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Autore: DestinyIsland    20/04/2020    1 recensioni
Un universo alternativo dove la storia che tutti conosciamo è distorta e cambiata. Appartiene all’epoca dei Malandrini, giovani dapprima superficiali e giocherelloni, ma che si troveranno ad affrontare un cambiamento interiore, chi in bene, chi in male. Voldemort è sempre più forte e in cerca di potere. Il mondo magico è alla completa mercé del mago oscuro. Ma nonostante queste distorsioni, sarà sempre un Potter a dare filo da torcere a Riddle. Questa è un’altra storia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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CAPITOLO 9: CONSEGUENZE



Albus Silente fece la sua apparizione nel salotto dei Weasley attirando l’attenzione di tutti i presenti. La sua espressione era, come sempre, calma e tranquilla ma i suoi occhi trasmettevano un’insolita inquietudine che nessuno dei ragazzi aveva mai scorto nel preside della loro scuola.
«Albus, sei arrivato. Non ti aspettavamo così presto.» parlò Molly invitandolo a sedersi.
«Ne sono consapevole cara Molly, tuttavia ho voluto accelerare i tempi.» disse mentre stringeva la mano del signor Weasley.
«Suppongo che dopo gli avvenimenti di ieri, sia appropriato.» commentò Alan Prewett.
«Ahimè, temo che tu abbia ragione.»
Silente si accomodò sul divanetto accanto a Remus, lisciandosi la lunga e folta barba e sospirando come a volersi liberare di un angosciante peso. La tragedia del giorno precedente pesava ancora sulle sue spalle, turbando il suo animo facendogli provare enorme rammarico per le perdite subite.
«Ragazzi miei» parlò rivolgendosi ai suoi studenti « State tutti bene?»
Ricevette in risposta dei cenni d’assenso, anche se poco convinti, da parte di ognuno di loro. Notò in particolare il volto corrucciato del giovane Black. Sapeva ormai quanto si fosse affezionato a Fleamont ed Euphemia e sicuramente aveva avvertito la loro morte con la stessa intensità del loro figlio biologico.
«Signor Black, vedo che si è ripreso.»
«Si professore, sto bene.» ripose Sirius.
 «Purtroppo la mia non è una visita di cortesia. Devo parlare con il signor Potter riguardo alcuni avvenimenti di ieri sera. Una volta parlato con lui, potrò darvi alcune informazioni sul da farsi. Perdonate se vi faccio aspettare un po’.»
«Albus, non potresti lasciarlo riposare? Si è svegliato da poco e non sarebbe giusto turbarlo così presto.» disse la signora Weasley con fare materno.
«Vorrei poterlo fare Molly, ma è fondamentale che io parli immediatamente con il ragazzo.» ribatté inflessibile Silente.
Molly non poté che desistere di fronte all’ostinatezza del mago, comunque un po’ a malincuore. La donna aveva un innato istinto protettivo verso i ragazzi più giovani e cercava sempre di non includerli in discorsi cupi e che riguardassero la guerra. Era davvero un’ottima madre.
«Potresti indicarmi la stanza dove il signor Potter riposa?» chiese gentilmente il preside.
«Certo. Da questa parte.» acconsentì accompagnandolo su per le scale.
Gli indicò una porta nello stretto corridoio, facendogli capire che fosse quella giusta. Dopodiché si voltò e ritornò sui suoi passi. Silente la vide scomparire gradualmente per le scale. Quando si assicurò di essere rimasto solo, bussò alla porta per educazione, sperando che il ragazzo non si fosse riaddormentato.
«Avanti.» fece James dall’interno della camera.
Vide il preside della sua scuola aprire la porta, rimanendo comunque sulla soglia e fargli un sorrisetto per  tranquillizzarlo. James aveva sempre trovato la figura di Albus Silente molto rassicurante, capace di mettere a proprio agio chiunque grazie alla sua compostezza, ma allo stesso tempo alla sua amichevolezza. Lo reputava un ottimo preside e che Hogwarts non avrebbe potuto sperare di meglio, soprattutto in quel periodo.
«Professor Silente, è lei.»
«Buon pomeriggio signor Potter. Vedo che Molly ti ha sistemato bene.» scherzò un po’ lui.
«La signora Weasley ci ha già adottati praticamente.» ridacchiò James, facendo sorridere anche Silente.
«Posso entrare?» domandò cordialmente Silente.
«Prego, entri pure.» acconsentì James, curioso dell’ingresso in camera dell’uomo.
Il mago entrò, chiudendo la porta dietro di sé, e accomodandosi su una piccola sedia vicino al letto.
«Sono qui per parlare con te. Ma non sarà un discorso molto allegro temo.» inziò a dire Silente.
«Lo sospettavo.» borbottò il giovane sistemandosi sul letto poggiando la schiena sulla testata del letto.
«Vedi…sono qui per chiederti cos’è successo dopo che tu e il signor Black vi siete separati dal gruppo del signor Paciok e delle signorine Prewett ed Evans. Ho bisogno di una descrizione dettagliata.» spiegò il preside serio.
Il Potter chiuse gli occhi un istante, passandosi contemporaneamente la mano tra i capelli scompigliati per scaricare la tensione. Parlare di quello avrebbe voluto dire rivivere nuovamente ciò che stava tentando di scacciare dai propri ricordi. Deglutì a vuoto.
«Ho bisogno di questo favore James. E’ importante.» insistette.
«D’accordo.» annuì il giovane. «Allora…dopo esserci divisi dagli altri, io e Sirius siamo corsi a casa a cercare i miei genitori. Quando siamo entrati abbiamo visto Voldemort, Bellatrix Lestrange e un altro Mangiamorte che teneva bloccata mia madre.»
«Sai per caso chi fosse quel Mangiamorte?» domandò Silente.
«No. Era incappucciato, non ho avuto modo di vederlo in faccia.» rispose facendo mente locale.
«Non ci speravo, comunque volevo esserne sicuro. Va’avanti.» lo incitò.
«Ecco…mio padre…era già morto quando siamo entrati. Voldemort ha parlato di uno scontro, e che aveva tentato di ricevere informazioni sull’Ordine Non So Che.»
«L’Ordine della fenice?» lo aiutò Silente.
«Si quello. Ovviamente mio padre si è rifiutato di aiutarlo.» lo disse con un tono misto tra orgoglio e amarezza. « A quanto pare sembrava che ci tenesse particolarmente, ha tentato di estorcere le stesse informazioni anche a mia madre. L’ha minacciata di uccidermi, e non riscontrando alcuna collaborazione da parte sua era ciò che stava per fare. Ma…mia madre è riuscita a liberarsi dalla stretta del Mangiamorte e… si è fatta colpire al posto mio.»
La voce tremolò leggermente alle sue ultime parole. Rivivere la morte della madre, rivedere il momento in cui lei si era lanciata verso di lui e si era contrapposta tra lui e l’Anatema Che Uccide risultò estremamente faticoso. Deglutì e continuò il racconto sotto lo sguardo attento di Silente che sembrava non voler perdersi un singolo vocabolo.
«Dopodiché ha Schiantato Sirius e ha provato ad uccidermi.»
«Hai fatto qualcosa per evitarlo?»
«Si io…uhm…ho provato a far rimbalzare la Maledizione con l’Expelliarmus, ma lui era troppo forte. Davvero non ho mai avvertito una tale potenza da nessuno.  Sono riuscito a resistere davvero poco, poi ho visto che il colpo si stava avvicinando sempre di più e…poi più niente.»
Silente dedusse che quella fosse la fine del racconto.  Grazie a quel racconto molti tasselli sembrarono andare nel posto giusto, ma persistevano ancora alcune incognite abbastanza complesse anche per un mago del suo calibro. In una lunga vita come la sua, aveva vissuto molteplici esperienze che, in quel momento, vennero messe a dura prova da ciò che il ragazzo gli aveva raccontato.
«C’è qualcosa che hai omesso?» chiese assicurandosi che gli avesse detto tutto.
«E’ tutto ciò che ricordo.» ripose con sincerità James. «Signore vorrei sapere se ha capito qualcosa. Vorrei…insomma…nessun segreto.»
Silente annuì. «Certo James. Hai il diritto di sapere più di chiunque altro, anche se per ora non saprei risolvere tutte le incognite.»
«Beh, mi farebbe piacere sapere cosa sarebbe questo Ordine della Fenice. E perché i miei genitori ne facevano parte.»
«L’Ordine della Fenice è un’associazione segreta creata da me, il cui scopo è la sconfitta di Lord Voldemort. In questi tempi bui, siamo certi che ci siano degli infiltrati fin nel Ministero della Magia e non possiamo fidarci completamente delle istituzioni e degli Auror. Per cui ho provveduto a riunire un gruppo di persone fidate e competenti nei vari ambiti della magia e stregoneria. I tuoi genitori furono entusiasti di partecipare alla causa, nonostante entrambi Purosangue e solo dei pozionisti, si sono voluti schierare in prima linea in questa guerra.»
«Ma com’è possibile che, nonostante l’assoluta segretezza dell’Ordine, Voldemort sia riuscito a stanarli?» chiese perplesso James.
«La settimana scorsa un nostro membro è stato rapito. Deduco che Voldemort abbia usato metodi molto efficaci per estorcergli informazioni, e probabilmente era particolarmente interessato ai membri dell’associazione. I tuoi genitori sono stati le prime vittime designate, e con loro anche il villaggio di Godric’s Hollow.»
Ora si spiegava l’attacco al villaggio e a loro. Non era stato affatto un attacco casuale per portare solo scompiglio e distruzione, era stato organizzato come un attacco mirato a ricavare informazioni su tutti i membri dell’Ordine della Fenice che, in qualche modo, il membro rapito non aveva avuto modo di fornirgli. I suoi genitori, anche se entrambi Purosangue provenienti da due famiglie importanti del mondo magico, erano apertamente Babbanofili ed erano stati etichettati dalle altre famiglie più tradizionaliste come traditori del proprio sangue. James era stato cresciuto con quei valori e aveva sempre condiviso l’importanza di non fare alcuna distinzione per la provenienza di un mago. D’altronde molti dei Nati Babbani risultavano più promettenti di chi era Purosangue, ed il suo pensiero volò a Lily, la studentessa più brillante del loro anno. Quindi le cose stavano così. Ma c’era ancora un enorme dubbio che gli attanagliava l’anima. Un dubbio che aveva sicuramente a che fare con quella cicatrice a forma di saetta che si era ritrovato sulla propria fronte al suo risveglio.
«Signore, per quanto riguarda l’ultima parte della storia…cosa ne pensa?» chiese mordendosi il labbro inferiore per l’agitazione.
«Riguardo lo scontro fra te e Lord Voldemort?»
James annuì.
«Tu cosa pensi?» chiese di rimando Silente.
Era quello il problema, non sapeva cosa pensare! Era sicuro che la Maledizione lo avrebbe colpito e lui sarebbe morto. Ma allora perché era ancora vivo? Da quella distanza non avrebbe avuto modo di schivarla, non avrebbe avuto modo di fare null’altro se non provare a respingerla. Ricordò ancora la sensazione di fatica mentre tentava di rimanere in piedi per non soccombere, ma alla fine non aveva retto. Eppure era ancora lì. Cosa diavolo voleva dire? Era davvero sopravvissuto all’Anatema Che Uccide?
«Io non so cosa pensare Signore!» esclamò frustrato. « So che sarei dovuto morire lì, eppure…sono ancora vivo. Non ci capisco niente! Non posso essere sopravvissuto all’Anatema Che Uccide, vero?»
Aspettò la riposta repentina del preside che sicuramente lo avrebbe preso per pazzo dopo quella frase. Eppure con sua enorme sorpresa, l’anziano mago rimase in silenzio a rimuginare sulle ultime parole del Potter.
«Onestamente mio caro ragazzo, è ciò che credo sia avvenuto.»
«Cosa?!»
«Non ne posso essere totalmente sicuro. Di solito tento di fare delle supposizioni e, di solito, quelle supposizioni si rivelano quasi sempre giuste. Per cui suppongo che tu sia davvero sopravvissuto a quella Maledizione.» disse Silente con tono tranquillo.
Come faceva ad essere tranquillo per una cosa del genere?
«S-sta scherzando vero? Non c’è mago che sia vivo dopo essere stato colpito dall’Avada Kedavra, nemmeno i più potenti ce l’hanno fatta.»
«Corretto. Ma in questo caso non penso sia dipeso da te.»
«In che senso?» domandò James ancora più confuso.
«A quanto mi hai detto, Voldemort ha tentato di ucciderti due volte. Al primo tentativo tua madre si frapposta tra te e l’incantesimo, facendosi colpire al posto tuo. Ho ragione?» parlò Silente cercando conferma.
«Si, ha ragione.» concordò il ragazzo.
«Io credo che il sacrificio di tua madre per salvarti la vita, abbia attivato una sorta di protezione su di te. Una protezione che, al secondo attacco, ti ha salvato la vita facendo rimbalzare l’Anatema Che Uccide su chi l’aveva scagliato. E’ una delle magie più antiche che possano esistere mio caro ragazzo.»
«Che cos’è?»
Silente sorrise. «L’amore James. E’ stato l’amore di tua madre a proteggerti. Ti ha donato, tramite il suo sacrificio, la protezione più totale ed impenetrabile. Naturalmente un essere privo di emozioni o qualunque altro sentimento positivo come Voldemort non avrebbe potuto pensare nemmeno per un istante ad una cosa così frivola, per lui, come l’amore. Eppure se ora tu sei qui, è grazie ad esso. E si spiega anche il ritiro improvviso dei Mangiamorte dalla battaglia a Godric’s Hollow. Il loro caro padrone ora è più morto che vivo.»
«Quindi non potrà più nuocere a nessuno?» chiese James sperando in una riposta positiva.
Silente, però, scosse la testa. «Temo che, anche se privo di forze, sarà ancora un pericolo.»
Dopo quella frase ci fu un interminabile istante di silenzio durante il quale James tentò di metabolizzare l’accaduto. Cosa avrebbe comportato l’improvvisa sparizione di Voldemort? Si sarebbe fatto vivo molto presto o era impossibilitato a fare qualunque cosa? Quasi come se Silente stesse leggendo i suoi pensieri, incrociò il suo sguardo comprensivo e lo puntò su di lui.
«So che è molto difficile metabolizzare tutto ciò James. Ma conto sulla tua forza d’animo poiché, anche se momentaneamente inoffensivo, Voldemort tornerà e temo che indirizzerà tutto il suo odio contro di te.»
Il Potter sussultò.
«Ma questo non vuol dire che dovrai farti avvolgere dalla paura e dal terrore. Non sei da solo, hai intorno a te molte persone che provano un grande affetto verso di te. » lo rassicurò Silente.
James accennò ad un sorriso e annuì a quelle parole. A quanto pare sarebbero venuti tempi ancora più bui, ma non era il caso di fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Tutto quello che voleva in quel momento era sincerarsi delle condizioni dei suoi amici, per togliersi un ulteriore peso dal cuore. Si tirò su con un po’ di fatica sotto lo sguardo attento di Silente il quale, a differenza della signora Weasley, non aveva alcuna intenzione di costringerlo ulteriormente a letto.
«Prima di scendere al piano di sotto, avrei bisogno che mi facessi un favore.» gli fece Silente.
«Certo . Mi dica pure.» acconsentì il moro.
«Gradirei che, per il momento, ciò che ci siamo detti non si spargesse troppo in giro.»
James capì il motivo per il quale Silente volesse l’assoluta riservatezza. Ma nonostante ciò la prospettiva di dover mentire ai suoi più cari amici non gli andava propriamente a genio, abituato da sempre a poter esprimersi liberamente con i Malandrini e, da poco, anche con gli altri.
«Mentire non è mai bello o giusto. Ma è necessario, almeno per il momento. Mi dai la tua parola?»
«D’accordo professore.» annuì James.
«Molto bene.»
Dopo quegli ultimi scambi di sguardi e parole, entrambi si avviarono verso la porta. Mentre scendevano le scale avvertirono dei borbottii dal piano inferiore, che terminarono non appena si accorsero dell’anziano mago e di James, che mise su la sua solita espressione malandrina camuffando l’espressione torva di poco prima.
«James!» esclamarono all’unisono i ragazzi, rallegrati nel vederlo in piedi.
«Ehi ragazzi! Siete tutti qui accidenti!» scherzò in risposta lui.
Vide il signor Weasley avvicinarsi a lui sorridendogli.
 «James, vedo con piacere che stai meglio.»
«Si signor Weasley. Mi sento molto meglio adesso.»
I ragazzi si precipitarono su di lui, abbracciandolo e scompigliandogli la chioma corvina, sinceramente contenti che il loro amico si fosse ripreso.
«Fratello!» disse rivolgendosi a Sirius. «Ce l’hai fatta a salvare la pellaccia eh?»
«Questo dovrei chiederlo io a te razza di idiota.» ribatté il Black dandogli un pugno affettuoso sulla spalla.
Era bello trovarsi lì tutti insieme, sani e salvi. Abbracciò le ragazze vicino a lui, una ad una, soffermandosi infine su una certa ragazza dai capelli rossi che lo scrutava in maniera divertita.
«Allora Evans, scommetto che in Mangiamorte se la sono data a gambe non appena ti hanno vista.»
«Ovviamente. Avevi qualche dubbio?»
«Nessuno in effetti.»
Si sorrisero per il loro consueto siparietto comico e Lily non poté che essergli grata per il tentativo di comportarsi come se non fosse successo nulla. Capì che l’unica cosa che voleva era un po’ di normalità. I suoi pensieri vennero interrotti dall’abbraccio del ragazzo, che avvolse le sua braccia intorno alla sua vita non in maniera eccessiva. Inizialmente spiazzata, la rossa rispose all’abbraccio sentendo i muscoli di Potter rilassarsi. Si staccarono dopo qualche secondo nascondendo un lieve imbarazzo che aleggiava tra loro. Ad interrompere quel momenti ci pensò Alan Prewett.
«Albus, quali sono le disposizioni ora?»
 «Tu e Augusta assicuratevi di accompagnare i ragazzi alle loro rispettive abitazioni. Per quanto riguarda il signor Potter e il signor Black, Arthur e Molly si sono offerti di ospitarli fino all’1 settembre, giorno del ritorno ad Hogwarts. Questo è quanto, per il momento.»
Poi si rivolse ai due ragazzi. «Le vostre cose sono appena arrivate nelle camere dove state alloggiando. Per quanto riguarda il funerale dei vostri genitori…» e Sirius non riuscì a trattenere un piccolo sorriso per la sua inclusione nei Potter «…avverrà tra due giorni a Godric’s Hollow.»
I due annuirono senza proferire parola. Probabilmente da soli sarebbero crollati, ma fortunatamente avrebbero potuto contare l’uno sull’aiuto dell’altro e questa prospettiva alleggeriva il dolore di entrambi. James mise una mano sulla spalla di Sirius, che si girò verso il suo fratello acquisito rispondendo al suo muto tentativo di dargli conforto. Dopo aver dato le ultime disposizioni, Albus Silente si Smaterializzò.
«Bene ragazzi, è il momento di andare anche per noi.» esordì il signor Prewett facendo cenno al gruppetto.
Un po’ a malincuore i ragazzi si avvicinarono a lui, dando gli ultimi saluti ai due amici, che in risposta misero su un sorriso forzato per evitare di farli andare via con un brutto ricordo dei loro volti.
«Ci vediamo tra due giorni.» disse Marlene salutandoli e Smaterializzandosi insieme agli altri un istante dopo.
I due lasciarono cadere le proprie maschere, i loro sorrisi svanirono e vennero rimpiazzati da un’aria afflitta.
«Siamo soli Felpato.»
«Già…siamo soli Ramoso.»
Un riferimento alla loro situazione del momento, ma anche un riferimento ciò che li avrebbe aspettati più avanti. Non ci sarebbe stato più nessun Fleamont a prenderli in giro e scherzare con loro, non ci sarebbe stata più nessuna Euphemia sorridente e severa quando si comportavano da Malandrini. Non più.
 
                                                                                                       ***
 
Lily, accompagnata da Alan Prewett e Alice, vide davanti la sé la propria casa. Provò a prepararsi psicologicamente all’interrogatorio dei genitori che le avrebbero fatto le più disparate domande sul perché la sua breve vacanza fosse già terminata. Alice le fece un sorrisetto.
«Spero che ci vadano piano.» borbottò Lily all’amica.
La Prewett rise, ma si fece seria subito dopo.
«Dovresti dirglielo. Della guerra intendo.»
«Si è vero, dovrei farlo. Ma ho paura che non la possano prendere bene. Insomma…e se non volessero più mandarmi ad Hogwarts?»
«Non succederà. Oltretutto non so per quanto potrai tenerglielo nascosto ancora.»
Lily sospirò. Doveva ammettere che Alice aveva maledettamente ragione.
Arrivarono all’entrata e il padre di Alice suonò il campanello. Ad aprire la porta ci pensò Mary Evans che, trovandosi la propria figlia accompagnata dall’uomo e da sua figlia, mise su una faccia sorpresa.
«Lily, ma cosa…non saresti dovuta rimanere fuori fino all’1 settembre?» domandò la donna.
Il signor Prewett s’intromise.
«Signora Evans mi spiace per il disturbo. Sono sicuro che Lily vi spiegherà tutto.»
La donna annuì, ringraziando Alan per averla accompagnata e salutò Alice con un sorriso e un cenno della mano. Lily entrò in casa sotto lo sguardo attento di Mary e si incamminò vicino alle scale per posare il baule e togliersi la giacca. Si accorse che una figura stava scendendo le scale in quel preciso istante: sua sorella Petunia le scoccò uno sguardo malevolo.
«Ciao Petunia.» la salutò la rossa.
«Già di ritorno? Nemmeno la compagnia degli strambi ti vuole più?» commentò aspra Petunia.
«Come sempre quella bocca di rose sputa solo veleno vero?» domandò retorica.
Petunia non si prese nemmeno la briga di rispondere e, dopo aver riservato a Lily un’ulteriore occhiataccia, corse su per le scale e si chiuse nella sua camera sbattendo la porta. La ragazza rimase a fissare il punto in cui la figura della sorella era sparita, chiedendosi ancora una volta cos’aveva fatto di male per meritare tutto quel disprezzo.
«Allora…»fece la madre. «Cos’è successo?»
Lily esitò qualche secondo prima di decidersi a parlare ma convenne che dire la verità, ormai, sarebbe stata la scelta migliore.
«Chiama papà per favore. Ho bisogno di parlare ad entrambi.»
La donna annuì e sparì dal salotto. Ritornò poco dopo seguita da un Harry Evans piuttosto curioso, il quale si stava chiedendo il motivo del ritorno della figlia minore e di cosa avrebbe parlato.
«Lily, tesoro, qualcosa non va?» domandò apprensivo Harry accomodandosi sul divano.
La ragazza prese coraggio e rispose.
«Il motivo per il quale sono tornata è che…c’è stato un attacco.» sputò fuori.
Sentì i due genitori trattenere il fiato. Continuò il discorso.
«Vedete è un periodo difficile nel mondo magico. E’ in corso una guerra a causa di un pazzo assetato di sangue che ha intenzione di uccidere tutti coloro che non posseggono il cosiddetto sangue puro. Persone come me. Non ve l’ho detto perché sicuramente vi sareste preoccupati a morte e…avevo paura che non mi lasciaste tornare ad Hogwarts. Così vi ho mentito.»
Harry e Mary si guardarono preoccupati, incapaci di riuscire a formulare una frase. Lily, in evidente difficoltà, si stava guardava le mani aspettando una reazione qualsiasi dai suoi genitori.
«E…» provò a dire il padre. «Quindi ti hanno attaccato?»
La rossa scosse la testa in risposta.
«Non era un attacco rivolto contro di me. Però ho combattuto, ho fatto del mio meglio…ma sono morte delle persone.»
La madre prese le mani della figlia tra le sue, come a volerle infondere un po’ di calore.
«Io non voglio rinunciare ad Hogwarts per questo.» dichiarò decisa. «Quindi, so che la situazione non è delle migliori ma…non voglio rinunciare ad Hogwarts.»
«Oh Lily, non potremmo mai chiederti una cosa del genere. Sappiamo quanto tieni a frequentare Hogwarts…» disse cercando l’appoggio del marito che in risposta le sorrise. «Però vorremmo la massima sincerità da te. Mi capisci?»
Lily annuì, sollevata dal tono e delle parole rassicuranti della madre.
«E’ stato orribile vero? Essere là in mezzo.» fece suo padre.
«Non puoi immaginare papà.» mormorò.
«I tuoi amici sono rimasti feriti?» chiese nuovamente.
«Non gravemente per fortuna. Due se la sono vista brutta…» commentò pensando ai due Malandrini «…e purtroppo sono morti i genitori di un mio…di due miei amici.»
«Mi dispiace.» disse Harry.
«Oh!» esclamò la Grifondoro ricordandosi di una cosa. «Tra due giorni si terranno i funerali, e io ho intenzione di andarci assolutamente. Ci andrò insieme ad Alice e suo padre. Vi dispiace?»
«Puoi andare, ma fa’ molta attenzione. Mi raccomando.» la avvertì l’uomo.
Lily si alzò e si avviò verso le scale, intenzionata ad andarsene in camera sua per riposare un po’ e mettere a tacere i pensieri.
«Vuoi che ti portiamo qualcosa tesoro?» le chiese dolcemente Mary.
«No grazie. Ho bisogno solo di riposare un po’.» rispose girandosi appena.
«Va bene. Come vuoi.» concluse la madre lasciandola libera di salire al piano superiore.
Lily aprì la porta di camera sua ed un odore familiare le investì le narici. Si buttò a peso morto sul letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto, intenta a guardare qualcosa di immaginario. Chiuse gli occhi sperando di non essere sopraffatta dagli incubi.
 
                                                                                                         ***
Albus continuò a camminare avanti e indietro nel suo ufficio alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Appena tornato dalla casa dei Weasley, non perse un solo istante per riposare le mente e fermare i propri pensieri, e cominciò quello strambo rituale che consisteva nel fare avanti e indietro mille volte. Il racconto del giovane Potter lo aveva molto colpito. Grazie a quello scontro, Voldemort sembrava essere sparito nel nulla e dei suoi Mangiamorte ne erano stati fatti prigionieri un discreto numero dopo la battaglia di Godric’s Hollow. Alastor gli aveva comunicato, poco prima, che i più pericolosi erano purtroppo ancora a piede libero. Vigilanza costante gli aveva rammentato Moody come al suo solito, sempre alimentato da quella profonda paranoia che le esperienze da Auror gli avevano donato, per così dire. In fin dei conti il suo vecchio amico aveva ragione, nonostante una inaspettata nota “positiva” di quella guerra non era assolutamente il momento di abbassare la guardia. Venne interrotto dalla sua fenice che, appollaiata sul suo giaciglio, si sgranchì le ali facendo fuoriuscire un verso stridulo dal proprio becco.
«Oh Fanny, vedo che sei annoiata e senza pensieri.» disse Silente accarezzandole la testolina piumata con il dorso della mano.
Si allontanò per raggiungere un lavabo di pietra, adornato con rune e simboli, in cui all’interno c’era una sostanza argentata e lucente.
Silente poggiò la punta della bacchetta sulla tempia destra. «Ho bisogno di schiarirmi le idee.»
Dalla tempia, nel punto dove aveva appoggiato la bacchetta, uscì una strana sostanza che si posò sul legno e che il preside fece cadere nel lavabo, chiamato Pensatoio.
«Ci metterò poco Fanny, poi ti darò qualcosa da mangiare.» dichiarò alla fenice che in risposta emise un verso.
L’anziano mago si avvicinò al Pensatoio e vi immerse la faccia per lasciarsi cadere nei ricordi.
 
 
Angolo Autore
Si, sono ancora in vita e non ho dimenticato la storia. Mi sono abbandonato alla pigrizia delle quarantena, ma in questi giorni mi sono rimesso a scrivere. Grazie a chi recensirà, seguirà o semplicemente leggerà la storia.

 
   
 
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