Terzo
Capitolo: L’ombra di Peter Pan
Era trascorso
un anno da quella sera in cui il
cuore di Severus fu spezzato per sempre.
Un anno in cui la sua anima era stata oscurata, un
anno in cui lui era definitivamente passato nel buio, un anno di
solitudine, un
anno di dolore, di rammarico, di paure.
Un anno in cui la medaglia aveva cambiato faccia.
Lavorava come servo del Signore Oscuro, aveva
anche ricevuto il Marchio. Si sentiva forte, e potente.
Ma non sapeva dove aveva lasciato la vera forza in
realtà.
Accadde una notte di Settembre, pochi mesi dopo
che aveva finito la scuola. Girava per Diagon Alley quando si
trovò davanti
alla tipografia. Diede una sbirciata senza troppo interesse
all’omino che stava
lavorando ancora al suo interno. Un colpo di vento spalancò
la porta e alcuni
bigliettini color sabbia svolazzarono per la strada, prima che
l’uomo potesse
recuperarli e chiudere la porta. Severus si era nascosto in un vicolo.
Un
bigliettino gli finì sotto la scarpa e lo raccolse con
noncuranza.
Volle morire.
Anzi, nemmeno la morte sarebbe bastata a far
cessare quel dolore infinitamente atroce che gli divorava il petto come
fuoco.
Era un biglietto semplice.
James Potter
& Lily
Evans
che si terranno il giorno 25 Settembre 1977,
alla Chiesa di Saint Martin-in-the-Fields
Londra.
Non poteva
essere vero. No no e poi no. Perché?
Perché maledizione?
Lasciò cadere il biglietto e si diresse verso
Nocturne Alley. Aveva affittato una stanza in uno squallido albergo. La
cameriera che incrociò in corridoio gli chiese se
desiderasse qualcosa. Lui la
fissò. Aveva i capelli rossi, come i suoi, anche se gli
occhi erano di un verde
diverso.
La donna, credendo che lui la stesse ammirando per
la bellezza, lo guardò sottecchi ammiccando.
Severus la prese per il braccio facendogli cadere
tutte le cose che aveva in mano e la baciò, trascinandola
nella sua stanza.
La poveretta tentò di divincolarsi all’inizio, ma
lui le mise una mano sotto la gonna e lei tacque.
Ogni suo gesto era carico di violenza, una
violenza mista alla rabbia che non aveva mai provato. Ogni colpo con
cui
entrava in lei era una ferita al suo cuore distrutto, ogni gemito un
ricordo di
tempi più felici.
Quella notte Severus si spogliò della sua anima. A
che serviva adesso?
E mentre faceva questo ripensò a quella volta, in
quel prato, quando Lily giocava ancora con lui.
Un pomeriggio che i genitori di lui non c’erano,
Sev portò nella sua casa Lily. Guardarono Peter Pan.
Dopo uscirono nel prato e lei raccolse dei fiori.
“Sev,
facciamo finta che questo sia il mazzo di fiori con cui mi
sposerò? Dai vieni
qui, mi devi accompagnare all’altare!”
Lui
sorrise e la prese sottobraccio.
“Lily
ma
chi è che ti aspetta per sposarti?”
Lei lo
guardò per un secondo. Poi sgranò gli occhi
e si staccò dal suo braccio.
“Hai
ragione! Tu mi devi aspettare là non qui! Lo sposo non
accompagna mai la sposa
all’altare! Come sono sbadata!”
Severus
a quelle parole era arrossito, e qualcosa
si agitò forsennatamente nel suo petto.
“Davvero
tu sposeresti uno come me?”
“Certo
Sev, io voglio sposare te quando saremo grandi. Come potrei vivere
senza te?”
E le
parole risuonavano nelle sue orecchie quella
notte. Ancora e ancora.
Avrebbe voluto custodire quei momenti per sempre.
Avrebbe voluto restare bambino per godere della sua innocente
compagnia. Ma lui
non si chiamava Peter. Lei era Lily, non Wendy. Loro erano diventati
grandi, e
i vecchi sogni, le vecchie promesse si erano allontanate.
Di quei bambini era rimasta solo l’ombra.
Un’ombra dietro cui Severus si nascose per sempre.
Da quel giorno lui non esistè più completamente.
E quel 25 Settembre, nascosto dietro una tenda,
Severus Piton morì di sua spontanea volontà.
I
miei cieli sono ottone la
mia terra ferro la mia luna una zolla di argilla
Il mio sole peste che bruciaa mezzogiorno e vapore di morte nella notte.
[ William Blake, "Enion's
Second Lament", Vala - or the four Zoas ]