qualche informazione importante.

Arrivò Fersen, davanti al quale entrambi si inchinarono, mentre lui rispose con un sorriso divertito.

- Oscar, ricordatevi che “vieni” si dice “komma”. E' l'unica cosa che vi interesserà sapere in svedese. Per il resto dirò cose a caso, rivolgendomi a voi come Lennart.

- Benissimo.

- La carrozza senza insegne è già qui sotto. Il nostro cocchiere sa già dove fermarsi ed attendere il cambio – intervenne André – così potrete sia rientrare a Parigi, oppure la vostra carrozza potrà tornare a riprendervi, a seconda di come si svolgeranno le cose.

 

Il castello del Duca era illuminato quasi a giorno. La maggior parte degli ospiti, tutti uomini1, era già arrivata. Fersen scese dalla carrozza, ferma di fronte all'ingresso. Il veicolo proseguì verso il cortile retrostante, e i due lacchè che stavano in piedi sul piano degli staffieri raggiunsero la zona antistante le cucine, dove un numero imprecisato di servitori dei vari ospiti chiacchierava con un boccale in mano.

Non riconobbero i due nuovi arrivati, e si fecero intorno curiosi.

- Io sono Jacques, e lui si chiama Lennart, e non capisce il francese. Siamo al servizio del Conte di Fersen.

- Ah, lo svedese.

- E ha avuto bisogno di portarsi i domestici da casa? - Constatò un rubizzo cocchiere

André fece spallucce.

- Pare che sia particolarmente affezionato a questo ragazzino. - disse, recuperando un paio di bicchieri, e porgendone uno ad Oscar, che rispose con un - MeRci – detto appoggiando particolarmente sulla r.

Gli altri sorrisero, e non fecero più caso a loro, che si sedettero su una panca posta accanto alle cucine e iniziarono a guardarsi intorno.

Il loro obiettivo era riuscire ad entrare nel palazzo, e carpire informazioni su dove si trovasse Madame. Oscar tirò per la manica André. Era sulle spine ed avrebbe voluto entrare subito. Il giovane fece un gesto con la mano per dirle di attendere. La pazienza non era esattamente nelle sue corde, ed in una situazione del genere non sarebbe stata in grado di reggere a lungo. Ma, come avevano concordato, sapendo che il festino si sarebbe protratto sino all'alba, la prima parte della serata avrebbe dovuto essere dedicata a capire come muoversi.

André bevve un sorso dal boccale, e osservò il gruppo di domestici chiacchierare- Era evidente che si conoscevano, dal modo di fare si evinceva una frequentazione di quel luogo protratta nel tempo: sapevano dove trovare il vino e le stoviglie, avevano chiamato una o due cameriere per nome, richiesto a gran voce del pollo, come se sapessero che era parte del menu e che ne avrebbero potuto avere.

DI lì a poco, uscirono due ragazze dalla cucina. Evidentemente, la cena era cominciata e le sguattere potevano permettersi un attimo di riposo. Finito il taglio delle verdure, prima di riprendere il lavoro lavando i piatti, uscivano a respirare un po' d'aria fresca, dopo il calore delle cucine.

André si alzò per cedere loro il posto sulla panca, ed Oscar fece lo stesso. Le due giovinette furono piacevolmente sorprese dal gesto.

Una delle due, una biondina i cui riccioli non volevano saperne di stare compostamente sotto la cuffietta, rivolse loro la parola.

- Non vi ho mai veduti qui.

- Siamo venuti con il conte di Fersen. E' svedese, e da poco arrivato a Parigi. Io sono stato appena assunto. Invece lui, - e indicò Oscar – è venuto con lui dalla Svezia. Si chiama Lennart, e non capisce il francese.

Le due ragazzine assunsero un'aria delusa. Pareva tanto giovane e carino. Ma anche il suo amico non era male, con quegli occhi verdi.

- Io sono Henriette. E lei Jeanne, mia sorella.

Oscar le osservava con attenzione, cercando di assumere l'aria stupita di chi prova a barcamenarsi in un discorso che non comprende.

- Mi hanno detto che queste feste sono frequenti.

Henriette assunse un'aria seccata.

- Oh, sì, e sono spaventosamente faticose. Il Duca prima ci fa pulire tutto il palazzo, poi dobbiamo cucinare per tutti i suoi amici, e per le ragazze che invita, e infine il giorno dopo dobbiamo pulire il disastro che i suoi amici ubriachi hanno fatto, i letti che hanno usato, il vomito....una vera schifezza.

Concluse la ragazza, con tono disgustato.

- Deve essere terribile – le rispose André, con aria comprensiva.

Le due ragazze annuirono.

- E per fortuna, per nostra enorme fortuna, noi abbiamo le lentiggini. Così il Duca non ci ritiene abbastanza belle per dedicarci le sue attenzioni. E durante le serate non saliamo al piano nobile, quindi nessuno dei suoi amici ci vede. Quindi viviamo in maniera abbastanza tranquilla, nonostante tutto.

- Io vi trovo graziose, invece. - Disse André con uno dei suoi sorrisi.

La ragazzina arrossì. Non era abituata ai complimenti.

Oscar invece osservava incuriosita. Conosceva la gentilezza del suo amico, e aveva avuto modo di osservare cameriere e gentildonne che ne subivano il fascino. Ma non aveva mai osservato con tanta attenzione il suo modo di fare. Ne provò un leggero fastidio. Se si fosse fermata ad esaminare cosa provava, forse vi avrebbe dato il nome di gelosia. Ma non era avvezza a osservare i propri stati d'animo in momenti normali, figurarsi in un tale frangente.

Si accorse di aver perso per un attimo il filo del discorso, e lo riprese nel momento in cui Henriette stava raccontando che talvolta il Duca chiudeva una ragazza in una stanza, sempre la stessa.

- Ma adesso vi tiene una dama di una certa età, e la sua cameriera.

Sia André che Oscar si irrigidirono.

- Una dama? - chiese con fare stupito.

- Sì, è qui da alcuni giorni. - Disse, indicando in alto con il mento - Ma stavolta - aggiunse a voce più bassa - il Duca non va da lei né di giorno, né di notte.

Due grosse mani calarono sulle loro spalle.

- Allora, la prima sera qui e già vi accaparrate le ragazze? - chiese un vocione gioviale e leggermente ubriaco.

Gli altr si misero a ridere.

- Anche tu, se fossi una ragazza, preferiresti loro due a te stesso – disse una voce sguaiata.

Le due cameriere, vedutesi al centro dell'attenzione, sgattaiolarono all'interno.

 


1   Mi rifaccio a “Non mi attirano i piaceri innocenti” della Sgorbati Bosi.

 

   
 
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