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Autore: YallaYalla    11/05/2020    1 recensioni
for your perusing
At times confusing,
hopefully amusing
Introducing me
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Hermione era una persona mattiniera, ma nessuno riusciva mai a svegliarsi prima di Severus. Quando la donna andò in cucina per preparare la colazione lo trovò già lì a prendere il tè mentre leggeva. Senza la sua tazza mattutina, Hermione aveva le capacità intellettive di un bradipo morto, quindi fece un salto quasi fino al soffitto quando Severus la salutò.

“Per l’amore di Merlino, Severus! Mi hai fatto venire un infarto”. Lui sorrise alla scena e si rimise a leggere e a bere. Hermione si riprese e rise della sua stessa reazione.
“Buongiorno anche a te, gradisci un’altra tazza di tè?” gli chiese quando si riebbe dallo shock.
“Sì, grazie mille”
Lei allora gli versò il tè e si mise a tavola a mangiare qualcosa, era ancora un po’ tesa per l’attacco del giorno precedente.

“Quali sono i tuoi piani per oggi?”
“Voglio finire delle letture e poi iniziare a cercare un lavoro. Farò gli esami all’inizio dell’anno scolastico quindi dovrò trovarmi qualcosa che mi tenga occupata”.
“Sono certo che il Ministero sarebbe più che felice di assumere la strega più brillante della sua età
Lei alzò gli occhi al cielo per quel ridicolo nome.

“Non voglio lavorare al Ministero, non riuscirei a stare dietro ad una scrivania tutto il giorno”
“Potresti diventare un Auror”
“Oh no, lascio l’incarico con piacere ad Harry e Ron, ho inseguito abbastanza criminali da bastarmi per un paio di vite” disse ridendo e immaginando i suoi due migliori amici e le loro figure di merda durante l’addestramento.
“Quindi non vuoi diventare un Auror e non vuoi lavorare al Ministero come passacarte, sto forse parlando al prossimo Ministro della magia? Di sicuro hai tutte le potenzialità per riuscirci”
“Oh no, proprio no. Non voglio essere Ministro; bisogna fare troppi compromessi per arrivare ad un ruolo del genere e per mantenerlo, non fa per me”.
“Una Grifondoro fin nel midollo”
Lei sbuffò.
“Sì, e ne sono fiera”
Severus sorrise di fronte a quella piccola strega nel suo pigiama bordeaux tutta fiera di sé.

“Quindi niente Auror e niente Ministro. Cosa vuoi fare allora?”
“Mi piacerebbe diventare una professoressa”
“Beh, si può organizzare in un attimo. Vivi nella migliore scuola di magia del mondo e ogni professore da qui a Katmandu sarebbe più che felice di prenderti come apprendista” disse e dopo una pausa aggiunse: “beh, forse non la professoressa Trelawney o la professoressa Hooch”.

All’inizio lei fu offesa dal rimando alle sue più che ridicole prestazioni, ma poi rise e lui si unì a lei; rise così tanto pensando alle sue fallimentari lezioni di volo che quasi le uscirono le lacrime.
“Penso che si possa affermare con assoluta certezza che io non sia fatta per volare su una scopa”
“Magari potrei insegnarti a volare senza”
Calò il silenzio, i due si guardarono e poi lei annuì e, sottovoce, aggiunse: “Sì, magari”

Severus si schiarì la voce e disse: “Fammi pensare, forse potresti diventare apprendista per essere la nuova insegnante di incantesimi, oppure di aritmanzia. La professoressa Vector non faceva altro che parlare di te”.
“Sì, forse, ma in realtà vorrei prendere il posto della preside; trasfigurazione è sempre stata una delle mie materie preferite”.
“Tra tutti i professori, Minerva sarebbe di gran lunga la più felice ad averti sotto la sua ala, sei sempre stata la sua leoncina preferita”
“Nessun altro sarebbe felice ad avermi sotto di lui?” disse Hermione sbattendo le ciglia.

Severus per poco non si strozzò. Fare innocenti innuendo sessuali era un gioco per due persone.
“Hermione?”
“Non ti agitare, ti stavo solo prendendo in giro. Ora credo che andrò in biblioteca a cercare un tomo che vidi anni fa a proposito della trasfigurazione”. Così dicendo se ne andò lasciando dietro di sé una tazza vuota e un mago con una prepotente erezione.
Quella donna sarà la mia fine, pensò lui.

Severus cercò di rimettersi a leggere, ma fu tutto inutile, la sua mente continuava a lanciargli solo immagini di Hermione. La grazia con cui teneva la tazza del tè, come avesse paura di poterla rompere se la stringeva troppo forte, il modo in cui beveva, a piccoli sorsi, e una tazza poteva durare anche mezz'ora, il modo in cui si grattava il naso quando era nervosa o si sentiva in soggezione oppure di come si mordeva il labbro quando era sovrappensiero. Oh, quel labbro. Come avrebbe voluto liberarlo dalla morsa dei denti per farlo suo. Severus era ormai convinto di essere più in pericolo che mai di cadere nel baratro dell'amore non corrisposto. Lei flirtava con lui, rideva con lui, arrossiva quando lui la guardava e poteva giurare di aver colto il suo sguardo su di lui mentre leggeva, ma da qui a credere di avere qualche chance era un volo pindarico. Ovviamente lui non demordeva, non è nello spirito di un Serpeverde desistere sulla strada verso quello che vuole. Severus voleva Hermione e, non importava come o quanto tempo ci avrebbe messo, l'avrebbe avuta.
Con la mente invasa da questi pensieri passò la mattinata aspettando che lei tornasse dalla biblioteca. Avrebbe potuto raggiungerla là e guardarla mentre si ricopriva di tomi più grossi di lei, ma voleva lasciarle il suo spazio, voleva che fosse lei a voler stare con lui, non imporre la sua presenza.

Dal canto suo lei non concluse nulla in biblioteca. Per prima cosa non riuscì neanche ad arrivarci senza perdersi un paio di volte.
Incredibile.
Lei sapeva andare in biblioteca anche da nottambula eppure quella mattina la sua mente aveva deciso di tradirla e, in accordo con i piedi, l'avevano fatta girare in tondo. Tutto era offuscato dall'immagine dell’uomo. La faccia che aveva fatto dopo la sua battuta era stata impagabile, una scena da Oscar. Al solo pensiero di quello che aveva suggerito con quelle parole la faccia di Hermione esplodeva, ma non riusciva a smettere di sorridere pensando a Severus. Le sue lunghe e agili dita che prendevano la tazza, il modo quasi incurante e distaccato in cui leggeva, sembrava fosse perennemente annoiato o che pensasse ad altro senza accorgersi di cosa gli accadeva intorno, ma ad un occhio più attento appariva la realtà delle cose. Severus era sempre all'erta, era perfettamente conscio di ogni singolo movimento intorno a lui, ogni atomo dello spazio che lo circondava era stato analizzato fin nei minimi dettagli, nulla lo coglieva mai di sorpresa. Per questo la reazione che aveva avuto era ancora più sorprendente per lei. E poi il modo in cui sorrideva. Doveva aver fatto qualcosa di davvero buono nella sua vita precedente per potersi meritare i sorrisi di Severus. Non accadeva spesso, il che lo rendeva ancora più importante. Quei sorrisi partivano dagli occhi che, allenati com'erano da anni di spionaggio, erano i primi a rendersi conto di ciò che accadeva. Quegli splendidi occhi, neri come la notte, si illuminavano come fari nel mare, poi l'angolo della bocca iniziava ad alzarsi, come quando ghignava soddisfatto, ma, a differenza di quei momenti, quando sorrideva per davvero tutta la bocca si muoveva, le labbra si increspavano e i denti facevano il loro ingresso trionfale sul palco, ed era una performance da applausi a scena aperta. Quando Severus sorrideva per Hermione era come vivere la mattina di Natale ogni volta. Se l'unica cosa che fosse riuscita a fare nella vita fosse stata farlo sorridere avrebbe potuto ritenersi perfettamente soddisfatta.
Una volta riuscita a trovare la biblioteca prese i libri che le interessavano, si sedette al suo solito posto, li aprì tutti davanti a sé e li fissò per le seguenti 3 ore.
Senza leggere una singola parola.
Molto bene.

Quando finalmente decise che aveva perso abbastanza tempo chiuse tutto, rimise ogni libro al suo posto, salutò Madama Pince e si incamminò verso gli alloggi che divideva con Severus. Era così strano pensarlo, ma allo stesso tempo le sembrava così naturale.
Quando entrò trovò l’uomo seduto in poltrona, con un bicchiere di quello che poteva essere whiskey e un libro. Era una scena così casalinga che le si formò un groppo in gola e non riuscì a dire nulla.
“Salve Hermione. Spero che la tua mattinata in biblioteca sia stata fruttuosa”.
La donna rinvenne dal suo sogno ad occhi aperti
“Oh sì, certo”.
Prese anche lei un libro e si sedette sul sofà, piegò le gambe e si immerse nella lettura. Era un libro che aveva già letto quindi non necessitava di particolare attenzione, anche perché in quel momento tutta la sua era per l'uomo che le sedeva accanto e che agitava il liquido ambrato nel bicchiere con nonchalance.
“Quindi hai deciso di chiedere a Minerva di essere la sua apprendista?” le chiese all’improvviso.
“Sì, credo di sì. Trasfigurazione mi ha sempre affascinato e non posso immaginare di lasciare questo posto”. Nel dirlo guardò Severus negli occhi e giurò che vide un lampo di gioia attraversargli lo sguardo.
“Tutti gli abitanti di questo castello sentirebbero la mancanza dei tuoi bombardamenti di domande”
Severus era così, quando non sapeva cosa dire o si sentiva a disagio ricorreva al sarcasmo.
“Per tua norma e regola nessuno si è mai lamentato delle mie domande. Solo un certo professore di mia conoscenza, che neanche mi rispondeva per dirla tutta”
L’uomo ridacchiò e lei lo seguì.
“Forse quel professore pensava che potessi arrivarci da sola alla risposta se avessi fatto muovere le rotelline in quella tua bella testolina”
Hermione sorrise come un'ebete al velato complimento.
“Beh, a quel professore farebbe piacere sapere che la mia testolina funziona benissimo”

Lui non rispose, sorrise e ritornò a quel che stava leggendo. Con loro funzionava così, leggevano per ore, ogni tanto parlavano di qualcosa, si guardavano in silenzio e poi si rimettevano a leggere.
Ad un certo punto lo stomaco di Hermione iniziò a farsi sentire. Severus ridacchiò, lei lo guardò con gli occhi stretti invitandolo a fare qualche commento sarcastico e sfidarla, ma lui si limitò a scrollare le spalle e andò in cucina.
Hermione lo seguì curiosa e lo vide mentre si metteva a cucinare.
“Sai cucinare?” chiese mentre lo osservava.
“Sembri davvero sorpresa, in fondo io sono un pozioniere straordinario”
“E anche modesto”. Aggiunse lei sottovoce, ma lui la sentì comunque e alzò le sopracciglia prima di ridacchiare.
“Dicevo. Cucinare non è molto diverso dal preparare pozioni. E poi ho imparato per necessità e per fare un torto ad Albus”
“Ti prego raccontami, sento che c'è una storia affascinante dietro questa affermazione”
“Beh, non so quanto sia effettivamente affascinante, ma te lo racconto lo stesso. Allora, io ho sempre odiato mangiare nella sala grande”
“Non mi dire”. Disse lei con finta sorpresa.
“Non mi interrompere o non ti racconto più nulla” rispose guardando la donna e puntandole il coltello. Severus Snape, con un coltello in mano puntato verso di te mentre ti guarda male doveva essere una scena da far gelare il sangue nelle vene, ma lei lo guardò, mise un dito sulla punta del coltello, lo abbassò mentre gli sorrideva e si issò sul bancone della cucina.
“Continua, per favore”
Lui la guardò tra il sorpreso e lo scioccato e continuò la storia
“Albus voleva per forza che mangiassi insieme agli altri «Serve per lo spirito di unione della scuola, ragazzo» - disse imitando la voce dell'anziano mago - così vietò agli elfi di portarmi il cibo in camera. Per questo imparai a cucinarmi da solo. Per dispetto.”
“Come ho detto, una storia affascinante” Disse Hermione scendendo dal bancone e mettendosi un grembiale. “Come posso aiutarti?”
“Puoi apparecchiare, se ti fa piacere”
La donna iniziò a prendere posate e bicchieri, ma si fermò a guardare l’uomo che tagliava le carote
“Scommetto che se dovessi misurare questi pezzi di cipolla avrebbero tutti precisamente la stessa misura” disse per punzecchiarlo.
“Strega impertinente” disse lui per non ridere “Finisci di apparecchiare e siediti, da brava”
“Sì, signore”. Disse e continuò ciò che stava facendo senza rendersi conto della faccia che aveva fatto l’uomo a quelle parole.

Mangiarono in silenzio, guardandosi ogni tanto. Severus era completamente rapito dal modo in cui lei era assolutamente incapace di arrotolare gli spaghetti eppure riusciva a non sporcarsi.
“Se continui a mangiare gli spaghetti in questo modo la prossima volta te li taglio tutti e li dovrai mangiare con il cucchiaio come i bambini”
Severus non intendeva offenderla con quella frase, ma lei percepì nelle sue parole una nota di scherno e trattenne le lacrime.
“Non sono una bambina” disse con la voce rotta e se ne andò.

Hermione era più che consapevole di aver fatto una scenata per niente, ma non riuscì a farci nulla. La differenza di età fra di loro era qualcosa che occupava spesso i suoi pensieri. Per lui lei doveva essere non più di una mocciosa, non poteva certo vederla come una donna e desiderare di avere una relazione con lei. Questo la feriva in modo inspiegabile. Lui aveva bisogno di una donna accanto, una donna della sua età, non di una bambina che non sapeva neanche mangiare gli spaghetti come un'adulta. Si chiuse nella sua stanza e pianse in silenzio nel cuscino.
L’uomo rimase interdetto. Immobile, con gli spaghetti che piano piano si svolgevano dalla forchetta e cadevano nel piatto. Si rese poi conto di quello che aveva detto, o meglio, di quello che le sue parole avevano sottointeso per lei. Era la cosa più lontana dai suoi pensieri. Non voleva insinuare che lei fosse una bambina, era solo affascinato dal modo strano in cui mangiava. Eppure era riuscito ad offenderla e ora doveva scusarsi. Non perché avesse fatto effettivamente qualcosa di sbagliato, ma perché lei ne aveva bisogno e lui aveva bisogno di lei.

Finì di mangiare, mise in ordine la cucina per darle il tempo di sfogarsi, preparò il tè e andò verso la sua stanza. Si fermò fuori la porta e tese l'orecchio per cercare di capire se stesse ancora piangendo, quando non sentì nessun rumore bussò.
“Che c'è?” disse lei, suonando più brusca di quanto avrebbe voluto.
“Hermione, posso entrare?” chiese lui, per nulla turbato dal tono di voce di lei.
“Un attimo” rispose lei lanciandosi dal letto e cercando di mettere in ordine la stanza. Non che lei fosse una persona disordinata, ma ogni tanto lanciava i vestiti dove capitava.
Da fuori la porta lui la sentiva mentre apriva cassetti, inciampava e diceva parolacce e non poteva trattenersi dal ridacchiare immaginando la scena.
Quando lei aprì la porta Severus si trovò di fronte la donna con gli occhi rossi e i capelli sconvolti eppure pensò che fosse assolutamente stupenda.
“Posso entrare? Ho portato il tè” disse indicando la teiera e le tazze che galleggiavano dietro di lui.
“Sì, certo”. Rispose lei e si spostò per farlo passare. Lui rimase un attimo interdetto dalla quantità di oggetti rossi e oro presenti in quella camera, ma subito si ricompose e si sedette sulla poltrona accanto al camino indicandole l'altra. Lei si sedette e non disse una parola né fece atto di prendere la tazza.
“Vorrei chiederti scusa per prima” iniziò lui.
“Oh, non ce n'è bisogno, non ti preoccupare” lo interruppe lei, ma lui alzò una mano e lei si zittì all'instante
“Fammi finire, prima di parlare, per favore” vedendo che lei rimaneva in silenzio lui continuò: “non volevo insinuare che tu fossi una bambina, ero solo interessato al modo in cui riuscivi a mangiare gli spaghetti senza sporcarti, ma se ti ho offeso in qualche modo ti porgo le mie più sincere scuse” e fece un cenno con la testa, come una sorta di inchino, mentre lo diceva.
Lei sorrise, si rendeva conto di essersi comportata come una stupida, ma sentire le sue scuse le fece sentire un calore che non aveva mai provato prima
“Accetto le tue scuse, ma per farti perdonare dovrai fare qualcosa per me” gli disse sorridendo.
Severus alzò un sopracciglio e disse: “Prego?”
“Sì, dovrai fare qualcosa per me sennò non ti perdono” ripeté lei
“E cosa dovrei fare, di grazia?”
“Dovrai accompagnarmi a Diagon Alley”
“Per te, sopporterò questo immane calvario” rispose lui facendo finta di essere distrutto dall'incombenza, lei si limitò a ridere e a scrollare le spalle. Bevvero il tè e poi lei lo cacciò in malo modo dalla stanza invitandolo a prepararsi perché sarebbero usciti tra poco.
“Sono già pronto” disse lui, ma lei lo guardò da capo a piedi e fece di no con la testa
“Eh no mio caro, non mi accompagnerai a fare shopping vestito da spaventoso professore” disse indicando l'outfit che lui indossava “ora corri a cambiarti, niente cappotto e niente giacca, mi raccomando”. Lui alzò gli occhi al cielo, ma andò comunque in camera a cambiarsi, anche solo per sentirla di nuovo chiamarlo «mio caro».


~Salve a tutti! Non sono solita intromettermi nei capitoli, ma ci tenevo a scusarmi per il capitolo precedente (se capitolo lo si piò chiamare, ho scritto liste della spesa più lunghe). Questa storia in realtà è già scritta quasi per metà, ma avendola composta come una sorta di flusso di coscienza prodotto dalla caffeina i capitoli non sono ben definiti quindi dipende dall'ispirazione del momento quando li divido. Prometto che da ora in poi saranno di una lunghezza decente. 
Grazie mille. ~
  
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