Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ylpeis    05/05/2020    2 recensioni
[Riren] [Modern Au] [Menzione di Ragni]
Sente di essere allo stremo, la corazza dura inizia a cedere, i troppi scontri l'hanno segnato in maniera indelebile, innumerevoli cicatrici serpeggiano sul suo corpo che sente indebolirsi giorno dopo giorno, la vista è parziale e gli permette di distinguere solo alcune ombre nel buio che lo circonda.
Una vita spesa a cercare e poi quando si ritrova l'oggetto della sua ricerca di fronte, si rende conto che non potrebbe essere più irraggiungibile.
Però non si è mai dato per vinto e non succederà nemmeno questa volta.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo secondo. Perdersi per scoprire chi sei, segui la tua storia, ricorda il tuo nome.

Quello a cui non avrebbe mai potuto fare l'abitudine è la visita che subiscono il giorno seguente.
Il sogno sembra aver lasciato più segni del previsto su di Eren, che continua a grattarsi il capo, rovesciare oggetti e sbattere ovunque da appena sveglio.
È distratto, anche uno stupido lo vedrebbe. Mormora tra sé e sé frasi sconnesse, si gira a guardarlo, la bocca socchiusa, pronta per dire qualcosa che però si rimangia ancor prima di pronunciare.
Quando si rovescia la tazza di tè caldo sulla mano si decide a chiedere aiuto a qualcuno, ed è così che lui si ritrova relegato alla camera da letto su gentile richiesta di Eren– è incredibile la considerazione che ha delle sue capacità cognitive, non che sia mal riposta, però è stupito dalla fiducia che riserva in lui, e cascasse il cielo se si dimostrerà degno, dopotutto lui non è solo un ragno!
«Scusami Eremita, però sta per arrivare mia mamma e lei– come dire– è un po' aracnofobica, puoi farmi il favore di stare in camera finché non andrà via?».
Acconsente senza indugio.

Col senno di poi era la cosa più saggia per tutti. L'urlo di donna che squarcia il silenzio lo mette sull'attenti per un momento, poi collega il tutto e si tranquillizza, anche se rimane comunque vicino allo spiffero della porta. Se ci fosse bisogno vuole essere pronto – il pensiero di quanto possa sembrare ridicolo il suo intervento è opportunamente accantonato: dopotutto la sera precedente il suo aiuto è stato importante per Eren – o per lo meno è arrivato a questa conclusione.

Segue a strascichi la conversazione dall'altra stanza.
Eren riassume a grandi linee il sogno e realizza che in qualche modo ne è stato spettatore anche lui, tramite le sue parole ripercorre tutti i momenti, il caldo, il dolore e poi ricorda la propria voce parlare al ragazzo– quanto vorrebbe essergli vicino come ha potuto farlo durante la notte.
«È uguale ai sogni brutti che facevo da bambino– però diverso» Gli sembra di vederlo, finire la frase mordendosi il labbro per poi alzare quei suoi occhioni brillanti.
«In che modo?» E allora lo sente iniziare a raccontare la parte dopo, il conforto, la presenza accanto a lui, i tocchi leggeri e rassicuranti. «È lui mamma, ne sono sicuro!»
Spalanca gli occhi a quella confessione, allora qualcosa ricorda anche lui!
«Oh tesoro mio»
«Mi manca mamma»
La voce si rompe alla fine e ne sente i malcelati singhiozzi, non riesce a sopportare oltre e decide di raggiunge Eren.

Non ci mette molto a percorrere la breve distanza, fa appena in tempo a scorgere la figura abbracciata su se stessa del ragazzo prima del delirio: tutto succede in un attimo, un urlo, un'imprecazione, una scusa ed infine una scatola.
«Eremita! Cosa ti avevo detto!? Mamma scusa lui–» Non riesce a vedere la donna, dalla scatola vede solo il viso preoccupato di Eren che alterna lo sguardo da lui alla persona davanti a sé.
La sente buttare giù a gran sorsi dell'acqua e cercare di riprendere il controllo sul respiro. «Eren, che cos'è quella cosa!?» Il tono è sottile, col fiato corto riesce a dire solo una parola tremolante per volta.
Un altro sospiro e un leggero sorriso incurva le labbra del ragazzo. «È Eremita, il mio amico ragno» Lo sguardo è di nuovo sulla donna, forse a cercarne una reazione.
«Eren, amore mio, ti ho sempre lasciato fare ciò che credevi, però non credo che–» La scatola si incrina un po' quando la afferra e la stringe con entrambe le mani.
«NO! No mamma, fidati di me! È tranquillo, lui, è mio amico!»
La donna sospira nuovamente. «È pericoloso Eren, ragiona, è un ragno! Potrebbe morderti un giorno! Devi liberartene» Vorrebbe saltare fuori dalla scatola per mostrarle con chi ha a che fare, però il modo in cui lo sguardo di Eren sembra accarezzarlo lo fa desistere, è già venuto meno alla richiesta – assolutamente sensata – di poche ore prima. Non deve peggiorare ulteriormente la situazione.
Allora si fa più piccolo e ripone tutta la sua fiducia nel ragazzo che riprende a parlare senza mai distogliere lo sguardo da lui.
«No mamma, mi dispiace ma questa è casa mia e del mio amico, so che non è una scelta di cui mi pentirò–» A quella frase una fitta gli trapassa il cervello ed è lo stesso per Eren che si tiene le tempie allo stesso modo. «Eren–?» Scuote la testa e allunga la mano verso la madre, forse afferrandone la mano.
«Ti prego mamma, fidati di me».
Lei sospira mormorando un «Cosa non si fa per i figli» – che suscita una risata in entrambi. «Va bene! Non farmi quegli occhioni da cerbiatto! Dai, raccontami di Eremita».
Capiscono entrambi dal tono che preferirebbe parlare di altre cose. «L'hai chiesto tu!».

Il bicchiere viene riempito di nuovo e segue un altro sospiro. «So che muori dalla voglia di parlarne, te lo si legge in faccia»
Eren ride e inizia a raccontare della loro convivenza, racconta di dettagli che non credeva nemmeno che avesse notato, snocciolando aneddoti ed episodi che lui stesso aveva considerato normali, e invece Eren aveva osservato e memorizzato con vorace curiosità. «–Uno scarafaggio mamma! Dovevi vederlo, era il doppio di lui, e non ha avuto nemmeno bisogno che fosse nella ragnatela, è riuscito ad inseguirlo e a catturarlo prima che potesse scappare sotto un mobile! È incredibile! È il ragno più forte che abbia mai visto!»– e poi – «L'ho visto lavarsi un giorno in una ciotola con un po' d'acqua nel lavandino» – si ricorda quell'episodio, aveva catturato una sudicia mosca e si era accorto troppo tardi che ovviamente venendo dall'esterno era di ritorno da un banchetto “Cosa avrei dovuto fare!? Le mie zampe puzzavano!” Vorrebbe replicare, e si limita ad agitare le zampette frustrato.
Davvero, a lui non sembra nulla di così eccezionale, ma a quanto pare lo è per un
ragno.
«Non credi di esserti affezionato troppo? Non è
normale–» Perde il contatto visivo con Eren quando alza il viso di scatto. «Ma se sei tu che mi hai insegnato a non farmi limitare dalle convenzioni sociali».
La risposta sembra bastare per darle da pensare «Hai ragione, è che sei così prezioso per me, non vorrei ti succedesse nulla di male, solo solo preoccupata».
«Beh non esserlo, ho qui il ragno eremita più forte a farmi compagnia»
«Non credi che Eremita sia un nome sbagliato per lui?»
Il ragazzo sembra soppesare le parole della madre, lo sguardo intenso e attento. «Beh, ha tenuto testa a quello scarafaggio enorme da solo, e con tre zampe in meno e forse pure qualche occhio in meno visto il graffio sul musetto–»
«È ridotto tanto male?! Fa' vede– no, meglio di no, mi fido» Ridono entrambi e lui stesso si stupisce della descrizione, sentiva qualcosa di sbagliato, ma non credeva di essere tanto distrutto fisicamente. «Strongest, è un nome adatto al più forte dei ragni».

Il discorso poi torna sul sogno, la madre non manca di fargli notare come la sola presenza dell'amico l'abbia distratto dallo spiacevole ricordo, Eren replica che non è affatto uno spiacevole ricordo, la prima parte è tollerabile vista l'evoluzione del sogno.
Quei sogni erano una ricorrenza puntuale nell'adolescenza, ma mai erano evoluti in quel modo, mai aveva provato sollievo al risveglio, la presenza che l'aveva rassicurato nel sogno arrivava di rado in precedenza e anche quando succedeva, non era riuscito a rassicurarlo a quel modo.
Ne sentiva la mancanza, ma mai come dopo il risveglio di quella mattinata.
E lui avrebbe voluto rassicurarlo che ora era lì, che non se ne andrà via. Vorrebbe un modo per comunicarglielo, riesce solo ad alzare una zampetta, l'azione attira il ragazzo che con delicatezza avvicina il dito indice fino a toccarlo. “Sono qui e non me ne andrò” Eren sorride, il calore del polpastrello fa in tempo ad entrargli entra dentro che il contatto viene interrotto, sempre troppo presto per i suoi gusti.

La madre del ragazzo resta fino a prima di cena, continuano chiacchierando del lavoro di Eren, del suo capo molto soddisfatto del suo operato, degli studi e degli esami incombenti.
«Bene, è ora che vada, ah Eren, un'ultima cosa, hai presente quel detective con cui ho iniziato a vedermi?» Il ragazzo si limita ad annuire. «Ecco sta diventando seria e mi piacerebbe fartelo conoscere, per te va bene? So che è improvviso e non voglio che pensi che ti voglia rimpiazzare–»
Eren sorride e abbraccia la donna. «Sono felice per te, capisco i tuoi bisogni e quando vorrai siete entrambi i benvenuti».
La donna è felice per la comprensione del figlio e non smette di ringraziarlo, Eren ride per la reazione esagerata. «Spero di essere tanto comprensiva quando mi porterai a casa una ragazza».
«Per questo non c'è pericolo» Il suo tono carico di sarcasmo, gli occhi di tristezza – «Goditi la tua relazione e mi raccomando usa le protezioni!» La rimprovera il figlio facendola ridere di rimando.
«Sì mamma». Si fanno la linguaccia a vicenda e si salutano, deve ammettere che ha davvero una madre particolare.

*

Cerca di far fede alla promessa fatta e continua a proteggere Eren a modo suo, non è molto, ma l'umano sembra apprezzarlo comunque. La madre è passata in visita altre volte, e lui è sempre stato nella scatolina attrezzata apposta, gli ha messo a disposizione dell'acqua e una decorazione da acquario come tana.
Eren notò il suo disappunto quando gliela portò – in qualche modo devono hanno sviluppato una sorta di telepatia, altrimenti non si spiega la semplicità con cui riesce a percepire ciò che vorrebbe comunicargli ogni volta. «Non fare così! È fighissimo questo teschio col tesoro! – ecco bravo mettiti lì, proprio lì! Sei perfetto!» .
Non sa di preciso perché asseconda le sue richieste– non è vero, lo sa eccome, è l'entusiasmo con cui viene ripagato ogni volta.
L'ormai familiare flash lo acceca come al solito quando immortala il momento e gli gira il telefono per mostrargli con orgoglio lo scatto. «Guardati! Sei così cazzuto!».
Ed è vero, ma che disdetta, non può dirglielo. «Lo so che sei d'accordo con me!»
Mannaggia”

È una sera come un'altra quando un incubo di Eren lo sveglia, questa volta è pronto e subito esce dalla sua tana con teschio per raggiungere la testata del letto dove inizia a tessere, il suo istinto si è rivelato eccellente la volta precedente, e lo asseconda senza pensarci due volte.
Eren è meno agitato della volta scorsa, ha la fronte è aggrottata, afferra le lenzuola con entrambe le mani e chiama, supplica piangendo mamma, Mikasa, Armin, Le–
Torna a prestare attenzione alla ragnatela cercando i familiari nodi e li nota formarsi qua e là per tutta l'estensione della ragnatela, ignora i più piccoli e si fionda sul più grosso, è quella la chiave dell'incubo: non perde tempo cercando di sciogliere il nodo e lo prende tra le zanne mordendo e invece del caldo della volta precedente, ad accoglierlo c'è il nulla.

Una voce si perde nel vuoto che lo circonda – «Armin, Armin dove sei?»
«Mikasa, Mikasa dai vieni fuori ti prego!»
«Mamma! Mamma ho freddo»
I singhiozzi sempre più violenti gli impediscono anche di parlare, il freddo gli entra fin dentro le viscere, non riesce a scaldarsi, sfrega le braccia in cerca di un conforto che non merita.
Una voce profonda che lo raggiunge lo fa rabbrividire ancor di più «Li hai traditi tutti, hai scelto morte invece della vita, sei un mostro–» «Hai fatto la scelta sbagliata» – scaccia la mano che gli accarezza i capelli «Ma non preoccuparti, ora ci sono io» Quella frase è sbagliata, non dovrebbe essere
lui a dirla, non è lui che ha promesso di proteggerlo. «Le–» Uno schiaffo in pieno viso lo fa tentennare – «NON NOMINARLO» Riprova a dire quel nome ma le lettere gli muoiono in bocca, tenta e ritenta inutilmente. «Hai deluso anche lui, sei inutile, hanno sbagliato a riporre la fiducia dell'umanità in te»
Non cerca nemmeno di difendersi, perché in cuor suo sa che non sono accuse, bensì la verità.
Prova a richiamare quel nome ma una presa ferrea gli stringe la gola impedendogli di respirare. «Sono io la tua unica speranza fratellino, lui non ve–» Il sibilo di una lama interrompe la frase, la mano sparisce ma non è solo. «Sono qui Eren»
Il buio si dirada e davanti a lui c'è una mano tesa, la afferra e tutto inizia a rischiararsi.

Sono nuovamente al sicuro nella loro cella, il buio che lo circonda non lo disturba più, ora non è solo, è al sicuro.
Contro la sua schiena nuda sente un petto muscoloso, il peso di una testa sulla spalla, la sua appoggiata ad un pettorale caldo, delle braccia lo circondano protettive e si chiudono attorno al suo addome.
«Va tutto bene»
Eren si accoccola meglio in quel calore confortevole. «Nessuno ti ha abbandonato, non hai sbagliato, hai fatto ciò che ritenevi giusto»
Vuole crederci, in cuor suo sa che quelle parole sono sincere e decide di godersi quel momento di tranquillità. Le labbra del compagno tempestano il suo capo con baci leggeri e rassicurazioni. Va tutto bene– Ci sono io– Sei al sicuro.
Prova a chiamarlo, ma il nome gli viene imprigionato in un bacio ancor prima che possa pronunciarlo.

Molla anche l'ultimo nodo, la ragnatela inizia a sciogliersi come la volta precedente e la osserva cadere sul viso del ragazzo in una cascata di stille di luce, Eren ora è rilassato, nel sonno si volta verso di lui, i tratti rilassati e un leggero sorriso ad increspargli le labbra. Quando sta per rientrare nella sua tana gli dedica un'ultima occhiata e poi torna a far la guardia dalla sua adorata tana con teschio.

*

La mattina seguente Eren è più rilassato, al contrario del sogno precedente, e si prepara ad affrontare la giornata con un sorriso nostalgico sul viso; lui si ritrova ad osservarlo per il piacere che gli da quella vista.
«Questa notte ho sognato una persona che non incontro da un po'–» Si ferma inghiottendo un nodo alla gola poi prosegue– «Mi manca tanto, l'ho incontrato tanto tempo fa, ha fatto così tanto per me–» Si morde un labbro, la voce rotta, i brillanti occhi lucidi.
Vorrebbe raggiungerlo come nel sogno, ma è un lusso che non gli è concesso in quel momento, alza la zampetta e riesce a rubargli un sorriso, Eren scaccia una lacrima e poi avvicina l'indice in quel contatto che riesce ad avvicinarli anche se tanto lontani.
Sospira un «Grazie» chiudendo gli occhi, quando li riapre sono animati da una strana luce e lui si sente spogliato della sua pelle di ragno, sente che lo sta guardando oltre, cercando qualcosa che sa essere celata di fronte a sé. «Strongest sai che mi ricordi–» Dlin–Dlon
Il campanello frantuma il momento creatosi dopo tanto cercarsi senza raggiungersi, riportandoli alla realtà.

Quando Eren ritorna l'individuo che si trova di fronte avrebbe preferito non incontrarlo mai più, né in questa vita né nelle prossime.
«Zeke! non mi aspettavo una tua visita» La voce di Eren lo distrae dal suo odio verso l'estraneo appena entrato. «Passavo da queste parti e– Attento Eren!» Si guarda attorno non capendo a quale minaccia si stia riferendo il gorilla, quando nota l'ombra della mano è troppo tardi e la tana troppo lontana.
«FERMO! Giuro su Ymir che te ne pentirai se ti azzardi a fargli qualcosa» Apre gli occhi e si trova di fronte Zeke, il braccio intrappolato nella presa ferrea di Eren, lo sguardo mortalmente serio e minaccioso.
«Lo dicevano i tuoi amici che ti sentivano diverso, ma ti sei completamente rincoglionito fratello»
«Finché non ti allontani dal tavolo sono Eren per te» Quella frase riesce a farlo indietreggiare e a fargli alzare le braccia in segno di resa. «Siediti là» Ordina indicando la sedia dalla parte opposta del tavolo.
Osserva tutto lo scambio con il cuore colmo di gratitudine e affetto. «Strongest per favore entra nella scatola» Fa come detto, e appena si rifugia nella tana il sorriso torna sul viso di Eren, si passa una mano tra i capelli lunghi legandoli con un elastico. Rilascia un profondo sospiro dopo essersi sfregato il viso per scacciare la tensione.

«Tu hai messo un ragno prima di me? La tua famiglia?»
Eren fa una smorfia «L'ho messo prima anche di mia madre se è per questo» Dalla sua visuale può vedere solo il viso di Eren, ma il silenzio che segue quell'ammissione è denso di sconcerto.
«Sicuro di stare bene?»
Eren si limita a scrollare le spalle deviando il discorso.
«Zeke ti ricordi quei sogni di cui ti parlavo? Quelli di quand'ero bambino, di quell'altra vita, di quel senso di disperazione e di paura che mi lasciavano ogni volta?– si ferma per controllare che lo stia seguendo, quando ottiene una conferma riprende a parlare– Da quando sono venuto ad abitare qui, circa sei mesi fa
“sono già passati tanti mesi?” tutto ha acquisito un nuovo senso. Anche gli incubi peggiori che avrei sempre voluto dimenticare ora sono sogni preziosi che mi aiutano a capire meglio quell'altro vissuto». Non interrompe per un momento il contatto visivo, per tutto il tempo lo sguardo è fisso su di lui, non lo aveva mai sentito parlare del prima, ignorava che anche lui fosse tanto segnato da quel passato così lontano e distorto.

«E adesso mi dirai che è merito di quell'essere» Quella frase lo fa scattare «È un ragno eremita, e sì, è merito soprattutto suo»
«Eren, ti rendi conto che da quando vivi e lavori qui sei diventato irraggiungibile? Anche a lezione i tuoi amici dicono di averti visto sempre meno e che ora segui per lo più da online».
Ignorava tutti questi retroscena, è sempre stato felice di poter condividere più tempo possibile con Eren, ma non pensava che fosse a discapito della sua vita. «Tranquillo, non è colpa tua» Ci crede poco.
«Ci parli pure»
«Se mi avessi lasciato finire, ti stavo spiegando– da quando vivo qui quella presenza rassicurante che da più piccolo sentivo raramente, è diventata una costante, peggiore il sogno, e più vicino lo sento. So che eravamo amanti e mi manca come nessun altro» – «Ma era un uomo»
Quella replica fuori luogo lo fa esplodere del tutto.
«Ero amato, tu non capisci quella sensazione che sto inseguendo da tutta una vita… tu non puoi capire perché l'hai ritrovata– hai ritrovato Pieck ancor prima di sentirne la mancanza Zeke, io ho trovato pace al tormento grazie a questa casa e a– Strongest» Si ferma solo per asciugarsi gli occhi «Non so se lo ritroverò mai, per ora questo ragnetto è tutto ciò che ho, se non sei interessato a capirmi– ignorami, non ho bisogno di qualcuno che cerca di insegnarmi cose che non sa».
Lo stridere della sedia sul pavimento fa capire ad entrambi che la discussione è finita.
«Eren sei l'unica famiglia che mi è rimasta, ti prego».
«Non puoi forzare qualcosa come l'affetto, senza dare comprensione Zeke, e ora ho bisogno di comprensione non che tu accetti la situazione».
«Sei sempre stato testardo, se ti metti in testa qualcosa non c'è modo di farti capire, resta col tuo ragno, quando vorrai capire sai dove trovarmi».
«Lo stesso vale per te, alla prossima Zeke»

Solo quando la porta si chiude ha il coraggio di uscire dalla tana, Eren esausto si butta sulla sedia, i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani.
Ha scelto per ben due volte lui alla sua famiglia, si avvicina incerto e viene ripagato da un sorriso stanco. «Forse sto diventando davvero pazzo, ma non mi interessa, dopo tanto patire finalmente ho trovato un po' di pace e se nessuno è disposto a capirlo non mi interessa, mi basti tu finché ci sarai»
Sei sempre stato un pazzo suicida”
«Sai, ci sarebbe un altro nome che ti starebbe molto bene, però– nessun altro ne è degno, Strongest è tutto ciò che posso concederci. Non sei tu, ma per me esisterà per sempre solo lui con quel nome» il ragazzo ride amaramente asciugando una lacrima solitaria «Sono patetico, non riesco nemmeno a nominarlo».
Quella dichiarazione lo fa correre verso il ragazzo, vorrebbe potergli dire che è lì, che è lui, che non è solo.
Non sa per quale assurdo motivo abbiano graziato Zeke, e non Eren, è un'ingiustizia, ha dato tutto e comunque non merita un po' di pace.
«Ricordo di aver fatto una scelta importante, forse è per quella ragione che non merito di essere felice, eppure oggi l'umanità è libera, quella decisione non è stata del tutto sbagliata»
Vorrebbe dirgli che di sbagliato c'è solo il destino che li ha ridotti a quel modo, vorrebbe dirgli tante cose, vorrebbe stringerlo come ha potuto fare nel sogno, vorrebbe ma non può.
«Dai è meglio se mi faccio un tè, la discussione con Zeke mi ha prosciugato»

   
 
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