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Autore: dracodraconis    15/05/2020    1 recensioni
mi sono decisa a scrivere qualcosa di breve e leggero, per riprendermi dalla stesura della mia opera prima (l'ottavo anno); siamo alla fine del sesto anno, ma questa fanfiction non tiene conto del sesto libro... harry ha appena scoperto che il biondo Serpeverde non gli è poi così antipatico... ma... dite che ce la faranno a capirsi, prima o poi? forse sì, se qualcuno decide di dargli una mano!
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Questo capitolo è sia una conclusione alla storia che uno spiraglio per un eventuale seguito: non credo che lo scriverò, perché non ho molta voglia di impelagarmi nella Seconda Guerra e sostanzialmente riscriverla. Però volevo dare un’apertura all’immaginazione e soprattutto sentivo il bisogno di un capitolo più maturo a conclusione di quella che ho sempre dichiarato essere una storia senza pretese.
Se volete adattarci un ulteriore finale, potete pensare alla one-shot “Il discorso… Quel discorso” (anche se forse qualche particolare non collimerà).
Vi ricordo che il sesto anno trascorso da Harry differisce del tutto da quello canonico (niente Horcrux, niente Silente morto, niente orribile anno di Draco), come pure il fatto che Lucius non sia stato incarcerato.
 
Musica di accompagnamento:
https://www.youtube.com/watch?v=FykoPDeZd4k
 
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
Harry si girò nel letto sfatto della sua stanza a Grimmauld Place, dove si era trasferito il giorno stesso del suo diciassettesimo compleanno, appena raggiunta la maggiore età secondo il Mondo Magico: già da prima della fine della scuola la famiglia Weasley gli aveva dato una mano a ripulirlo e renderlo più accogliente e meno tetro; rispetto all’atmosfera del quinto anno era stato molto più divertente, anche se altrettanto faticoso.
Dobby si era stabilito lì in pianta stabile: nonostante oramai fosse un elfo libero aveva insistito per stare accanto a Harry Potter e la cosa si era rivelata una benedizione, soprattutto perché teneva d’occhio Kreacher, il quale si era piegato veramente controvoglia a servire Harry Potter. Dopo i tragici fatti del quinto anno Harry tentava di interagirci il meno possibile, ma non poteva liberarsene o la cosa avrebbe avuto risvolti davvero drammatici.
Dobby era stato seguito a ruota da Winky, come se il ragazzo fosse una calamita per elfi domestici. A quel punto Harry, un ragazzo adolescente con ben tre elfi al suo servizio, di cui due liberi, aveva semplicemente deciso di ammassare molti dei cimeli della famiglia Black in una parte del sottotetto e aveva dato a Kreacher il permesso di vivere lì: lo aveva vincolato con ordini tali che la creatura a malapena poteva uscire dalla stanza; cosa che del resto non avrebbe neanche voluto fare, soprattutto da quando i tre elfi erano riusciti a staccare il ritratto di Walpurga Black e Kreacher se l’era portato nel suo covo: passava giornate a coltivare livore insieme al dipinto; anche se sembrava che l’arrivo di Winky lo avesse ammorbidito e spinto a una riottosa collaborazione: Harry si rifiutava di pensare alle ipotesi di intrallazzi romantici tra gli elfi domestici, che Merlino gli risparmiasse certe immagini mentali!
Silente aveva organizzato un modo per raggiungere l’abitazione abbastanza sicuro: dato che il Preside era ancora il Custode dell’Incanto Fidelius posto a protezione dell’avita dimora dei Black, solo in pochi potevano accedere e nello specifico aveva arrangiato un punto di Materializzazione sugli scalini esterni, al riparo da sguardi indiscreti di Babbani e altri maghi; da lì però nessuno poteva procedere oltre se non inviando un Patronus ad annunciare la propria presenza e dietro autorizzazione di Harry stesso: anche se Grimmauld Place era il quartier generale dell’Ordine della Fenice, Harry poteva dunque godere di una sicurezza e di una privacy e intimità che mai prima di quel momento aveva sperimentato. Inoltre nessun Mangiamorte poteva produrre un Patronus e questa era una discriminante basilare per la sicurezza del giovane. Aveva fornito a Dobby una lista di Patronus sicuri e conosciuti grazie ai quali anche l’elfo poteva aprire la porta di casa.
Era bello starsene da solo ed essere padrone di andare e venire a ogni orario dalla cucina per mangiare, girare in mutande per le stanze, indugiare a lungo nella vasca e utilizzare l’acqua calda a volontà senza le violente reprimende di zio Vernon e zia Petunia.
La sera, con fare casuale ma non troppo, almeno uno dei membri dell’Ordine della Fenice si faceva vivo per un controllo: a volte Remus e Tonks si fermavano a cena; Silente, Kingsley o Moody passavano per un po’ di allenamento (Harry aveva imparato di più con loro tre in poco tempo su Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure che in anni di scuola, anche se dalle sessioni con Moody usciva di solito piuttosto acciaccato); i signori Weasley portavano qualcosa da mangiare che a Harry bastava per quattro o cinque giorni.
Ci era voluto di più perché Piton si facesse vivo: Harry ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma Silente aveva praticamente obbligato sia lui che il Pozionista a riprendere le lezioni di Occlumanzia a cadenza quasi quotidiana, con sommo scontento di entrambi; il ragazzo pensava che semplicemente Piton non volesse avere niente a che fare con lui e con quel posto, ma l’imbarazzante e penosa verità era venuta a galla all’appuntamento per la seconda lezione. La prima volta Harry era stato avvisato dell’arrivo dei due dalla fenice di Silente, ma la successiva il Preside era arrivato da solo in anticipo e aveva dichiarato che avrebbero atteso insieme l’arrivo del Professor Piton: il luccichio degli intensi occhi azzurri dietro alle lenti degli occhiali avrebbe dovuto essere un indizio per Harry.
Qualcuno più tardi aveva bussato con forza: Harry e Silente, avvertiti da Dobby, si erano apprestati alla porta e avevano udito Piton chiedere che lo facessero entrare; il ragazzo era rimasto scosso dalla voce del Pozionista, che suonava esasperata e demoralizzata, per cui si era mosso per aprire la porta di ingresso. Ma Silente lo aveva bloccato: il suo viso era una maschera di determinazione, ma la frase che aveva pronunciato era dolce.
-Severus, il tuo Patronus: dobbiamo essere sicuri che sia davvero tu-.
Al di là del battente il silenzio si era protratto per un tempo tanto lungo da indurre Harry a pensare che l’uomo se ne fosse andato. Poi una cerva argentata di indicibile bellezza e grazia aveva trottato attraverso il corridoio di Grimmauld Place, voltandosi a guardarli: Harry aveva avvertito una stretta al cuore che lo aveva paralizzato in contemplazione, per cui era stato Silente stesso ad aprire la porta e i due uomini si erano guardati: infinitamente compassionevole il più anziano, furente il più giovane.
-Oh, Severus, dopo tutto questo…-
-Taci-, lo aveva interrotto sibilando Piton e passando risentito oltre lui e Harry.
-Vieni, Harry-, aveva sollecitato il Preside, con una voce che improvvisamente lasciava trasparire tutta la sua età, roca e smorzata. -Seguiamo il Professor Piton; immagino che per questa sera l’Occlumanzia possa aspettare: è tempo che voi due vi chiariate-.
Avevano ritrovato Piton nel salotto a versarsi, in totale autonomia e con metodica ostinazione, generose dosi di Whisky Incendiario; Harry era stravolto: aveva visto il suo professore così scosso e alterato solo quando aveva inappropriatamente spiato i suoi ricordi nel Pensatoio al quinto anno. 
-Severus…-, lo chiamò con dolcezza Silente. -Per favore… È davvero necessario che Harry capisca, non si può attendere oltre-. Fece una pausa, ma Piton continuò a tracannare il liquore senza dar segno di averlo udito. -Potrebbe succedere di tutto, nel prossimo futuro; e, qualora io dovessi morire, tu saresti la guida migliore per Harry, perché sei la persona meglio informata sulle mie strategie: quindi è di vitale importanza che lui si fidi di te come mi fido io e sappia perché sono sicuro che non ci tradirai mai e che sarai sempre dalla sua parte, nonostante tutto-.
Harry guardava stralunato i due, che adesso si fronteggiavano: il Preside impietosito e il Pozionista rabbioso e quasi allarmato, come una bestia messa all’angolo; tuttavia Silente doveva aver scorso qualcosa sul viso dell’altro durante quel confronto di sguardi, perché aveva addolcito la propria espressione e si era ritirato lasciandoli soli e chiudendosi la porta alle spalle.
Erano seguite due ore di penosa, stentata conversazione e di sconvolgenti riluttanti confessioni, al termine delle quali Harry era emerso dal salone con gli occhi gonfi di pianto, intontito dalla verità, le proprie certezze azzerate e la sensazione di essere davvero un piccolo pesce in un grande mare di eventi.
Il crudele professore di Pozioni innamorato per tutto quel tempo di sua madre aveva cambiato fazione per rimediare ai propri peccati accettando di fare la spia per i buoni e proteggendolo dal peggio?
Il cielo di sicuro sarebbe crollato.
Il giovane non aveva salutato nessuno dei due uomini e si era diretto incespicando verso il suo letto, sul quale si era lasciato cadere continuando a piangere fino ad addormentarsi.
Al suo risveglio, ore dopo, né silente né Piton erano presenti in casa.
Aveva rivisto il Pozionista il giorno seguente, con grande imbarazzo e tesa circospezione da entrambe le parti.
Non molto era cambiato nei loro rapporti: Harry era comunque insofferente e Piton comunque astioso.
Ma adesso Harry si fidava dell’insegnante e con il procedere degli incontri Piton appariva comunque lievemente più collaborativo e meno vendicativo nei confronti del ragazzo, il quale era fermamente intenzionato a dimostrare di non essere Sirius o il proprio padre: Silente gli aveva ricordato che Piton poteva essere un ottimo alleato e Harry era intenzionato a ricavarne il meglio possibile, a prescindere da quanto lo trovasse sgradevole e odioso, dal momento che aveva appreso la lezione “stare dalla parte dei buoni non vuol dire essere buono”.
Forse fu per questo spiraglio di apertura che Piton a un certo punto si offrì di aiutarlo anche con l’attività di duellante e Harry scoprì definizioni del tutto nuove di “impegno” e “assiduità”: le lezioni con Piton, quotidiane e a sera inoltrata, avevano sostituito gli incontri con Moody e Kingsley: lo lasciavano stremato e frustrato perché sembrava che non fosse mai abbastanza bravo per gli standard del Pozionista; tuttavia stava imparando ad applicare l’Occlumanzia anche mentre duellava e il vantaggio della cosa era di non poco conto. Non sarebbe mai stato un buon Occlumante, ma aumentava la sua concentrazione e di conseguenza i suoi riflessi.
Era reduce da una lezione di tale tipo proprio quella sera del trentuno di agosto: Piton aveva voluto un ultimo allenamento prima che si tornasse a Hogwarts, perché negli ultimi giorni gli aveva insegnato alcuni incantesimi che forse Silente non avrebbe del tutto approvato, per cui era stato meglio apprenderli al di fuori del suolo scolastico.
Il giorno dopo Harry sarebbe montato sul treno diretto a Hogwarts con la sua indipendenza economica e giuridica, con una nuova sicurezza nelle sue capacità magiche, con nuovi alleati e nuovi amici, con vecchi alleati e vecchi amici ancora più fidati; protetto dagli adulti ma anche parte del mondo degli adulti.
Insomma, considerando che ci si avviava verso una guerra che sarebbe potuta scoppiare in qualsiasi momento e che lo avrebbe visto in prima linea a rischiare la pelle, stava andando tutto bene: se lo ripeté con convinzione continuando a girarsi nel letto.
Cioè, stava andando quasi tutto bene.
Non sentiva Draco da un mese; il biondo gli aveva scritto per il compleanno di Harry, inviandogli addirittura un regalo: un globo di vetro in cui volavano due figurine sulle scope. A ben guardare, le figurine erano loro due e il paesaggio circostante era quello in cui avevano volato nella tenuta di Blaise. Il biglietto di accompagnamento era scherzosamente formale, ma erano state le ultime parole a far trattenere il respiro di Harry: “a presto”. Il pacchetto era arrivato a Privet Drive appena scattata la mezzanotte, prima che lui si trasferisse: il Grifondoro si era commosso in maniera quasi ridicola che i primi auguri ricevuti fossero quelli di Draco.
Nonostante quella rassicurazione, dalla fine di luglio Harry non aveva avuto più notizie di Draco: le lettere che si era arrischiato a inviargli tramite Edvige erano tornate indietro con Edvige stessa; cosa molto strana, visto che la sua civetta riusciva sempre a trovare il destinatario. L’unica notizia che aveva ricavato dall’ultima missiva era che Draco avrebbe raggiunto i suoi genitori per una breve vacanza: non sapeva dove né quando e lo ignoravano pure Blaise e Pansy; nessuno di loro aveva più ricevuto niente e le ipotesi si erano sprecate senza alcuna conferma di alcun tipo.
Voldemort, insieme al suo corteo di fedelissimi, era ancora il grande assente dalla scena e non si poteva sapere se la famiglia Malfoy fosse con lui, di propria volontà o meno.
Piton, dietro un’accorata supplica di Harry, si era recato al Malfoy Manor e aveva dichiarato che risultava impenetrabile e apparentemente disabitato.
Inizialmente Harry era stato triste, perché pensava di essere stato scaricato prima ancora che tra loro due potesse esserci qualcosa di concreto; poi si era arrabbiato e adesso era semplicemente preoccupato da morire. E insieme alla preoccupazione si era reso conto che voleva Draco accanto a sé in maniera stabile e duratura: forse non sarebbe stato un per sempre, ma voleva provarci. Sentiva di meritarselo, percepiva che in una qualche oscura maniera avrebbe fatto la differenza. Avrebbero litigato e si sarebbero scontrati su un sacco di cose… Ma per Merlino, lo voleva con sé, se ne era conto quando si era sorpreso a sentire la mancanza dei lati più terribili del carattere di quell’aristocratico principino.
Ricordava ancora come si erano salutati al rientro di quel fine settimana a casa di Blaise, dopo una notte di tenerezze e passione in cui aveva scorto uno scampolo di quel che sarebbe potuto essere: Draco lo aveva trascinato in un angolo buio del Paiolo Magico, dove tutti si erano fermati per un ultimo pranzo insieme, e lo aveva baciato a lungo con una foga quasi disperata, graffiandolo con i denti nel tentativo di avere più accesso possibile alla bocca di Harry; quando si erano separati, con il fiato corto e le labbra tumefatte, Draco aveva appoggiato la propria fronte contro quella di Harry e aveva chiuso gli occhi, come sopraffatto da qualcosa.
-Promettimi di darmi…-, aveva cominciato a dire, ma poi era corso senza aggiungere niente fuori dal locale.
Harry aveva ondeggiato, destabilizzato dall’improvvisa mancanza del ragazzo tra le sue braccia e lo aveva inseguito sulla strada di Diagon Alley, ma il biondo era sparito dalla vista.
Ricordava anche di aver mormorato la risposta.
-Quello che vuoi, Draco, ti darei tutto quello che vuoi, lo prometto-.
Si era rifiutato di pensare che fosse finita lì.
Ma adesso, dopo un mese, cominciava a credere di essersi sbagliato.
Si svegliò di soprassalto, il che voleva dire che alla fine era riuscito a prender sonno, mentre qualcuno bussava alla porta della camera. Non appena disse “avanti”, Dobby si precipitò in stanza trafelato.
-Harry Potter, signore, c’è di sotto un Patronus che Dobby non ha mai visto, signore!-, esclamo vivace l’elfo domestico. -No, no, Dobby è sicuro di non aver mai visto questo Patronus, così non ha aperto e non ha fatto entrare nessuno!-
Dobby prendeva davvero molto sul serio il suo ruolo di guardiano di Grimmauld Place e Harry confidava che la magia della creatura potesse tenerlo al sicuro tanto quanto quella di un Auror.
Harry fu incuriosito e anche un pochino allarmato: conosceva le forme di tutti i Patronus dell’Ordine e di alcuni Auror che sapevano come raggiungere Grimmauld Place 12, per cui si trattava di un estraneo. Come aveva fatto a scoprire l’ubicazione della casa? Non ne erano al corrente neanche Blaise e Pansy, di cui oramai si fidava… Certo, non si poteva trattare di un Mangiamorte, ma non voleva dire che non potesse essere qualcuno con cattive intenzioni.
Quindi Harry scese rapidamente le scale e si diresse verso la porta di ingresso, la bacchetta pronta in mano e tutti i sensi all’erta; Dobby lo guidò in cucina, dove il ragazzo poté vedere con i propri occhi un grande e maestoso airone argentato che volava pigramente in cerchio, sbattendo le ali con grazia.
No, era certo di non aver mai visto in vita sua quel Patronus: stava per dire a Dobby di ignorare la chiamata, quando…
-Potter, sbrigati ad aprirmi, piove e mi si stanno infradiciando le palle qui fuori!-, sbottò una voce perentoria e strascicata fuori dal bel Patronus elegante.
Harry avrebbe riconosciuto quella voce tra miliardi e si precipitò a spalancare la porta di entrata, dimentico di ogni sorta di prudenza.
Per fortuna non era una trappola e sugli scalini c’era solo Draco: bagnato come un pulcino, con i capelli lievemente scuriti dalla pioggia appiccicati ai lati del viso e un’espressione scontenta sul viso che gli imbronciava deliziosamente le labbra.
Harry non riuscì a spiccicare parola e non aspettò che l’altro profferisse verbo: lo trascinò dentro casa e se lo tirò addosso, troppo felice e rincuorato di vederlo sano e salvo, anche se inzuppato e infreddolito. Lo abbracciò stretto perché la presenza di Draco diventasse reale contro la sua pelle e nella sua testa e si decise a lasciarlo andare solo quando Draco parlò, lievemente imbarazzato e irrigidito nella stretta.
-Ti stai bagnando tutto anche tu…-, mormorò timidamente.
Non era esattamente la frase che Harry si era aspettato, ma non importava.
Harry lo scostò, per guardarlo negli occhi, facendogli un sorriso che lasciava trapelare tutto il suo sollievo e il suo affetto. Avrebbe voluto gridare ai quattro venti quanto fosse felice di averlo lì, quanto gli era mancato e quanto lo aveva pensato, quanto era stato in pensiero e come tutto si fosse ridicolmente ridimensionato di fronte ai suoi occhi grigi che lo guardavano incerti. Avrebbe voluto chiedergli dove era stato e cosa aveva fatto e come mai era tornato e come aveva trovato quel posto. Avrebbe anche voluto chiedergli come mai era proprio lì da Harry.
Ma nessuna di queste frasi uscì fuori, bloccate nella gola di Harry dall’atteggiamento distante dell’altro.
Era passato poco più di un mese da quando si erano salutati con un vaghissimo e indefinito proponimento di portare avanti il loro rapporto in una qualche forma non meglio specificata, eppure all’improvviso appariva difficile riallacciare i fili, riprendere la trama da dove si era interrotta.
Proprio quando Harry desiderava stringere quei fili e quella trama come mai prima d’ora.
Draco era davanti a lui, incerto e remoto.
-Vieni-, fu l’unico commento ad alta voce, pieno di premura e tenerezza. -Facciamo qualcosa per i tuoi capelli e per il tuo vestito-.
Lo scortò personalmente fino al bagno degli ospiti, lo fece sedere su una piccola panca e cominciò a far scorrere l’acqua calda per riempire la vasca; arrivò Dobby portando alcuni asciugamani, alzando in sfida il mento fiero di fronte al rampollo Malfoy, ma Draco si limitò a fargli un cenno di ringraziamento senza ulteriori commenti; dopodiché il Serpeverde se ne stette appollaiato sulla panca in silenzio e lievemente a disagio, guardandosi intorno: sembrava spaesato e incerto sul restare lì o meno.
Quando tutto fu pronto Harry accennò a ritirarsi per una sorta di strano pudore indotto dal comportamento dell’altro, ma Draco gli chiese di rimanere lì: prese a spogliarsi senza malizia e con un po’ di impaccio, mentre Harry divorava avidamente con gli occhi ogni nuova porzione di pelle lasciata allo scoperto senza però muovere un muscolo, inchiodato dalla palese reticenza di Draco, il quale si immerse nell’acqua calda, appoggiò la nuca contro la ceramica della vasca e chiuse gli occhi.
-Cielo, dopo tutto il giorno che cammino per le strade di Londra starsene qui a mollo equivale alla beatitudine. Potter, non hai niente da dirmi?-, domandò il biondo aprendo un occhio per guardare l’altro in tralice.
Harry avrebbe voluto dirgli molto, e ancora di più avrebbe voluto fargli: ma avvertiva una sorta di distanza fra loro due, un qualcosa che poteva essere risolto o saltando nella vasca e baciandolo di forza o recuperando il tempo perduto in un’altra maniera.
Durante la lunga assenza di Draco si era ripromesso che avrebbe fatto le cose in modo diverso se lo avesse riavuto accanto: che avrebbe fatto sul serio, che avrebbe dimostrato all’altro che ne valeva la pena e che non era solo una cotta o un mero impeto ormonale: perché ci aveva riflettuto su a lungo e si era assolutamente convinto di voler accanto Draco per qualcosa di più di una storiella. Era così tanto tipico di lui, gettarsi nelle situazioni a capofitto credendoci fino in fondo. Ma non sapeva ancora come la pensasse Draco a riguardo e preferiva evitare la domanda diretta fino a che l’altro appariva così teso e guardingo.
Quindi si avvicinò alla vasca e, presa una bottiglia di shampoo, ne versò una buona dose sui capelli bagnati di Draco, iniziando a massaggiare in silenzio: aveva agito senza pensare ma fu ripagato da un sospiro di approvazione e dalla tensione che si allentava un minimo nella postura del biondo. Era comunque un piccolo passo per diminuire la distanza, andava bene. Continuò per un considerevole lasso di tempo, fino a che le mani furono piene di schiuma soffice e vaporosa e Draco apparve più rilassato.
-Come mai hai girovagato per Londra sotto la pioggia?-, chiese in maniera casuale.
Entrambi sapevano che l’uso della magia evitata certi inconvenienti come bagnarsi per via del maltempo o muoversi a piedi: Draco Malfoy che non ricorreva alla magia era quanto meno inusuale.
-Non sapevo se ero seguito e non volevo rischiare che l’uso di incantesimi mi facesse identificare e li portasse fino a te-, spiegò senza la necessità di chiarire quel “li”.
Harry ne fu oltremodo incuriosito, ma aspettò pazientemente che l’altro continuasse di propria volontà.
Draco, dopo un paio di profondi sospiri riprese a parlare e decise finalmente di partire da capo con la storia.
-La lettera che mi ho ricevuto mentre ci trovavamo da Blaise era da parte di mia madre: ha reputato saggio che lei e mio padre rivedessero le loro posizioni riguardo ai rischi di seguire l’Oscuro Signore. Non conosco i dettagli di come lo abbia convinto che non sarebbe stato giudizioso rispondere alla chiamata per prendere parte al prossimo conflitto; del resto, non sarebbe neanche stato possibile porre un rifiuto senza patirne le… Ehm… Conseguenze-.
Harry reputò che “conseguenze” fosse un termine alquanto edulcorato e pure che il padre di Draco si fosse già abbastanza lasciato coinvolgere in atti turpi, ma non commentò ad alta voce e lo lasciò proseguire nel racconto: non sapeva di cosa Draco fosse a conoscenza su Lucius Malfoy.
-Di sicuro mia madre ha pianificato da lungo tempo la nostra fuga, perché nella lettera erano contenute istruzioni precise. Loro erano partiti giorni prima con la scusa di una sorta di nuovo viaggio di nozze: la cosa non era insolita e non avrebbe destato nessun tipo di sospetto nella comunità magica. Mi ha comunicato che la mattina del trentuno di luglio li avrei raggiunti. Non me lo stava né chiedendo né domandando: semplicemente me ne metteva al corrente come un dato di fatto. Quell’ultimo pomeriggio che abbiamo trascorso da Blaise, ho riflettuto su molte cose, compreso il fatto che se i miei genitori avevano abbandonato la loro posizione, forse non era una posizione che meritava di essere mantenuta. Prima di allora avevo avuto fiducia nel fatto che loro credessero fermamente nella loro ideologia, ma… Cioè, li capisco: rischiare la vita per consegnare il potere a Tu-Sai-Chi non è la loro priorità; allora mi è capitato di dubitare che dovesse essere la mia. Forse ti piace immaginare che fossi pronto a dirle che in quanto maggiorenne potevo decidere della mia vita come meglio ritenessi, ma avevo comunque paura di farlo: ci sono abitudini dure a cambiare e essere il figlio di Lucius e Narcissa Malfoy è una di quelle. Così ho seguito le istruzioni di mia madre e sono partito con il pretesto di raggiungerli. Abbiamo iniziato a girovagare per far perdere le nostre tracce, tagliando i ponti con tutti e smettendo di avere contatti i conoscenti: non stavamo mai molto in un luogo, con la copertura ancora del viaggio di piacere a tappe. A parte una vita sociale formale non abbiamo parenti che si preoccupino per la nostra assenza immotivata. Mi sarebbe piaciuto avvertire Blaise e Pansy, ma non mi è stato permesso-.
Harry notò che lui non era stato nominato, ma si sforzò di non farci caso.
-Fino a che dopo pochi giorni siamo arrivati molto lontano, dove mia madre conosceva una comunità di maghi che ci ha definitivamente nascosto, addirittura cambiando le nostre identità. Ho vissuto lì con loro solo qualche giorno prima di rendermi conto che non ero soddisfatto di quella situazione. Inizialmente mi era sembrata un’ottima soluzione, ma vivendola ho capito che non poteva durare, almeno non per me. Così per la prima volta sono uscito dal sentiero che i miei genitori avevano tracciato per me; mia madre non è stata molto contenta e si è preoccupata tantissimo, ma mio padre mi ha inaspettatamente incoraggiato: suppongo lo abbia fatto perché pensa che in questa maniera potrà tornare sui propri passi cambiando le carte in tavola a giochi conclusi, usandomi come appiglio. Ma per la prima volta, ho agito senza pensare al bene della famiglia, sono tornato indietro, perché voglio essere Draco Malfoy e nessun altro: Purosangue residente in Inghilterra, con tutto quel che ne consegue. E posso esserlo solo in un modo: stando dalla parte del vincitore di questa guerra. E-, a quel punto Draco strinse per un breve momento le labbra, prima di buttare fuori di colpo la frase successiva, -sono convinto che questa guerra la vincerai tu. Non è una questione di sentimentalismo e fiducia nel trionfo del bene: ne sono convinto a livello strategico-.
Draco a quel punto aprì le palpebre guardando in su, verso Harry: nei suoi occhi grigi aleggiava una domanda: “vincerai tu, vero?”
Si poteva rispondere una sola cosa.
-Certo che vincerò io-, confermò con tutta la forza della sua testardaggine e della sua nuova sicurezza: si rese conto, mentre lo diceva, che ne era certo sul serio e fino in fondo. Avrebbe vinto e sarebbe tornato da vincitore tra le braccia di Draco e lì, finalmente, avrebbe piegato il capo sulla sua spalla e si sarebbe concesso la normalità.
Draco annuì di rimando.
-Così sono ho fatto ritorno. Ho contattato una persona che ha abilitato una Passaporta che mi ha trasportato alle Isole Ebridi, tutto imbacuccato per essere il meno riconoscibile possibile; da lì ho volato con una scopa presa a noleggio e il noleggiatore ha lanciato su di me un Incantesimo di Disillusione, compreso nel prezzo. Sono atterrato fuori Londra. Le mie intenzioni erano di muovermi con i mezzi babbani, per quanto la cosa mi disturbasse: nessuno avrebbe mai sospettato che Draco Malfoy utilizzasse metodi di spostamento non magici. Ma non sono riuscito a capire come funzionano; allora ho chiamato il Nottetempo, perché per quello basta estrarre la bacchetta senza lanciare incantesimi: ho dato un nome falso e mi sono fatto portare in zone diverse di Londra babbana a più riprese e quando oggi sono stato sicuro che nessuno mi seguisse ho camminato fino a qui. Soltanto quando sono arrivato sugli scalini di casa tua mi sono arrischiato a lanciare l’Incanto Patronus. Non usare la magia è tremendo, ma non potevo rischiare che qualcuno mi scoprisse: per quanto ne so, potrebbero avermi messo addosso una sorta di Traccia Magica: non voglio lanciare incantesimi fino a che qualcuno di competente non mi avrà controllato. Suppongo che non stiano cercando proprio me per farmi del male, ma forse vogliono trovarmi per sapere che fine hanno fatto i miei genitori, quindi avrei potuto condurli a te indirettamente-, congetturò il ragazzo. Poi abbandonò quel tono pratico e narrativo per assumere una sfumatura di voce molto più lamentosa. -Potter, fare il Babbano è la cosa peggiore che io abbia fatto fino a ora. E per di più un Babbano povero. Non avevo neanche i soldi per comprarmi un ombrello. Non essere me fa schifo-.
Harry era del parere che quello che Draco aveva fatto in quegli ultimi giorni fosse la cosa più coraggiosa della sua intera vita, considerato quanto poco incline fosse a non essere un capriccioso ragazzino, uscendo dai propri schemi come mai prima, tuttavia un altro pensiero lo distrasse.
-Ma come facevi a sapere l’indirizzo? Come hai fatto a trovare la porta e come sapevi che dovevi evocare il tuo Patronus? Quando hai imparato a evocare un Patronus? E come facevi a sapere che la magia gettata sulla casa ti avrebbe coperto? E come hai fatto ad architettare tutto questo?-
Draco si accigliò un momento, poi si sporse per aprire l’acqua e iniziò a sciacquarsi la testa, piegandola all’indietro. In un altro momento Harry avrebbe dedicato tutta la propria attenzione alla gola tesa, luccicante di goccioline di acqua e sapone, ma non era francamente il frangente adatto.
-La sera prima del tuo compleanno ho ricevuto a palazzo una visita da parte di una persona che mai mi sarei aspettata di vedere nella mia stanza: sapevi che le fenici possono Materializzarsi anche dove la Materializzazione è proibita?-
Harry ricordò la fuga di Silente dal suo ufficio durante il quinto anno: ma certo, Silente.
-Il Preside è venuto da te?-
Draco annuì.
-Proprio lui: abbiamo preso un tè insieme in camera mia, fatto abbastanza insolito e inquietante, dato che non pensavo di essere nei suoi pensieri e nei suoi piani. Si è scusato per essersi presentato senza aver avvertito, ma supponeva di aver dovuto accelerare un po’ i suoi programmi. Pareva sapere che stessi partendo per non tornare. Mi ha fatto un lungo discorso su cose… Be’, non è importante adesso. Mi ha posto alcune domande che per me non avevano molto senso. Solo alla fine mi ha chiesto se ero disposto a sottopormi al Veritaserum per rispondere all’ultima questione, dopo di che mi avrebbe fornito una scappatoia se fossi voluto tornare indietro. Ha spiegato che gli dispiaceva usare mezzi tanto rudi, ma purtroppo scarseggiava il tempo per cui doveva accelerare il legame di fiducia nei miei confronti. Che avevo da perdere? Era chiaro che non voleva nuocermi in nessun modo, anzi, cercava di aiutarmi. In quel momento non immaginavo che avrei avuto dei ripensamenti, ma meglio lasciarsi una porta aperta. Ho bevuto il Veritaserum, ho risposto alla domanda. A quel punto mi ha fornito le istruzioni per prendere contatto con chi mi avrebbe fornito la Passaporta e la scopa, mi ha fornito l’indirizzo a cui ti avrei trovato e come fare per essere ricevuto, mi ha suggerito di esercitarmi con l’Incanto Patronus. Mi ha raccomandato di tornare solo se fossi stato veramente convinto e mentre mi salutava mi ha dato una piuma di Fanny spiegandomi come utilizzarla per prendere accordi con il contatto per la Passaporta. Peccato che non mi abbia spiegato anche che senza l’uso della magia sarebbe stato tutto complicato e disgustoso e scomodo-.
-E quale era la domanda?-, chiese Harry, in un’eco del dialogo che avevano avuto a casa di Blaise in Galles.
Draco abbassò lo sguardo e si tese: pareva non voler rispondere.
-Andiamo-, insistette il Grifondoro, -non può essere più imbarazzante di quella che ti ho fatto io poco tempo fa-.
-Invece lo è-, ribatté Draco asciutto, strappando un sospiro esasperato a Harry.
Draco era lì dopo aver passato delle peripezie assolutamente fuori dai suoi standard di mago cresciuto nella bambagia, Silente si era fidato abbastanza  di lui da rivelargli l’ubicazione del luogo dove Harry abitava… Cosa poteva contare se non gli confessava una semplice domanda?
-Non importa-, ammise il moro. -L’importante è che stai bene-. “E che sei qui, anche se non sembra che tu mi abbia pensato un gran che in questo periodo”, aggiunse tra sé. Avrebbe desiderato abbracciarlo e baciarlo, ma Draco sembrava voler mantenere le distanze e Harry non sapeva come comportarsi con quel nuovo e insolito Draco serio e per niente sprezzante, educato e sottotono… Come aveva fatto a cambiare così tanto in così poco tempo? E cos’era quell’ombra che gli aleggiava sul viso?
-Draco… Per caso hai paura?-
Draco sbuffò tirandosi a sedere nella vasca e occhieggiandolo con risentimento.
-Potter, mi sembra ovvio che io me la stia facendo sotto: sono lontano dalla mia famiglia, non ho dove andare, al momento non ho uno status sociale, ho con me solo quei pochi soldi e vestiti che sono riuscito a infilare in valigia prima di ridurla, non ho certezze per il futuro, mi aspetta la partecipazione in una guerra in cui rischierò il culo e dipendo da te per la mia protezione e per un tetto sopra la testa! Inoltre domani dobbiamo andare a Hogwarts e io non ho libri e uniforme e attrezzature, perché non ho neanche ricevuto la fottutissima lettera! Anzi, in fin dei conti non so neanche se potrò tornare a scuola!-, buttò fuori tutto d’un fiato, la voce che diventava sempre più stizzosa e altera, ma anche tesa. -Non ho neanche pensato a cosa dire alla comunità magica per giustificare che non sono con i miei genitori e trovare un pretesto plausibile per sostenere che non so dove siano! Inoltre non è che io sia tornato proprio per spirito altruistico, per rettitudine o per il Bene Superiore! Potrò anche aver deciso di non stare dalla parte di V… Di Vol… Di lui, ma non è che io sia improvvisamente diventato amico dei Babbani! Non so come mi comporterò in questa nuova situazione e ho il sospetto che fallirò alla grande! Merlino, odio fallire! Pensavo di averci riflettuto sopra abbastanza, ma forse non ho davvero considerato tutto! Certo che ho paura! E non voglio essere considerato un vigliacco! Sei stupido o cosa, a farmi certe domande?-
-Questo è il Draco che conosco!-, sorrise di rimando Harry, stranamente confortato dalla vulnerabilità che strisciava sotto la pelle di Draco e dalla sua reazione spontanea: ricordò a sé stesso che stare dalla parte dei buoni non significava essere buono: ma era già qualcosa. -Avere paura è normale, non vuol dire essere un vigliacco: una volta Silente mi disse che il coraggio è una dote che si esercita (*). Dai, finisci di lavarti e poi ti porto in cucina a mangiare qualcosa, al resto penseremo dopo-, aggiunse con leggerezza, tentando di nascondere la felicità che si faceva strada nel suo cuore, nell’aver intravisto quel barlume del Draco a cui era abituato e forse anche un barlume di un altro Draco che sarebbe potuto essere.
Così Draco si lavò e si asciugò e dai suoi abiti fradici tirò fuori una valigia che Harry riportò alle dimensioni normali: il biondo tirò fuori un morbido completo da camera con tanto di vestaglia.
Per tutto il tempo Harry rimase in bilico tra il desiderio per l’altro e il riserbo: Draco non si vergognava a farsi vedere nudo, non era cosa a cui si faceva troppo caso se si era abituati ai dormitori di Hogwarts e agli spogliatoi del Quidditch; ma dal suo atteggiamento emanava una sorta di messaggio che dichiarava quanto il pensiero del sesso fosse lontano dalla sua mente.
Non c’era imbarazzo tra di loro, ma neanche vera e propria confidenza. Era un frangente strano, per cui Harry non era preparato: si era augurato che il corpo di Draco avrebbe reagito alla sua presenza, lo aveva quasi dato per scontato; però evidentemente non era così.
Scesero in silenzio le scale e stavano entrando in cucina quando il Patronus di Silente si fece vivo, con la voce dinamica e brillante che tanto bene rispondeva al carattere vivace del mago.
-Ah, Draco mi fa piacere che tu sia qui! Mi sono permesso di procurarti il necessario per il tuo ultimo anno scolastico, lo troverai al tuo arrivo a Hogwarts: purtroppo non potevamo rischiare che la tua lettera venisse recapitata svelando la posizione attuale o quella in cui ti trovavi con i tuoi genitori, così ho provveduto personalmente alla lista di attrezzature, libri e uniformi. Domani mattina alle undici gli Auror Kingsley e Tonks, con l’aggiunta di Remus Lupin, verranno a prendervi per scortarvi direttamente al castello: abbiamo giudicato che sia meglio che non viaggiate con il treno. Vi Materializzerete congiuntamente con loro direttamente entro i confini del castello in un luogo in cui avrò sospeso il divieto di Materializzazione. Harry, mio caro, Arthur avvertirà i tuoi amici. Arriverete prima degli altri studenti, così avremo tempo e modo di discutere di come annunciare la presenza di Draco a scuola senza mettere in pericolo i suoi genitori e di come permettergli di non essere malvisto all’interno della scuola, conservando la sua autonomia economica e decisionale. Ho già qualcosa in mente a riguardo. Vi auguro una serena notte, ragazzi-, concluse soavemente il Patronus prima di scomparire.
-Ma come diamine fa a sapere…-, cominciò Draco perplesso.
-Lascia perdere, fidati-, replicò Harry che aveva rinunciato a scoprire il limite dei poteri del Preside.
 
Draco mangiò in silenzio e, nonostante i suoi modi educati, si notava da lontano quanta fame avesse. Quando alla fine fu sazio, la stanchezza piombò su di lui come una tonnellata di mattoni: già dagli ultimi bocconi di dolce le palpebre presero ad abbassarsi pesantemente.
Harry avrebbe voluto godere ancora della sua compagnia sperando di poter ridurre le distanze tra loro due, ma non ebbe cuore di insistere e pregò Winky di scortarlo in una delle camere per gli ospiti: oramai era notte fonda e avevano davanti solo qualche ora di sonno ristoratore prima che la mattina giungesse. Il biondo seguì l’elfa quasi catatonico senza neanche augurare la buona notte e Harry solo allora si rese conto che avrebbe passato le prossime ore in solitudine quando a pochi metri da lui c’era la persona che bramava anima e corpo sopra ogni altra. Intuiva di dover dare a Draco il tempo di adattarsi a quella nuova situazione, ma gli sembrava lo stesso di sprecare ogni momento che non gli stava accanto, adesso che lo aveva sotto il suo stesso tetto.
“Essere un fottuto eroe che fa la cosa giusta non è per niente divertente”, si disse sdraiandosi sul letto.
Era passata sì e no un’ora quando Harry, ancora sveglio al buio, percepì un fruscio sulla soglia e accese la lampada sul comodino.
-Certo che per essere un Grifondoro manchi in maniera spettacolare di intraprendenza-, interloquì una voce, delusa. -Mi aspettavo da te la famosa passione focosa della Casa di Godric, sono rimasto ad attenderti in camera per tutto questo tempo e tu…-, Draco gesticolò nella sua direzione, indicandolo come se lo avesse sorpreso a compiere qualche atto deprecabile.
Harry chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci per essere sicuro di non urlare contro a quel ragazzo incomprensibile. Riaprì le palpebre.
-Draco-, cominciò e si rese subito conto che quasi gli veniva da ridere nello scorgere il broncio dell’altro, -Vuoi per favore spiegarmi cosa mi avrebbe potuto far supporre che tu aspettassi una mia visita nel tuo letto dopo che da quando hai varcato la soglia di casa il tuo atteggiamento ha praticamente gridato “stammi lontano”?-
Draco attraversò la stanza, si sedette sul bordo del letto e lo guardò con sdegno e sufficienza.
-Mi pare chiaro, Potter-.
-Oh, Dio, no, davvero, non è proprio per niente chiaro, razza di folle lunatico!-
-Non volevo che tu pensassi che stessi tentando di comprarmi la tua protezione e le tue risorse economiche con il sesso. Per Merlino, chiunque lo avrebbe capito!-
Oh.
-Posso assicurarti di no-, ribatté incredulo il moro, scuotendo il capo allibito.
Draco si rassettò il bordo della casacca del pigiama e assunse un tono leggero e discorsivo.
-Comunque, adesso le parole di Silente hanno risolto tutto. Mio padre si è sempre sbagliato su quel vecchietto allampanato: la sa davvero lunga. Silente mi ha garantito il ritorno a scuola, il mio benessere economico e protezione. Non ti devo più niente, quindi ora non ho nessun motivo di rifiutare le tue avances sessuali-.
Harry perse il filo dei propri pensieri ed evidentemente ci mise troppo a rispondere, perché il viso del Serpeverde si offuscò.
-Avevi promesso-, recriminò flebilmente. -Avevi promesso di darmi un’opportunità, se fossi tornato indietro-.
Oh, di nuovo.
-Draco… Ma tu… Tu… Ti rendi conto di essere scappato via dal Paiolo Magico prima di completare la frase?-
-Certo. Sarebbe stato troppo umiliante da dire ad alta voce: mi pareva implicito nell’aver bussato alla tua porta. Ma devo essermi sbagliato-, terminò secco alzandosi dal letto e incamminandosi verso l’uscita della stanza.
Harry scattò fuori dal letto e lo bloccò parandoglisi di fronte, esasperato ma speranzoso.
-E come avrei mai dovuto fare a capire tutto questo? Sei contorto, lo sai?-
Draco si strinse nelle spalle.
-Quello che ti pare, Harry, basta che adesso mi baci: penso alla tua bocca da più di un mese-, concluse con una nonchalance che cancellò ogni riluttanza dal cervello di Harry: lo afferrò per un polso e se lo tirò addosso, possessivo e del tutto intenzionato a fare in modo che continuasse a pensare alla sua bocca ancora per molto, moltissimo tempo ancora.
Hermione gli aveva sempre detto che lui agiva prima di riflettere e che nei rapporti di coppia bisognava lasciar spazio alle parole: giusto, corretto, cristallino.
Ma, per la miseria, aveva diciassette anni e Draco gli aveva appena leccato il collo.
Avrebbero parlato.
Dopo.
 
Draco cacciò un risolino estasiato quando Harry gli percorse con i polpastrelli l’interno di una coscia: il Grifondoro trovava eccezionale come l’altro riuscisse a dismettere ogni alterigia e ad abbandonarsi al piacere; nessuno dei due era un consumato amante, ma Draco sembrava nato senza reticenza, senza capacità di scandalizzarsi e in compenso con una naturale inclinazione per la sensualità e, di quando in quando, quel pizzico di riserbo che rendeva il tutto solo più piccante.
Harry si conosceva abbastanza per sapere di essere irruento e passionale, ma Draco era per lui ogni declinazione di come il sesso avrebbe dovuto essere.
Era risultato difficile spogliarlo, perché le mani di Harry continuavano a tremare di aspettativa: non aveva poi tutta questa esperienza e il pensiero di trovarsi lì, con lui, che lui era tornato indietro… Draco era solido tra le sue braccia, una presenza concreta dopo tutte le fantasticherie del mese passato: fantasticherie che non reggevano per niente il passo con le sensazioni reali; in quel preciso istante il biondo stava spingendo in avanti la bocca nel bacio, con l’evidente tentativo di cancellargli la razionalità e l’autocontrollo a colpi di lingua.
Erano in piedi uno davanti all’altro, il pigiama di Draco un mucchio sul pavimento: l’unico tentativo di Harry di andarci piano era stato mantenere i boxer di entrambi al loro posto, il che rendeva le cose sia più frustranti che più elettrizzanti, come se l’attesa amplificasse le sensazioni. Girò intorno al corpo di Draco, circondandogli lo sterno con le braccia e trovandosi la nuca platinata a portata di bocca: azzardò un morso, leggero, e fu ripagato da un lungo brivido di Draco, che gli si schiacciò contro.
Harry avvertì una scossa che gli partiva dall’inguine e sembrava irradiarsi in tutto il ventre.
-Più forte-, ordinò il ragazzo, e quello sembrò essere il segnale che il Grifondoro attendeva. Morse un po’ più a fondo, mantenendo una mano sullo sterno di Draco per stringerselo contro e abbassando l’altra fino ad accarezzarlo da sopra la stoffa dei boxer: voleva che Draco implorasse per avere di più, che chiamasse il suo nome con quei toni sommessi che lo avevano eccitato da morire la volta passata; voleva che lo desiderasse abbastanza da non allontanarsi di nuovo, voleva…
“Mio”, pensò truce e primitivo, graffiando il collo di Draco con i denti, artigliandogli il petto e appesantendo la frizione con l’altra mano.
Quando prima Draco si era concesso perché aveva dichiarato di non dover più dipendere da Harry, lui si era sentito… Deluso. Se Draco fosse dipeso da lui per protezione e sostentamento, Harry avrebbe provato maggior sicurezza sul fatto che non sarebbe andato via in futuro. Non si sentiva per niente una bella persona a pensare di intrappolare Draco, e la parte migliore di lui era stata sollevata di aver perso quell’arma. Ma… Harry si strusciò contro quel corpo candido: la parte peggiore di lui gli stava suggerendo di legarlo a sé in tutti i modi possibili; lo girò improvvisamente e lo spinse sul letto, confuso da quei pensieri animaleschi e gretti: lo avrebbe irretito, conquistato, lo avrebbe indotto a restare con lui, questo pensò agganciando i pollici all’elastico dei boxer di Draco e iniziando a sfilarglieli.
Non aveva molta esperienza, Harry, e se si fosse fermato anche un solo secondo sarebbe forse caduto nell’incertezza: ma Draco sollevò il bacino per essere spogliato meglio e venne naturale posargli un bacio dove la luce della lampada gettava ombre, lì dove la pelle si incavava lievemente appena accanto alla sporgenza del bacino. Draco espirò in un soffio secco e tronco, che rastrellò fuori dalla sua gola un mugolio basso.
Harry decise di voler ascoltare ancora e ancora quel suono e continuò la sua esplorazione con le labbra e la lingua, l’orecchio teso a cogliere ogni variazione del respiro di Draco. Seppe di essere sulla strada giusta quando Draco, con il fiato mozzo e spezzato, gemette balbettando il suo nome: continuò a muoversi, continuò a incatenare Draco con la propria bocca fino che lui si tese e vibrò per un lungo istante, prima di rilassarsi, appagato e ansante. Harry aveva la vista resa lucida da qualche lacrima e un gusto amaro in bocca, ma era esaltato come non mai e avvertiva una sorta di trionfo dentro al petto, una sensazione per lui difficilissima da spiegare e tuttavia non meno euforizzante. Si lasciò cadere accanto al corpo di Draco che recuperava l’aria a pieni polmoni e che iniziò ad accarezzarlo indolente su un fianco.
-Mi… Serve un attimo…-
Harry sorrise, passandogli un braccio sotto il collo e tirandoselo contro: Draco era morbido e caldo, e gli aderiva contro come se fosse liquido, sia nelle curve che sugli spigoli del corpo.
-Tutto il tempo che vuoi-, gli disse teneramente.
Ed era proprio quello che intendeva, nel suo significato più a lungo termine.
 
Probabilmente si erano  entrambi assopiti, perché dopo un tempo indefinito Harry aprì gli occhi, svegliato da un movimento sul materasso, il suo corpo oramai non più in stato di eccitazione. Ebbe un momento di panico irrazionale al pensiero che Draco stesse tornando nella propria camera, ma il ragazzo gli si era invece rannicchiato di fianco, come un felino pronto a balzare sulla vittima: aveva assottigliato gli occhi in uno sguardo intento e predatorio.
Tuttavia, quando parlò lo fece con un tono quasi dolce.
-Stai bene senza occhiali-.
Sarebbe stato impossibile che non se ne fosse accorto, ma Harry fu grato per quel complimento, anche se tardivo. Prima che però potesse rispondere, Draco continuò: e questa volta c’era una risonanza diversa nella sua voce.
-Sono contento che tu non ne abbia bisogno per guardarmi negli occhi mentre faccio questo-, aggiunse accarezzandogli una guancia con il dorso della mano, tenendogli gli occhi imprigionati con quelle iridi glaciali. -O questo-, aggiunse portandosi una mano di Harry alla bocca e succhiandogli l’indice.
Il vellutato calore della lingua di Draco che gli spingeva l’indice contro il palato mentre succhiava mandò Harry letteralmente fuori di testa: inghiottì l’aria quasi in un sibilo e la trattenne un momento, mentre Draco facendo perno sulle ginocchia, gli si posizionava a cavallo delle cosce, imprigionandogli le gambe solo di un po’ aperte; Harry provò a tirarsi su per dare e ricevere un bacio, ma l’altro lo spinse contro il materasso con fermezza.
-Mio il turno, mie le regole: resta sdraiato e continua a guardarmi. Negli occhi-, aggiunse malizioso quando lo sguardo di Harry virò verso il pube biondo, inaridendogli la bocca.
Le mani di Draco erano agili e irrequiete mentre si intrufolavano sotto la biancheria intima di Harry e sarebbe anche potuto sembrare un gioco se non fosse stato per quegli occhi tempestosi e seri che lo scrutavano: i boxer sparirono così in fretta da indurre Harry a pensare di averli fatti evanescere con uno scoppio di magia incontrollata. Avvertì l’eccitazione tornare, una serie di scariche che partivano da tutto il corpo per concentrarsi sotto le dita di Draco, che iniziò a toccarlo e fu da subito chiaro che non sarebbe stata una cosa veloce, ma sospirata e… Oddio, cosa aveva appena fatto con la punta del pollice?
-Non chiudere gli occhi, non distoglierli, guarda solo me-.
Avrebbe voluto dirgli che non avrebbe mai guardato nessun altro, che si era sbagliato, oh, quanto si era sbagliato! Era lui, Harry, quello incatenato e irretito… Qualunque cosa, purché  amplificasse il contatto di quelle dita erratiche che solleticavano e si ritraevano: Harry provò a spingere con il bacino per avere un po’ di soddisfazione, ma il peso di Draco sulle cosce era un controllo ferreo per i suoi movimenti. Tuttavia il Serpeverde gli concesse tutto il palmo della sua affusolata mano destra che lo circondò, mentre l’altra raccolse a coppa i testicoli, come cullandoli.
Continuò a guardarlo fisso negli occhi, mentre la sinistra compiva una lenta rotazione, così che quando la aprì le dita si distesero verso le natiche di Harry, che senza un attimo di esitazione spalancò le gambe.
Un angolo della bocca di Draco si arricciò in un ghigno di compiacimento, mentre inclinava la testa per studiare meglio il suo amante. Lasciò lì la sinistra, lieve, una promessa sospesa per il futuro, mentre la destra cominciò a muoversi inesorabile: ora lenta, ora veloce; ora delicata, ora decisa. Mai uguale, mai ferma. Sembrò dovesse durare per sempre.
Harry sentiva le palpebre abbassarsi  in una risposta naturale al piacere, ma Draco sapeva riportarlo alla realtà, catturandogli di nuovo lo sguardo mentre gli spappolava il cervello con i suoi tocchi.
E proprio quando Harry iniziava a pensare che sarebbe impazzito, Draco si chinò in avanti su di lui, gli occhi ancora spalancati e piantati nei suoi, la bocca a poca distanza dalla sua, il fiato bollente.
-Guardami e di’ il mio nome-, ordinò piano, aumentando il ritmo e la portata degli affondi della mano.
Il verde delle iridi di Harry parve incendiarsi.
-D… Dra… A… Ah… AHAAAA-, urlò, mentre perdeva totalmente il controllo, sussultando violentemente per via di quell’orgasmo agognato e molto a lungo procrastinato.
 
-Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo prima che il sesso sarebbe stato così bello-, rantolò quando riuscì a riprendere fiato e le luci dietro le sue palpebre smisero di danzare.
Draco gli posò un bacio morbido e vagamente umido su una tempia.
-Vorrai dire che il sesso con me è così bello-, lo corresse, compiaciuto.
-Oh, il sesso in generale è bello-, scherzò Harry, per poi aggiungere in fretta, -ma quello con te è straordinario-, quando Draco gli diede un buffetto sulla testa.
Erano stesi nel letto, le gambe intrecciate, le teste vicine; Harry circondava Draco con un braccio tenendoselo vicino, Draco aveva appoggiato una mano pigra sul petto di Harry. Sembrava che lo avessero fatto da… Be’, da sempre.
L’unico momento in cui Harry si allontanò fu per allungarsi a prendere la bacchetta e ripulire i corpi di entrambi.
-E pensa, siamo solo all’inizio-, considerò Draco.
Harry richiamò involontariamente il ricordo delle dita che scendevano lievemente tra le sue natiche e quasi quasi… Ma, anche se il suo corpo di diciassettenne era pronto a ricominciare, voleva godersi quel momento di intimità e rilassatezza.
Sentiva di averne bisogno a un livello viscerale.
Si era ripromesso che avrebbero parlato, e molto probabilmente era meglio farlo prima del ritorno a Hogwarts.
-Sono stato in pensiero per te-, bisbigliò cauto, sperando che non suonasse come un rimprovero. -Ho temuto che tu… Che ti fosse capitato qualcosa… Che… Non saresti tornato-, concluse, sperando che la sua incertezza non echeggiasse nelle ultime parole. -All’inizio ero arrabbiato, ma poi… Poi ero solo preoccupato. Avresti dovuto avvertirmi-.
E adesso il rimprovero era palese.
Draco si alzò su un gomito per guardarlo, ma la sua espressione non si scompose, anche se appariva tremendamente serio.
-Harry, non voglio certo litigare, tanto meno ora. Ma devi capire che non mi sono svincolato dalle decisioni della mia famiglia per cadere nella ragnatela delle tue. Domani torneremo a scuola e a prescindere dalla situazione tra noi due io continuerò a essere me stesso. Come ti ho detto prima, non volevo fare sesso con te per guadagnare una qualche posizione; non diventerò quello che tu speri di avere al tuo fianco, e molte delle mie idee non cambieranno-.
-Io non spero…-, cominciò Harry, accalorandosi.
-Sì, tu speri che io arrivi a vedere le cose come le vedi tu. Ma è altamente probabile che questo non accada mai; posso arrivare a pensare che Hermione sia in gamba e posso tollerare Weasel perché altrimenti Pansy mi evirerebbe, ma continuo a disprezzare i Babbani e penso che ci siano inferiori, come penso che i maghi dovrebbero distinguersi da loro e non cercare di imitarli. Anche se trovo eccessivo ucciderli e schiavizzarli, in effetti. Non avvertirti e non darti mie notizie faceva parte del piano, perché non dovevi sapere dove mi trovassi, nel caso non fossi tornato-.
-Però hai detto che ti dispiaceva di non aver contattato Blaise e Pansy-, recriminò il moro.
-Loro sono miei amici fidati da moltissimo tempo. Tu segui l’orlo delle mie mutande da qualche mese-.
-Questo è offensivo-, brontolò il Grifondoro.
Draco lo guardò senza astio.
-No, è razionale. Loro mi conoscono, mi prendono per come sono e non rischio che mi girino le spalle se me ne esco con una frase infelice-, spiegò con tutta la forza della logica inoppugnabile. -Io di loro posso essere certo, di te no. Non lancerò il cuore oltre l’ostacolo a occhi chiusi, quando fino a pochissimo tempo fa la nostra unica interazione era sputarci contro insulti, prenderci a cazzotti e lanciarci incantesimi-.
Quindi era di questo che si trattava: era un giro di prova. Ah, sì? Vaffanculo, Harry si disse che lo avrebbe superato.
-Hai l’aria di averci riflettuto parecchio-.
-È quello che di solito fanno le persone, sai? Riflettono. A parte te e il tuo amico pel di carota. Pensi che Silente sia venuto da me per mera bontà d’animo? Forse in parte; ma sa che se mi avrete dalla mia parte, con i miei genitori lontani, l’Oscuro Signore perderà dei potenti seguaci e appoggi finanziari. Sa che potrei tentare di convincere gli altri Serpeverde: questo potrebbe portare nuove leve nello schieramento, se non intere famiglie. Per esempio, Pansy crede che i suoi genitori la ripudieranno, ma io sono abbastanza incline a supporre che almeno suo padre tentennerà: è un uomo buono, dopo tutto. Silente di sicuro ha tentato di darmi una possibilità alternativa, ma quell’uomo… Merlino, mi chiedo come abbia fatto a finire a Grifondoro invece che a Serpeverde! Quell’uomo è uno stratega, in praticamente tutti i frangenti. Io non sono un pezzo importante in questa guerra, ma potrei in parte diventarlo: ci ho ragionato e sfrutterò le carte che ho in mano. Solo che probabilmente quelle che butterò sul tavolo da gioco a volte non ti piaceranno. Come il fatto di non averti avvertito. Non ti farò promesse perché non so se potrò rispettarle. Fondamentalmente non sono cambiato, mi sto solo comportando in maniera diversa per una serie di calcoli-.
Harry si sentì avvizzire per una tristezza improvvisa: come poteva tenerlo con sé e sperare di vincere ogni ostacolo se Draco stesso tentennava e non si sbilanciava? Gli girò le spalle e si rannicchiò su un fianco.
Il silenzio si protrasse a lungo, fino a che Draco non tirò un lungo sospiro che pareva strappato dal centro del suo stesso essere.
-Non ti basta vero? Volevi che fosse come sotto Amortentia: passione senza freni, cuori palpitanti, perfetto affiatamento. Cielo, sei così Grifondoro!-
-Ho sperato che fossi tornato indietro per me-, confessò l’altro suo malgrado. -Che c’è di male ad averlo desiderato? Che c’è di male a pensare che quel Draco che ho intravisto quella sera a Hogsmeade fosse quello vero?-
-Il punto è che non puoi saperlo, come non lo so neanche io. Il massimo che possiamo aspettarci ora è una probabilità-.
-Quindi mi stai dicendo: “ehi, non ti impegnare, tanto andrà come deve andare”?-
Hermione si sbagliava: lasciar spazio alle parole faceva schifo.
-Cazzo, Harry, non stai facendo neanche lo sforzo di ascoltare! Ti sto dicendo che ti starò accanto liberamente, e non perché mi stai mantenendo o stai salvando il mio culo! Questo è impegnarsi, razza di idiota! Il minimo che mi aspetto da parte tua è che tu capisca!-
E meno male che non voleva litigare.
-Certo! Perché non ho mica passato tutto il mese scorso ad aspettare che tu tornassi da me! E non mi sono mica detto che ti voglio al mio fianco anche con il tuo carattere di merda! Dio-, disse esasperato, tirandosi seduto e passandosi una mano tra i capelli, -Mi ero ripromesso che mi sarei comportato diversamente e invece… Invece… Senti, lo capisco, quello che vuoi dire: ha un senso, davvero. Solo, non fa per me. Non posso ragionare in termini di probabilità e possibilità. Io… Guarda, lascia perdere, neanche te lo so spiegare!-, concluse frustrato gettandosi all’indietro sul materasso.
Draco lo guardò, un sopracciglio inarcato ad arte e una smorfia beffarda sulla bocca.
-La tua proprietà di linguaggio non cessa mai di stupirmi. Dimmi, per caso ti riuscirebbe meglio esprimerti utilizzando delle figure o dei pupazzetti?-
Harry rispose con uno sbuffo, e non avrebbe mai lontanamente ammesso che conteneva un sottotono divertito.
Il viso di Draco però trascolorò rapidamente in una sfumatura più calda e aperta.
-La risposta alla domanda di Silente era “sì”-, annunciò enigmatico, forse a disagio, catturando tutta l’attenzione di Harry.
-E la domanda?-, chiese trepidante, improvvisamente convinto che fosse molto importante.
Draco lo soppesò con lo sguardo abbastanza a lungo prima di rispondere, come se stesse prendendo una decisione di vitale importanza: quando parlò lo fece precipitosamente, come a volersi liberare in fretta di un peso.
-Il vecchio bislacco mi ha fatto un discorso lunghissimo sulla guerra e sul fatto che saresti dovuto essere tu a porvi la parola fine. Mi ha spiegato come tu fossi coraggioso e buono e pronto a batterti per la salvezza di tutti-. Draco assunse un’aria benevola e sapiente, imitando la posa e la voce di Silente. -“Signor Malfoy, quello che serve agli eroi per vincere una guerra è una giusta causa; ma quello che serve agli eroi per far ritorno dalla guerra è una buona motivazione. Di solito la buona motivazione è quella di tornare da qualcuno, qualcuno di realmente importante. Lei sarebbe disposto a essere quel qualcuno?”-.
Draco fece una pausa, portandosi una mano davanti agli occhi per mascherare l’imbarazzo.
-Cazzo, guarda cosa mi hai fatto dire, stupido ammasso di grifondoraggine. Di questo passo domani mi indurrai ad accarezzare la testa qualche Tassorosso del primo anno-, commentò sbigottito e melodrammatico.
Forse avrebbe continuato a lamentarsi, ma Harry gli si gettò sopra soffocandolo di baci e le proteste presto si spensero tra le risate.
La mattina sarebbe arrivata presto, decisioni sarebbero state prese, passi importanti sarebbero stati compiuti: Harry sentiva di aver guadagnato molto in quegli ultimi minuti… A dispetto di tutti i discorsi razionali e le manovre evasive delle sue parole e le incertezze interiori valutate con cura, Draco gli aveva appena offerto un posto dove tornare: accanto a lui.
Tutto sarebbe andato bene, benissimo.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
In realtà, la citazione viene da Ruth Gordon:
“il coraggio è molto importante. Come un muscolo, si rinforza con l’uso”.
 
 
E quindi è finita.
Questo figlio minore, spesso trascurato… È comunque malinconico salutarlo.
Non sono pienamente soddisfatta del finale, perché secondo me l’arco narrativo dello sviluppo dei personaggi è stato troppo accelerato. Avrei potuto procrastinare il ritorno di Draco di un anno per dare a entrambi il tempo di maturare, ma nella mia testa era molto importante il rientro a Hogwarts, così ho un po’ forzato la mano al suo cambio di fazione e ai loro sentimenti.
Probabilmente non è del tutto credibile, ma mi pare di aver fatto comunque un lavoro accettabile.
Giudicate voi e fatemi sapere: mi piacerebbe avere qualche commento di commiato a questa storia.
Ci vediamo prossimamente tra le righe de “L’Ottavo Anno”.
  
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