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Autore: Anya_tara    08/05/2020    4 recensioni
Sono tre mesi che va avanti quella storia. Anzi, quattro la settimana prossima.
E lei non ce la fa più.
Sa che Bakugō non è capace di fingere o mentire, al massimo può tacere qualcosa se reputa sia per il meglio.
E questo pensiero adesso la colpisce con forza inusitata.
P.S: SECONDA PARTE DI NEVER TOO LATE.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quando ha raggiunto Katsuki di sopra, nella stanza che è stata loro assegnata, per un attimo è rimasta sopraffatta dalla semplicissima sontuosità della camera.
E’ bellissima. Tutta in legno e rifiniture candide come i fiori nelle bocce colme d’acqua sui comodini e sul tavolino. Non sono peonie ma gigli e crisantemi, ma restano comunque meravigliosi, dal profumo dolce e stordente in cui ha percepito una nota di quello di lui, e si è accorta della porta a scomparsa dietro cui sicuro è alloggiato il bagno.
Ha sentito lo scorrere dell’acqua, lì dietro. E per distrarsi si è avvicinata alla finestra che dà su un panorama verdissimo si riflette di taglio nello specchio che occupa mezza parete frontale.
Come l’enorme letto al centro, popolato di una foresta di cuscini azzurri e crema.
Ascoltando lo scroscio proveniente oltre quel pannello ha deglutito aspro per un istante. Mordendosi il labbro. Perché d’un tratto ha scordato le ore di viaggio, il caldo, l’umidità, aveva dimenticato persino le bollette da pagare, la pila di panni da stirare che la attendeva al ritorno, non rammentava più se aveva tolto gli avanzi dal frigo per darli al gatto dei vicini, non si ricordava nemmeno di che colore fosse nonostante fosse sempre a gironzolare intorno alla porta di casa loro.
Non le sovviene più nemmeno dell’imbarazzo provato, del vago senso di inadeguatezza che l’aveva colta poco prima.
Sente l’acqua in quella doccia e le viene da sbattere la testa contro la parete. Perché sì, cazzo sì, tutto quello che catalizza la sua attenzione al momento è il pensiero di spogliarsi, andare da lui lì dentro, farsi inchiodare contro il muro e poi rotolare su quella vasta distesa di cuscini, fregandosene se l’indomani mattina arrancherà anche lei per la salita, se non riuscirà nemmeno a stare in piedi sui tacchi. Se le signore delle pulizie si metteranno le mani nelle crocchie sotto le cuffiette e proferiranno oscure maledizioni al loro indirizzo.
E d’un tratto ha deciso che sì. Non saranno legalmente uniti in matrimonio, ma è il suo compagno, l’uomo con cui desidera trascorrere il resto della sua vita, il padre di sua figlia e … ha tutto il diritto di fare quello che le sta ronzando in mente adesso.
Così posa la mano sulla porta.
E un impeto di … non sa esattamente nemmeno lei cosa le monta alla bocca dello stomaco.
E’ chiusa a chiave.
Sconfitta, esausta, si lascia scivolare contro il battente. Si prende le tempie tra le dita, le pulsa tutto dentro il cranio, non sa più cosa dire, cosa fare adesso.
E’ l’ennesima dimostrazione di come Katsuki la stia tagliando fuori. Di come non la voglia intorno.
Se è arrivato a questo punto, non sa nemmeno lei cosa fare più.
Con quel senso di delusione striscia fino al letto dove ha appoggiato le custodie. Apre pochi centimetri di quella che le è più vicina, rendendosi conto che non è quella che contiene il suo ma quello di Bakugō.
E ha un sussulto. Sta per richiuderla in fretta, quando le dita si posano sul tessuto nero morbido, e lo sfregano delicatissimamente.
Come se bastasse questo. Quasi che possa … raggiungerlo quella tenerezza, quel calore una volta che l’avrà addosso, domani.
Le lacrime le pungolano le sclere. Come hanno fatto a giungere fin qui senza che lei non se ne rendesse quasi conto?
Stringe quella manica vuota, floscia, inerte. E d’un tratto i ricordi affiorano con forza, lo rivede con in mano quel mazzo di splendide peonie, con quel suo sorriso così … devastante, da quando non glielo rivolge più.
Eppure sembrava ci tenesse così tanto a loro due. Che … la amasse, profondamente, come soltanto un simile uomo, un simile Eroe potrebbe amare una donna.
Lo scatto della serratura la fa balzare in piedi e richiudere in fretta e furia la zip. Tira indietro i capelli e passa i polpastrelli sotto gli occhi, attribuirà tutto alla stanchezza, Katsuki ci crederà perché vorrà crederlo e faranno entrambi finta di niente, davanti a quel letto che li fisserà quasi prendendoli in giro.
Come si può essere così vicini, e al contempo così lontani?
<< Ohi >>.
Alza gli occhi.
Tanto per cambiare è vestito di tutto punto. Solo i piedi sono nudi, non ha mai sopportato più di tanto le ciabatte e quando può va scalzo.
Uraraka non riesce a smettere di fissarli. Di pensare che sarebbe dispostissima ad accontentarsi di baciare e accarezzare almeno quelli, così … perfetti, un quarantaquattro magro e nervoso, percorso da infinite vene in rilievo leggermente irruvidito sul tallone per via degli stivali della Hero Suit.
E poi si riprende. << Che hai? Sembri imbambolata. Stai bene? >>.
<< Sì >>.
<< Ti ha intontito Occhi da Procione, immagino. Cazzo, non cambierà mai quella pazza. Meno male che tra poco arriva Capelli di merda e avrà da fare >>.
A differenza di loro due. << Già. Io …  >>.
Katsuki non la lascia finire. Si guarda intorno, mette le mani sui fianchi, quelle mani così grandi e calde sotto quella vita così stretta.
Quanto sarà bello, domani. Diamine ma che sta dicendo, lui lo è sempre, è splendido, anche adesso in jeans e maglietta nera, con la fronte aggrottata sotto gli spunzoni ancora umidi per la doccia, e gli occhi ridotti in due fessure che vagano in giro per la camera.
Guardami, dannazione. Guardami … guarda me. << Che diamine di ostentazione. Tsk, e dire che sembrava diverso da suo padre … >>.
<< Penso sia più opera di Momo-chan, questa >>.
Bakugō fa una smorfia di fastidio. Ma subito dopo distende i tratti, e finalmente la guarda.
Ma non come … Ochaco voleva che la guardasse. Con fisso in mente il bisogno di collaudare subito quelle molle, ma giusto per una sorta di obbligo morale, che in realtà lei continua a preferire il pavimento, e lo farà in eterno.
Nessun letto riesce a darle la stessa sensazione di … ineluttabilità. Di venire schiacciata da quel corpo scolpito che le grava addosso, di sentirne i movimenti alla perfezione, l’entità delle sue spinte che non vengono attutite da nulla. A fondo, nella carne. << Ma sicura che stai bene? Sei rossa. Non ti starai ammalando, vero? Visto che la Secca nemmeno lei sta granché … >>. Le va vicino, le raccoglie il polso tra le dita, l’altra mano si apre sulla fronte.
Dei gesti così delicati che invece di infiammarla quell’eccitazione quasi … animalesca va giù di colpo, annegando, diluendosi nella commozione, e insieme in un rammarico che le spezza la volontà.
<< Ma no, no. Sono solo molto stanca, Katsuki >>, esala, il respiro fattosi breve, sassoso.
<< Ora potrai riposarti, uh. Quanto meno spero, visto che hai insistito tanto … che almeno tu ti diverta >>.
E’ l’ultimo chiodo nella bara. Uraraka non ce la fa più. << Vado a fare la doccia. Alle sette e mezzo abbiamo appuntamento con le ragazze nella hall, per l’addio al nubilato >>.
<< Altra cazzata. Un’americanata che si poteva anche risparmiare >>.
<< Almeno non mi avrai intorno per qualche ora >>.
Le è scappato. Alza la mano davanti alle labbra ma è già troppo tardi.
Lo sguardo di lui improvvisamente si fa … triste? Amaro? Cosa? << Ochaco … >>, sospira.
E lei smette di respirare.
Pare stia cercando le parole giuste per non farle del male. Ma a questo punto non lo sentirebbe nemmeno, si sta già dissanguando nell’anima davanti a quell’espressione che per uno strano scherzo di déjà-vu le fa venire in mente quella che gli ha visto in faccia quando voleva lasciarla andare, perché non era stato lui a salvarla.
Ora glielo dirà. Le dirà le cose come stanno, e lei starà da cani, e dovrà fingere e sorridere per non rovinare la festa alle sue amiche e il matrimonio a Momo, che ci sta dietro da mesi.
Dio. Ma perché è venuta? << Ochaco, io … >>.
Il trillo del cellulare lo interrompe. Lo tira fuori dalla tasca, dà un’occhiata allo schermo. << E’ Kirishima. Scusa >>. Le volta le spalle, il tono cambia ancora ed è quello perennemente incavolato che gli era solito prima che nascesse Shakya, con i suoi amici. << Capelli di merda, possibile che tu non abbia mai un cazzo da fare, che rompi sempre i coglioni, uh? >>.
Ecco. Ora Kirishima fraintenderà, crederà di aver interrotto chissà cosa.
Invece ha solo rimandato un’esecuzione.
In silenzio raccoglie il suo zaino, entra nel bagno ch’è ancora impregnato di vapore, del suo odore. Dai singhiozzi trattenuti a stento le si spreme il seno, già leggermente gonfio e indolenzito per via del latte che comincia a raccogliersi, l’ultima poppata è stata prima della partenza e si augura solo che non abbia fatto male a Shakya, tutta quell’agitazione che deve aver succhiato insieme al suo pasto.
Ha portato con sé il tiralatte, dovrà usarlo prima di scendere di sotto nella spa, per evitare spiacevoli contrattempi.
Ma non è a questo che pensa, mentre si spoglia. Sfila via le coppette usate, le getta nel cestino accanto al lavandino.
Si guarda nello specchio appannato. Posa la mano e tira via quello strato di nebbia, mette a fuoco chiaramente il suo aspetto.
Sembra sia appena uscita da uno scontro con dei Villan. E abbia anche perso, per giunta.
Ed è assurdo che sia uno dei più promettenti nuovi Hero della generazione presente a renderla così … impotente. Senza nemmeno sfiorarla.
Ha lasciato sua figlia … loro figlia … per questo.
Per andare incontro al patibolo, quando avrebbe potuto benissimamente farsi piantare a casa, con comodo, sfogare il suo dolore dove nessuno avrebbe potuto vederla, con il conforto della sua piccola e dei suoi genitori, perché sì, aveva già deciso che sarebbe stata lei ad andare via, non avrebbe sopportato di restare in quella casa che seppur non li visti amarsi carnalmente, ha comunque accolto … la loro famiglia.
Almeno per un po’.
Termina di spogliarsi, distogliendo però gli occhi.
E’ una domanda molto, molto brutta quella che le sta ronzando in mente adesso, e non è la prima volta che ci pensa, anche se non con tutta questa forza.
Cioè, in realtà non ci sarebbe niente di male. L’ha fatto tantissime volte per lei prima che iniziasse quel periodo buio. 
Toccarsi. Da solo. Mentre Ochaco non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, rapita, stregata dalla bellezza di quell’atto di autogratificazione, dal movimento ipnotico di quelle dita su se stesso, che non giungeva mai a completezza perché era soltanto un gioco tra loro due, e ad un certo punto o se la attirava addosso oppure la metteva giù, e finalmente li donava a lei quei tocchi che da maliziosi, seducenti divenivano affamati, caotici, o al contrario tenerissimi e morbidi.
Era così bello condividere quegli attimi insieme. Possedere la convinzione che qualsiasi cosa facesse per appagarla, stuzzicarla, irretirla ancora di più fosse davvero il plus ultra, che non esistesse nessuno in grado di infiammarla come sapeva fare Katsuki.
E che fosse suo, tutto suo.
Adesso si sente solo come se le avesse rubato qualcosa. Che quel piacere … le fosse negato, che lo rincorresse da solo, magari sotto la doccia appunto, dove lei non poteva vederlo.
Forse è accaduto proprio poco prima. E per questo aveva chiuso la porta a chiave.
Lei non l’ha mai fatto. Prima di Bakugō … non ne aveva quasi mai sentito la necessità, a parte che in rarissime occasioni in cui qualcosa aveva solleticato impercettibilmente la sua fantasia. Ma le sembrava … strano, si vergognava solo a pensarci e inoltre voleva che fosse il suo … fidanzato, semmai ne avesse avuto uno, a … mostrarle com’era … il sesso.
Poi c’era stato Midoriya. E quell’anelito si era fatto forse più palpabile. Ma era più un bisogno di conforto, di vicinanza.
E con Katsuki … be’. Ci aveva pensato, altro che no. Ma all’ultimo si era sempre ritratta, anche se non ne capiva la ragione.
Ora, senza di lui … non ce l’avrebbe fatta proprio fisicamente. Si sarebbe sentita stupida, patetica e dubita persino possa davvero provarne, di piacere, sapendo quanto veleno si porti dentro. Pensare a ciò ch’era stato e non era più le avrebbe spezzato il cuore.
E poi non ne avverte il desiderio. E’ come se Katsuki tenga quelle sue dita fatate sull’interruttore che regola tutto dentro di lei, e possa attivarlo e spegnerlo, a suo piacimento.
Non che le importi. Non potrebbe comunque pensare mai a qualcuno che possa prendere quel posto, se anche finisse lei resterebbe di Katsuki lo stesso.
Entra sotto la doccia. Non nota neppure quello che ha intorno, non gliene frega nulla. Lascia che l’acqua bollente le scorra addosso, lavando via un po’ di quelle lacrime che no, non riesce a mettere fuori.
Deve pensare a Momo. Deve farlo per lei.
Anche se è dura, gli Eroi non mollano mai, no?
E nemmeno le amiche.
 
       
Nell’acqua bollente, Uraraka si rilassa, lasciando che i muscoli indolenziti si sciolgano.
Dopo la doccia si è rivestita, ha messo su un paio di calzoncini che ancora le entravano, una maglia un po’ più abbondante che … era appartenuta a Katsuki, e gliel’aveva regalata perché gli piaceva che portasse le sue cose. Sforzandosi di non farsi catturare ancora dai suoi pensieri è scesa di sotto.
Lui era già uscito. Sicuramente era andato ad incontrare Eijirō e gli altri, ammesso non fosse stato già fatto ostaggio da Ashido. Vorrebbe salutare anche lei i ragazzi ma ora come ora non se la sente di stare vicino a lui.
Qualsiasi cosa stesse per dirla prima che squillasse il cellulare Ochaco adesso non vuole saperla. Ci penserà a casa, una volta di ritorno. Ha promesso a se stessa che nulla turberà la sua tranquillità, sia pure fittizia.
Dev’essere forte. E per questo ha le ragazze, ha abbracciato con gioia non simulata Asui e Hagakure, le uniche che ancora mancavano all’appello oltre a Mei, la fidanzata di Iida-san: ma lei è fuori Giappone per un corso, e non ha potuto spostarsi, con sommo dispiacere.
Sono andate tutte in spa. Dopo una serie di trattamenti di cui Uraraka non ha minimamente mai sentito parlare in giro – e in cui non ripone alcuna fiducia che possano migliorare le cose - sono passate a mollo nella zona termale.
Per quanto ha capito Uraraka ai maschi toccherà una serata a cui hanno pensato Kaminari, Sero e Mineta, e non può fare a meno di essere un po’ in ansia, e ha preferito restare da sola.
Le altre – a parte Momo, che è andata a controllare i fiori dacché Shouto era presumibilmente impegnato coi ragazzi e non poteva andarci lui- si sono messe a chiacchierare a bordo vasca ma lei non ha ascoltato, si è immersa quasi subito allontanandosi, alla ricerca di un altro sprazzo di equilibrio.
Che puntualmente dopo qualche minuto viene interrotto. << Pssss. Ehi >>, fa Mina, avvicinandosi quatta quatta. << Tutto okay, Ochaco-chan? >>.
<< Sì … credo di poterci morire, qui dentro >>.
Ashido fa un’espressione allarmata. << Oh, non fare scherzi, non vorrai certo regalare un cadavere a Momo-chan! >>. Si avvicina, le sussurra all’orecchio con fare da cospiratrice. << Senti Ochaco … una cosa te la devo chiedere per forza, ce l’ho da troppo questa domanda. Com’è a letto Baku-bro? >>.
Ochaco sente il sangue che stava così beatamente scorrendo in estasi rifluirle tutto di corsa alle guance.
Ecco. Lo sapeva. Se lo sentiva. Era solo questione di tempo, e addio sogni di gloria.
Non c’è modo di scappare, tanto meno che da se stessi e i propri guai.
<< E dai, non essere timida … le ragazze parlano di queste cose. Me lo sono sempre immaginato un po’ selvaggio … sai com’è >>, insiste la rosa.
No. Mina non lo sa com’è. Nessuno può sapere com’è. << Be’ … insomma >>.
<< Insomma cosa? >>.
<< Lo è. A volte. Però … sa essere anche … premuroso >>. Si raddrizza nell’acqua, posando la schiena contro la roccia scabra.
Non è stata una buona idea, perché quasi ci batte la nuca quando Ashido apre di nuovo bocca. << E ti soddisfa? >>.
Forse l’ha confidato in tono troppo … dolente, e Mina deve aver frainteso del tutto cosa davvero volesse dire. << Oddio, Mina- chan! >>.
<< Dai, sono curiosa! >>.
Eh. E quando Mina-chan è curiosa, l’unico modo per levarsela di torno – sia pure affettuosamente- è risponderle. << Sì. Assolutamente. E’ … il migliore amante … che potessi desiderare. Lui … mi dà tutto. O almeno me lo dava >>, le sfugge in un contraccolpo d’amarezza, e rimpianto.
Non riesce davvero a controllarsi, oggi.
La ragazza spalanca gli occhioni, nerissimi come il fondo di un pozzo. Un po’ come vede Uraraka davanti a sé. << Uh??? Che significa, me lo dava? Ochaco-chan? >>.
<< Noi … non siamo … ecco … non siamo più … ehm … andati a letto insieme da quando è nata Shakya. In realtà da un po’ prima, in senso okay, cioè quello è anche comprensibile però … anche dopo che … avremmo potuto, ecco. Sono quasi quattro mesi che non facciamo sesso. E … mi sento malissimo, ho paura che non mi trovi più attraente, che non … mi desideri più >>. Lo sguardo nocciola si abbassa sul filo morbido dello sterno che emerge dall’acqua scura, anche lo Mina segue con gli occhi neri.
E schiocca la lingua. << Questa è proprio una grandissima, solennissima cazzata. Sei una strafiga Ochaco-chan, personalmente se io fossi un ragazzo non ci penserei due volte a sbatterti come un tappeto. Piuttosto ti sei domandata se non sia lui il problema? >>. E ruota indice e pollice aperti in aria. << Cioè, dai. Lo sanno tutti. Lo stress fa brutti scherzi >>.
Le guance di Uraraka si fanno più che rosa, di un bel porpora incandescente. Se era riuscita a sorvolare sull’opinione molto poco sana dell’amica, altrettanto non può fare con quest’ipotesi. << Ma … no … che dici … >>, balbetta, incerta.
Non ci ha mai pensato, nemmeno per scherzo appunto.
Lo reputa impossibile. Stanco sì, okay, quanto ti pare, ad un passo dal coma ogni volta che varca la porta di casa, esausto. Tutto.
Ma … che non … potesse …
Oddio.
Un’infinita distesa di dubbi le si apre davanti. Eppure d’un tratto quasi la rincuora, si ritrova quasi a sperare che si tratti solo di questo, Katsuki non glielo direbbe, soffrirebbe come un cane ma tacerebbe, non tollererebbe mai di vedere messa in discussione la sua virilità, penserebbe che è un periodo e che passerà, e nel frattempo stringe i denti e va avanti, in attesa che la questione si risolva da sola.
Ma senza nemmeno provarci? Davvero, può essere soltanto questo? E quello stupido testone la sta mandando al manicomio solo perché è troppo orgoglioso per confidarglielo?
Capacissimo. Purtroppo lo deve ammettere, in barba a quel “niente più segreti”. << Ne sei certa? >>, insiste Ashido, bagnandosi le braccia.
Purtroppo anche lei lo deve ammettere.
Come una donna certe cose le sa, anche un uomo, di sicuro. Lei ha saputo di essere in attesa prima ancora di avere il ritardo di prammatica, e senza alcun sintomo.
Il cuore, le aveva parlato. E per quanto possa sembrare stucchevole è andata proprio così.
L’ha saputo una mattina che si è svegliata tra le braccia di Katsuki, e guardandolo dormire profondamente, inspirando la beatitudine del suo profumo come fosse ossigeno l’ha sentito. Le ha attraversato mente e corpo come una certezza ineluttabile, aveva trattenuto il fiato per qualche secondo e avvertito nitidamente il fiorire di una vita, dentro sé. Come, non riesce ancora a spiegarselo.
E l’ha sentito anche lui. Che ha socchiuso gli occhi rossi ancora appannati in quell’istante, e l’ha fissata a lungo, serio, quando poi la prima cosa che faceva appena destatosi era sorridere.
Alla fine, aveva teso la mano e le aveva accarezzato la guancia. L’aveva baciata, in silenzio, senza dire una parola, l’aveva guidata sopra di sé e avevano fatto l’amore, per un tempo infinito, con una dolcezza tale che Ochaco può risentirne le fitte nell’anima e nel ventre ancora a mesi di distanza.
Aveva continuato a guardarla durante tutto l’amplesso. Solo alla fine, quando entrambi si erano allacciati, lei gli era crollata sul petto e lui l’aveva cinta inspirando a fondo dalla sua gola le aveva sussurrato: << Dammelo. Lo voglio, Faccia Tonda >>.
E lei era rimasta di sale, perché non aveva fatto o detto nulla che potesse suggerirglielo. Quasi l’avesse captato nel suo odore, letto nel suo sguardo, e non servisse nessun’altra prova per esserne sicuro.
Quella che poteva sembrare a chiunque una dichiarazione alquanto strana, prepotente per loro due aveva un significato diverso.
Questo era il suo Katsuki.
Per questo non vuole arrendersi. Per questo non riesce a recidere del tutto quel filo, perché un legame così non può evaporare come fosse ghiaccio al sole.
Per questo, vuole ancora aggrapparsi a qualcosa, una qualsiasi purchessia. Le va bene tutto, anche una speranza vana, indimostrata. << In realtà … no >>.
<< Ecco, comincia a pensarci allora. E smettila di buttarti giù >>. L’amica asciuga le mani nel telo piegato al bordo della vasca, recupera il proprio cellulare. << Speriamo che quel tonto non l’abbia spento >>.
<< Mina, ma cosa … >>.
Ashido le posa l’indice sulle labbra, reggendo il telefono con l’altra mano. << Questa è una missione per Mina-chan. Fidati di me, vedrai se domani non sarai così a pezzi da dover salire in funivia >>. Ghigna, illuminandosi quando l’interpellato risponde.
Devono avere un rapporto stupendo, loro. Kirishima è sempre stato così … dolce, affettuoso, è stato il primo a non temere Katsuki, a dimostrargli amicizia, ad avvicinarsi tanto da riuscire a farlo aprire, almeno un po’, verso gli altri.
E se c’è qualcuno che può aiutarla forse è davvero lui. Se ha saputo far breccia nella testa dura di Bakugō una volta, è in grado di farlo ancora. << Eiji, tesoro? Siete tutti li? Ahaaaa … e dimmi, come sono le ragazze? Peccato, un po’ mi spiace non essere lì a godermele >>. Scoppia in una gran risata, all’altro capo del telefono Kirishima dev’essere rosso come i suoi capelli, minimo. <<  Sì, sì, sono solo cameriere. Certo. Almeno hai delle banconote? Gli spiccioli danno fastidio. Ohhh, suvvia Eiji, fammi scherzare un po’. Senti. Ho una cosa importantissima da affidarti. Ochaco-chan … ha qualche problemuccio con Baku-bro. Ah ah, sì, di quel tipo. Riuscite a farlo allentare un po’ la tensione? Mi raccomando, non tutta però. Bravo il mio cucciolo. Grazie. Mi raccomando, non essere tirchio con le mance. Ciao, sì, ti amo anch’io >>. Si volta verso di lei, con un sorrisone. << Tutto risolto. Avrai la notte più infuocata della tua vita, Ochaco-chan >>.
Uraraka è talmente scioccata che non trova nulla da rispondere.
La lingua le si è appiccicata al palato e non vuole nemmeno realizzare l’entità di quello che è appena accaduto.
<< Ehi, voi due. Di che state spettegolando? >>. Jirou si avvicina, lei era dall’altro lato della vasca, a conversare con le altre.
In realtà forse ha fatto male ad isolarsi così, Ochaco. Doveva immaginarlo che avrebbe sentito puzza di bruciato, e inevitabilmente si sarebbero preoccupate per lei.
Già. Non ne sta imbroccando proprio una. << Sesso, Kyoka-chan >>, sbotta Mina priva di qualsiasi imbarazzo. << A proposito, nemmeno a te ho chiesto come va con Kaminari-kun. E’ ancora così imbranato? >>.
Kyoka porta una mano alla fronte, scuote la testa bagnata, nerissima in quella luce ovattata. Sembra un po’ meno sofferente adesso.
Almeno finché Mina non ha iniziato a bersagliare lei. << Oddio >>. Sospira. << Denki non è imbranato. Okay. Forse un po’. Ma cerca di capire … sono la sua prima ragazza. Tutte le cose … le sta … imparando con me >>.
<< Come se tu fossi questa scafata, Kyoka! Avanti! >>.
<< Be’, si sa che noi donne lo siamo sempre, un po’ più informate sui fatti … >>.
Ashido alza le spalle, tentenna con il capo. Poi incrocia le braccia al seno e crolla la testa in avanti, con una faccia sapiente. << Chi vedo male è Momo-chan >>.
<< No, perché? >>, chiede Ochaco innocentemente.
Mina assume l’aria che aveva Midnight quando spiegava storia. Alza persino l’indice, proprio come la loro ex-professoressa, che sarà presente anche lei domani alla cerimonia.
Ci saranno fin troppe belle donne. E d’istinto aggrotta la fronte, anche se credeva di aver messo in chiaro con se stessa che almeno per quello poteva stare davvero tranquilla. << Easy. Sono pronta a giocarmi il quirk che è ancora vergine, Todoroki-kun ci tiene a queste cose, e anche lei. E sia che predomini il quirk del ghiaccio, sia che vinca quello del fuoco, saranno dolori, poveretta >>.
<< Ma … ma dai, mica è detto >>, biascica Uraraka mentre arrivano anche Asui, Hagakure e Melissa, che ovviamente hanno ascoltato e si sono bloccate sul limite della vasca.
Ochaco d’un tratto non connette abbastanza per darle torto o ragione. E non è l’unica.
Sono tutte allibite. Tanto che quando Momo-chan le raggiunge subito dopo, evidentemente stanchissima per l’ennesima chiamata a cui ha dovuto accorrere in accappatoio e ciabatte, ed entra in vasca anche lei devono distogliere lo sguardo per non prendere tutte fuoco dall’imbarazzo, alla faccia del quirk del suo promesso.
A parte Mina, che la occhieggia divertita quando la bruna Creati si lascia sfuggire un sospiro distrutto. << Finalmente. Non mi sentivo più le gambe, da quanto sono indolenzita >>.
<< Eh. Se ti lamenti oggi immagina dopodomani come starai >>, sbotta la rosa.
Yaoyorozu riapre le palpebre, battendole sugli occhi scuri. << Dopodomani? >>.
<< EH SI’EH! >>. 
Tooru e Kyoka vanno giù, sott’acqua, per evitare di mettersi a ridere.
Asui continua a parlare con Melissa, impassibile e tenta silenziosamente di allontanarsi di nuovo.
Ochaco è l’unica che prova a mediare. Finire nel mirino di Ashido è pericolosissimo, specie se è convinta di quel che ha appena detto. << Figurati dopo tutta la giornata che dovrai passare di nuovo in piedi >>.
<< Oddio non farmici pensare >>.
<< Dovrai chiedere a Todoroki- kun di farti degli impacchi di ghiaccio >>, sentenzia Mina, e solo la confusione impedisce a Momo di notare la sfumatura maliziosa di quell’affermazione.
<< Mhmm >>.
<< Che, Yaomomo? >>.
<< Sinceramente non lo so. Non ho mai visto Shouto … così teso >>.
Ma se era tranquillissimo, vorrebbe ribattere Ochaco.
D’altronde lei non lo conosce bene come Momo. Un altro po’ e non conosce nemmeno il suo, di uomo.
Sarà vero quel che ha detto Mina, prima?
E perché lei è stata così … tonta, appunto, da non fare nulla a parte rinchiudersi in se stessa?
Vorrebbe tanto fosse vero. Con tutta se stessa.
<< Lo immagino >>, sentenzia ancora Ashido, un’impagabile faccia tosta. << Lo sarebbe chiunque, al suo posto >>.
Yaoyorozu sospira, tirando la treccia corvina sulla spalla candida. << Già. Sono … praticamente mesi che gli sto addosso, e mi sento in colpa perché non riesco a smettere di stremarlo … senza che a lui debba venirne nulla. Veramente mi aspettavo sempre che da un momento all’altro saltasse su e ribaltasse la situazione, anzi l’ho proprio desiderato che finalmente iniziasse a dettare lui il ritmo, se non altro per trovare un po’ di sollievo e darne anche a me. Ma … niente >>.
Le due che erano sotto rimpiangono di non aver scelto questo momento per immergersi, Jirou si strozza con un immaginario colpo di tosse, Hagakure beata lei non si vede e deve trattenersi meno.
Momo-chan è davvero un’anima pura. Anche peggio di quanto non fosse Ochaco solo un anno prima. Uraraka non sa più dove nascondersi. Le mani non le sembrano abbastanza per mascherare l’espressione che dev’esserle salita in faccia dopo quella sequenza di uscite infelici.
Vabbé che Ashido è davvero tremenda. Bastano quattro minuti con lei per iniziare a vedere sconcezze ovunque, anche nel discorso più innocente. << Mi ha lasciato fare tutto come ho deciso io, persino nei dettagli più insignificanti si è adeguato alle mie scelte. E … adesso ho quasi timore … che si sia sentito obbligato a sposarmi solo perché lo volevo io >>.
Per fortuna Mina oltre ad avere la lingua lunga ha anche il cuore grande. << Ma no, Momo-chan! Ma che pare ti fai? Oddio ma è la giornata delle menate questa? Kyoka che teme di avere l’influenza, Ochaco che ha guai con Bakubro, tu che adesso ti ficchi in testa queste scemenze … >>.
<< Influenza? Problemi? Oh santo cielo >>.
<< Grazie, Mina, eh! >>, fa Jirou, alzando il braccio sottile. << Tu sì che sai come fomentare il panico >>.
<< Maddai … siete troppo stressate, date retta a me. Stasera godiamoci queste splendide terme, ci facciamo trattare come principesse e domani saremo più scintillanti di Aoyama-kun! Cioè, vabbè, insomma, quasi. tranne tu Momo-chan, tu lo sarai per forza, con tutti quei carati addosso. Per fortuna c’è tutta una stramaglia di Pro-Hero, sia mai dovesse saltare il ticchio a qualche malintenzionato >>.
Yaoyorozu è verde dal terrore. << Mina-chan, per cortesia. Mi sembra già di essere sul punto di rimettere, non farmi salire l’angoscia, ti scongiuro >>.
<< Ah pure te? Oh ma non è attacca no? >>.
<< MINA! >>.
<< Okay, okay! Sto zitta >>.
 
La cena grazie a Dio è più tranquilla. Ashido pensa a mangiare a quattro palmenti, ha meno occasioni di far venire l’angoscia a tutte le amiche.
Ochaco spilluzzica appena. Chissà cosa starà facendo Katsuki, adesso.
Le altre – quelle impegnate- hanno chiamato il loro fidanzato, per accertarsi di come stiano andando le cose da loro.
Lei no. Non saprebbe cosa dirgli, si suonerebbe falsissima per qualsiasi cosa, con quel discorso ancora in sospeso; e poi è un filo in ansia anche per il fatto che ci sia Midoriya.
Oltre che per le intenzioni di Ashido. Oddio, che vergogna. A mente fredda non ci può pensare, che gliel’abbia detto per davvero.
<< Ochaco, non mangi, cra? >>, osserva Tsuyu.
<< Oh, sì >>.
Mina porta alla bocca un altro rotolo di salmone, nonostante stia ancora masticando il precedente. << Guarda che puoi stare tranquilla. La zip reggerà benissimo domani, stanotte farai tanta di quell’attività fisica che perderai dieci chili tutti assieme, garantito! >>.
Ecco, come non detto.
Il desiderio di seppellirsi sotto il tavolo è fortissimo. Accidenti, ma come ha fatto a fidarsi della sua discrezione?
Come affidare delle caramelle ad un bambino. Preciso identico.
<< Ti sarei grata se non … ehm, ne parlassimo >>, prova a bisbigliare, sperando che l’ex-compagna di classe le dia retta.
Mina le rivolge uno sguardo comprensivo. E le posa una mano sulla testa. << Abbi fede nella tua Mina, Ochaco-chan >>.
Eh. Una parola.
Più tardi, una volta congedatasi dalle ragazze e salita in camera, chiama Mitsuki.
<< Ochaco! >>.
<< Buonasera, Mitsuki-san. Disturbo? >>.
<< Assolutamente no, ho appena finito di dare il biberon a Shakya. Qui va tutto benissimo, è un amore questo passerotto, non è vero piccolina? >>.
A Uraraka scappa un sorriso, nel sentire i versetti della sua bambina. << E voi, come procede? Vi state rilassando? >>.
<< Sì. Penso di sì >>.
<< Come, pensi? >>.
<< Cioè, sì. Sì, Mitsuki-san >>.
Lei sospira. Uraraka può quasi vederla che scuote il capo così simile a quello del figlio, in tutto e per tutto. << Dov’è quel testone di Katsuki? >>.
<< Lui … è ancora con i ragazzi. Tarderanno un po’, credo >>.
<< Bravi, pensate a divertirvi e riposarvi, così tornerete come Dio comanda, almeno. E … se tornate in tre invece che in due, tanto meglio >>.
<< Eh?! >>
<< Non mi spiacerebbe un altro nipotino, a patto che tu sia d’accordo, ovviamente. Sta iniziato a piacermi fin troppo fare la nonna >>.
Uraraka tace. << Ora vado a farla addormentare. Buonanotte, Ochaco! >>. E chiude, lasciandola così.
No, decisamente non è proprio fortunata lei. O meglio, ora sta pagando tutto assieme ciò che il fato ha voluto regalarle prima.
Ma no, chiaro che non è così. Succede e basta. E’ che quando una cosa ti batte in testa … ti sembra ce l’abbiano tutti con te.
E’ una cosa normale.
Va all’armadio, ne spalanca l’anta. La custodia è appesa lì, la tira fuori, la porta sul letto aprendola e tirando fuori il proprio abito.
Sei una strafiga, Ochaco-chan.
Crederci però è un altro paio di maniche.
L’ha scelto senza cuore, solo perché le è sembrato accettabile. Un abitino talmente … insignificante che non sembra nemmeno valere i soldi che le è costato, anche se era in saldo. Accollatissimo, di un grigio scuro e lungo fin sotto al ginocchio. L’unico che non la facesse sentire a disagio, che mitigasse un po’ gli effetti della sua rotondità.
E si sente da schifo, perché vivere come una colpa ciò che era … quel che le era rimasto addosso della più bella esperienza che avesse mai vissuto, per amore di lui, è davvero il fondo del barile.
Non sa più cosa pensare. Se non … che vuole riprovarlo.
L’abito, cioè. Ma anche il resto.
Sfila rapida gli indumenti, infila il vestito dalla testa, lascia che le scivoli addosso senza troppa difficoltà. La zip sulla schiena però non riesce a chiuderla, stira all’inverosimile le mani, ma fa resistenza.
Eppure quando l’ha provato in negozio non ha fatto tanta fatica. Forse è che le tremano le dita e non ha presa sufficiente, i cuscinetti sono umidi di sudore, fa davvero un caldo terribile e lei è più che sicura che l’indomani soffocherà con tutta quella stoffa addosso.
Cavolo. Cavolo, cavolo, spera soltanto di non dover chiede a Katsuki di chiudergliela lui. Piuttosto, andrà a vestirsi in camera di qualcuna delle sue amiche.
Forse sarebbe davvero la cosa migliore.
Davanti alla lastra ha un nuovo attimo di vacillamento. Ricordi infiammati di quante volte l’ha spogliata, mordendole il collo, le scapole, inspirando dalla sua nuca, sussurrandole quanto fosse bella, e sexy, e di come Ochaco riuscisse davvero a credergli in quei momenti perché le bastavano i suoi occhi addosso, nel riflesso dello specchio, che la guardavano come volesse strapparglieli di dosso i vestiti, invece che sfilarglieli e basta a farglielo essere sul serio, non soltanto pensare.
Se ora entrasse … e lo facesse, ancora. Se davvero Mina avesse visto giusto e complice la compagnia dei ragazzi, e forse un po’ d’alcol per scioglierlo, e farlo tornare caldo caldo caldo come solo lui sa essere … Dio, sì.
Sì. Per favore, sì.
E’ quello l’unico trattamento di cui necessita. Che le manca più dell’aria.
Ti prego, Signore. Fa’ che sia davvero così.
Un rumore improvviso dalla camera la fa trasalire così forte che l’impulso di serrarsi addosso l’abito è spontaneo.
Non riesce a non tremare. A non … pregare che quella preghiera sgorgatale dal profondo sia stata accolta, e non vogliano farla disperare oltre.
Sì. Per favore.
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