Capitolo secondo. Perdersi per
scoprire chi sei, segui la tua storia, ricorda il tuo nome.
Quello
a cui non avrebbe mai potuto fare l'abitudine è la visita
che
subiscono il giorno
seguente.
Il sogno
sembra aver lasciato più segni del previsto su di Eren, che
continua
a grattarsi il capo, rovesciare oggetti e sbattere ovunque da appena
sveglio.
È distratto, anche uno stupido lo vedrebbe. Mormora tra
sé e sé frasi sconnesse, si gira a guardarlo, la
bocca socchiusa,
pronta per dire qualcosa che però si rimangia ancor prima di
pronunciare.
Quando
si rovescia la tazza di tè caldo sulla mano si decide a
chiedere
aiuto a qualcuno, ed è così che lui si ritrova
relegato alla camera
da letto su gentile richiesta di Eren– è
incredibile la
considerazione che ha delle sue capacità cognitive, non che
sia mal
riposta, però è stupito dalla fiducia che riserva
in lui, e
cascasse il cielo se si dimostrerà degno, dopotutto lui non
è solo
un ragno!
«Scusami
Eremita, però sta per arrivare mia mamma e lei–
come dire– è un
po' aracnofobica, puoi farmi il favore di stare in camera
finché non
andrà via?».
Acconsente
senza indugio.
Col senno di poi era la cosa più saggia per tutti. L'urlo di donna che squarcia il silenzio lo mette sull'attenti per un momento, poi collega il tutto e si tranquillizza, anche se rimane comunque vicino allo spiffero della porta. Se ci fosse bisogno vuole essere pronto – il pensiero di quanto possa sembrare ridicolo il suo intervento è opportunamente accantonato: dopotutto la sera precedente il suo aiuto è stato importante per Eren – o per lo meno è arrivato a questa conclusione.
Segue a
strascichi la conversazione dall'altra stanza.
Eren riassume a
grandi linee il sogno e realizza che in qualche modo ne è
stato
spettatore anche lui, tramite le sue parole ripercorre tutti i
momenti, il caldo, il dolore e poi ricorda la propria voce parlare al
ragazzo– quanto vorrebbe essergli vicino come ha potuto farlo
durante la notte.
«È uguale ai sogni
brutti che facevo da bambino– però
diverso» Gli
sembra di vederlo, finire la frase mordendosi il labbro per poi
alzare quei suoi occhioni brillanti.
«In che modo?» E
allora lo sente iniziare a raccontare la parte dopo,
il conforto, la presenza accanto a lui, i tocchi leggeri e
rassicuranti. «È lui mamma,
ne sono sicuro!»
Spalanca
gli occhi a quella confessione, allora qualcosa ricorda anche lui!
«Oh tesoro mio»
«Mi manca mamma» La
voce si rompe alla fine e ne sente i malcelati singhiozzi, non riesce
a sopportare oltre e decide di raggiunge Eren.
Non
ci mette molto a percorrere la breve distanza, fa appena in tempo a
scorgere la figura abbracciata su se stessa del ragazzo prima del
delirio: tutto succede in un attimo, un urlo, un'imprecazione, una
scusa ed infine una scatola.
«Eremita!
Cosa ti avevo detto!? Mamma scusa lui–» Non riesce
a vedere la
donna, dalla scatola vede solo il viso preoccupato di Eren che
alterna lo sguardo da lui alla persona davanti a sé.
La sente
buttare giù a gran sorsi dell'acqua e cercare di riprendere
il
controllo sul respiro. «Eren, che cos'è quella
cosa!?» Il tono è
sottile, col fiato corto riesce a dire solo una parola tremolante per
volta.
Un altro
sospiro e un leggero sorriso incurva le labbra del ragazzo.
«È
Eremita, il mio amico ragno» Lo sguardo è di nuovo
sulla donna,
forse a cercarne una reazione.
«Eren,
amore mio, ti ho sempre lasciato fare ciò che credevi,
però non
credo che–» La scatola si incrina un po' quando la
afferra e la
stringe con entrambe le mani.
«NO! No
mamma, fidati di me! È tranquillo, lui, è mio
amico!»
La donna
sospira nuovamente. «È pericoloso Eren, ragiona,
è un ragno!
Potrebbe morderti un giorno! Devi liberartene» Vorrebbe
saltare
fuori dalla scatola per mostrarle con chi ha a che fare,
però il
modo in cui lo sguardo di Eren sembra accarezzarlo lo fa desistere,
è
già venuto meno alla richiesta – assolutamente
sensata – di
poche ore prima. Non deve peggiorare ulteriormente la situazione.
Allora
si fa più piccolo e ripone tutta la sua fiducia nel ragazzo
che
riprende a parlare senza mai distogliere lo sguardo da lui.
«No
mamma, mi dispiace ma questa è casa mia e del mio amico, so
che non è una scelta di cui mi pentirò–»
A quella frase una fitta gli trapassa il cervello ed è lo
stesso per
Eren che si tiene le tempie allo stesso modo.
«Eren–?» Scuote la
testa e allunga la mano verso la madre, forse afferrandone la mano.
«Ti
prego mamma, fidati di me».
Lei
sospira mormorando un «Cosa non si fa per i figli»
– che suscita
una risata in entrambi. «Va bene! Non farmi quegli occhioni
da
cerbiatto! Dai, raccontami di Eremita».
Capiscono
entrambi dal tono che preferirebbe parlare di altre cose.
«L'hai
chiesto tu!».
Il
bicchiere viene riempito di nuovo e segue un altro sospiro.
«So che
muori dalla voglia di parlarne, te lo si legge in faccia»
Eren
ride e inizia a raccontare della loro convivenza, racconta di
dettagli che non credeva nemmeno che avesse notato, snocciolando
aneddoti ed episodi che lui stesso aveva considerato normali, e
invece Eren aveva osservato e memorizzato con vorace
curiosità.
«–Uno scarafaggio mamma! Dovevi vederlo, era il
doppio di lui, e
non ha avuto nemmeno bisogno che fosse nella ragnatela, è
riuscito
ad inseguirlo e a catturarlo prima che potesse scappare sotto un
mobile! È incredibile! È il ragno più
forte che abbia mai visto!»–
e poi – «L'ho visto lavarsi un giorno in una
ciotola con un po'
d'acqua nel lavandino» – si ricorda quell'episodio,
aveva
catturato una sudicia mosca e si era accorto troppo tardi che
ovviamente venendo
dall'esterno era di ritorno da un banchetto “Cosa
avrei dovuto fare!? Le mie zampe puzzavano!” Vorrebbe
replicare, e
si limita ad agitare le zampette frustrato.
Davvero,
a lui non sembra nulla di così eccezionale, ma a quanto pare
lo è
per un ragno.
«Non
credi di esserti affezionato troppo? Non è normale–»
Perde il contatto visivo con Eren quando alza il viso di scatto.
«Ma
se sei tu che mi hai insegnato a non farmi limitare dalle convenzioni
sociali».
La
risposta sembra bastare per darle da pensare «Hai ragione,
è che
sei così prezioso per me, non vorrei ti succedesse nulla di
male,
solo solo preoccupata».
«Beh
non esserlo, ho qui il ragno eremita più forte a farmi
compagnia»
«Non
credi che Eremita sia un nome sbagliato per lui?»
Il
ragazzo sembra soppesare le parole della madre, lo sguardo intenso e
attento. «Beh, ha tenuto testa a quello scarafaggio enorme da
solo,
e con tre zampe in meno e forse pure qualche occhio in meno visto il
graffio sul musetto–»
«È
ridotto tanto male?! Fa' vede– no, meglio di no, mi
fido» Ridono
entrambi e lui stesso si stupisce della descrizione, sentiva qualcosa
di sbagliato, ma non credeva di essere tanto distrutto fisicamente.
«Strongest, è un nome adatto al più
forte dei ragni».
Il
discorso poi torna sul sogno, la madre non manca di fargli notare
come la sola presenza dell'amico l'abbia distratto dallo spiacevole
ricordo, Eren replica che non è affatto uno spiacevole
ricordo, la
prima parte è tollerabile vista l'evoluzione del sogno.
Quei
sogni erano una ricorrenza puntuale nell'adolescenza, ma mai erano
evoluti in quel modo, mai aveva provato sollievo al risveglio, la
presenza che l'aveva rassicurato nel sogno arrivava di rado in
precedenza e anche quando succedeva, non era riuscito a rassicurarlo
a quel modo.
Ne
sentiva la mancanza, ma mai come dopo il risveglio di quella
mattinata.
E lui
avrebbe voluto rassicurarlo che ora era lì, che non se ne
andrà
via. Vorrebbe un modo per comunicarglielo, riesce solo ad alzare una
zampetta, l'azione attira il ragazzo che con delicatezza avvicina il
dito indice fino a toccarlo. “Sono qui e non me ne
andrò” Eren
sorride, il calore del polpastrello fa in tempo ad entrargli entra
dentro che il contatto viene interrotto, sempre troppo presto per i
suoi gusti.
La madre
del ragazzo resta fino a prima di cena, continuano chiacchierando del
lavoro di Eren, del suo capo molto soddisfatto del suo operato, degli
studi e degli esami incombenti.
«Bene,
è ora che vada, ah Eren, un'ultima cosa, hai presente quel
detective
con cui ho iniziato a vedermi?» Il ragazzo si limita ad
annuire.
«Ecco sta diventando seria e mi piacerebbe fartelo conoscere,
per te
va bene? So che è improvviso e non voglio che pensi che ti
voglia
rimpiazzare–»
Eren
sorride e abbraccia la donna. «Sono felice per te, capisco i
tuoi
bisogni e quando vorrai siete entrambi i benvenuti».
La donna
è felice per la comprensione del figlio e non smette di
ringraziarlo, Eren ride per la reazione esagerata. «Spero di
essere
tanto comprensiva quando mi porterai a casa una ragazza».
«Per
questo non c'è pericolo» Il suo tono carico di
sarcasmo, gli occhi
di tristezza – «Goditi la tua relazione e mi
raccomando usa le
protezioni!» La rimprovera il figlio facendola ridere di
rimando.
«Sì
mamma». Si fanno la linguaccia a vicenda e si salutano, deve
ammettere che ha davvero una madre particolare.
*
Cerca
di far fede alla promessa fatta e continua a proteggere Eren a modo
suo, non è molto, ma l'umano sembra apprezzarlo comunque. La
madre è
passata in visita altre volte, e lui è sempre stato nella
scatolina
attrezzata apposta, gli ha messo a disposizione dell'acqua e una
decorazione da acquario come
tana.
Eren
notò il suo disappunto quando gliela portò
– in qualche modo
devono hanno sviluppato una sorta di telepatia, altrimenti non si
spiega la semplicità con cui riesce a percepire
ciò che vorrebbe
comunicargli ogni volta. «Non fare così!
È fighissimo questo
teschio col tesoro! – ecco bravo mettiti lì,
proprio lì! Sei
perfetto!» .
Non sa
di preciso perché asseconda le sue richieste– non
è vero, lo sa
eccome, è l'entusiasmo con cui viene ripagato ogni volta.
L'ormai
familiare flash lo acceca come al solito quando immortala il momento
e gli gira il telefono per mostrargli con orgoglio lo scatto.
«Guardati! Sei così cazzuto!».
Ed è
vero, ma che disdetta, non può dirglielo. «Lo so
che sei d'accordo
con me!»
“Mannaggia”
È una
sera come un'altra quando un incubo di Eren lo sveglia, questa volta
è pronto e subito esce dalla sua tana con teschio per
raggiungere la
testata del letto dove inizia a tessere, il suo istinto si è
rivelato eccellente la volta precedente, e lo asseconda senza
pensarci due volte.
Eren
è meno agitato della volta scorsa, ha la fronte è
aggrottata,
afferra le lenzuola con entrambe le mani e chiama, supplica piangendo
mamma, Mikasa, Armin, Le–
Torna a
prestare attenzione alla ragnatela cercando i familiari nodi e li
nota formarsi qua e là per tutta l'estensione della
ragnatela,
ignora i più piccoli e si fionda sul più grosso,
è quella la
chiave dell'incubo: non perde tempo cercando di sciogliere il nodo e
lo prende tra le zanne mordendo e invece del caldo della volta
precedente, ad accoglierlo c'è il nulla.
Una voce si perde nel
vuoto che lo circonda – «Armin, Armin dove
sei?»
«Mikasa, Mikasa dai
vieni fuori ti prego!»
«Mamma! Mamma ho freddo»
I singhiozzi sempre più
violenti gli impediscono anche di parlare, il freddo gli entra fin
dentro le viscere, non riesce a scaldarsi, sfrega le braccia in cerca
di un conforto che non merita.
Una voce profonda che lo
raggiunge lo fa rabbrividire ancor di più «Li hai
traditi tutti,
hai scelto morte invece della vita, sei un mostro–»
«Hai fatto la
scelta sbagliata» – scaccia la mano che gli
accarezza i capelli
«Ma non preoccuparti, ora ci sono io» Quella frase
è sbagliata,
non dovrebbe essere lui
a dirla, non è lui
che ha promesso di proteggerlo. «Le–» Uno
schiaffo in pieno viso
lo fa tentennare – «NON NOMINARLO»
Riprova a dire quel nome ma le
lettere gli muoiono in bocca, tenta e ritenta inutilmente.
«Hai
deluso anche lui, sei inutile, hanno sbagliato a riporre la fiducia
dell'umanità in te»
Non cerca nemmeno di
difendersi, perché in cuor suo sa che non sono accuse,
bensì la
verità.
Prova a richiamare quel
nome ma una presa ferrea gli stringe la gola impedendogli di
respirare. «Sono io la tua unica speranza fratellino, lui non
ve–»
Il sibilo di una lama interrompe la frase, la mano sparisce ma non
è
solo. «Sono qui Eren»
Il buio si dirada e
davanti a lui c'è una mano tesa, la afferra e tutto inizia a
rischiararsi.
Sono nuovamente al sicuro
nella loro cella, il buio che lo circonda non lo disturba
più, ora
non è solo, è al sicuro.
Contro la sua schiena
nuda sente un petto muscoloso, il peso di una testa sulla spalla, la
sua appoggiata ad un pettorale caldo, delle braccia lo circondano
protettive e si chiudono attorno al suo addome.
«Va tutto bene»
Eren
si accoccola meglio in quel calore confortevole. «Nessuno ti
ha
abbandonato, non hai sbagliato, hai fatto ciò che ritenevi
giusto»
Vuole crederci, in cuor
suo sa che quelle parole sono sincere e decide di godersi quel
momento di tranquillità. Le labbra del compagno tempestano
il suo
capo con baci leggeri e rassicurazioni. Va tutto bene– Ci
sono io–
Sei al sicuro.
Prova a chiamarlo, ma il
nome gli viene imprigionato in un bacio ancor prima che possa
pronunciarlo.
Molla anche l'ultimo nodo, la ragnatela inizia a sciogliersi come la volta precedente e la osserva cadere sul viso del ragazzo in una cascata di stille di luce, Eren ora è rilassato, nel sonno si volta verso di lui, i tratti rilassati e un leggero sorriso ad increspargli le labbra. Quando sta per rientrare nella sua tana gli dedica un'ultima occhiata e poi torna a far la guardia dalla sua adorata tana con teschio.
*
La
mattina seguente Eren è più rilassato, al
contrario del sogno
precedente, e si prepara ad affrontare la giornata con un sorriso
nostalgico sul viso; lui si ritrova ad osservarlo per il piacere che
gli da quella vista.
«Questa
notte ho sognato una persona che non incontro da un
po'–» Si ferma
inghiottendo un nodo alla gola poi prosegue– «Mi
manca tanto, l'ho
incontrato tanto tempo fa, ha fatto così tanto per
me–» Si morde
un labbro, la voce rotta, i brillanti occhi lucidi.
Vorrebbe
raggiungerlo come nel sogno, ma è un lusso che non gli
è concesso
in quel momento, alza la zampetta e riesce a rubargli un sorriso,
Eren scaccia una lacrima e poi avvicina l'indice in quel contatto che
riesce ad avvicinarli anche se tanto lontani.
Sospira
un «Grazie» chiudendo gli occhi, quando li riapre
sono animati da
una strana luce e lui si sente spogliato della sua pelle di ragno,
sente che lo sta guardando oltre, cercando
qualcosa che sa essere celata di fronte a sé.
«Strongest sai che mi
ricordi–» Dlin–Dlon
Il
campanello frantuma il momento creatosi dopo tanto cercarsi senza
raggiungersi, riportandoli alla realtà.
Quando
Eren ritorna l'individuo che si trova di fronte avrebbe preferito non
incontrarlo mai più, né in questa vita
né nelle prossime.
«Zeke!
non mi aspettavo una tua visita» La voce di Eren lo distrae
dal suo
odio verso l'estraneo appena entrato. «Passavo da queste
parti e–
Attento Eren!» Si guarda attorno non capendo a quale minaccia
si
stia riferendo il gorilla, quando nota l'ombra della mano è
troppo
tardi e la tana troppo lontana.
«FERMO!
Giuro su Ymir che te ne pentirai se ti azzardi a fargli
qualcosa»
Apre gli occhi e si trova di fronte Zeke, il braccio intrappolato
nella presa ferrea di Eren, lo sguardo mortalmente serio e
minaccioso.
«Lo
dicevano i tuoi amici che ti sentivano diverso, ma ti sei
completamente rincoglionito fratello»
«Finché
non ti allontani dal tavolo sono Eren per te» Quella frase
riesce a
farlo indietreggiare e a fargli alzare le braccia in segno di resa.
«Siediti là» Ordina indicando la sedia
dalla parte opposta del
tavolo.
Osserva
tutto lo scambio con il cuore colmo di gratitudine e affetto.
«Strongest per favore entra nella scatola» Fa come
detto, e appena
si rifugia nella tana il sorriso torna sul viso di Eren, si passa una
mano tra i capelli lunghi legandoli con un elastico. Rilascia un
profondo sospiro dopo essersi sfregato il viso per scacciare la
tensione.
«Tu hai
messo un ragno prima di me? La tua famiglia?»
Eren fa
una smorfia «L'ho messo prima anche di mia madre se
è per questo»
Dalla sua visuale può vedere solo il viso di Eren, ma il
silenzio
che segue quell'ammissione è denso di sconcerto.
«Sicuro
di stare bene?»
Eren
si limita a scrollare le spalle deviando il discorso.
«Zeke
ti ricordi quei sogni di cui ti parlavo? Quelli di quand'ero bambino,
di quell'altra vita, di quel senso di disperazione e di paura che mi
lasciavano ogni volta?– si ferma per controllare che lo stia
seguendo, quando ottiene una conferma riprende a parlare– Da
quando sono venuto ad abitare qui, circa sei mesi fa “sono
già passati tanti mesi?” tutto
ha acquisito un nuovo senso. Anche gli incubi peggiori che avrei
sempre voluto dimenticare ora sono sogni preziosi che mi aiutano a
capire meglio quell'altro vissuto». Non interrompe per un
momento il
contatto visivo, per tutto il tempo lo sguardo è fisso su di
lui,
non lo aveva mai sentito parlare del prima,
ignorava che anche lui fosse tanto segnato da quel passato
così
lontano e distorto.
«E
adesso mi dirai che è merito di quell'essere»
Quella frase lo fa
scattare «È un ragno eremita, e sì,
è merito soprattutto suo»
«Eren,
ti rendi conto che da quando vivi e lavori qui sei diventato
irraggiungibile? Anche a lezione i tuoi amici dicono di averti visto
sempre meno e che ora segui per lo più da online».
Ignorava
tutti questi retroscena, è sempre stato felice di poter
condividere
più tempo possibile con Eren, ma non pensava che fosse a
discapito
della sua vita. «Tranquillo, non è colpa
tua» Ci crede poco.
«Ci
parli pure»
«Se mi
avessi lasciato finire, ti stavo spiegando– da quando vivo
qui
quella presenza rassicurante che da più piccolo sentivo
raramente, è
diventata una costante, peggiore il sogno, e più vicino lo
sento. So
che eravamo amanti e mi manca come nessun altro» –
«Ma era un
uomo»
Quella
replica fuori luogo lo fa esplodere del tutto.
«Ero
amato, tu non capisci quella sensazione che sto inseguendo da tutta
una vita… tu non puoi capire perché l'hai
ritrovata– hai
ritrovato Pieck ancor prima di sentirne la mancanza Zeke, io ho
trovato pace al tormento grazie a questa casa e a–
Strongest» Si
ferma solo per asciugarsi gli occhi «Non so se lo
ritroverò mai,
per ora questo ragnetto è tutto ciò che ho, se
non sei interessato
a capirmi– ignorami, non ho bisogno di qualcuno che cerca di
insegnarmi cose che non sa».
Lo
stridere della sedia sul pavimento fa capire ad entrambi che la
discussione è finita.
«Eren
sei l'unica famiglia che mi è rimasta, ti prego».
«Non
puoi forzare qualcosa come l'affetto, senza dare comprensione Zeke, e
ora ho bisogno di comprensione non che tu accetti la
situazione».
«Sei
sempre stato testardo, se ti metti in testa qualcosa non c'è
modo di
farti capire, resta col tuo ragno, quando vorrai capire sai dove
trovarmi».
«Lo
stesso vale per te, alla prossima Zeke»
Solo
quando la porta si chiude ha il coraggio di uscire dalla tana, Eren
esausto si butta sulla sedia, i gomiti sul tavolo e la testa tra le
mani.
Ha
scelto per ben due volte lui alla sua famiglia, si avvicina incerto e
viene ripagato da un sorriso stanco. «Forse sto diventando
davvero
pazzo, ma non mi interessa, dopo tanto patire finalmente ho trovato
un po' di pace e se nessuno è disposto a capirlo non mi
interessa,
mi basti tu finché ci sarai»
“Sei
sempre stato un pazzo suicida”
«Sai,
ci sarebbe un altro nome che ti starebbe molto bene,
però– nessun
altro ne è degno, Strongest è tutto
ciò che posso concederci. Non
sei tu, ma per me esisterà per sempre solo lui con quel
nome»
il ragazzo ride amaramente asciugando una lacrima solitaria
«Sono
patetico, non riesco nemmeno a nominarlo».
Quella
dichiarazione lo fa correre verso il ragazzo, vorrebbe potergli dire
che è lì, che è lui, che non
è solo.
Non sa
per quale assurdo motivo abbiano graziato Zeke, e non Eren,
è
un'ingiustizia, ha dato tutto e comunque non merita un po' di pace.
«Ricordo
di aver fatto una scelta importante, forse è per quella
ragione che
non merito di essere felice, eppure oggi l'umanità
è libera, quella
decisione non è stata del tutto sbagliata»
Vorrebbe
dirgli che di sbagliato c'è solo il destino che li ha
ridotti a quel
modo, vorrebbe dirgli tante cose, vorrebbe stringerlo come ha potuto
fare nel sogno, vorrebbe ma non può.
«Dai è
meglio se mi faccio un tè, la discussione con Zeke mi ha
prosciugato»