Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    21/04/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Custode della Pietra
 
Anthos abbrancò al collo la veggente con un movimento fulmineo, senza darle il tempo di connettere o di reagire, furente come non lo era mai stato in vita sua.
Il vento infuriò, sollevandogli il mantello in un turbine d’acqua e tempesta.
Màrsali trasalì al nuovo, letale contatto: trattenne il fiato, in attesa della stretta fatale che le avrebbe strappato la vita. Chiuse gli occhi, affidandosi alla misericordia degli dei, poiché nell’uomo che le serrava la gola in una morsa tenace non ne avvertiva alcuna. Fu invasa dalla consapevolezza che il suo fallimentare azzardo avrebbe coinvolto anche coloro che le erano cari e una lacrima le rigò la guancia esangue. Non si mosse e non rispose all’accusa. La presa incrementò, spietata.
“Anthos!!” gridò Adara, sconvolta, osservando l’impensabile e repentino variare della situazione in corso, che prima appariva quieta bonaccia.
“Che cosa credevi di fare!?” ringhiò il principe, rabbioso, stringendo ulteriormente le dita “Parla, finché te lo concedo!”.
 
Haffgan fissò a sua volta la scena, come se stesse assistendo a una rappresentazione drammatica e non alla tragica realtà, rigido e incapace di qualunque risoluzione. Un cumulo impazzito di pensieri iniziò ad affastellarglisi con disordine nella mente, mentre cercava disperatamente di fornirsi una ragione per quel drastico e inspiegabile cambio di atteggiamento da parte del sovrano.
Eppure Màrsali sapeva ciò che faceva, aveva garantito che non avrebbe consentito al suo segreto di trapelare, non poteva essere accaduto il peggio… forse il reggente aveva comunque compreso la verità in quei pochi istanti, non era difficile convincersene. Si sentì responsabile, perduto nella disperazione più buia. Avrebbe dovuto impedirlo da subito, avrebbe dovuto opporre un netto rifiuto alla pretesa del principe, avrebbe dovuto offrirsi come volontario per la lettura delle memorie e non lasciare che sua moglie rischiasse così tanto per riesumare dal pantano una stupida pietra stregata…!
 
“Sai che cosa comporta il tradimento non è vero, ragazzina?” pronunciò con fredda enfasi il sovrano del Nord, sollevando lentamente per il collo la veggente con quell’unica mano contratta.
“Anthos, lasciala andare!” esclamò la principessa, precipitandosi nella sua direzione e afferrandogli il braccio con vigore, nell’intento di ostacolarlo in quell’atto omicida “Anthos! Ti prego…!!”.
Lui non si voltò neppure. Il suo potere deflagrò all’esterno, sciolto da ogni freno volontario e nella pienezza della sua terrificante forza primordiale, scaraventandola all’indietro. Adara si accasciò tra le rovine e il fango, dolorante e incredula, fissando impotente lo scenario agghiacciante.
“Possiedi ancora le tue facoltà!” sancì lui, trapassando la fanciulla bionda con uno sguardo implacabile “Sei tanto ingenua da pensare che non me ne sarei accorto! O si è trattato più di un’arrogante dimostrazione di disprezzo? Rispondi!”.
“N-no…” esalò lei.
Anthos aumentò la pressione fisica e il corpo minuto della ragazza si contrasse in una convulsione dolorosa.
“Dalle tue risposte trarrò le debite conclusioni e deciderò se anche tuo marito è passibile della stessa pena che infliggerò a te” sentenziò aspro “Il tuo silenzio non farà che condannarlo a priori, senza opzioni, come traditore”.
La scagliò a terra, liberandola momentaneamente dalla stretta micidiale.
 
Il guardiano delle prigioni sentì l’anima andare in pezzi, ma non riuscì a muoversi di un centimetro. Pensò di essere stato intercettato e bloccato dai poteri del reggente, poi si avvide che si trattava soltanto terrore allo stato puro. Non quello di affrontare Anthos, sebbene potesse immaginare lo scontato finale di un simile, sconsiderato ardimento. Era quello di proferire o compiere la mossa sbagliata, quella che avrebbe inflitto immediatamente alla donna che amava la più terribile delle morti. Continuò a guardare il principe, come in un incubo senza fine, in un vortice di pena straziante, pietrificata e muta.
 
“Haffgan vi è fedele…” rantolò Màrsali tra le lacrime, mentre lividi violacei fiorivano sulla sua pelle candida “Non ha mai complottato contro di voi… lui non sapeva… non poteva immaginare che io avessi conservato le mie doti anche dopo che…”.
Anthos rise, cupo e spietato, scuotendo la testa.
“L’unica spiegazione che scorgo attraverso le tue stentate falsità è che il mio carceriere non ti ha mai violentata, disobbedendo ai miei ordini. Non sei capace di piegare i pensieri profondi di un essere umano o di ingannarlo, per quanto debole possa essere la sua mente. Pertanto confessa… come l’hai convinto a risparmiarti?”.
“N-non… non l’ho fatto, ve lo giuro…”.
Un’onda di furia tinta di verde si abbatté sulla fanciulla, che esplose in un grido straziante e si afflosciò, stringendosi convulsamente le mani al petto. Dalle sue vesti emanò un sottile filo di fumo, mentre stoffa e carne bruciavano.
“Desideri rivedere la tua versione?” suggerì il principe, più minaccioso che mai.
 
Adara si rialzò con fatica, rifiutandosi di restare in prima fila a osservare il marito torturare senza pietà l’amica più cara che avesse mai avuto, quella che l’aveva confortata e aiutata nei momenti più scoraggianti del suo soggiorno a Leu-Mòr. Lei, che non si era mai persa d’animo e che non aveva mai osato pronunciare alcuna parola di biasimo nei confronti dell’uomo che ora le stava infliggendo quel martirio. Che, anzi, l’aveva esortata a cercare nell’animo del principe una scintilla di umanità.
Si avvicinò lentamente, trascinandosi sul margine della voragine slabbrata di Odhran e sul confine buio del cuore impenetrabile del suo sposo, che ancora una volta aveva consentito all’oscurità annidata nel suo profondo di prevalere.
Eppure, una parte intima di lei gridava a gran voce che non poteva essere così. Difronte al male e al suo terribile manifestarsi, il Crescente si sarebbe immediatamente attivato: che fosse nella sua arroventata e incontrollabile forma cremisi o che si colorasse della sua luce bianca e delicata, avrebbe comunque dato prova di sé. Invece lo sentiva statico e quieto sotto le dita che lo toccavano con ansiosa attesa, portatrici di quesiti ancora insoluti.
Allora, non era la tenebra a muovere le azioni, pur spietate, di Anthos. Era l’orgoglio ferito di chi ha scoperto di essere stato raggirato, l’ira incontenibile di chi non può tollerare alcuna resistenza alle proprie volontà, il suo radicato desiderio di vendetta che si stava abbattendo con determinazione su chi si era macchiato di un insopportabile fallo nei suoi confronti. Di furia e dolore che scorgevano quell’unica, familiare via di fuga.
Illusa! Sei solo un’illusa! Non ti ascolterà… ti ucciderà…
“Fermati…” mormorò, come in una supplica lontana.
 
Màrsali sollevò il viso cereo, respirando a fatica, scossa dai brividi, ma non cedette né alla paura né al supplizio che le veniva imposto con lucida crudeltà. La prospettiva che Haffgan potesse subire la stessa sorte, patire il medesimo tormento le infuse il coraggio che ancora le mancava. Non lo avrebbe permesso, a costo di mentire per la prima volta nella vita, di negare la realtà.
“Mio marito…” disse con un filo di voce “Vi ha obbedito in tutto con immutata devozione… Sono ancora una veggente, ma lui non ne era al corrente. Non poteva sapere, così come voi, che una sacerdotessa continua sempre a mantenere le proprie doti… non conta se è stata posseduta da un uomo…”.
Il reggente inarcò un sopracciglio, fissandola con scarsa convinzione.
“Il fatto che tu mi creda un idiota non ti sarà d’aiuto” ringhiò con ostilità.
Tese il braccio nella sua direzione e il bagliore micidiale tornò a danzargli tra le dita, sempre più aggressivo.
“Anthos…” pregò Adara, ormai a pochi passi da lui, approssimandosi con estrema cautela “Non ti sta ingannando…”.
Le iridi dorate del principe baluginarono di rabbia, ma nel crogiolo di fiamme chiare del suo sguardo esplose una tristezza altrettanto intensa e incontenibile.
“Non ti immischiare” le disse, gelido “Con te me la vedrò dopo”.
“Morirò per prima, se lo vorrai… però non infierire su di lei. Ti scongiuro…”.
Il viso del principe fu attraversato da uno spasmo, ma continuò a guardare avanti a sé, senza dedicare alla moglie una sola goccia della propria considerazione.
“Vedrai perire lei, invece” affermò “Farà male… a entrambe”.
L’emissione energetica incrementò in un picco spaventoso, confermando il truce finale destinato alla ragazza prostrata ai suoi piedi.
“Non sta mentendo! Anthos… Dionissa è incinta!” gridò Adara, in preda alla disperazione e incapace di trovare qualunque altro argomento valido per convincerlo a desistere dalle sue efferate intenzioni.
Lui trasalì e si arrestò di scatto, sconcertato. La fissò.
“Nonostante il vincolo che le hai imposto e la malattia che la divora, nonostante la gravidanza, il suo Kalah funziona ancora! Lo sai anche tu! L’hai avvertito quando sei entrato in contatto con lei tramite l’acqua. Debole, impalpabile, provato sì… ma il dono fa ancora parte di mia sorella, che attende addirittura un figlio! Hai detto che non hai mai creduto alle leggende! Anthos… non a questa! Ti prego!”.
Il giovane tornò con la mente all’ultima immagine della principessa di Elestorya, avvolta nei veli verdi e fluenti che ne celavano l’eccessiva magrezza e… Si accigliò.
“Questo non è sufficiente” mormorò, abbassando tuttavia il braccio “Non rende perdonabile il fatto che questa mocciosa abbia cercato di sconfinare e di sondarmi con la sua chiaroveggenza! Che abbia tramato contro Iomhar!”.
“N-no” balbettò Màrsali, affranta “Io amo la mia terra…”.
“Mh. Ambiguità che non concorreranno a salvarti”.
“Io… desideravo soltanto comprendervi…”.
“Ma davvero? Che cosa di me ti è parso tanto ermetico, dopo che hai tentato di piegare a tuo vantaggio l’interpretazione del mio sogno? Non ti è stato sufficiente il blocco mistico o l’umiliazione che hai subito?”.
“Di che cosa stai parlando?” gli domandò Adara, esterrefatta.
“Questa strega dall’aria innocente ha già tentato di ingannarmi una volta” precisò il reggente “Perché non lo racconti tu stessa alla tua regina, eh veggente?”.
Màrsali sbiancò ulteriormente e il solo pensare di rivelare ciò che del futuro aveva inteso quando aveva decodificato l’incubo del principe, le assestò una stilettata penosa e rovente. Gemette faticosamente, portandosi la mano alle labbra.
“È doloroso, vero?” sogghignò Anthos, seguito dallo sguardo atterrito di Adara “Sai bene che la tua sofferenza non può che accrescersi, lo vedo dal terrore che stai provando”.
“N-non… non era una bugia…” ansimò la fanciulla, ormai allo stremo delle forze.
 
Haffgan si riscosse dal torpore cui le inutili riflessioni sul come intervenire in quel frangente disperato lo avevano condotto. Dunque era quello il motivo per cui sua moglie talvolta veniva colta da un malore inspiegabile, che le impediva di rivelare quanto aveva scorto nel destino del mondo. Nient’altro che un perfido incantesimo che le sigillava la bocca e la mortificava, intralciando il compito per il quale stava sacrificando se stessa e che aveva giurato di portare a termine per altruismo, per generosità. Un divieto, che la tratteneva dall’esporre quanto il mondo onirico celato nelle visioni del reggente potesse influire sulla Profezia e sulle vite di tutti loro.
Màrsali avrebbe dovuto continuare a vivere ed essere affrancata dal quel patimento ingiusto. Assistere la principessa di Elestorya e aiutarla a sconfiggere l’ombra, persino se l’origine di essa non fosse stata altro che la creatura malvagia che aveva usurpato il trono del Nord.
Il vero, biasimevole reo era lui, il custode delle prigioni, che non aveva saputo proteggere la sola persona che lo avesse mai amato. L’unica che era stata in grado di restituire il sangue al suo cuore avvizzito dall’inferno sotterraneo di cui era divenuto guardiano.
 
“Persisti nella tua ostinazione persino difronte alla morte!” sferzò Anthos, socchiudendo le palpebre come una belva in attesa “Come spiegheresti il fatto che la mia visione sia mutata, sebbene io non sia mai stato intenzionato né a cambiare i miei intenti né tantomeno a seguire i tuoi consigli?”.
“C-cosa…?” sussurrò la veggente, sbarrando gli occhi azzurri “Mio signore, vi prego… vi fornirò qualunque aiuto desideriate…”.
“Sì, lo farai. Ma a modo mio” la interruppe il principe, avvicinandosi pericolosamente.
“Anthos!” esclamò ancora Adara, pensando a una sua nuova evocazione di energia letale, che avrebbe assestato il colpo di grazia alla sfortunata fanciulla.
Lui la ignorò, piegò un ginocchio a terra e appoggiò sulla bocca tremante di Màrsali indice e medio congiunti, così come nell’occasione precedente.
Le lacrime ripresero a scorrere sul volto pallido di lei, inarrestabili.
“Sei libera” sancì tuttavia il reggente, incrociando le braccia sul petto “Fammi sentire che cosa mi attenderebbe ora, secondo te. Cerca di essere più convincente della scorsa volta o il dolore che hai provato sino ad oggi ti sembrerà miele a confronto”.
Màrsali ascoltò con trepidante angoscia l’esposizione del nuovo scenario dell’incubo. Pochi dettagli erano variati, ma erano più che sufficienti a scandire un destino parimenti oscuro e, se possibile, ancora più devastante. Il terrore le si riversò nelle vene, facendola intirizzire come se il gelo del Nord fosse improvvisamente raddoppiato. Prese a tremare e a piangere senza riuscire a trattenersi.
“Dai un taglio alla sceneggiata” sibilò il principe, tutt’altro che comprensivo.
“Altezza reale…” sussurrò la giovane bionda, sconvolta “E voi, principessa… vi supplico di credermi, non potrei mai proferire il falso… l’oscurità ha quasi ottenuto il dominio…”.
“Non è necessaria un’indovina per comprenderlo” tranciò Anthos, spazientito.
“Mio signore…” continuò lei “Il vostro sogno si è alterato perché il rifiuto che avete opposto alla Profezia e le fatali conseguenze che ne derivano si sono ingigantiti. Ora non è più soltanto un vostro dilemma quello di redimere i Due Regni dal male che li ha avvolti, poiché al vostro fianco c’è la donna che avete sposato… Qualunque scelta vi riserverete, essa coinvolgerà anche colei che si è indissolubilmente legata a voi per scelta. Se non porrete argine all’apocalisse, rifiutando di salvare Iomhar dal fato in cui l’avete sprofondata, se persevererete nel vostro progetto personale, vostra moglie morirà… accadrà, con voi o per voi. Vi prego… vi prego, maestà… non lasciate che questo succeda! Non alla vostra sposa! Aiutateci!”.
Adara spalancò gli occhi scuri e rimase in silenzio, stordita, fissando il viso rigato di lacrime dell’amica, che aveva vaticinato la peggiore delle sorti immaginabili.
Anthos divenne terreo. Non appena Màrsali tacque, disintegrata a sua volta dal travaglio di quanto si era tracciato nel futuro come un evento ormai inevitabile, una ruga marcata gli si delineò tra le sopracciglia
Le sue iridi d’ambra lampeggiarono irreali tra le gocce di pioggia che continuavano a precipitare ostinate dal cielo fosco. Strinse i pugni tra le braccia conserte.
Sì. Ci aveva pensato prima di allora… non era uno sprovveduto.
Ishkur non avrebbe certo rinunciato a carpire la vita della principessa, come aveva più volte osato, forse per timore di Leuhan o di qualcosa che neppure il dannato Testo Sacro era stato in grado di presumere. Attribuire quell’eventuale, odiosa e scongiurabile responsabilità al Nemico non lo aveva mai fatto sentire imputabile, solo obbligato a non abbassare la guardia, a vegliare.
Le parole struggenti della veggente, invece, lo stavano trasportando all’interno di una prospettiva diversa e mai considerata: che proprio le sue scelte private, il suo agire diretto avrebbero condotto Adara alla morte. Non più una minaccia esterna e arginabile, bensì ciò che sgorgava dalla sua interiorità più profonda, dal rancore che lo muoveva, dall’orgoglio che lo portava a non voler più dialogare neppure con se stesso, dalla crepa d’ombra che gli incideva l’anima.
Conoscere quella tragica realtà avrebbe cambiato qualcosa in lui? No. Non sarebbe mutato più nulla… ciò che della sua essenza si era trasformato lo aveva già fatto indipendentemente da quella presa di coscienza, che aveva sortito tuttavia l’effetto di una doccia gelata. Sarebbe stato il non volerlo accettare, il rifiuto di riconoscerlo come parte profonda di sé a portare la donna che aveva sposato alla fine. Sarebbe stato l’unico colpevole… e quella nuova melodia spandeva tutt’altro suono.
Fece per ribattere, sprezzante, ma qualcosa lo sfiorò, arrestandolo.
Le braccia di Adara gli scesero lungo gli omeri e gli si allacciarono al petto, cingendolo con una dolcezza disarmante. Sussultò, irrigidendosi.
“Non ho paura” gli sussurrò all’orecchio “Se il mio destino è quello che Màrsali ha indicato, lo accetterò, seppur senza resa pregressa. Ma tu, Anthos, se dovesse accadere non seguirmi… non voglio, non potrei sopportarlo. Apri il tuo cuore, il futuro dei Due Regni dipende esclusivamente da te… ne sei conscio, altrimenti non saresti incalzato dal medesimo incubo quasi ogni notte e non ti sarebbe importato affatto conoscere il senso di ciò che ti è apparso. Salva Iomhar, ti prego… salva noi tutti!”.
Il principe impiegò tutte le proprie risorse per riordinare il concitato tumulto dei propri ragionamenti, che gli stavano investendo il luogo sbagliato dell’io.
“Avresti dovuto accettare la proposta di Irkalla, invece!” mormorò, spostando lo sguardo su di lei “Andartene con lui e lasciare in pace me! Sarebbe stata la decisione più saggia, più logica, perché io… io non rinuncerò mai a quanto mi sono prefissato! Io non sono ricattabile!”.
“Forse…” riprese lei, cingendolo con più calore, appoggiandosi a lui che restò inginocchiato nel fango “Ma se comunque tu avessi ragione, esistono scelte che non potrebbero mai dipendere dalla mera razionalità. Ho giurato di rimanerti accanto, così avverrà. Se ci sei tu, non ho paura”.
“È ciò che vuoi farmi credere” ribatté il reggente, implacabile “Non pensare possa importarmi di te al di là del fine che non ti ho mai nascosto”.
Vibrò di dolore e di sconforto nel contatto di lei, impedendosi di mostrare quell’emotività intollerabile che lo attraversava: la sua anima rifiutò di abbandonare la posizione che aveva assunto, l’unica che le apparteneva davvero e quella dissonanza, passandogli attraverso, lo rese ancor più furioso.
Si liberò dall’abbraccio sotto gli occhi increduli di Màrsali, che aveva seguito lo scambio con trepidante speranza, e si rialzò.
“E poiché ritengo che questa intrigante ragazzina stia rimescolando le carte e l’autenticità degli eventi nel modo che le è più conveniente” sancì duro “Mi approprierò dei suoi pensieri presenti e passati. Leggerò ogni singolo proposito per scoprire l’uso che ha fatto del suo mai perduto potere!”.
La veggente trattenne il fiato, certa di non essere in grado di opporsi a lui, che avrebbe scoperchiato ogni verità che gli era stata taciuta per prudenza e per timore. Ma forse, in quel modo, avrebbe parimenti constatato che la sua assoluta fedeltà a Iomhar, alla principessa, al reggente stesso non poteva essere messa in discussione. Neppure se i mezzi che aveva scelto per dimostrarla e perseguirla erano lontani anni luce dalle consuetudini del principe, addirittura opposti alle sue ambizioni e stridenti con l’obiettivo che stava vantando. Così la sua morte, nel luogo in cui era venuta al mondo, non sarebbe stata vana.
“Non c’è nulla che io voglia occultare” disse, ferma, offrendosi spontaneamente alla connessione spirituale “Non opporrò alcuna resistenza”.
“Lieto di sentirlo” restituì lui aspro, sogghignando “Ma per ottenere quello che voglio, l’incanto dell’acqua non servirà. Sarà il mio potere puro a sondarti e brucerà la tua vita. Più esso s’inoltrerà nella tua essenza ultima, più tu ti estinguerai”.
L’affermazione deflagrò nella mente di Adara come un boato. Perché? Perché l’Imis’eli se ne restava quieto e insensibile? Non era forse difronte a un’esistenza da custodire dal male? Perché Anthos era tanto deciso a stroncare ogni scintilla di Màrsali e rifiutava di credere in qualunque altro essere umano?
“Prendete me!”
Una voce alle sue spalle la fece volgere di scatto. Il principe si girò nella sua stessa direzione, aggrottando la fronte con disappunto.
“L’unico vero colpevole sono io, mio signore. Mia moglie è innocente, sono pronto a giurarlo sul mio sangue” disse il guardiano delle prigioni, inginocchiandosi ai piedi del sovrano “Se amare un altro essere umano più della propria vita è ascrivibile a una mancanza, non esiste nessuno che, più di me, meriti la morte”.
La fanciulla bionda sbarrò gli occhi, percossa dal dolore che quelle parole appassionate conducevano inevitabilmente con loro.
“Che diavolo stai farneticando, Haffgan?” ringhiò il reggente.
“Non ho potuto, mi dispiace… non ho potuto farle del male. Ho trasgredito le vostre disposizioni, maestà… poco vale ammettere che l’ho fatto perché nello sguardo di quella donna ho ritrovato i brandelli dell’umanità che il fondo nero delle carceri mi aveva strappato dall’anima. Consideratemi come il più sleale degli impostori, perché nel suo sorriso si sono riaccese tutte le speranze che si erano smorzate nel gelo di quest’inverno senza fine… perché, anziché violare il suo corpo e disonorarla, ho deciso di sposarla, di fare in modo che fosse la metà di me, di proteggerla e perché voglio continuare a farlo per sempre. Decidetelo voi, altezza, se amare quella donna con tutto me stesso e la sfortunata Iomhar insieme con lei può essere la prova suprema del mio tradimento. Accetterò qualunque penitenza, ma vi prego… vi prego, risparmiate Màrsali, che non ha mai teso un dito contro di voi e contro la nostra terra. A costo di combattere dissennatamente contro di voi, la difenderò fino all’ultimo respiro. Perciò prendete la misera vita che ora vi offro… non esitate”.
“Kesthar… no…! Non farlo!”.
La veggente si trascinò con fatica verso di lui, rifugiandosi nel suo abbraccio, scuotendo la testa nel disperato e inutile tentativo di dissuaderlo. Il demone delle carceri la strinse con le mani enormi, facendola quasi sparire nella cappa scura che indossava come un monito, mentre le lacrime a lungo trattenute e mai versate si univano a quelle di lei nell’addio straziante che stava pronunciando.
“Kesthar… vattene, ti scongiuro…”.
Adara dovette fare appello a tutte le proprie forze, sovrastata dalla commozione straripante, dall’intollerabilità di quel sacrificio congiunto; il coraggio indomito che scorse nelle due persone inginocchiate nella melma le diede la spinta necessaria.
Si spostò nuovamente verso Anthos e lo avvinse, appoggiandosi al suo petto, trattenendolo, decisa a rivelargli l’unica verità che forse sarebbe stata in grado di fermarlo, di attrarlo. Se lui le avesse creduto… se si fosse fidato…
Lui non reagì al contatto. Sul suo volto transitò una sofferenza antica come l’universo, che trascolorò lenta in una sorta di rassegnato abbandono, per poi sfociare in uno stupore immenso. Spalancò gli occhi, irrigidendosi.
“Come… l’hai chiamato?” domandò incredulo, fissando la ragazza bionda che si aggrappava all’uomo che si sarebbe immolato per lei.
Nello stesso modo in cui, lo sentiva, Adara si stava artigliando tenacemente a lui.
Màrsali sollevò il viso dalla spalla del marito, altrettanto sorpresa.
“Kesthar…” mormorò con un filo di voce “Il suo vero nome è Kesthar”.
Il principe li osservò come se li vedesse per la prima volta, serrato in una marea di riflessioni inestricabili. Adara lo sentì sospirare lieve e la tensione che gli aveva contratto le membra si sciolse all’improvviso. Abbassò le braccia lungo i fianchi.
“Custode…” pronunciò, interrompendo il silenzio carico di aspettativa “Nella lingua arcaica kesthar significa custode. Il depositario della Gemma del Cielo sei tu. Nessun altro avrebbe il diritto di portare tale appellativo”.
Haffgan rimase impietrito.
“I-io?” balbettò dopo una lunga esitazione “Io non… è impossibile…”.
Si sforzò di individuare un qualunque frammento del proprio passato, utile a confermare quanto aveva appena udito e non ne venne a capo. Doveva trattarsi di un equivoco, sì. Suo nonno Niaal gli aveva affibbiato quel nome altisonante per onorare la leggenda che usava raccontare almeno una volta al giorno, non per altra ragione. Non poteva essere lui il Custode.
“Hai perso i ricordi, Kesthar di Odhran?” domandò Anthos, impassibile.
“No… no, altezza. Sono nebulosi e remoti, come se da qui stessi osservando un’altra esistenza ormai conclusa… ma rammento perfettamente che, prima di diventare il carceriere di Jarlath, ero un semplice maniscalco. Non sono mai stato a Leabharlann e non ho mai posseduto alcun prezioso. Nessuno mi ha mai investito di tale incarico”.
Il principe estrasse il Medaglione dagli abiti e lo esibì alla luce languente del Nord.
“Le chiamano Gemme, yamhnai, per pura deferenza” spiegò, quasi dileggiando l’amuleto con l’espressione sarcastica del volto “Ma come vedi appaiono alla stregua di semplici pietre colorate. Quella che cerco è blu scura, somigliante alle due che rimangono”.
Haffgan scosse la testa, pur fissando il famigerato ciondolo intarsiato con curiosa ammirazione e reverenziale timore.
“Mio nonno era capace di eseguire lavori raffinati a differenza mia, sebbene non fosse un orafo di professione. Ma lavorava su sporadica commissione e non ha mai tenuto nulla per sé. Se è come dite, può aver lasciato la Pietra a qualcun altro…”.
Anthos inarcò un sopracciglio, irritato.
“Kesthar!” esclamò improvvisamente Màrsali, illuminandosi “L’anello!”.
Il demone guardiano trasalì e sollevò istintivamente la mano sinistra, al cui anulare baluginava il gioiello che lei gli aveva infilato il giorno delle loro nozze. La ragazza aveva avuto occasione di osservarlo più di una volta, sorridendo per il fatto che il pollice enorme del marito non gli consentisse di portarlo al dito corretto.
“Questo?” fece, sorpreso “Ma la pietra è nera e la sua forma è diversa da…”.
“Mostramelo” ordinò il reggente, stendendo il braccio.
Haffgan aggrottò la fronte, poco propenso a separarsi dall’unico ricordo del nonno per consegnarlo proprio all’uomo che aveva tormentato sua moglie fino a un attimo prima e che non aveva minimamente assicurato di risparmiare alcuno di loro. La guardò in cerca di un muto suggerimento. Lei sorrise, serena.
“Daglielo” lo esortò, stringendogli con affetto la mano nella propria “Se è questa la pietra che il principe cerca, essa gli appartiene di diritto e tu sei colui che l’ha custodita affinché ciò avvenisse, pur non consapevole. Senza la Gemma del Cielo, non potrà trovare il Nemico… e neppure porre fine all’oscurità che ci minaccia”.
Haffgan assentì suo malgrado e si sfilò il monile con un certo impegno.
“È soltanto un cimelio” ripeté, poco convinto “Mio nonno ha addirittura inciso la sua iniziale sul retro. Non è certo degno del vostro Medaglione”.
Anthos rigirò l’oggetto sul palmo della mano, illuminandolo con il bagliore del proprio potere per distinguerne meglio i particolari. La pietra scura, trapassata da quella luce intensa, mandò un bagliore decisamente blu.
Nimos” articolò il reggente, osservando la minuscola N cesellata nell’oro ormai consumato “Significa cielo nella lingua antica. Non è la cifra di tuo nonno”.
Kesthar trasalì, perdendo parte della propria sicurezza.
“Tu pensi che sia la vera Pietra del Cielo?” domandò Adara, dando voce al tacito quesito di tutti “Esiste un modo per appurarlo con certezza?”.
“Uno oltre alla convinzione che mi giunge attraverso l’energia che essa emana” replicò il reggente, quasi divertito “Si chiama prova dello stolto”.
La principessa pensò che la stesse prendendo in giro, ma prima che potesse ribattere lui chiuse la mano intorno all’anello e l’incastonatura si incrinò con un suono metallico, liberando in un sussulto la pietra dall’abbraccio giallo dell’oro.
Anthos la raccolse e la inserì nella cavità dell’amuleto rimasta orfana, incastrandola perfettamente senza forzare la giunzione.
Per un istante, tutto rimase come in sospeso.
Poi il Medaglione effuse un bagliore aureo che rifulse nell’aria, riverberandosi come un’eco vibrante. Un la destinato a chi avrebbe dovuto percepirne il vero significato. Una minaccia, una presa di coscienza che attendeva, sigillata da tempo immemore e da una volontà aliena. Forse, un finale non scontato. Un imprevisto.
Il reggente aggrottò la fronte, come se qualcosa non lo convincesse appieno.
Adara strizzò gli occhi per distinguere l’aspetto del gioiello del Nord e constatò che era tornato identico a quello che suo marito aveva sempre portato al collo. Si domandò se la pietra fosse proprio quella che cercava, se fosse cambiato qualcosa che lei non era evidentemente in grado di identificare, dal momento che il Crescente non aveva palesato alcuna reazione alla novità. Si chiese soprattutto se la mezzaluna tatuata avrebbe continuato a respingere l’uomo che aveva sposato, ora che il Medaglione si presentava completo.
Le iridi d’ambra del principe si inchiodarono su di lei, latrici del medesimo, indubitabile interrogativo. Altrimenti non l’avrebbe guardata così… altrimenti la sua mano libera non sarebbe impercettibilmente salita a sfiorarle la schiena.
Quella stessa notte, ne era certa, Anthos avrebbe sciolto il suo dilemma.
“È originale” asserì lui, privo di esitazioni, abbandonando il ciondolo sul petto “Ti restituisco l’anello, Kesthar di Odhran. E con esso la possibilità di continuare a respirare, come ricompensa per aver svolto il tuo pur inconsapevole compito”.
Il Custode scosse il capo, ancora sconvolto dalla folle successione degli eventi.
“È la vita di Màrsali che vi imploro di risparmiare, non la mia”.
Il reggente si incupì e fece per replicare, ma qualcosa lo distolse.
Una presenza maligna e corrotta, come una macchia vischiosa e putrida nell’aria.
La luce del giorno si affievolì, divenendo violacea, sporcata da un’essenza venefica che impregnò l’esistente.
Il Crescente pulsò all’improvviso, iracondo sotto le vesti della principessa.
Deamhan…” mormorò Anthos serrando i pugni
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott