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Autore: Kiki87    01/05/2020    1 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17
Mi salverai, vero? [...]
Sarò felice, vero?
 
Mi renderai completa, vero?
Allora la mia vita potrà finalmente iniziare.
Sarò degna di valore, vero? [...]
 
Queste preziose illusioni nella mia mente
non mi hanno abbandonato quando ero indifesa
e separarsi da loro è come separarsi
da migliori amici invisibili.
 
Ma adesso non funzioneranno come in passato,
perché voglio scegliere
tra la sopravvivenza e la gioia immensa
e sebbene sappia chi non sono,
ancora non so chi sono,
ma so che non continuerò
a far la parte della vittima.
 
Questo anello mi sarà ancora d'aiuto,
come lo sarai tu, principe azzurro.
 
Precious Illusions – Alanis Morissette[1]
 
 
Non avevo mai vissuto una simile tensione, neppure nell'attesa della sessione di laurea. Mancava circa un mese allo spettacolo, ma cercavo di non soffermarmi troppo su quel pensiero e mi impegnavo con tutte le mie forze e la mia buona volontà. Era tuttavia difficile ignorare quel countdown, soprattutto quando Lupin ci proponeva di indossare gli abiti di scena o il parrucchiere, ingaggiato dall'Accademia, mi prendeva da parte per valutare le acconciature che avrei dovuto esibire nel corso della serata. Era emozionante osservarsi allo specchio e avere la sensazione di appartenere realmente a quell'epoca storica che avevo amato attraverso i romanzi, i saggi storici e gli sceneggiati televisivi. 
Mi riscossi nel sentire la voce di Amy che aveva lanciato un'occhiata alla porta d'ingresso. “Ma le hai mandato la posizione?”
Mi sentivo “una traditrice”, seppur non avessi alcun obbligo a consumare dei pasti soltanto nel locale in cui lavoravo. La mia amica, coerente alla sua decisione di non tornare alla Camera dei Segreti, aveva cercato in rete, consultando anche le recensioni, e ci aveva proposto quella sala da the: Madam Puddifoot's Tea Shop[2]. Ero rimasta quasi shockata di fronte all'atmosfera che si riusciva a respirare fin dai primi secondi: era tutto l'opposto del locale di Riddle, ma mi ricordava in modo quasi inquietante gli abiti della signora Umbridge per la scelta dei trini e dei merletti che adornavano i tavolini rotondi. La proprietaria era una donna molto affabile e le poltroncine su cui sedevamo erano molto confortevoli. Sembrava il rifugio ideale per le coppiette, viste le luci soffuse e la zona poco trafficata. Compresi che se ne era accorta anche l’altra (a giudicare da come alzava gli occhi al cielo o sbuffava nello scorgere simili atteggiamenti) ma era ben lungi dall'ammetterlo. Luna, come sempre imperturbabile, stava consultando la pagina dell'oroscopo di una rivista che aveva trovato all'ingresso. Ridacchiava tra sé e sé e scuoteva il capo di fronte a delle inesattezze che la curatrice della rubrica aveva scritto sulle “lune di Giove” o sull'influenza nefasta di qualche pianeta su un particolare segno. Io avevo già consultato il menù e dovevo ammettere che c'era un impressionante ventaglio di scelte: pregiate miscele di the e deliziosi dolcetti, dai biscotti allo zenzero, ai croissant farciti, fino alle torte di zucca.
Controllai il cellulare e inarcai le sopracciglia: non era da Morgana farsi aspettare, soprattutto senza avvisare. “Dai, mandale un messaggio!” mi incalzò Amy.
“Hai fretta?” le domandai in tono perplesso, considerando che era stata lei a proporre quell'incontro.
“No!” mi rispose bruscamente. “É che mi danno fastidio i ritardatari, lo sai”.
Aggrottai le sopracciglia: io stessa mi ritenevo una persona molto rispettosa su quel versante, ma credevo che quella reazione fosse piuttosto esagerata.
Allora? Le scrivi o devo farlo io?” insistette con le braccia incrociate al petto.
“Ma perché siete tutti così nervosi oggi?! C'è qualcosa nell'aria che ignoro?” domandai, quasi sperando che Luna mi illuminasse. Scossi il capo. “Persino Coulson era fuori di sé”.
 
Quella mattina c’era stato il pienone fin dalla colazione: soprattutto bambini coi genitori o gruppi di amiche che si concedevano un po' di tempo insieme, prima di andare al lavoro. Stavo ancora lustrando il bancone, ma sospirai nel sentire l'ennesima tiritera di Rankin che, in quel momento, stava dando il tormento ai colleghi che stavano sparecchiando e pulendo i tavoli, approfittando di quel momento di quiete. La povera Hannah, di temperamento tanto insicuro e sensibile, aveva le guance imporporate per l'ennesimo richiamo. Persino Christian cominciava a dare segnali di esasperazione: aveva chiesto cortesemente a Rankin di non vessare la ragazza, ma quest'ultimo lo prese di mira. “Ma quanto ci metti?!” lo incalzò con le mani sui fianchi e la voce petulante. “Hai visto quanti tavoli dovete ancora pulire?!” indicò la sala con le braccia aperte.
Strappò dalla mano della giovane il panno per mostrare i movimenti, a suo dire, più corretti ed efficienti. “Visto?” si rivolse anche a Christian che, per la distrazione, quasi si lasciò cadere di mano una tazzina. Fortunatamente riuscì a recuperarla con degli ottimi riflessi, ma ciò non gli risparmiò l'ennesimo rimbrotto. “Ma che cos'hai questa mattina, si può sapere?! Meno male che non guidi, o chissà quanti incidenti causeresti...”
“Rankin... ” mi sentii in dovere di intervenire. “Lasciali lavorare-”
Rimasi senza parole, quando mi accorsi dell'espressione sul volto di Coulson: aveva le sopracciglia aggrottate e gli occhi sgranati. Lentamente, un sorriso sardonico gli increspò le labbra. Ma anziché ammorbidirne i lineamenti, sembrò renderli meno gradevoli, quasi inquietanti. “Guarda come sono veloce adesso, Rankin!” gli disse in un sibilo. Con un movimento rapido, spinse un set di piattini, tazze, cucchiai e forchette da un lato, rovesciandolo sul pavimento di proposito[3]. Il rumore dei cocci infranti sembrò simile a quello di uno sparo e tutti ci bloccammo con espressione shockata, compreso il despota della situazione che era istintivamente indietreggiato.
La stessa Madama Bumb parve incredula di fronte alla spiegazione ricevuta, ma con tono brusco invitò il responsabile a pulire il disastro, promettendogli che avrebbe riferito tutto a Riddle.
“Naturalmente” fu la sua tranquilla risposta. “Chiedo scusa, non si ripeterà più”.
Non mi sorprese sentire Riddle alzare la voce, nonostante si fossero chiusi nel suo studio, ma non volle convocare Rankin per avere la sua testimonianza, cosa di cui quest'ultimo sembrò molto deluso. All'uscita, mi accorsi che il cognome Coulson era stato depennato dalla lista per la competizione al “dipendente del mese”.
 
Avevo descritto loro la scena nella maniera più esaustiva possibile per rendere l'aneddoto ancora più accattivante. Luna aveva persino smesso di leggere e aveva assunto un'espressione concentrata.
“Sapete di che segno sia quel ragazzo?”
Scossi il capo per farle intendere che non ne avessi la benché minima idea, ma mi stranii nel notare che Amy, ben lungi dall'essere divertita, si era infuriata.
“Mi stai dicendo che non l'ha licenziato?!” mi domandò conferma con le sopracciglia aggrottate e il viso arrossato. “Veramente?!” La voce divenne stridula, come ogni volta che era in procinto di perdere il controllo. “Io sono stata trattata come una merda! E solo perché volevo aiutare Neville! E mi conosceva da anni!” continuò la sua sfuriata, facendomi rimpiangere amaramente di aver avuto la brillante idea di raccontarle tutto, nella speranza di distrarla dal pensiero di Morgana. “Quello stronzo è arrivato da due giorni, fa i turni a suo piacimento, rompe deliberatamente un servizio intero e non prende neppure una sospensione! Quello stronzo!” concluse quasi in falsetto. Era impressionante la quantità di parole che riusciva a pronunciare in un solo fiato, anche quando era agitata. Il suo range vocale raggiungeva note altissime che avrebbero destato l'invidia persino di una cantante lirica.
“Come sarebbe a dire « quello stronzo »?” domandai in un sussurro per non attirare ulteriormente l'attenzione altrui. Trovavo più che giustificabile che fosse ancora risentita per il trattamento ingiusto riservatole da Riddle, ma non riuscivo a spiegarmi perché si era così accalorata contro un collega con il quale non c'era mai stato un vero e proprio dialogo, se non dei cordiali saluti.
“SONO TUTTI STRONZI!” ribadì prontamente, attirando l'attenzione di altri tavoli e inducendomi a sprofondare maggiormente nella poltroncina, quasi volessi sotterrarmi. “Come fai a non indignarti?!” mi incalzò. “É un'evidente discriminazione di genere! Noi abbiamo rischiato il licenziamento per molto meno!”
“Non stai esagerando?” le domandai, pur sapendo che stavo rischiando di farla ulteriormente sbottare. “Christian è sempre stato l'essenza della quiete e conosci Rankin meglio di me... e poi, scusa, perché ce l'hai tanto con lui?”
“E perché tu invece lo difendi?!” mi interrogò aspramente. “É uno dei tanti raccomandati e ha pure gli scatti da psicopatico, magari si scopre che lui e Riddle sono parenti!”
Sospirai. In tutta onestà non mi sentivo tanto migliore del collega, considerando alcuni episodi della mia storia lavorativa in quel pub, ma ritenevo plausibile che il datore di lavoro avesse considerato il temperamento del suo dipendente che era stato irreprensibile fino a quel momento. Dopotutto una giornata storta capitava a tutti, persino alle persone notoriamente più pacate. “Capisco che tu sia ancora offesa, come è giusto che sia... ma non hai motivo per avercela così tanto con lui. Non ti aveva anche ritrovato il braccialetto che avevi perso?”
Si trattava di un monile con un ciondolo che rappresentava una chiave di violino a cui era particolarmente legata e che aveva perso qualche mese prima, quando eravamo ancora colleghe. Si era rivolta a tutto lo staff, persino ai magazzinieri, ma era stato proprio Coulson a ritrovarlo e a restituirglielo.
E questo che vuol dire?” Aveva una replica pronta per smontare ogni mia obiezione. “Avrebbe potuto trovarlo chiunque! No, te lo dico io: o ha ricevuto un bel calcio nel culo per essere assunto, oppure è parente di Riddle! Altrimenti non si spiega!”
Inarcai le sopracciglia. “Mi stai nascondendo qualcosa?”
“Un bel niente! Odio tutti i maschi, sono tutti stronzi! Fanculo tutti!” ripeté e, per lo scorno, lasciò cadere il menù sul tavolino come se anche quell'oggetto le avesse fatto un grave torto.
“Hai controllato il suo oroscopo, Luna?” domandai alla biondina, quasi nella speranza che potesse asserire qualcosa di positivo che ne migliorasse l'umore.
“Naturalmente” rispose lei con la sua voce velata e lievemente trasognata. “Lei e il tristo figuro si stanno avvicinando sempre di più, ma sfortunatamente le loro aure non sono ancora in sincronia... ” spiegò con la tipica serietà.
La sua coinquilina, a giudicare dallo sguardo sdegnato, era in procinto di una nuova invettiva, ma fu con autentico sollievo che riconobbi una silhouette familiare. “Ecco Morgana!” la indicai con un cenno del mento.
La nuova arrivata appariva basita nello scrutare quel nuovo ambiente, forse domandandosi se si trovasse nel luogo giusto ma, dopo averci individuato, camminò rapidamente verso di noi. Mi accorsi, con maggiore perplessità, che si stava trascinando dietro Sean che appariva piuttosto esasperato.  Nel weekend uscivamo spesso in una compagnia allargata, ma durante la settimana preferivamo degli incontri tra ragazze che erano più idonei a scambiarci aggiornamenti, pettegolezzi o lamentele sul lavoro o sulle nuove conoscenze.
“Finalmente!” l'accolse Amy, con le guance ancora arrossate per lo sfogo precedente. Sperai con tutto il cuore che le due non cominciassero a pizzicarsi subito. Osservò a sua volta Sean con espressione confusa. “Dobbiamo aggiungere una sedia”.
“Non mi trattengo, tranquille” precisò Sean, con le mani sollevate, dopo averci rivolto un saluto generale. Avrei giurato che fosse impaziente di andarsene.
“Va tutto bene?” gli domandai.
Lui mi scrutò con espressione assorta e si passò una mano tra i capelli: era evidente che stava scegliendo le giuste parole. Morgana, che aveva appoggiato di malagrazia la sua borsa sulla sedia vuota, levò gli occhi al cielo e gli rivolse uno sguardo minaccioso. “Avanti, diglielo o glielo dico io” lo pressò.
Mi rivolse uno sguardo contrito e colpevole. Luna abbandonò del tutto la sua lettura e scrutò Sean con tanto d'occhi, quasi fosse una qualche creatura magica che non aveva considerato fino a quel momento con la dovuta attenzione.
“Devo dirti una cosa, Sarah, ma spero che non salterai subito alle conclusioni più nefaste... ” esordì in tono cauto che non fece che alimentare la mia tensione.  “Non vorrei mai causare qualche guaio tra te-”
Morgana lo interruppe: “Emma ha messo gli occhi su Bradley!” dichiarò con voce stentorea.
Mi mancò il fiato e sbattei le palpebre a più riprese, ma fu Amy la prima a reagire, serrando i pugni e guardando la coppia con sopracciglia aggrottate. “Quella maledettissima serpe!” strillò. “Che cos'ha fatto stavolta?!”
Sean guardò la sua ragazza con espressione di rimprovero, prima di appoggiarmi la mano sul braccio. “Questo è quello che sta deducendo lei” precisò. “Io ho solo visto che Emma stava entrando nel suo ufficio”.
“Non è una semplice ipotesi, è evidente che stia tramando qualcosa!” rincarò la moretta.
“Strega maledetta, stronza!” cominciò a squittire Amy con sempre più vigore, prima di assumere un'espressione seria e profondamente concentrata. “É l'occasione perfetta: si vendica di te, di Tom che ne era geloso e ci guadagna anche perché è un bel ragazzo. Prendi 3 e paghi 1!”.
Bernie ha ragione![4]” la plaudì Morgana. In simili circostanze il loro modo di pensare era pressoché lo stesso.
Il ragazzo scosse il capo e continuò a osservarmi con espressione incoraggiante. “State dimenticando che Bradley è dotato di libero arbitrio e ha già inquadrato Emma da tempo”.
“E tu non dici niente?” mi interpellò Amy.
Mi sentivo come se fossi immersa in una bolla di sapone e le loro voci mi giungessero da molto lontano, ma Morgana mi ghermì il braccio, cercando di farmi alzare. “Adesso noi torniamo a casa e ti aiuto a metterti in tiro. Poi ti presenti a casa di Bradley, con il pretesto di fargli una sorpresa, e ti fai raccontare tutto”.
Mi liberai gentilmente della sua stretta e scossi il capo: “Vi ringrazio del vostro interessamento, ma non ho bisogno di tendere un agguato a Bradley... ” risposi in tono cauto, cercando di tranquillizzarli. Soprattutto Sean che era in particolare difficoltà di fronte a quelle cospirazioni femminili. 
“Come?!” mi domandò Morgana incredula.
“Allora andiamo noi a occuparci della megera!” suggerì Amy con enfasi, quasi avesse il bisogno spasmodico di dirottare la sua rabbia verso qualcuno. Preferibilmente una persona a lei sgradita.
Dovevo ammettere che l'idea di un colloquio privato tra loro mi confondeva e non mi lasciava presagire nulla di buono. Tuttavia non dovevo temere che gettasse del fango su di me, perché avevo già confessato tutto a Bradley. Sarebbe stato insopportabile il pensiero contrario. Al contempo, tenendo conto dei nostri precedenti, non potevo essere incauta. Era evidente che Emma non fosse soddisfatta dal regolamento di conti tra me e il suo ex. Sicuramente aveva sperato che io mi ritirassi dallo spettacolo. Stava semplicemente cercando un altro modo di incastrarmi e avrebbe approfittato della posizione di Bradley nel corpo docenti. Sean aveva ragione: il ragazzo in questione era tutt'altro che sciocco e molto probabilmente più avvezzo di me ad avere a che vedere con persone simili. Guardai le mie amiche intensamente, nel tentativo di persuaderle ad appoggiare la mia posizione. “Bradley mi ha concesso una seconda occasione… io non ho mai avuto motivo di dubitare di lui. Naturalmente non mi fa piacere il pensiero che lei voglia usarlo, ma sono più che sicura che saprà rimetterla al suo posto... e senza un nostro intervento”.
Il giovane sembrò rilassarsi istantaneamente, al contrario delle due ragazze che si scambiarono uno sguardo eloquente.
“Ti fidavi anche di Tom...” mi ricordò Morgana.
“Non essere ingiusta” la rimproverò Sean con le sopracciglia aggrottate. Avevo il sospetto che lui stesso si sentisse ancora punto nel vivo e che quelle parole lo mortificassero. “Bradley merita il beneficio del dubbio e non è qui per difendersi”.
La ragazza gli sorrise sarcastica: “Eppure non eri così tranquillo, quando mi hai spifferato tutto”.
Sospirò. “Non volevo accusare nessuno, soprattutto senza alcuna prova” precisò prima di rivolgersi a me.  “In quanto tuo amico, sentivo che era giusto dirtelo, anche se sono più che sicuro che Bradley non te lo terrebbe mai nascosto”.
Gli sorrisi di tutto cuore per tranquillizzarlo.
“Allora sei proprio sicura?” tentò nuovamente la mia coinquilina.
“Sicurissima”.
Amy, da parte sua, aveva continuato a rimuginare, ma alle mie parole sospirò. Inclinò il viso di un lato e si rivolse alla mia coinquilina: “Tu continua a controllare i loro profili: non si sa mai”.
“Oh, puoi giurarci che lo farò” confermò. “Ne avevo proprio l'intenzione, a prescindere”.
Il ragazzo aveva sospirato con espressione stoica prima di sorridere con maggiore dolcezza: “Vi lascio al vostro meeting, buona continuazione”. Si era sporto verso Morgana per lasciarle un bacio che lei aveva ricambiato brevemente, prima di accomodarsi.
Seguii Sean con lo sguardo e le rivolsi un'occhiata confusa. “Va tutto bene tra voi due, vero?”
“A meraviglia” ribatté lei senza guardarmi. Allungò le dita verso il menù e prese a studiare il listino dei prodotti.
Non ero l'unica ad aver notato una certa rigidità, perché anche Amy la guardò di sottecchi: “Ti sei infrigidita?”.
L'altra sollevò lo sguardo e le rivolse un sorrisetto beffardo: “Tu, piuttosto, piccola sgualdrina, sei andata a letto con qualcun altro mentre eravamo distratte?”
Arrossì e sgranò gli occhi, prima di incrociare le braccia al petto e lanciarle un'occhiataccia: “Morgana, che cavolo!
Una fortuna che stessero parlando nella mia lingua madre, o sarebbe stato piuttosto imbarazzante, di fronte al sorriso stucchevole della proprietaria. “Siete pronte per ordinare, signorine?”
 
~
 
Mi guardai attorno e mi sentii felice: non c'erano dubbi. Si trattava dello stesso giardino in cui tutto era iniziato e forse, finalmente, avrei appreso la verità tanto attesa. Mi avvicinai al gazebo e sedetti sulla panchina. Socchiusi gli occhi e mi concentrai, quasi volendo captare ogni suono e ogni possibile profumo che confermasse le mie impressioni. Udii uno scalpiccio di passi e mi volsi in quella direzione. Sentii il cuore salirmi in gola quando lo riconobbi.
“Lo speravo” mormorai con voce grondante di sollievo e quasi commossa. “Volevo che fossi tu!” Attesi che mi raggiungesse, trattenendomi a stento dal coprire la distanza tra noi.
Bradley sorrise con uno scintillio tenero nello sguardo. Inclinò il volto e le sue parole furono come una carezza: “Ti aspettavo, sai?”
Mi avvicinai e allungai le braccia al suo collo, ma lo attraversai come se la sua figura non avesse consistenza.
Solo allora mi accorsi della vera destinataria delle sue attenzioni. Sgranai gli occhi e boccheggiai nel riconoscere il vestito azzurro che indossava. Mi soffermai sulle perline che impreziosivano il corpetto e sulla lunga gonna scintillante. Si trattava del mio abito[5].
“Non è possibile!”
“Lo so” rispose lei con voce soffusa e civettuola. Lo cinse e appoggiò il mento sulla sua spalla.
Una profonda angoscia mi attraversò e un brivido freddo mi scivolò lungo la spina dorsale, quando mi rivolse un sorrisetto perfido. Rise del mio stupore, accarezzando la nuca del ragazzo, ma continuando a fissare me. Evidentemente crogiolandosi del mio dolore.
“Davvero pensavi che fosse qui per te?”
La ignorai, sentendomi vicina alle lacrime, ma pronunciai il nome del ragazzo con voce flebile.
Lei rise con persino maggiore godimento. “É inutile, tanto non ti sente” mi disse e si scostò. Allungò una mano a sfiorargli la gota e si sollevò sulle punte, protendendo le labbra verso il suo volto.
“Nooooo!”.
 
Finiscila. Non era reale.
Avevo continuato a ripetermi quelle parole per tutta la giornata e avevo perso il conto. Cercavo in tutti i modi di tenermi occupata, per evitare di cadere nella pura e semplice paranoia. La mancanza di lezioni in Accademia, quel giorno, non mi aveva reso le cose più semplici.
 
Morgana mi aveva svegliato con uno scossone.
“Oddio ” avevo ansimato. Mi ero appoggiata alla testiera del letto e mi ero accostata una mano al petto, laddove il mio cuore continuava a scalpitare furiosamente.
La mia amica aveva incrociato le braccia al petto e mi aveva squadrato con espressione fin troppo consapevole. “Guai nel Regno Incantato? Il tuo Principe è diventato un ranocchio o, peggio ancora, si è trasformato in Tom?”
Le guance mi stavano ardendo per l'imbarazzo e non avevo potuto fare a meno di sentirmi stupida. In altre circostanze lo avrei raccontato per schermirmi e riderci sopra, ma non potevo permettermelo. Non dopo aver insistito più volte sulla mia posizione. Avevo riflettuto rapidamente per improvvisare una bugia plausibile. “Stavo sognando lo spettacolo... e ho scoperto di essere nuda davanti a tutti. E di non ricordare neppure una battuta”.
Era molto scettica, ma si era stretta nelle spalle. “Farò finta di crederci”.
 
Scossi il capo per l'ennesima volta, ma presi a strofinare con maggiore vigore il pavimento umido.
Mancava pochissimo allo spettacolo: era ovvio che Bradley fosse sommerso d’impegni con Lupin e di appuntamenti con gli studenti, ma si era comunque premunito di mandarmi qualche messaggio durante la giornata. Non mi sarei trasformata in una versione assillante e appiccicosa di me stessa.  Soprattutto, non avrei continuato a proiettarmi film mentali sul suo misterioso colloquio con Emma.
É solo uno stupido sogno: hai rielaborato la tua preoccupazione inconscia. Me lo ripetei diverse volte, riprendendo quel lavoro monotono.
“Mi domando cosa possa mai averti fatto di male quel pavimento”.
Sussultai e, con lo scopettone ancora tra le mani, mi volsi a contemplare il giovane. Notai che indossava uno di quei completi che esibiva durante le lezioni e si era appoggiato col braccio allo stipite della porta. Il suo viso appariva piuttosto stanco, ma era anche spudoratamente affascinante. Inarcò le sopracciglia e sollevò le mani: “Scusami, non volevo spaventarti: non hai risposto al mio ultimo messaggio e mi sono ricordato che avevi il turno serale”.
“S-Scusami tu... ero sovrappensiero” balbettai imbarazzata anche per la mia mise tutt'altro che elegante o piacevole alla vista, dopo un turno serale in cui mi ero persino macchiata.
Inclinò il viso di un lato e mi osservò attentamente: le labbra si distesero a disegnarne un'espressione comprensiva, mentre si avvicinava. “Giornata lunga?”
Sollevai le spalle. “Non quanto la tua, a quanto vedo: sembri sfinito...”
Annuì. “Ho avuto il pomeriggio pieno tra Lupin e i tuoi colleghi...” spiegò. Si chinò a lasciarmi un bacio sulla guancia e arricciò la punta del naso: “Carino questo retrogusto di detersivo, mischiato al tuo profumo”.  Ammiccò con aria complice.
“Troppo gentile...” mormorai per risposta per poi scuotere il capo. “Non dovevi disturbarti: Sean verrà a prendermi tra poco”.
“L'ho già avvisato” mi rassicurò. “Non mi andava di finire anche questa giornata senza vederti... anche in questa versione da Cenerentola” aggiunse in tono sbarazzino.
Lasciai cadere il bastone di slancio, allungai le braccia al suo collo e mi appoggiai al suo petto per un breve istante. Ne sentii la sorpresa ma fu un solo attimo e le sue braccia mi cinsero con naturalezza. “Sono felice che tu sia qui.” sussurrai contro la sua camicia. “Anche se odoro di sapone per i pavimenti”.
La sua risata mi sfiorò l'orecchio, ma si divincolò delicatamente. “Potremmo sederci un paio di minuti? Devo parlarti di una cosa piuttosto importante”.
Il suo volto non lasciava traspirare nulla di preoccupante, ma il pensiero di Emma tornò a balenarmi in mente. “Ma certo”.
“Non finirai nei guai con Riddle, vero?”
“Tranquillo, è già andato via” lo rassicurai. “E poi tu lavori per Silente: questo dovrebbe renderti immune... almeno fino allo spettacolo”. Mi avvicinai al primo tavolo libero e mi sedetti, in attesa che facesse lo stesso.
Sembrò cercare le parole per un breve istante, ma il suo volto non appariva agitato e la sua voce era tranquilla come di consueto. “Ieri si è presentata Emma nel mio ufficio e mi ha chiesto aiuto... si sta occupando anche lei di una rappresentazione teatrale”.
Corrugai le sopracciglia istintivamente, non potendo fare a meno di pensare che si trattasse di un pretesto, soprattutto considerando che Bradley era l'Assistente di Lupin e non di tutto il corpo docente. Annuii. “Me lo aveva accennato” risposi con uno scrollo di spalle. “Ma non posso fare a meno di sospettare che ci sia dell'altro”.
Sorrise. “Avevo lo stesso presentimento, ma ero molto curioso e le ho permesso di accomodarsi” continuò a spiegare. “Dopo pochi minuti è stato palese che non fosse alla ricerca di consigli... ” si concesse un sorriso più ironico e ammiccò appena. “Anche se in tutta onestà ne avrebbe davvero bisogno”.
Ridacchiai e inclinai il viso di un lato: “Non lo dici solo per farmi un favore, vero?”
“Affatto... ” rispose in tono più serio. “Le ho detto, con tutta la delicatezza possibile, che non credo che la recitazione sia davvero la sua strada...”
Sgranai gli occhi e dovetti restare seria, ma già pregustai il momento in cui avrei spifferato tutto alle mie amiche. “Avrei dato oro per assistere” gli confessai.
Inarcò le sopracciglia: “Ciononostante devo dire che è abbastanza esperta, quando si tratta di accattivarsi la compassione e la simpatia altrui. Ha ammesso che una delle motivazioni più forti per iscriversi all'Accademia è stata la relazione in corso con Tom”.
Mi feci pensierosa. “Ricordo che lui disse qualcosa di simile: con il nesso di poi è stato oltremodo egocentrico ed egoista a non cercare di dissuaderla” riflettei con un sospiro. “Anche se questo non la giustifica... ” mi affrettai ad aggiungere.
“Si dice comunque intenzionata a completare la formazione” continuò Bradley, per poi sporgersi in mia direzione e appoggiare la mano alla mia. Fu come se silenziosamente mi stesse informando che stesse per giungere alla parte più “delicata”. “A quel punto si è presa il viso tra le mani, immagino per simulare meglio il pianto... ha detto di aver perso completamente la bussola e ti ha persino nominato”.
Se avevo aggrottato le sopracciglia al pensiero che avesse voluto mostrarsi vulnerabile di fronte a lui, a quella precisazione ero rimasta senza fiato. “Ha nominato me?!”.
Annuì con vigore e un sorriso amaro gli increspò le labbra. “Diceva di capire perfettamente il tuo stato d'animo, dopo la rottura con il tuo Matthew...” pronunciò quel nome con una nota ironica che mi fece salire il rossore alle guance al ricordo della mia bugia. “Si diceva addolorata all'idea di essere stata troppo dura con te e di aver sottovalutato il tuo dolore”.
Mi irrigidii: mi sentivo colmare di rabbia e di indignazione al punto da provare qualcosa di simile alla nausea. “Ma come ha osato?!” mi sentii esclamare e la mia voce riecheggiò nella stanza. “Dopo avermi dato il tormento per quella storia e aver aizzato Tom contro di me?!”.
Il ragazzo non si scompose al mio sfogo ma strinse più delicatamente la mano che mi stava ancora trattenendo. “Devi ancora sentire il peggio...” parve ammonirmi. “Ha cercato non molto velatamente di mettermi in guardia su quanto sia semplice, in questi frangenti, cercare attenzione altrove e gettarsi tra le braccia del primo potenziale corteggiatore”. Stava masticando quelle parole come se fossero velenose e la mascella gli si era notevolmente irrigidita.
“Aspetta... ha insinuato che tu saresti il rimpiazzo di Tom?” gli domandai con voce quasi stridula per lo scalpore.
Un lampo di rabbia gli attraversò lo sguardo e annuì. “Ha persino proposto un'interpretazione fatalistica degli ultimi mesi: tu e Tom vi meritereste a vicenda.”
Sentii un verso gutturale salirmi dalla gola, una risata mista a un ruggito. Mi ero drizzata in piedi e avevo cercato di inspirare ed espirare per qualche istante a occhi chiusi. Ricordai i nostri incontri: la presentazione, il dialogo che aveva dato vita all'equivoco sul finto Matteo, le sue continue richieste e insistenze sull'argomento, quell'ammonimento velato dopo le vacanze natalizie, fino allo sguardo che mi aveva lanciato di recente.
 
“Sarah?”
Mi ero riscossa e avevo sbattuto le palpebre. Mi ero costretta a distogliere lo sguardo dal tavolo degli insegnanti, in cui Bradley era seduto al fianco di Lupin, per tornare a guardare i gemelli Phelps che erano in attesa della mia risata alla loro battuta. Avevo ancora le guance arrossate perché, pochi secondi prima, il ragazzo aveva intenzionalmente intrecciato lo sguardo al mio per poi rivolgermi un fugace ammiccamento.
“Tutto bene?” mi domandò Sean con espressione divertita.
“Scusatemi, ero sovrappensiero...” mi giustificai.
Il sorriso sulle mie labbra si era altrettanto rapidamente congelato, quando avevo incrociato lo sguardo di Emma che mi stava studiando piuttosto intensamente, neppure fingendo di ascoltare le ragazze con cui stava pranzando.
 
“Ma certo...” commentai tra me e me. Questo spiegava perché non avesse agito fino a quel momento: avevamo abbassato scioccamente la guardia e troppo presto. “Ieri in mensa!” esclamai e lasciai cadere le braccia lungo i fianchi.
“Cosa?” mi domandò lui con aria perplessa, dopo essersi alzato a sua volta.
“Mi stava praticamente facendo una scansione,” mi affrettai a spiegargli, “ha avuto la conferma che ci frequentiamo al di là dell'Accademia. Scommetto che eri già entrato nell'equazione a tua volta, se gli altri tentativi fossero falliti. Le ragazze avevano ragione: sperava di non doversi sporcare le mani e che sarebbe stato Tom a indurmi ad abbandonare lo spettacolo”.
Bradley sembrò valutare a sua volta le mie parole, ma non appariva affatto sorpreso.
Che razza di strega!” mi sentii esplodere l'attimo dopo in italiano. “Razza di vipera, subdola, doppiogiochista, ipocrita e stronza!” continuai letteralmente a ruggire, stringendo i pugni lungo i fianchi e fissando un punto indefinito, mentre pensieri incessanti continuavano ad arrovellarmi. Non mi sentivo così agitata da tantissimo tempo: avrei voluto fuggire dal pub, estorcere da qualche conoscente il suo indirizzo per poi prenderla a schiaffi. Mi riscossi quando Bradley mi cinse il braccio per attrarmi a sé.
“Sono certo che meriti ognuna di queste imprecazioni, ma lasciami finire... prima di tradurmele” mi suggerì con aria complice.
“Scusami” mormorai e assentii. “Tu cosa le hai detto?”
Assunse un'espressione piuttosto serafica e compiaciuta: la stessa che aveva rivolto alla faccia tumefatta di Tom e durante quel loro duello improvvisato. “Ho dovuto, mio malgrado, addolcire la mia precedente valutazione: in effetti, la parte della subdola manipolatrice le calza a pennello... ma le ho suggerito di guardarsi bene dal cercare di interpretare un personaggio dotato di umanità e di empatia” continuò con uno scrollo di spalle. Mi carezzò il dorso della mano prima di concludere: “Dopodiché le ho indicato la porta e le ho chiesto di non farsi più vedere”.
Lo ammiravo per la maturità e l'eleganza con cui aveva gestito la situazione. “Deve essere stato un duro colpo per il suo amor proprio”.
“Ammetto che è stato piuttosto soddisfacente vederne il disappunto e l'offesa” mormorò, ma l'allegria non durò molto sulle sue labbra. “Temo, tuttavia, che potrebbe ingegnarsi per suscitare delle tensioni o progettare nuove ritorsioni. Su di te...
“Forse dovrei autorizzare Morgana a dare il peggio di sé o lasciarla alle mani di Bernie” allusi alle mie amiche. “Non abbasserò la guardia”.
“Neppure io, ma dovremmo essere molto più prudenti in pubblico: non possiamo permetterci che usi il nostro legame per creare un qualsiasi tipo di scandalo che possa nuocere all'Accademia”.
Mi morsi il labbro inferiore, avendo un brutto presentimento. “Se volessi posticipare il nostro appuntamento...”
Aggrottò le sopracciglia. “Niente affatto, ma dovremmo limitare le interazioni all'auditorium, quindi da ora in poi... cerca di non guardarmi troppo”. Mi lanciò un'occhiata piuttosto allusiva che riuscì a farmi arrossire.
“Ci proverò” mormorai contro la sua spalla. Mi scostai dopo un attimo e lo osservai. “Devo confessarti anche io una cosa”.
Inarcò le sopracciglia e sembrò farsi più cauto. “Devo sedermi di nuovo?”.
Scossi il capo con un sorrisino. “Qualcuno mi aveva già informato di aver visto Emma entrare nel tuo ufficio”.
Parve spiazzato per qualche secondo, ma parve intuire rapidamente. “Morgana ha corrotto Sean?” mi domandò con un velo d’ironia.
“No, affatto” risposi seriamente. “Anzi, lui era profondamente combattuto”.
Sembrò confuso. “Perché non hai detto nulla finora?”
“Non fraintendermi, ti prego: non ti volevo mettere alla prova” mi affrettai a precisare. “Non mi hai mai dato motivo per dubitare di te”.
Sorrise più dolcemente e mi costrinse a sostenerne lo sguardo: “Quindi il pensiero di Emma nel mio ufficio non c'entrava nulla con il malumore evidente di poco fa?”
Mi imbronciai e mi strinsi nelle spalle con aria puerile. “Potrei aver fatto uno stupidissimo sogno al riguardo” confessai a voce bassa.
Ridacchiò, ma le iridi furono ammantate di una nuova dolcezza. “Grazie di avermelo detto” mi diede un buffetto sulla punta del naso. “Ma per quanto mi lusinghi che pensi al sottoscritto anche dormendo, non sono il soggetto ideale per gli incubi”.
“Sono d'accordo”. Mi costrinsi a scostarmi da lui e lo additai con finta aria di rimprovero. “Ma adesso è bene che tu non stia qui a distrarmi: devo finire di pulire”.
“Va bene”, acconsentì suo malgrado. “Ti aspetto di là” mi baciò nuovamente la guancia. “Sì, è decisamente profumo di solvente” confermò con aria scherzosa.
 
~
 
Era stata una lunga settimana di lavoro e di studio, ma eravamo finalmente giunti al famigerato weekend ed eravamo riusciti, finalmente, a coordinarci per organizzare una cena di Domenica sera. Sean era passato a prenderci con la consueta puntualità, ma avevo notato che Morgana non era particolarmente in vena. Le avevo persino chiesto se volesse ritirarsi e passare del tempo con il mio amico: in tal caso avrei chiesto a Bradley di darmi un passaggio, ma si era affrettata a cambiare argomento.
Nel giardinetto, fuori dal locale, trovammo già ad attenderci Amy e Luna e, poco dopo, arrivarono anche Neville, Eoin e Angel. Stavamo quindi attendendo l'arrivo di Bradley.
“Si era detto che l'ultimo pagava per tutti, vero?” domandò Eoin con un sorrisetto ironico, il braccio che cingeva la vita della sua dama che lo rimproverò blandamente.
Controllai il display del cellulare, ma Neville scosse il capo: “Meglio non chiamarlo, se sta guidando” mi disse e annuii.
Pochi minuti dopo ne riconobbi l'auto di passaggio, ma inarcai le sopracciglia quando mi parve di scorgere un'altra sagoma al lato del passeggero.
“Buonasera a tutti” salutò con un sorriso, quando fu a portata di orecchio. “Scusate l'attesa, ma ci tengo a precisare che non sia colpa mia”. Alluse a qualcuno alle proprie spalle ed io sgranai gli occhi nel riconoscerlo, malgrado avesse un taglio di capelli completamente diverso.
La figura era alta e magra, come la ricordavo, ma era messa in risalto da un lungo cappotto e i capelli erano decisamente più lunghi, tanto da incorniciargli il volto e quel filo di barba gli conferiva un aspetto più adulto. Solo in quel momento compresi che persino il suo look, era stato un dettaglio studiato per la rappresentazione, così da attribuirgli un alone più goffo e accentuarne la naturale comicità. Potevo affermare, senza alcun dubbio, che il suo aspetto “in borghese” era decisamente più attraente[6].
“Ancora non mi hai presentato e già mi incolpi” lo rimproverò in modo plateale. “Poi ti domandi perché a Londra non si senta la tua mancanza, faccia di asino”.
Sentii la mezza imprecazione, in tono piuttosto trasognato, mormorata da Amy nella nostra lingua madre e le risatine causate da quel bisticcio, ma mi affrettai ad avvicinarmi con un sorriso. “Ma che bella sorpresa: ciao Colin!”
“Ahimè, è proprio lui”, mormorò Bradley, simulando uno stato d'animo tutt'altro che lieto, “è giunto piuttosto in anticipo e ovviamente sarò costretto a farmi carico del suo alloggio”.
Il moretto sollevò gli occhi al cielo, ma mi rivolse un sorriso lieto e mi abbracciò brevemente: “Ciao Sarah, mi fa molto piacere rivederti”.
Ne ricambiai il gesto e lo ammirai con reale ammirazione: “Ti trovo benissimo”.
“Non fargli montare troppo la testa, Milady” replicò il biondino con un sorrisetto di scherno. Mi era già stato evidente quella sera a Londra che il loro modo di interagire fosse coronato da una lieve traccia d’ironia, ma sempre accompagnata da un sorriso che tradiva il reale affetto reciproco.
Approfittò della vicinanza per cingermi la vita e baciarmi la guancia: “Io trovo che tu stia benissimo” mormorò al mio orecchio, strappandomi un sorriso.
Stavo per rivolgergli un analogo complimento, ma Colin si schiarì la gola per richiamare la mia attenzione. “Questo galletto mi ha parlato per ore dell'Accademia e della vostra rappresentazione...” mi disse con voce calorosa. “E di te ovviamente... ” aggiunse con un sorriso più complice.
“Invece Sara, come al suo solito, è stata fin troppo sintetica... ” intervenne Morgana, senza la benché minima traccia di timidezza o d’insicurezza.
“È giusto che vi abbia parlato solo delle vere bellezze della città” fu la pronta replica di Bradley.
“Vieni, ti presento ai miei amici” invitai Colin e lui mi seguì.
“Spero non vi dispiaccia se mi sono unito... ” si schermì con un sorriso adorabile.
A giudicare dal modo in cui Amy lo stava rimirando si sarebbe detto tutto il contrario.
“Ti presento Morgana, la mia coinquilina e amica di vecchia data” iniziai le presentazioni con la coppia più vicina. Colin le porse prontamente la mano, non prima di averla contemplata come se si fosse trattata di un'opera d'arte. Aveva leggermente sbattuto le palpebre e mi era parso che il pomo d'Adamo pulsasse, prima che ritrovasse il consueto savoir-faire. “Questo è Sean, il mio pen-friend, nonché suo ragazzo”.
Forse ero condizionata da quel piccolo alterco a cui avevamo assistito alla sala da the, ma avevo l'impressione che quest'ultimo fosse più rigido del solito quando gli porse a sua volta la mano per stringergliela. “Questa è Amy, la mia ex collega, ” allusi all'altra ragazza che aveva le guance più colorate del solito, la voce tremula ma un sorriso sincero. “Luna, la sua coinquilina” allusi alla biondina che lo stava studiando con la consueta attenzione che riservava a una nuova conoscenza. Afferrò la mano di Colin per studiarla rapidamente, strappando a Bradley una risatina. “Diglielo pure, Luna, che la linea del fallimento è più lunga di quella della vita... ” le suggerì.
“Non esiste nessuna linea del fallimento”, rispose Luna con voce fin troppo seria, evidentemente non avendo colto l'intento scherzoso.
Finii di presentargli il resto della compagnia e, finalmente, entrammo nel bel locale e chiedemmo al cameriere di aggiungere un coperto al nostro tavolo. Bradley e Amy si posero ai due capotavola, alla sinistra di Bradley c'eravamo io, Morgana, Sean e Luna. Alla sua destra Colin, Eoin, Angel e Neville[7].
“Allora, Colin, raccontaci di te” lo incoraggiò Morgana, dopo essersi tolta il cappotto.
“Ti prego, non dargli troppa corda” intervenne Bradley che aprì il menù perché lo guardassimo entrambi.
Colin non si fece pregare e raccontò molti aneddoti dell'Accademia di Londra, talvolta aiutato dall'amico. Fu molto interessato a conoscere le nostre occupazioni e il modo in cui ci fossimo reciprocamente conosciuti, fino a creare quella comitiva a cui Bradley si era aggiunto recentemente.   Non era sorprendente il fatto che Morgana fosse divenuta la “reginetta” della serata. Neville e Luna erano concentrati in una loro conversazione personale, tanto che le guance del mio amico si tingevano spesso di un colorito rosato. Eoin, come sempre, assolveva il ruolo del festaiolo della serata e non mancava di raccontare gli aneddoti più divertenti del pub o delle sue disavventure da magazziniere. Notai, invece, che due persone non erano particolarmente ciarliere. Da un lato vi era Sean, il cui sorriso plastificato non si estendeva agli occhi. Dall'altro vi era Amy che si perdeva nelle proprie elucubrazioni e di rado interveniva, soprattutto se le era rivolta una domanda o un'osservazione, ma anche la sua allegria appariva una semplice proforma. Quando la vidi alzarsi per andare al bagno, dopo aver effettuato le ordinazioni, mi offrii di accompagnarla.
Dopo essermi chiusi la porta della toilette alle spalle, la trovai di fronte allo specchio mentre cercava di acconciare i capelli che le destavano non poche difficoltà vista la lunghezza media che avevano raggiunto, da quando aveva iniziato a farli ricrescere.
“Va tutto bene?” le domandai, mentre m’insaponavo accuratamente le mani.
“Sì, perché?” si mise subito sulla difensiva, senza tuttavia incontrare il mio sguardo.
“Ho l'impressione che tu non ti stia divertendo molto questa sera” spiegai cautamente. “Mi dispiace se l'arrivo imprevisto di Colin ti ha dato fastidio”.
“Non è per lui” mi rassicurò e scosse il capo. “Anzi, non mi dispiacerebbe se Bradley ogni tanto ci presentasse qualche altro esemplare britannico. Non mi avevi detto che era così figo, tra parentesi”.
“Lo so” ammisi e ridacchiai. “Era molto carino anche quella sera, ma con questo look è veramente una bomba!”
“Un'altra persona di nostra conoscenza è d'accordo... ” mi fece notare con uno sguardo piuttosto eloquente.
“Non credo che stia realmente flirtando con lui” mi sentii quasi in dovere di difenderla, seppur avessi avuto un brutto presentimento. Mi balenò un'idea in quello stesso istante. “Potrei chiedere a Bradley di organizzare un'uscita a quattro, così tu e Colin potreste... ”
Non riuscii a finire la frase perché scosse il capo con convinzione e m’interruppe. “Non ti azzardare!” mi ammonì con voce acuta.
Mi morsi il labbro mortificata. “Lo so che con Daniel non è andata bene, ma...”
“Non si tratta di questo... ” sbuffò e sembrò quasi infastidita al mio sospetto. “Dopo quello che è successo con Dario, non voglio saperne di uomini per un bel po'... ” dichiarò in tono serio e determinato.
“Comprensibile” convenni con un sospiro, seppur non si spiegasse perché apparisse di umore così lugubre. “Non ti fa comunque piacere che sembri affascinato da Morgana, vero?”
Sospirò. “Non si tratta di lui personalmente” specificò con serietà. “Per quanto sia un bel vedere, non ho intenzione di umiliarmi per un perfetto sconosciuto. É una questione di principio: per una dannata volta mi farebbe piacere che qualcuno notasse me. É tanto sbagliato?” mi domandò con una nota di stanchezza.
Mi affrettai a rassicurarla. “Affatto. Credo di capirti perfettamente.”
“Voglio bene anch’io a Morgana, anche se non lo ammetterei neppure sotto tortura, ma perché deve essere sempre lei?!”
Non avevo mentito per pura cortesia: era una domanda che spesso e volentieri mi ero posta a mia volta, seppur non avessi spesso il coraggio di ammetterlo neppure a me stessa. Avevo sempre avuto un carattere piuttosto introverso. Lei era sempre stata l'opposto: estroversa, stuzzicante e carismatica. Tutti la notavano persino quando entravamo in un bar per comprare un trancio di pizza e immancabilmente riceveva complimenti o sguardi di ammirazione da tutti. Talvolta qualcuno estendeva tale apprezzamento alla sottoscritta, ma avevo sempre l'impressione che si trattasse di un atto di puro “garbo” per non farmi sentire, al confronto, “il brutto anatroccolo”. Era sorprendente come talvolta, da adulta, continuassi a sentirmi così in sua presenza. Avevo capito con il tempo che dovevo lavorare su me stessa e sulla mia autostima perché nulla sarebbe cambiato, fin quando io mi fossi sentita invisibile al suo cospetto.
“Non ti nascondo che me lo sono chiesta per anni e anni...” confessai. “La sua non è soltanto bellezza fisica, ma ha molto a che vedere anche con la sua personalità e il suo amor proprio che non fanno che alimentare la sua capacità attrattiva”, cercai di spiegarle. “Quello spirito che manca a persone più introverse e insicure come noi”.
Parve incuriosita ma annuì e, ancora una volta, mi resi conto che avevamo molto in comune, malgrado avessimo vissuto distanti per la maggior parte delle nostre vite. “Deve essere stato difficile imparare a conviverci...”
“Maturando ho capito che non era giusto fargliene una colpa. Ogni volta che le esprimevo il mio disagio, la facevo soffrire... Morgana è e sarà sempre la ragazza più bella che io abbia mai conosciuto, ma questo non significa che io debba sentirmi insignificante al suo confronto. Ho cominciato a concentrarmi di più su me stessa: è un lavoro costante e mi capita tuttora, in giornate storte, di sentirmi come ai tempi del liceo, quando tutti facevano la fila per lei o mi avvicinavano per avere il suo numero... o neppure mi notavano”.
“Davvero?”
Annuii con serietà, perché non pensasse che le stessi rivolgendo quelle parole per pura e semplice empatia. “Ricordi quando Bradley è arrivato e non vi ho detto nulla?”
“Certo” ricordò con le sopracciglia aggrottate. “Che c'entra?”
Mi morsi il labbro. “In fondo al cuore avevo il terrore al pensiero del loro incontro: cosa avrei fatto se, una volta conosciuta Morgana, si fosse rese conto che io, al confronto, non ero poi questo granché?” Mi sentii infiammare le guance per l'imbarazzo. Non lo avevo confidato a nessuno, men che meno alla diretta interessata. “Continuavo a dirmi che, se ci fosse stata anche lei a Londra, forse le cose sarebbero andate diversamente”.
Sbatté le palpebre e boccheggiò appena. “Pensieri masochisti ne abbiamo?” mi domandò in tono scherzoso per stemperare la gravità di quanto avevo appena detto. Si fece nuovamente seria. “Certo, l'avrebbe notata e forse prima di te, senza offesa, ma penso che, in quanto a sicurezza, siano troppo simili e finirebbero con l'uccidersi reciprocamente”.
Ridacchiai al pensiero. “Come ben sai si sono incontrati e lui non ha mai vacillato a causa sua”. Tornai a osservarla attentamente: “Vorrei poterti promettere che presto sarà anche il tuo momento, ma ti incoraggio fin da adesso a prenderti cura di te stessa e, soprattutto, a ricordarti che meriti di trovare qualcuno di altrettanto prezioso. Non accontentarti di meno, promesso?”
Si schermì con uno scrollo di spalle, quasi volesse sminuire il suo momento di sfogo, ma l'espressione si era addolcita. “Accadrà quando deve farlo: tu non avevi certo programmato di incontrarlo, quando sei andata a Londra... e Morgana di certo non ti ha seguito per imbattersi in Sean”.
Annuii con vigore. “Ben detto” approvai con una strizzatina d'occhi. “Torniamo al tavolo?”
Finì di riordinare la pettinatura e mi guardò in tralice. “Fammi una cortesia: che questa chiacchierata resti tra noi.”
Simulai un'espressione perplessa. “Non so di cosa tu stia parlando”.
“Meglio così” approvò con un cenno del capo. “Dopo di te”.
 
~
 
Rimuginai sulle interazioni tra Morgana e Colin persino dopo aver ricevuto un dolcissimo messaggio da parte di Bradley. Il giorno dopo, in Accademia, il giovane fu l'ospite d'onore e le reazioni della classe furono molto analoghe a quelle dimostrate all'arrivo dell'amico: le ragazze gli sorridevano e apparivano in procinto di “sciogliersi” al suo passaggio, i ragazzi erano incuriositi e Tom piuttosto infastidito. Il nuovo arrivato lo aveva salutato con una certa freddezza: intuii che Bradley gli avesse raccontato tutto. Alla fine delle prove mi fece non pochi complimenti e punzecchiò il suo compare, sostenendo che rientrava nella categoria del: “chi è incapace, insegna”. Silente lo accolse con altrettanto calore, invitandolo a fare un tour dell'Accademia e si disse dispiaciuto del dover attendere ancora per l'arrivo del Signor Head.
Quel giorno Sean ed io ci ritrovammo alla fine delle lezioni: forse ero condizionata dalle mie elucubrazioni notturne, ma mi appariva più cupo del solito.
“Va tutto bene?”
Sembrò colto alla sprovvista, ma si affrettò a sorridere: “Ma certo, perché me lo chiedi?”
“Ho la netta sensazione che tu non sia rimasto soddisfatto dalla cena di ieri sera”.
Sospirò. “Sono sicuro che Colin sia una brava persona”, si affrettò a precisare.
“Lo è, ” confermai, “e credo che, come chiunque altro, sia rimasto incantato da chi-sappiamo-noi”.
“Non gliene posso certo fare una colpa, ” continuò Sean, “io stesso ho subito questo sortilegio fin dal primo giorno”. Le sue labbra s’incresparono in un sorriso.
“Me lo ricordo...” confermai con un sorriso complice.
“Mi sento sciocco anche solo a parlarne... ” mi disse con una nota di disagio.
Mi venne istintivo stringergli il braccio e camminargli accanto, per fargli percepire la mia vicinanza. “É umano provare un po' di gelosia: non c'è assolutamente nulla di male”.
Sembrò rincuorato e mi diede un buffetto sul naso, prima di indicare la sua auto: “Vuoi uno strappo al pub?”
“Volentieri, ma solo se ti lasci offrire qualcosa” gli proposi. Non ricordavo neppure l'ultima volta che ci fossimo presi un po' di tempo per una chiacchierata tra di noi. Chissà che poi non riuscissi a estorcergli qualche indizio sull'appuntamento che Bradley stava organizzando con la complicità di Morgana.
“Non posso rifiutare”.
 
Quando entrammo nel locale trovammo una sorpresa inedita: in un tavolo centrale erano seduti Morgana, Colin e Bradley. Quest'ultimo si era subito alzato. “Ciao Sean” gli sorrise e mi baciò la guancia.  “Silente ha insistito per offrirci qualcosa da bere ed è andato nell'ufficio di Riddle per un saluto, ” mi raccontò in tono allegro. “Sei di turno?”.
“Sì, inizio tra un quarto d'ora” risposi, dopo aver controllato l'orologio alla parete.
Seguii con lo sguardo Sean che si era avvicinato agli altri due: Colin gli aveva sorriso e indicato la sedia vuota. L'altro scosse il capo, gli rivolse uno sguardo mite e si chinò a salutare Morgana. Si scambiarono poche parole e tornò in mia direzione, ma con passo rapido.
“Devo andare... ” farfugliò a mezza bocca.
“Aspetta, ” provai a trattenerlo per il braccio, “dovevamo mangiare qualcosa”.
“Un'altra volta, Sarah, scusami” mi sorrise gentilmente, rivolse un cenno a Bradley e si affrettò a uscire.
Il ragazzo al mio fianco sospirò e si passò una mano tra i capelli: “Morgana era venuta a cercarti, ho pensato fosse educato invitarla al nostro tavolo” mi confessò con aria pentita. “Lo porto subito via”.
Normalmente avrei sorriso perché parlava dell'amico come di un cucciolo indisciplinato. Scossi il capo e strinsi i pugni lungo i fianchi, fissando la mia amica con sguardo torvo. “Non è colpa vostra... ” dichiarai in tono fermo e mi affrettai a raggiungerla.
“Ciao Sarah!” mi salutò Colin con tono fin troppo entusiasta: doveva aver captato una certa tensione nella coppietta.
Lo salutai di riflesso, ma fissavo la mia coinquilina che si stava rilassando beatamente contro lo schienale della sedia. “Eccoti qua. Colin mi stava dicendo che è rimasto molto colpito dalle tue prove: evidentemente gli insegnamenti stanno dando il loro frutto.” Mi rivolse un sorriso insinuante che non ricambiai.
Mi incupii ulteriormente a quel palese tentativo di lusingarmi. La conoscevo fin troppo bene e sapevo che non avrebbe mai illuso un potenziale corteggiatore di proposito. A meno che non stesse cercando di far ingelosire Sean. O di punirlo per qualcosa.
“Chiedo scusa per l'interruzione, ma ti ricordo che è il tuo turno di andare a fare la spesa”. Cercai di usare un tono tranquillo, ma non potevo controllare la rigidità dei miei lineamenti, mentre appoggiavo la mano sul tavolo, ignorando la sedia vuota che mi avevano indicato.
Si strinse nelle spalle, continuò a mangiucchiare gli scones con il sorriso da fotomodella sul viso finemente truccato. “Ero venuta a questo proposito per chiederti se volessi aggiungere qualcosa alla lista”.
“No, grazie. Sarà meglio che tu vada, se vuoi evitare l'ora di punta”.
“Non ho alcuna fretta in verità” rispose con un sorriso serafico, continuando a sostenere il mio sguardo senza alcun timore. “Colin si è offerto molto gentilmente di accompagnarmi e di aiutarmi a riportare tutto a casa”.
“Strano, ” intervenne Bradley alle mie spalle con voce flautata, “considerando che avevamo altri piani per questo pomeriggio”.
“I programmi sono fatti per essere cambiati, diglielo anche tu, Sara” cinguettò Morgana, ma senza smettere di sorridere al ragazzo al suo fianco che parve vacillare sulla sedia.
“Morgana, credo che sia meglio che tu vada adesso” ripetei nella mia lingua e la guardai in modo penetrante e insistente, affinché notasse la mia serietà[8].
Strinse gli occhi. “Non capisco quale sia il tuo problema: non sto facendo niente di male” affermò in tono tagliente. Mantenne, tuttavia, il sorriso sulle labbra.
Inspirai profondamente, ignorando il mio desiderio di schiaffeggiarla, consapevole che fosse poco educato continuare a ignorare i due ragazzi che dovevano senz'altro captare delle vibrazioni negative, nonostante l'ostacolo della lingua. “Il ragazzo che hai salutato a malapena e che se n’è andato: questo è il problema”.
Le sue labbra si distesero ulteriormente e sembrò canzonarmi. “Non sai di cosa stai parlando: fidati di me”.
“Con permesso” si scusò Bradley che, nel frattempo, aveva indossato il suo cappotto. Si avvicinò all'amico e, con un gesto brusco, afferrò lo schienale della sua sedia e lo spinse in avanti, costringendolo ad alzarsi goffamente, per non cadere sul pavimento. “Noi ce ne andiamo”.
Il moretto gli rivolse uno sguardo di puro biasimo, ma guardò dall'una all'altra con un sorriso accattivante. “Allora... restiamo d'accordo per rivederci tutti nel weekend?” domandò in tono speranzoso.
“Ho detto che dobbiamo andare” ripeté il biondino in tono secco e lo spinse letteralmente verso la porta, dopo avermi rivolto un fugace ammiccamento. Sentii Colin protestare aspramente e dargli del tiranno, ma lui non pronunciò parola.
Sospirai e tornai a guardare la mia amica. Fu quasi una soddisfazione notare che era visibilmente irritata. “Si può sapere che cosa ti è preso?”
“La domanda è che cazzo è preso a te!” sbottai in sua direzione, indicandola con la mano aperta.
Strinse le labbra, come se avesse ingoiato qualcosa di amaro, ma apparentemente non provava alcun rimorso. “Stavo solo cercando di essere amichevole con il tuo amicorispose con aria di sfida.
Sollevai gli occhi al cielo. “Non prendermi in giro: ti conosco da troppo tempo! Lo stavi incoraggiando e di proposito!” l'accusai in tono grave, le mani appoggiate al tavolo e china verso di lei. “Ti ricordo che hai un ragazzo meraviglioso che è pazzo di te... ma come ti salta in mente di flirtare con un mezzo sconosciuto, per quanto affascinante sia?!”
“La signorina gradisce qualcos'altro?”
Sbattei le palpebre, quando riconobbi la voce di Rankin a pochi passi da me. Lo guardai allibita: seppur non conoscesse l'idioma, era piuttosto palese che stessimo avendo una conversazione privata e piuttosto impegnativa.
“No!” sbottai in sua direzione, le mani sui fianchi e l'espressione esasperata. “Non hai qualche altro collega da far impazzire mentre aspetti che mi metta in divisa?” gli berciai contro, con un implicito rimando all’episodio con Coulson.
Arrossì di sdegno e gonfiò il petto, prima di avvicinarsi e torreggiare su di me. “Guarda che, anche se non sei ancora ufficialmente di turno, non puoi rivolgerti così a me! Lo farò sapere al Signor Riddle!” mi minacciò, prima di tornare a sparecchiare i tavoli.
Morgana, che si era rimessa in piedi, mi si piazzò di fronte con aria bellicosa. “Non è la stessa cosa che tu hai fatto con Bradley?” mi provocò.
Scossi il capo, aprendo le braccia in un gesto frustrato, sentendomi non poco offesa per come stava paragonando, in modo del tutto inappropriato, le due circostanze. “Io non ero fidanzata!” Senza contare che dubitavo che, anche volendo, sarei mai riuscita a rivolgergli, fin dal primo incontro, certi sguardi e sorrisi che erano più nelle sue corde.
Per la prima volta parve esitare e la sua voce suonò più acuta del consueto. “Magari non voglio esserlo neppure io: te lo sei mai chiesto?”
Sbattei le palpebre e schiusi le labbra, sperando con tutto il cuore di aver capito male. “Come?! Ma di cosa stai parlando?!”
Annuì a mo' di conferma. “Forse lo sapresti... se non fossi solo concentrata su di te, sullo spettacolo e sul tuo  Principe Azzurro!”
Quelle parole mi riecheggiarono dentro con intensità crescente. Qualcosa dentro di me parve incrinarsi pericolosamente e mi sentii senza fiato. Lei stessa, tuttavia, era visibilmente impallidita. Non feci in tempo a pronunciare motto perché si voltò bruscamente e uscì dal locale, lasciandomi come un'idiota al centro della stanza, incapace di distogliere lo sguardo.
“Magari potreste provare con la terapia di coppia... ” mi suggerì Rankin in tono beffardo, mentre iniziava a sparecchiare il tavolo che avevano occupato fino a pochi minuti prima.
“Lasciala in pace, Percy!” sbottò Dean.
“Chiedo scusa?!” replicò l'altro. “É forse scattata l'anarchia e vi siete dimenticati di informarmi?!” lo redarguì in tono sarcastico. Era in procinto di iniziare una nuova solfa, ma s’interruppe all'aspro richiamo di Madama Bumb. Quest'ultima gli si avvicinò e gli rivolse un'occhiata arcigna.
“Smettila di urlare, stai infastidendo i clienti!” sibilò. “Senza contare che stai solo perdendo tempo, anziché fare il tuo dovere!”.
“M-Ma signora!” farfugliò in tono lamentoso. “Stavo solo facendo notare alla mia collega che è ora che si cambi!” mi indicò con un cenno del mento. “E mi spiace dire che non ha alcun rispetto per il sottoscritto”.
La donna spostò lo sguardo su di me, evidentemente per un chiarimento, ma mi affrettai a riprendere il controllo e a dirigermi verso lo spogliatoio, dopo aver balbettato una richiesta di permesso.
 
 
Amy fischiò in segno di incredulità quando le raccontai l'accaduto, approfittando del tragitto dal parcheggio del locale a casa mia. Naturalmente non mancavo di tenerla aggiornata sugli ultimi pettegolezzi e, in quel frangente, mi era comoda un'opinione esterna. Bradley mi aveva già scritto diversi messaggi, dicendosi mortificato per il ruolo di Colin nella vicenda, ma cercando di rincuorarmi e spronandomi ad avere pazienza con la mia amica.
“Cerca di non rimuginarci troppo” mi consigliò, dopo avermi osservato. “Sono sicura che non lo pensasse sul serio, ma devi averla punta nel vivo. La conosci meglio di me: deve essersi sentita ancora più in colpa nei confronti di Sean, dopo che le hai fatto giustamente la ramanzina”.
Sospirai e mi massaggiai la tempia. “Non potevo stare lì a guardare e fare finta di nulla...”
“Infatti” confermò. “A Morgana piace molto mettere becco sulla vita altrui, dare consigli non richiesti e formulare giudizi... ma non è altrettanto brava quando è lei a essere messa in discussione” mi fece notare con un sorriso.
Annuii. “Ma cambiamo argomento... tu come stai? Va tutto bene al lavoro?”
Mi raccontò per sommi capi del progetto a cui stava lavorando: era un incarico piuttosto importante e voleva dimostrare che la fiducia nei suoi confronti era stata ben riposta.
“Mi fa davvero piacere... ma dimmi, hai risentito Dario?”
Emise uno sbuffo simile a una risata: “Sono andata a trovarlo prima che partisse e ci siamo chiariti, ma ha ammesso di esserselo un po' meritato...”
Risi al ricordo di quella surreale conversazione telefonica a cui avevo assistito. “Come si sta trovando in Australia?”
“É entusiasta e poi, lo hai visto tu stessa, non è mai stato un tipo timido: riesce subito a integrarsi in un nuovo ambiente e a fare conoscenze. Ha già una recensione positiva sulle australiane” aggiunse con uno scuotimento del capo.
Non faticavo a crederlo, ma provavo per lui un'istintiva simpatia, anche se non ne approvavo tutti gli atteggiamenti e continuavo a credere che dovesse maturare.
Mi feci pensierosa, prima di seguire l'istinto e formularle una proposta. “Che ne dici se chiamiamo Luna e andiamo a fare un aperitivo?”
Scosse il capo. “Scusa, ma non è la giornata adatta: devo sbrigare delle commissioni, prima di tornare a casa” si affrettò a dire, prima di rivolgermi un'occhiata di sbieco. “E poi tu dovresti chiarirti con Morgana, dammi retta: non tergiversare”.
“Hai ragione, ” convenni con un sospiro nel riconoscere la strada del mio dormitorio. “Grazie del passaggio, ci sentiamo”.
 
Quando entrai nell'appartamento, notai che la chiave di Morgana era appoggiata al consueto posto, ma tutte le luci erano spente, segno che doveva essersi chiusa in camera. Sospirai, ma mi diressi verso la cucina per preparare le nostre tradizionali tazze di Ciobar. Seppur si trattasse di un'abitudine che onoravamo quando l'una o l'altra aveva bisogno di sfogarsi, quella sera speravo che divenissero un gesto di “riappacificazione”. Mi ero anche domandata se non fosse il caso di telefonare a Sean, ma ricordavo fin troppo bene una situazione analoga con Amy e con Daniel, quindi decisi di affrontare prima la mia amica, alla quale dovevo la mia lealtà, malgrado l'episodio di quel pomeriggio. Rimuginavo su quelle parole che mi bruciavano nella mente, rimettendo in discussione l'ultimo anno e domandandomi se la vita a Glasgow mi avesse coinvolta al punto da non prestare più attenzione ai bisogni delle persone care.
Bussai alla sua porta con una lieve esitazione. “Posso entrare?”.
“Vieni pure... ” rispose dopo pochi secondi, ma mi parve che la sua voce fosse meno allegra e gioviale del solito. Inarcai le sopracciglia alla vista degli abiti che aveva riverso su una poltroncina, alcuni persino gettati sul pavimento in un gesto evidente di frustrazione. Sembrava molto più “piccola” con i vestiti di tutti i giorni. Tuttavia, appariva di una bellezza rara anche con un paio di jeans e una camicia. Aveva legato i capelli in uno stretto chignon alla base della nuca e il trucco era perfetto, ma lo sguardo appariva più spento ed emaciato.
“Ho pensato di preparare due belle tazze di cioccolata...”
“Allock non ti sgriderà?” mi domandò in un coraggioso tentativo di apparire scherzosa.
“Non lo farà, a patto che non lo sappia.”
Ostentavamo entrambe una tranquillità poco credibile, nel tentativo di dissipare quell'atmosfera più pesante e quel silenzio carico di sottintesi.
Appoggiai cautamente il vassoio sul comodino che lei aveva liberato, ma non allungò la mano verso la tazza. Fu invece con un gesto energico e fluido che mi attrasse a sé per abbracciarmi brevemente. Ne ricambiai il gesto istintivamente, sentendo che era più eloquente di parole lacrimose e di scuse formali.  “Stai bene?”
Si scostò da me e scosse appena il capo, ma mi guardò attentamente: “Ti devo delle scuse” disse rapidamente, quasi volendo annullare il dolore e la vergogna. “Non avrei mai dovuto dirlo”.
Sospirai gravemente. “Vorrei solo capire se lo pensi seriamente” mormorai senza rabbia né recriminazione. “So di aver sempre avuto la testa tra le nuvole da che tu mi conosci... e so che il pub, l'Accademia e Bradley ultimamente mi assorbono molto... ma se ti ho fatto sentire trascurata, in qualche modo, ti chiedo perdono. Non era mia intenzione: mi devi credere”.
Scosse il capo con vigore. “In realtà è quasi incredibile come ti presti sempre ad ascoltare gli sfoghi altrui, a cercare di aiutare i colleghi in difficoltà, a non trascurare le serate in compagnia... anche adesso: dovresti pensare solo all'appuntamento con Bradley ed eccoti qua, trascinata nel mio melodramma romantico...” Il carattere orgoglioso spesso la rendeva poco incline a esprimere le sue emozioni e i suoi stati d'animo se non in modo velato, attraverso l'ironia e parole affettuose mischiate a quelle più sbarazzine.
Ne strinsi la mano: “Tu ci sei sempre stata per me, anche e soprattutto in quest'anno e anche tuttora so che stai complottando perché io abbia un primo appuntamento da sogno... il minimo che possa fare è cercare, a mia volta, di prendermi cura di te”. Sospirai e mi mordicchiai il labbro al pensiero di quel pomeriggio e di come l'impulsività, ancora una volta, avesse vinto sulla razionalità. “A questo proposito, mi dispiace se oggi sono partita in quarta davanti ai ragazzi. Ho sbagliato. Avrei dovuto prenderti da parte e chiederti che cosa stava accadendo. Voglio molto bene a Sean, lo sai... ma non intendo tradire la nostra amicizia... ” mi presi una pausa per guardarla negli occhi, quasi a voler confermare quel concetto. “Solo che... non so come posso aiutarti, se non mi dici cosa sta succedendo tra voi. Hai forse dei ripensamenti?”
Mi parve che si intristisse: il solo nominarlo aveva fatto pericolosamente incrinare il suo storico autocontrollo. Sembrò faticare a formulare una spiegazione. “Mi vergogno a dirlo, ma sto mandando tutto all'aria di proposito”.
Sgranai gli occhi e per qualche secondo mi sentii troppo sopraffatta dalla sorpresa per trovare qualcosa da dire. Cercai di mantenermi calma e lucida ma il ricordo del volto affranto del mio amico mi suscitò una morsa all'altezza dello stomaco.  Tuttavia, in quel momento era importante ascoltarla, senza giudicare.
“Posso chiederti perché? Insomma... credevo che fossi molto felice con lui”.
Mi fissò, quasi pregandomi di credere alla veridicità e alla profondità di quanto stava asserendo, prima di riprendere: “La scorsa settimana, per la prima volta, mi ha detto che mi ama”.
“Oh...”
Non avevo idea di che cosa significasse sentire pronunciare quelle parole. Nella mia adolescenza ero stata letteralmente cresciuta a romanzi d'amore e sogni a occhi aperti e, seppur con gli anni, fossi riuscita a ridimensionare i livelli di stucchevolezza a cui gratuitamente ricorrevo nelle mie fantasticherie e nelle bozze dei miei scritti, non potei fare a meno di sentire un tuffo al cuore. Doveva essere un momento realmente intenso nella vita di una coppia, ma al contempo solenne. Tanto da indurre la persona che le pronunciava o le riceveva a fare un riepilogo della relazione in corso, così da appurare se fossero giunti allo stesso punto del cammino comune.
“Posso dirti che conosco Sean abbastanza da rassicurarti che non lo avrebbe mai detto, se non ne fosse assolutamente sicuro... ” mormorai seppur fosse superfluo.
“Credo che sia stato proprio questo a spaventarmi... ” ammise delicatamente.
Sollevai le mani e cercai di capire quale fosse il punto. “Tu non provi lo stesso?”
Non sembrò esitare e ne fui enormemente sollevata. “Assolutamente, no. So per certo di amarlo, come non è mai capitato con nessuno. So che forse è difficile da capire... ma a volta mi sento come se io stessa fossi alle prime armi”.
Non lo era affatto. Ero stata testimone diretta della lunga fila dei suoi corteggiatori più o meno meritevoli, dei cuori che aveva spezzato e delle rare occasioni in cui era stata lei a subire una ferita e un abbandono indesiderato. Provai un moto di tenerezza: anche a lei accadeva di sentirsi vulnerabile e delicata. Ciò la rendeva più “accessibile” e, se possibile, persino più graziosa ai miei occhi. “Questo è meraviglioso... te ne rendi conto?”
Mi rivolse uno sguardo quasi implorante e mi strinse di rimando la mano. “Ma lui è completamente diverso da qualunque ragazzo io abbia mai avuto”.
“Lo so” risposi di riflesso.
“Ama anche i miei lati scomodi e quelli meno piacevoli” insistette, quasi volendo che giungessi alla sua stessa conclusione.
“Soprattutto quelli” suggerii con un sorriso, pensando al contrasto tra i loro temperamenti che era un punto di forza del loro legame.
“Non posso fare a meno di pensare che prima o poi potrei rovinare tutto. Forse l'ho già fatto”.
La guardai con aria incredula. Era curioso come, spesso e volentieri, fossimo i nemici più spietati di noi stessi e cercassimo di infliggerci delle punizioni. Istintivamente ogni uomo ricerca la felicità e l'amore ma, una volta giunto al traguardo, scatta un meccanismo inconscio che lo induce a sabotarsi la vita e preferire una routine vuota e quasi confortevole.  
“E se invece non lo facessi?” la incalzai. “Non puoi saperlo!” le dissi con tono energico, sorridendo al pensiero di come avrebbe reagito se io avessi attuato un simile comportamento con Bradley. “Nessuno, neppure Luna, può saperlo per certo... a volte siamo così proiettati al futuro che ci dimentichiamo di vivere degnamente il presente che è l'unica cosa reale che abbiamo di fronte. Magari tra qualche anno sarete ancora insieme. O forse no, ma resterete amici” provai a incoraggiarla. “In ogni caso,  non pensi che valga la pena vivere le emozioni che stai provando? Non pensi che in futuro, a prescindere da tutto, conserverai un ricordo meraviglioso di tutto quello che state costruendo adesso?”
Si prese qualche istante per riflettere, ma seppi di aver detto la cosa giusta quando, finalmente, quello scintillio più vitale e sbarazzino tornò a farne scintillare gli occhi. “É l'aria scozzese che ti rende così saggia o il pensiero del tuo primo appuntamento?”
“Forse entrambe le cose... ” risposi con uno scrollo di spalle. “Ti senti meglio?” domandai più premurosamente.
“Molto meglio... ma adesso dovresti goderti la tua cioccolata prima che si geli. Anzi, prenditi anche la mia: te la sei meritata”.
Senza darmi tempo di rispondere, si rimise in piedi ed esaminò accuratamente gli abiti che aveva lasciato sulla poltrona.
Aggrottai le sopracciglia. “Non puoi sistemarli dopo?”
“No, devo andare dal mio meraviglioso ragazzo” mi informò con una strizzatina d'occhi, prima di avvicinarsi. “Grazie” sussurrò più dolcemente. “Ma non pensare che ti svelerò qualcosa sui piani di Bradley”.
Mi scottai la lingua per la sorpresa e tossii, seguendola fuori dalla sua camera. “Ma allora sai già qualcosa?!” la incalzai. Dopotutto avevo ipotizzato che stessero già, effettivamente, prendendo accordi, ma nessuno dei due mi aveva mai dato un appiglio certo e inequivocabile.
“Ovviamente” rispose lei e la sentii azionare l'acqua della doccia. “Mi ha telefonato il giorno dopo la sua visita notturna...” mi rivelò. Non attese risposta, agitò la mano in segno di saluto e si chiuse la porta del bagno alle spalle.
Bussai con energia: “Hey! Non puoi cavartela così: mi devi almeno un indizio!”.
“Ti ho già ceduto la mia cioccolata” riecheggiò la sua voce, dopo una risata malefica.
Scossi il capo: anche se stavo letteralmente morendo di curiosità, la cosa più importante era che si riappacificasse con Sean. Tornai nella sua camera per finire la cioccolata e una nuova idea mi balenò in mente: poteva aver lasciato un indizio in giro per casa e la sua uscita sarebbe stata un'occasione ideale per controllare a sua insaputa.
“Non aspettarmi alzata” mi disse con un sorriso, dopo essersi cambiata di tutto punto. “Ah, prima che tu perda tempo: in camera mia non troverai nulla e, come avrai notato, ho cambiato tutte le password per l'apertura dei miei social, fake compresi. Buona serata” mi augurò con un trillo quasi perfido.
Non mi presi neppure la briga di rispondere, ma lanciai la spazzola contro la porta in un gesto di pura frustrazione.
 
~
 
“So che lo dico sempre, ma questa volta mi sono davvero superata!” dichiarò Morgana decisamente compiaciuta e orgogliosa di se stessa.
“Detesto ammetterlo, ma hai ragione: supera anche l'outfit per Londra... ” le concesse Amy. Inclinò il viso di un lato e mi rivolse uno sguardo d’intesa, prima di punzecchiarla: “A proposito, mi sorprende che tu in quell'occasione le abbia selezionato un abito rosa: è evidente che sia questo il suo colore”.
Si appoggiò le mani sui fianchi e sospirò. “Un complimento e un'offesa nella stessa frase, davvero?”
Ridacchiai, ma fui lieta di quel piccolo battibecco che mi stava distraendo dall'interminabile attesa e mi concessi un'altra occhiata allo specchio. Era emozionante indossare nuovamente una creazione della mia amica. Si era ispirata a uno degli abiti dei miei sogni. Mancavano solo pochi minuti e sentivo già il cuore in gola. Cercavo di non crearmi troppe aspettative, ma era inevitabile ricordare che avessi atteso una serata simile da anni. Non mi sarei mai perdonata se avessi rovinato tutto.
“Respira profondamente” mi suggerì la moretta, notando la mia agitazione. “Devi solo rilassarti e lasciarti andare”.
L'altra mi rivolse un sorriso più giocoso, nel tentativo di stemperare l'atmosfera. “E poi hai già provato a saltargli addosso, durante una lezione privata... ” puntualizzò e arrossii al ricordo. “Questa sera è tutto compreso” mi fece notare con un ammiccamento.
“Bernie ha centrato il punto!”
Alzai le mani. “Vi prego, non ricordatemelo adesso!”
Morgana controllò l'orologio e lo sguardo baluginò di nuovo. “Non per metterti in ulteriore agitazione, ma mancano pochi minuti: scommetto che sta già parcheggiando”
“Le facciamo bere qualcosa per tranquillizzarla?” suggerì l'altra.
“E rischiare di rovinarle il trucco e il vestito prima di cena? Scordatelo...” la rimproverò con aria quasi scandalizzata al pensiero. Erano in procinto di iniziare uno dei loro diverbi, ma ci bloccammo tutte al suono inconfondibile che giunse dalla porta.
Attraversai il soggiorno, accompagnata dai battiti più intensi del mio cuore e presi un profondo respiro, prima di schiudere l'uscio. Fu come se il mondo si fermasse in quell'istante incredibilmente lungo in cui i nostri occhi si incontrarono. Se possibile, Bradley appariva persino più avvenente della notte del suo spettacolo e del giorno in cui era entrato in auditorium, dopo l'introduzione di Silente.
Inclinò il viso di un lato e lo sguardo sembrò sfavillare, prima di infrangere il silenzio. “Credo che da questo momento in poi, mi pentirò ancora di più di non aver visto l'abito da Cenerentola del ballo” sussurrò con voce vellutata. Con un gesto fluido mi prese la mano e se la portò alle labbra per baciarne il dorso.
“Oh, ma anche tu ti difendi bene!” sentii il sussurro enfatico di Amy e ringraziai che fosse nella nostra lingua madre.
“Schhhh!” la interruppe Morgana.
“Oh, buonasera anche a voi ragazze...” si premunì di salutarle, osservandole per un istante al di sopra della mia spalla.
“Ti ringrazio” sussurrai, prima di rivolgergli uno sguardo affascinato. “Sembri letteralmente... uscito da un sogno” mi sentii direi.
Mi osservò con un misto di compiacimento e di tenerezza, parlando nuovamente in modo sommesso: “Da parte tua non potevo sperare in un complimento migliore” mi rivelò con un breve ammiccamento, prima di rivelare il bouquet che aveva tenuto dietro la schiena fino a quel momento. “Queste sono per te”.
“Ohh...” avevo esclamato e avevo sentito il cuore in gola nel riconoscere una varietà di rose che ricordavano quelle del mio sogno. “Sono bellissime...” le ammirai per qualche secondo e me le portai al viso per sentirne il profumo.
“Le metto subito in un vaso” intervenne Morgana, aprendo maggiormente la porta e sfilandomeli dalle mani, prima di rivolgere il suo personale scrutinio al ragazzo in questione. Avrei dovuto chiedergli se si fossero consultati persino sul suo smoking.  “Come da programma, l'ho vestita come si conviene alla serata...[9]” mi indicò con un cenno del mento, prima di farsi seria. “Venendo a te: spezzale il cuore ed io ti faccio a pezzettini, poi ti rimando a Londra un frammento alla volta, in modo tale che neanche tua madre saprà ricomporti...” gli disse senza smettere di sorridere, ma rendendo quell'ammonimento persino più inquietante.
“Morgana!” la rimproverai con voce strozzata.
Lui non era affatto sorpreso, ma ne sostenne lo sguardo e ridacchiò. “Ho afferrato il concetto e colgo l'occasione di ringraziarti nuovamente per la tua preziosa collaborazione... ” spostò lo sguardo da lei ad Amy e rivolse loro un cenno del capo. “Auguro a entrambe una buona serata...”
Mi porse il braccio con una naturalezza e un'eleganza che erano del tutto coerenti alla sua personalità e non un'ostentazione artefatta. “Vogliamo andare?”
Nonostante l'emozione e il timore, mi sentii come se tutta la mia vita dovesse condurmi a quel momento, a quel ragazzo meraviglioso che mi stava di fronte. Fu altrettanto spontaneo e naturale appoggiarmi a lui. “Non aspettavo altro”.
“Divertitevi anche voi!” trillò Amy dalla soglia dell'uscio.
“Sì, ma non troppo!” le fece eco Morgana, facendo ridere lui e sospirare me. Fu solo in nome del romanticismo che mi trattenni dal rispondere per le rime.
 
Fu categorico e irremovibile: non volle concedermi alcun indizio e parlarmi della sua sorpresa, neppure durante il tragitto in auto. Mi accorsi che controllava l'orologio e immaginai che dovessimo rispettare una prenotazione. Il viaggio non fu molto lungo: ci trovavamo nella parte centrale della città. Mi avvolsi nella stola e, aiutata da lui, scesi dall'auto: non riusciva a smettere di sorridere, come se non stesse nella pelle.
Studiai la facciata imponente e sontuosa, illuminata in modo suggestivo e solo allora compresi che si trattava di un teatro.
“Benvenuta al King's Theatre[10]lo indicò.
Oh mio Dio!” squittii nel riconoscere il titolo dell'opera e studiai la locandina in ogni minimo dettaglio.
“Pronta?” mi domandò in un sussurro, dopo aver salutato l'addetto e aver consegnato i biglietti.
“Assolutamente!” trillai con voce colma di entusiasmo, provando l'impulso di saltargli al collo per ringraziarlo.
Sembrò leggermi il pensiero perché sorrise e mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di baciarmi la tempia: “Meglio non rischiare di entrare in ritardo” mi indicò con un cenno del mento la scalinata che ci attendeva. Evidentemente aveva scelto dei posti in un palchetto, realizzai con ancora più emozione. Mi porse nuovamente il braccio per aiutarmi nella salita e mi premunii di sollevare un lembo dell'abito, come mi aveva mostrato la mia amica.
Naturalmente conoscevo la trama di Orgoglio e Pregiudizio a menadito e fu una scelta più che saggia: non solo perché fosse il mio romanzo preferito dell'autrice, ma perché non riuscivo a contenere l'emozione e l'entusiasmo e il mio sguardo vagava nel tentativo di cogliere ogni dettaglio della scenografia, degli abiti, delle pettinature e dell'inflessione della voce degli attori, soprattutto considerando che da lì a una quindicina di giorni mi sarei trovata su un palco molto più piccolo ma certamente non meno importante. L'attenzione di Bradley era più rivolta alla mia infantile e genuina gioia che non alla vicenda che conosceva altrettanto esaustivamente. Seppur non potessimo parlare se non durante gli intervalli da un atto all'altro, non lasciai che scostasse la mano che aveva appoggiato alla mia in grembo e ne carezzai il dorso, quasi per sentirmi ancora connessa a lui.
Ci scambiammo opinioni durante la cena in un ristorante nelle vicinanze e fui ben lieta di continuare la serata con una passeggiata, lasciandomi condurre nel percorso del Kelvingrove Park[11] che permetteva di ammirare la bellezza del paesaggio scozzese che, in alcune zone, sembrava sgorgare fuori da un dipinto dai colori inebrianti e pulsanti di vita.
“Dimmi la verità: da quanto tempo stavi pianificando tutto?” lo incalzai, quando sostammo sul ponte sospeso sopra al fiume. Continuavo a ripetermi che ero stata indicibilmente fortunata e mi sentivo come se stessi letteralmente vivendo un film. La sensazione era resa ancora più palpabile delle meraviglie naturali che ci circondavano.
Il suo sguardo riluceva persino nella penombra, ma non dovette pensare molto alla risposta e si prese un istante per scrutarmi negli occhi. “Più o meno dalla mia prima lezione in Accademia, quando ti sei cimentata in quell'esamina sui romanzi della Austen...” spiegò con aria complice. “Volevo che fosse un'esperienza indimenticabile” aggiunse in un sussurro.
Sentii un dolce calore avvolgermi e mi fu naturale avvicinarmi di un passo, senza smettere di osservarlo. “Neppure nelle mie fantasie avrei mai potuto pianificare qualcosa di più perfetto... ” gli rivelai, prima di prendermi un ulteriore attimo per contemplarlo. “Credo sia giusto dirti che ogni momento che ti riguarda, da quella sera a Londra... mi ha letteralmente cambiato la vita”.
“Credevo che il mio inevitabile e scontato successo sarebbe stato la cosa più importante di quella sera” mi rivelò e, seppur parlasse con la consueta verve, anche il suo timbro appariva più profondo. “Almeno fino a quando non ho incontrato questi occhi e mi sono detto che era stato un peccato imperdonabile lasciarti fuggire”.
Mi sentivo serena e piena di vita come non lo ero mai stata e, per la prima volta dopo il primo batticuore, mi resi conto di quanto poco la mia immaginazione avesse mai potuto carpire di un sentimento così profondo che si rendeva concreto in uno sguardo, in una stretta di mano, in poche parole sussurrate. Mi sentivo quasi tremare per l'emozione e il nervosismo, ma al contempo ero sempre più consapevole che non avrei potuto anelare ad altri che a lui. Forse lo avevo presagito inconsciamente dal primo momento.
Non avrei saputo dire se ero stata io ad avvicinarmi ulteriormente o se erano state le sue braccia a cingermi, ma ne sentii il tocco delicato sulla guancia e la mia pelle si intirizzì.
“Sei nervosa?”
“Un poco” ammisi. “Ma prometto che questa volta non svanirò”.
Le labbra si distesero in un sorriso. “Credo che Morgana ti ucciderebbe se ti azzardassi a perdere una di queste scarpe” commentò scherzosamente, paragonandomi nuovamente alla ben nota principessa.
“Di queste maledette e scomodissime scarpe vorrai dire” precisai in un sussurro.
Rise contro il mio orecchio e fu un suono dolce e, al contempo, irresistibile: non riuscivo a smettere di contemplarne gli occhi che parevano aver assunto una sfumatura più dolce.
“Spero mi perdonerai se dovrò abbandonare l'armatura per un istante... ” sussurrò contro la mia guancia. “Ma queste labbra mi stanno chiedendo un bacio da quella notte e non voglio attendere oltre”.
Ne sussurrai il nome, come una preghiera e una conferma insieme.
La sua bocca sfiorò la mia in un tocco gentile ma deciso che mi spezzò il fiato e mi fece scorrere brividi caldi e freddi lungo la spina dorsale. Mi attirò al suo petto e mi sentii immersa nel suo profumo e nel suo calore. Quando la mano mi artigliò delicatamente la nuca, reclinandomi il viso, sentii le mie braccia avvolgergli il collo come se fosse stato parte di un copione che avevo appreso in quello stesso istante. Non c’era più paura, ma solo il bisogno di lui. Avrei solo voluto che il tempo si fermasse affinché non dovessi mai allontanarmi. Solo quando si scostò, percepii nuovamente la brezza fresca e i suoni della notte, ma indugiai con gli occhi socchiusi contro la sua spalla, quasi sperando di trattenere quelle emozioni il più a lungo possibile. Mi sentivo persino vicina alla commozione.
“Dove sei stata finora?” mi domandò in tono rauco e flebile.
Sollevai il mento per osservarlo, senza smettere di sorridere e a stento riconobbi la mia voce. “Forse mi ero persa, ma continuavo a sognare qualcosa di simile”.
Mi parve che volesse replicare qualcosa, ma gli posai le dita sulle labbra sottili e scossi il capo, prima di sollevarmi sulle punte a cercarne nuovamente un bacio. Ne percepii il sorriso in quel contatto carezzevole e dolce. Mi presi qualche istante per sfiorarne il volto e intrecciare le dita tra i suoi capelli, attirandolo più vicino.
“Sai qual è una cosa che adoro di te, Milady?” Mi domandò, dopo che mi fui accoccolata nuovamente contro il suo petto. Ne ascoltavo i battiti più accelerati del consueto e mi resi conto che erano la perfetta colonna sonora.
“Quale?”. Avevo quasi il timore che la mia voce spesso eccessivamente pimpante al mio udito, potesse guastare l'atmosfera da sogno.
“Sei un'allieva provetta: impari subito” mormorò al mio orecchio con intonazione sagace che mi strappò un nuovo brivido. Risi, ma gli diedi una lieve pacca sul braccio quasi a mo' di rimprovero. Non mi scostai tuttavia dal suo petto e socchiusi gli occhi.
“Gliel'hanno mai detto, Milord, che è uno sfacciato?”
“Forse” rispose con la consueta naturalezza. “ Ma ammetto che non mi è mai piaciuto sentirlo, almeno fino a questo momento”.
 
 
“Adesso è meglio che tu vada... ” alluse all'entrata del mio appartamento, non prima di avermi nuovamente baciato la guancia. Di fatto, tuttavia, non accennò a scostarsi.
“Sicuro di non voler entrare?”
Le sopracciglia si arcuarono a modellarne la sorpresa. “E subire l'interrogatorio delle tue amiche?” mi interrogò con uno scuotimento del capo. “Lascerò a te il privilegio”.
Risi ma incrociai le braccia al petto. “Questo non è molto cavalleresco da parte tua”.
“Saprò farmi perdonare...” promise con un ammiccamento. “Buonanotte, Milady, credo di essermi guadagnato un posto d'onore nei sogni di stanotte”.
“Mhm, forse” finsi di rifletterci dopo un ultimo saluto.
Ne ricambiai il sorriso e osservai le porte dell'ascensore chiudersi con lui dentro. Mi sentivo la testa incredibilmente leggera e un'allegria del tutto irrazionale. Avrei voluto indugiare ancora qualche istante in quello stato d'animo, ma quasi sussultai quando la porta fu schiusa.
“Allora? Che aspetti?” mi incalzò Morgana che quasi mi trascinò dentro di peso. Non fu una sorpresa notare che Amy era ancora dentro.
“Ciao ragazze” risposi in tono sereno, ma fu un vero sollievo dell'animo sfilarsi quelle terribili scarpe e camminare coi piedi nudi fino al divano. Ero troppo euforica per scandalizzarmi all'idea che avessero origliato gli ultimi saluti.
“Avanti, ho già preparato la cioccolata... ” commentò Morgana e indicò le tazze adagiate sul tavolino di fronte al divano.
“Mi sa che ha già avuto un'overdose di zuccheri” replicò Amy con un cenno distratto della mano. “Allora, passiamo alle cose importanti: bacia bene?
“Ma guardala...” mormorò Morgana tra l'intenerito e il divertito. “Ti brillano gli occhi: non c'è da sorprendersi se quella notte a Londra hai fatto colpo”.
“Allora, vuoi parlare?” insistette l'altra.
Sollevai le mani e cercai di ritrovare un po' di compostezza. “Datemi solo qualche minuto, poi vi racconterò tutto”.
La moretta mi guardò sospettosa: “Non penserai di darti adesso alla scrittura, vero?!”.
Non sarebbe stata un'idea malvagia ma promisi loro che sarei tornata presto.
“Ti diamo cinque minuti, non di più” mi giunse la minaccia di Amy.
Fu con un sorriso che scorsi un messaggio del ragazzo e mi affrettai ad aprirlo e quelle parole mi fecero ulteriormente sorridere.
 
Cerca di non farmi troppi complimenti durante l'interrogatorio ;)
Ci vediamo domani in Accademia, sii pronta a qualche “rapimento strategico”.
Buonanotte, Milady.
 
~
 
Quello stato di profonda esuberanza e di spensieratezza non si era completamente attenuato dopo una notte di sonno. Entrai nel pub, canticchiando un motivetto che avevo sentito recentemente alla radio. Mi fu facile persino sorridere a Rankin, ma mi diressi verso il bancone.
“Ciao Sarah, tutto bene?” mi accolse Susan.
“Benissimo, grazie. Potresti prepararmi un cappuccino?”
“Certo... ” inclinò il viso di un lato e assunse un'espressione guardinga. “Qualche richiesta in particolare?”
Mulinai i capelli per imitare una nostra conoscenza in comune che le aveva causato non pochi fastidi, inducendola a usare la “tattica Amy”. “Credo che, dato il mio buon umore, mi accontenterò di un cappuccino normalissimo”.
“Questo è parlare” dichiarò lei.
Nell’attesa, notai dei volantini dal colore sgargiante e allungai la mano per prenderne una copia: “Questi sono nuovi?” le domandai.
“Sì, in estate apriranno una palestra qui vicino” rispose distrattamente, mentre azionava la macchina del caffè.
Annuii, registrando l’informazione con un certo interesse: il volantino indicava una buona selezione di corsi: discipline orientali come lo yoga, corsi di zumba e step coreografato fino alle arti marziali, il kickboxing e il pugilato, oltre al classico bodybuilding. Ricordai il proposito di Amy di dedicare più tempo all’attività fisica e convenni che avrei potuto farle compagnia.
“Ci farò un pensierino” commentai e ne scattai una foto che inviai subito alla mia amica.
Stavamo allegramente chiacchierando, quando Riddle uscì dal suo ufficio con espressione piuttosto cupa. Sembrò sorpreso di vedermi e si avvicinò. Provai un poco di soggezione, seppur mi trovassi lì come cliente e non avessi combinato guai di recente. “Buongiorno Signor Riddle”.
“Stia pure comoda” mi invitò con un cenno della mano. Mi scrutò con espressione seria, quasi volendo sondare qualcosa nel mio sguardo. Mi domandai se non volesse, in modo velato, chiedermi notizie di Amy, dopo lo spiacevole avvenimento che li aveva coinvolti. “Immagino che si stia per recare in Accademia”.
“Più tardi” risposi di riflesso. “Ha bisogno che dica qualcosa al Preside?”
Sospirò. “Non ha ancora saputo, quindi”.
“Saputo... cosa?”
La sua serietà non faceva immaginare nulla di buono ed ebbi paura di sentirne la risposta.
Appoggiò il giornale di fronte a me e sgranai gli occhi nello scorgere una fotografia dell'Accademia e sussultai quando lessi la scritta a caratteri cubitali.
 
 L'ERRORE GIGANTESCO DI SILENTE[12]
a cura di Rita Skeeter
 
Albus Silente, eccentrico Preside della Royal Scottish Academy of Music and Drama, non ha mai nascosto la sua eccessiva buona fede e tenerezza nei confronti dei suoi studenti. Anche dei meno meritevoli. Benché il prestigioso Istituto abbia dato formazione ad alcuni dei più brillanti attori di fama mondiale, sono in grado di fornirvi, in esclusiva, i dettagli di una vicenda che, con mio grande rammarico, rischia gravemente di intaccarne il buon nome.
Emma Watson, una giovane e promettente studentessa, si è resa artefice e protagonista di una clandestina e assai redditizia compravendita di esami, con la complicità di un hacker informatico la cui identità è ancora da confermare, benché alcuni giovani siano già stati interrogati e inseriti nella rosa dei possibili candidati. La signorina Watson, decisamente avvenente ed elegante di aspetto, si sarebbe avvalsa della sua amicizia coi tutor scelti dal corpo docente, per avvicinarsi a potenziali “clienti”. Ben lungi dal voler assistere nello studio alcuni degli iscritti in difficoltà, avrebbe aggirato la sicurezza del sistema informatico e rubato i testi delle loro prove di esame. In taluni casi, inoltre, si sarebbe personalmente premunita di fornire, dietro un compenso maggiore, le risposte corrette. Fin troppo brillanti. Sembrerebbe che quest'attività redditizia e criminosa sia in piedi da quasi un anno.
“É stata davvero subdola,” dichiara Pansy Parkinson, una graziosa, vivace ragazza del penultimo anno, “ma è sempre stata la cocca di molti docenti, è molto brava a conquistarsi la fiducia altrui. Sono sicura che abbia abbindolato qualcun altro per fare il lavoro sporco e rubare i file. Credo proprio che ci sia riuscita così”.
Non tutti gli insegnanti, tuttavia, hanno ceduto al presunto charme della giovane ed è stato soprattutto lo sforzo da parte di Severus Piton, il Vicepreside, ad avviare un'indagine interna, alla quale il Preside non ha mai dato la giusta considerazione. “Da quasi un anno ho notato dei miglioramenti piuttosto sospetti in alcuni dei miei discenti più incapaci, ” ha dichiarato, “ quindi ho cominciato ad alterare le prove di un piccolo campione di alunni. Quelli affidati ai tutor precisamente. Taluni sono stati talmente ottusi che non si sono neppure accorti della differenza e hanno fornito le risposte corrispondenti alle verifiche che erano caricate nel database. Ho esortato alcuni colleghi a fare altrettanto e, incrociando i dati delle nostre classi, abbiamo facilmente ristretto la cerchia dei sospettati. Alcuni dei miei studenti hanno confessato di aver ricevuto la copia dell'esame dalla Signorina Watson che li avvicinava in alcune delle caffetterie e dei pub della città. Si premuniva di non rivolgere mai loro la parola all'interno dell'Accademia per sua sicurezza”.
Alcuni di questi allievi affermano di essersi pentiti da tempo, ma la fama di denaro della signorina Watson, decisa a trasferirsi a Parigi per iniziare una formazione nell'ambito della moda, non avrebbe loro concesso di fare ammenda. “Io sono stato messo alle strette,” dichiara Vincent Tiger, “e lo stesso il mio amico Gregory Goyle. Noi volevamo confessare tutto al Preside, ma avevano hackerato i nostri profili social e ci avevano minacciato di rendere pubblici alcuni contenuti privati”.
Resterà da chiarire la posizione di Albus Silente: sembrerebbe plausibile che l'uomo sospettasse qualche attività illecita, ma non abbia mai agito concretamente per fermare la signorina Watson. La famiglia di quest'ultima, già accorsa da Londra, si è garantita la difesa del miglior avvocato della città ed è assai probabile che cercheranno di ottenere un patteggiamento.
 
Non riuscii neppure a finire di leggere il testo, ma continuai a fissare i nomi familiari di Emma, di Silente e del Vicepreside. Non riuscivo neppure a capire che cosa stessi realmente provando, a parte una morsa all'altezza dello stomaco, all'idea di quali sarebbero state le conseguenze in termini di prestigio e di rispettabilità. Ero angustiata soprattutto per il Preside, che consideravo il cuore stesso dell'Accademia.
“Non è certamente il tipo di pubblicità in cui si poteva sperare, a un paio di settimane dagli spettacoli di fine anno”. La voce amareggiata di Riddle mi riscosse e sollevai lo sguardo su di lui. “Lei conosce questa ragazza?” mi chiese con una smorfia di disgusto.
Annuii, sentendo la testa brulicare di pensieri. Ricordai un dettaglio che allora mi era parso insignificante quando, in un gesto di apparente solidarietà, Emma si era proposta di aiutare Daniel e Rupert in un ripasso per il corso di Piton. Provai un brivido al pensiero che si divertisse a fare allusioni velate alla propria attività illecita. Non avrei potuto sopportare l'idea che qualcuno dei miei amici o della classe di Lupin fosse coinvolto in quello scandalo.
“É venuta anche da noi qualche volta”.
Il proprietario si accigliò maggiormente alla realizzazione che anche il suo locale potesse essere stato scenario di quei loschi affari. 
“Non ho mai nutrito particolare stima per lei, ma non avrei potuto immaginare una cosa del genere”.
“Capisco, ma spero che questo significhi che si impegnerà ancora di più nella rappresentazione: dobbiamo sperare che questa brutta storia sarà ridimensionata per allora”.
“Ha la mia parola...” risposi con altrettanta intensità. Mi rimisi prontamente in piedi: “Credo che andrò a trovare il Preside”.
“Dirò a Mrs Sprite di preparare un bel vassoio. Gli dica, da parte mia, che sarò a sua disposizione per qualunque cosa”.
“Lo farò, non ne dubiti”.
 
Mi presi un istante per ammirare l'edificio: non avrebbe mai smesso di apparirmi imponente, nonostante ormai ne conoscessi ogni angolo. Quel giorno, tuttavia, mi destava una profonda inquietudine: era come se quello scoop lo avesse reso meno solenne.  Molti studenti, come prevedibile, tenevano tra le mani una copia del quotidiano o discutevano animatamente: le loro facce erano incredule e affrante. Stavo per varcarne la soglia, ma mi bloccai quando riconobbi la persona che stava elegantemente discendendo dalla scalinata. Emma teneva tra le braccia una scatola nella quale doveva aver riversato i propri effetti personali. A pochi passi da lei, quasi scortandola, l'arcigno custode che la squadrava con faccia schifata. Tutti gli studenti si fermarono a osservarla: non più con il rispetto e la reverenza che alcuni le avevano riservato nei fino a pochi mesi prima. Taluni si allontanavano e si facevano da parte per lasciarle lo spazio, quasi non volessero dare l'impressione di conoscerla personalmente.
Pansy e Padma, invece, neppure si premunivano di nascondere la loro soddisfazione e gongolavano in modo ostentato. “Vai a vendere anche i tuoi vestiti?” le domandò la prima e la sua voce riecheggiò tra le pareti. “Fammi sapere se anche a Parigi si vendono i compiti: potrei farci un pensierino”, aggiunse la sua amica, suscitando l'ilarità generale. Il custode neppure parve prendersi la briga di ammonire gli studenti o di intimare loro di andare nelle rispettive classi.
Lei non si fermò e neppure rivolse loro lo sguardo, ma continuò a camminare con la stessa compostezza. La sua espressione s’incrinò solo quando incontrò gli occhi di Tom. Non potevo sentirne la voce, ma fu evidente dal risentimento e dalla vergogna che trasparivano dal suo atteggiamento che fosse stato all'oscuro di tutto. Lei impallidì e le tremarono le labbra, provò a cingerne il braccio, ma lui si ritrasse come se il solo contatto lo facesse inorridire. Gli rivolse un ultimo sguardo contrito e riprese il proprio cammino a testa alta.
Solo quando fu a pochi passi da me, i nostri sguardi s’incrociarono.
Non riuscivo a processare ciò che stavo realmente provando in quel momento: una parte di me era confortata all'idea che non sarei più stata vittima dei suoi sotterfugi, ma le ferite che mi aveva inferto non erano mai guarite. Non potevo sopportare, inoltre, che avesse infangato il nome del Conservatorio per il proprio egoismo.
Come è arrivata a tutto questo?
Mi aveva colpito fin dalla prima volta che l'avevo vista per i suoi modi da “lady”, quell'apparente perfezione che era insita anche nei dettagli e negli accessori dei suoi abiti costosi, nella cura per il trucco e per la capigliatura, persino nel modulare la propria voce e in quella risatina artefatta. Apparentemente la ragazza più invidiabile per il suo status, la sua relazione e il suo talento. Era piuttosto evidente, tuttavia, che non fosse mai stata realmente felice e che la vita a Glasgow sarebbe stata solo fonte di rimpianti e ricordi amari.
Che ne era adesso di quella maschera?
Se la mia presenza le causasse ulteriore umiliazione, non lo diede a vedere. Al contrario, un sorriso quasi sferzante le increspò le labbra nel fermarsi a pochi passi da me, ignorando il gesto imperioso con cui Gazza le indicava l'uscita. Inclinò il viso di un lato e indugiò con lo sguardo sul vassoio. “Buffo, vero? Certe cose cambiano, ma altre restano le stesse”. Di fronte all'ennesima esortazione dell'uomo, sollevò gli occhi al cielo e mi passò accanto, senza neppure attendere una mia replica.
Mi irrigidii e qualcosa dentro di me si smosse e la seguii in cortile. Non mi curai del fatto che alcuni ci stessero osservando o persino seguendo, ma affrettai il passo e la richiamai.
Lei si girò con una mano puntellata sul fianco in una posa incuriosita e spazientita insieme.
“Ma tu sei mai stata sincera con qualcuno?” le domandai a bruciapelo. Nonostante tutto il male che mi aveva fatto, direttamente o meno, avrei voluto capire l'origine del suo comportamento, prima di poter accantonare il suo ricordo una volta per tutte.
Non riuscì a nascondere la sorpresa per una simile domanda, ma i suoi lineamenti si distorsero in una smorfia di autentica ira. Lasciò cadere la scatola e mi guardò con un sorriso quasi folle, puntando il dito contro di me. “Non osare giudicarmi o crederti tanto migliore di me... ” mi disse in tono imperioso, prima di riprendere il controllo e parlare in un sussurro. “Devo ammettere di averti sottovalutata: non avrei mai pensato che mi avresti portato via Tom. Ma a quanto pare eri persino più ambiziosa...”
Mi sentii emettere un verso gutturale d’incredulità e di divertimento alla sua visione distorta del mondo, fino al punto di paragonarmi a lei.
“Ti sbagli, non è mai stato il mio intento” le dissi in tono tranquillo. Era ormai passato abbastanza tempo da rendermi conto che avevo seriamente rischiato di invaghirmi e di lasciarmi abbindolare dalla sua inebriante caccia. Forse persino lui si era realmente illuso che insieme potessimo costruire qualcosa di solido e di concreto. “Ma non hai esitato ad aprirgli gli occhi, non è vero?”
Era la prima volta che l'accusavo esplicitamente, ma finalmente riuscivo a vederla per ciò che era sempre stata, sotto alla sua scorza lucente e della mia ingenuità.
Non lo negò neppure ma sembrò gratificata dalla mia comprensione. “Gli ho fatto solo un favore... un giorno, se non sarà troppo tardi, rinsavirà e mi ringrazierà” replicò con voce flautata e si strinse nelle spalle. “Ti consiglio di goderti il tuo momento, presto anche il tuo adorato Bradley si renderà conto del tuo vero valore. Mi spiace solo di non poter assistere al momento” si permise di aggiungere con un ultimo sorriso. “Addio”.
Sentii montare dentro un'antica rabbia e l'istinto mi suggeriva di afferrarla per i capelli e di schiaffeggiarla per tutti i trascorsi e per quelle ultime parole velenose. Strinsi istintivamente il vassoio tra le mani e mi sentii folgorata da un'illuminazione improvvisa: sapevo esattamente cosa dovevo fare per chiudere il cerchio.
“Allora, queste paste?” mi abbaiò contro l'inserviente. “A chi vanno consegnate?”
“Le dispiace tenermele un attimo?” gli misi tra le braccia il vassoio, lo sguardo fisso tra le scapole della ragazza. “Emma?”
Neppure si voltò e mi costrinsi ad accelerare il passo per pararmi di fronte a lei e impedirle di procedere. Sorrisi di fronte alla sua espressione infastidita e seccata.
“Mi sono appena resa conto che non ti ho mai raccontato del giorno in cui Lupin mi ha sorpreso con Tom nell'atrio. Dell'esatto momento in cui ci ha scelto come protagonisti”.
“Sei seria?!” mi domandò in tono stridulo. “Per quale motivo...?”
Non le permisi di formulare la successiva domanda: sferrai contro di lei la pasta che avevo sottratto dall'involucro. Il ripieno di cioccolata si infranse contro la stoffa di seta bianca e la ragazza osservò con incredulità e indignazione la chiazza scura sul tessuto. Il custode e molti degli studenti ci fissavano senza fiato, taluni si misero a ridere sguaiatamente e ad additarne il vestito, comprese le mie colleghe di spettacolo che non mi erano mai state solidali. La risata di Mirtilla Warren, poi, spiccava su tutte le altre.
“S-Sei così infantile!” squittì Emma con voce quasi isterica. Lasciò cadere la pasta e cercò di tamponare la macchia con un fazzoletto.
“É vero, è stato molto infantile...” dovetti riconoscere. “E sai una cosa? Sarei anche disposta a rivivere tutto quello che mi hai fatto passare solo per questo...”
Mi trafisse con lo sguardo.  “Dovrei mandarti il conto della lavanderia, se potessi permettertelo!”
“Probabilmente no” risposi con uno scrollo di spalle. “Ma dubito che si possa pulire del tutto” aggiunsi candidamente.
“I miei complimenti, signorina...” mi riscossi nel sentire quella familiare voce che mi fece salire un brivido lungo la spina dorsale. Mi domandai da quanto tempo si trovasse alle mie spalle. “Avevo sentito decantare da Lupin le sue doti da lanciatrice, ma finalmente posso appurare di persona che sono ben meritate”.
Emma, che aveva smesso di cercare di rimediare al danno, assottigliò gli occhi, rivolgendo uno sguardo di sprezzo al nuovo arrivato. “A proposito di finzione, spero che le tue presunte doti da attore superino quelle da cosiddetto insegnante”
Bradley inarcò le sopracciglia e la studiò per un breve istante, prima di rivolgerle uno sguardo di mero sconcerto. “In normali circostanze la pregherei di darmi del lei, signorina Watson, poiché non siamo in confidenza. Tuttavia non intendiamo trattenerla a lungo: la sua presenza non è gradita. E, a giudicare dalla reazione dei suoi colleghi,” alluse con un cenno del capo agli studenti che stavano ancora ridacchiando e rimirando la scena, “non lo è mai stata realmente”. Ammorbidì l'espressione in un sorriso serafico, prima di aggiungere: “Ciao Emma e addio Emma[13]”.
Solo in quel momento, consapevole che fosse davvero tutto finito, sembrò vicina alle lacrime di rabbia e di frustrazione. “Vi auguro davvero tanta felicità!” strillò con evidente sarcasmo, prima di affrettare il passo e varcare il cancello d'ingresso, senza mai voltarsi. Molto lentamente il corteo si diradò, ma continuai a ricevere occhiate incuriosite e sorrisi di approvazione.
“Forse dovrei chiedere a Luna come prevenire i malocchi” mormorai, senza smettere di osservarne la figura, fin quando non fu un puntino minuscolo.
Bradley mi stava osservando con un sorriso e uno sguardo piuttosto eloquente, ma abbassò a sua volta la voce: “Mi piacciono le donne che arrivano in anticipo”.
Mi sentii arrossire, ma ne ricambiai il sorriso. “A onore del vero, sono venuta per parlare con Silente: vorrei esprimergli la mia solidarietà, anche se non so a quanto possa servire... ” conclusi con un sospiro. Esaurito quel momento di euforia, mi resi conto che dovevamo tornare alla realtà e alle pesanti conseguenze di quella scoperta.
“Sono sicuro che apprezzerà” mormorò per risposta, salvo inclinare il viso di un lato. Si guardò attorno, quasi a sincerarsi che non fossimo uditi. “Tuttavia, dopo questa informazione, non sorprenderti se sarò ancora più motivato ad attuare i miei progetti di rapimento”.
Sentii il mio cuore mancare un battito e dei piacevoli brividi di attesa al pensiero.
Mi rivolse un breve ammiccamento, prima di salutarmi a voce più alta. “Ci vediamo alle prove, signorina”.
“Naturalmente, Signor James” risposi con altrettanta flemma.
 
 
Non avrei potuto giurarci, ma mi parve che Gazza fosse meno diffidente quando gli chiesi di ridarmi il vassoio di paste.
Ebbi un attimo di esitazione, prima di bussare alla porta dell'ufficio tanto familiare.
“Avanti” rispose prontamente dall'interno.
Il Preside era seduto dietro la sua scrivania più stanco e amareggiato che mai: sentii un nodo in gola nel rendermi conto che non mi era mai apparso così vulnerabile. E neppure così... anziano. Aveva sempre mostrato un'energia e una spensieratezza che lo rendevano molto più giovanile di quanto l’età lasciasse immaginare.
“Buongiorno Sarah, che bella sorpresa” mi disse con la consueta gentilezza che per un breve istante ne animò gli occhi.
“Il Signor Riddle mi ha chiesto di portarle queste e di dirle che è a sua completa disposizione”.
“Non rifiuto mai un dolce regalo, dopo lo chiamerò per ringraziarlo” commentò allegramente, prendendo il vassoio e appoggiandolo davanti a sé. Mi invitò ad accomodarmi, ma non si dedicò alla sua colazione. “Cosa posso fare per te?”
“Mi ha anticipato” mormorai per risposta.
Sorrise più mestamente, alludendo alla sua copia del giornale che aveva riposto in un angolo della scrivania. Sopra vi era appoggiata la custodia degli occhiali. “Deduco che anche tu abbia letto l'articolo. Hai ammirato l'incantevole perfidia[14] della reporter?” mi domandò con un barlume della tipica ironia.
Sospirai e cercai di trovare le parole adatte. “Mi stavo proprio chiedendo se, una volta tanto, potessi essere io a fare qualcosa per lei. Mi rendo conto che non sono neppure una vera studentessa, ma vorrei davvero sentirmi utile in questo momento”.
“Una cortesia disinteressata vale più di una cattiveria pianificata, mia cara” mi disse con un sorriso che, nonostante tutto, riuscì a scaldarmi il cuore.
“Lei non rischierà il suo posto, vero?” domandai in tono angosciato alla prospettiva.
“Non che io sappia” ribatté in tono del tutto tranquillo. “É anche vero che alcuni consiglieri hanno educatamente fatto presente che nulla mi impedirebbe di concedermi la mia meritata pensione. Il nostro eroe, il Professor Piton, sarebbe sicuramente pronto a prendere il mio posto”.
“Non dovrebbe farlo! Non per questa storia almeno” mi affrettai a dire, seppur non fossi nessuno per giudicare con autorevolezza. “Lei mi ha insegnato molto, nonostante sia stata solo di passaggio. E molti studenti meritano la sua attenzione e i suoi saggi consigli che di certo non riguardano solo la recitazione, ma la vita reale”.
Mi sorrise, ma lo sguardo sembrò nuovamente velarsi di una malinconia mista a stanchezza. “Ti confesso che una parte di me si pente di non aver gestito questa situazione in modo diverso”.
Lo osservai attentamente: nonostante il disgusto per il tipo di articolo, c'era stato un punto in cui la Skeeter forse non aveva del tutto torto. Non riuscivo davvero a credere che Silente non fosse minimamente a conoscenza di ciò che stava accadendo. “Durante il viaggio per Londra, lei mi disse che è sempre aggiornato su tutto quello che accade tra queste mura.”
Congiunse i polpastrelli delle dita. “Mi stai chiedendo se sospettassi delle attività illecite della signorina Watson?”
“Non intendo accusarla di nulla... ” mi affrettai a replicare.
“Ebbene sì. Gli insegnanti erano già informati sulla necessità di non divulgare gli esiti degli esami, prima della fine dell'indagine interna” mi rivelò. “Confesso che ho scioccamente sperato che, concedendole altro tempo, la ragazza sarebbe venuta spontaneamente da me. Ha perso una preziosa lezione di vita tra le altre cose... ” mormorò in tono più amareggiato. Era evidente che il suo cruccio principale fosse la crescita interiore di coloro che trascorrevano anni di formazione sotto la sua tutela.
“Una persona molto saggia, tempo fa, mi disse che talvolta le persone hanno bisogno di tempo, prima di essere disposte ad accettare l'aiuto altrui e a cambiare” gli ricordai delicatamente[15].
Mi sorrise più dolcemente. Fui lieta di notare che aveva recuperato uno sprazzo della sua tipica allegria. “Tutti noi abbiamo bisogno, di quando in quando, di ricordarci di continuare a concedere fiducia al prossimo, se non vogliamo nasconderci dalla vita stessa” mormorò e seppi che avrei dovuto, ancora una volta, custodire preziosamente quelle riflessioni.
“Allora non lo dimentichi, la prego”.
“Prometto che m’impegnerò” sorrise per risposta. “Ma ora che ci penso c'è davvero qualcos'altro che potresti fare per me, anche se sono sicuro che sia superfluo chiedertelo”.
Mi sporsi verso di lui per conferire ancora più veridicità alle mie parole. “Le prometto che metterò cuore e anima nello spettacolo, ora più che mai”.
“Era quello che avevo bisogno di sentire... ” affermò allegramente e allargò le braccia. “Propongo di festeggiare questo accordo con una colazione golosa. Prego, cara, a te la scelta”.
Addentai la pasta con un sorriso, dopo averla sollevata, quasi a volergli dedicare un brindisi.
Mi imitò, ma scrutò i pasticcini con espressione incuriosita. “Pensi di raccontarmi spontaneamente che fine abbia fatto la pasta scomparsa, o dovrò aspettare il resoconto di qualche testimone?”
Non riuscii a trattenere la risata: “Molto volentieri”.
 
Non erano state parole di proforma. Quel giorno trovai una motivazione tutt'altro che egoistica a impegnarmi in quelle ultime due settimane. Desideravo, con tutta me stessa, che il nostro lavoro fosse un successo per tutti coloro che, in quell'anno, mi avevano concesso la loro fiducia.
 
To be continued...
 
 
Ben ritrovati :)
Sono contenta che se non altro, questo periodo di forzata reclusione mi abbia consentito di lavorare con maggiore assiduità a questo capitolo.
Ci tengo a ricordarvi, ancora una volta, che tutto quello che è stato detto dei personaggi famosi, soprattutto di negativo, è dovuto al ruolo che ho loro attribuito nella vicenda. Non è assolutamente mia intenzione screditare Tom Felton o Emma Watson ai vostri occhi, ma non nascondo di essermi divertita a conferire loro la parte dei “villain”. Mi riferisco soprattutto all'attrice. Se pensate che non sia adatta a una simile parte, vi suggerisco di guardare il film: “The bling ring” (2013) nel quale interpreta una perfida ladra. La mia amica ne abbiamo tratto spunto nell’affibbiarle questo alter ego. Spero non me ne vogliate: anche se i nomi sono quelli originali, si tratta pur sempre di una finzione e questo è bene non dimenticarlo né da autori né da lettori ;)
Spero di riuscire ad aggiornare quanto prima :)
Nell'attesa ringrazio, come sempre, Evil Queen che mi supporta e mi sostiene e che è stata co-autrice di moltissime story-line ed episodi più divertenti dei vari capitoli. Ringrazio i “nuovi lettori” e anche eventuali “lettori nostalgici” della prima versione che spero non soffrano troppo dei cambiamenti rispetto all'originale. Sono comunque più che disponibile a rispondere a dubbi e perplessità :)
Un abbraccio a tutti,

Kiki87

 
 
[1] Ringrazio Evil Queen per avermi suggerito questa canzone e il suo spettacolare video ufficiale che lo rende una colonna sonora perfetta di questa fan fiction :) Potete trovarlo qui. Credo che sia una perfetta sintesi non solo del capitolo che state per leggere ma anche dell'intera vicenda. Ce lo ridiremo quando giungeremo all'epilogo ;)
[2] Come avrete capito si tratta della sala da the di Madame Piediburro di cui ho lasciato il titolo originale. Per la descrizione mi sono aiutata con quella riportata nel quinto libro.
[3] Per darvi un’idea del gesto, potete ammirare l’attore stesso che lo ha eseguito in questa scena tratta dalla serie tv “Nashville” a cui ha preso parte per qualche episodio. 
[4] Nomignolo affibbiato a Bernadette, uno dei personaggi di Big Bang Theory. Uno dei suoi grandi punti di comicità è l'essere apparentemente piccola e indifesa ma nascondere una grinta quasi omicida e una voce che diviene stridula in modo comico. É a lei che ci siamo ispirate per caratterizzare il personaggio di Amy.
[5] Si tratta dell'abito che ho descritto nella prima scena stessa della fan fiction ;)
[6] Per aiutarvi a figurarvi meglio la scena, ecco un'immagine tratta da un photoshoot recente di Colin, decisamente cresciuto dai tempi in cui interpretava Merlin. Fate voi stessi il confronto con il personaggio della fiction.
[7] Per capirci meglio: Bradley e Amy sono ai due capotavola. Le persone che si trovano una di fronte all’altra sono: Sara – Colin,  Morgana – Angel, Sean – Eoin e Luna e Neville :) Se ve lo steste chiedendo, sì, ho fatto un disegnino su un foglio di brutta e ci ho messo pure una decina di minuti per decidere le singole posizioni :D
[8] Anche in questo caso, ho cambiato graficamente il font, mettendolo in corsivo, per farvi notare il passaggio all'italiano. Se poi, oltre al corsivo, vi è il grassetto, significa che quelle parole sono state pronunciate con maggiore enfasi.
[9] Come ormai ben sapete, sono una frana nel descrivere gli abiti, quindi vi allego le immagini degli outfit che ho scelto per questo appuntamento. Quello di Bradley è tratto da un suo photoshoot
Quello di Sara, invece, da un
catalogo online.
[10] Si tratta di uno dei teatri più antichi e importanti della città. Onestamente non so se abbiano mai rappresentato le opere della Austen, ma ho letto che dovrebbero rappresentarvi “Cenerentola” da Novembre 2020 a Gennaio 2021 e mi è sembrato un segno :P Trovate alcune foto e informazioni qui
[11] Potete ammirare le fotografie di questo bellissimo parco qui
[12] Per scrivere questo articolo, ho preso spunto da quelli riportati nel quarto volume di Harry Potter, ai capitoli 24 e 27, prendendone anche il titolo. Data la natura dello scoop, chi meglio della Skeeter per interpretare la giornalista? ;)
[13] Non ho potuto fare a meno di inserire questa battuta, immaginando la voce di Crescentini che la pronuncia. Era un'altra tipica esclamazione di Dean Winchester quando, in uno dei suoi casi, doveva liberarsi dei resti di un cadavere per permettere la liberazione dello spirito a esso collegato.
[14] Anche questo è un riferimento al quarto libro: Silente, parlando con la Skeeter, si complimenta per il suo stile e, persino, dei commenti a suo carico.
[15] Sara sta facendo riferimento alle parole di Silente nei confronti di Tom, espresse nel capitolo 15.
   
 
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