Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Scarlet Jaeger    16/05/2020    2 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 19
 
Purtroppo la scia degli eventi ci portò ad affrontare i Blader delle Tenebre sulla Torre Eiffel, dove incontrammo uno strano ragazzo di nome Olivier. Non fu molto facile battere quei blader, ma l’intervento di Kai salvò la situazione.
Il giorno dopo ci separammo ed andammo in giro per Parigi senza sapere dove fossero gli altri. Kai come suo solito era uscito di mattina presto, ma non me ne accorsi perché finalmente ero riuscita a dormire un sonno tranquillo.  Ma almeno quella volta si era degnato di lasciare un biglietto. Aveva scritto che ci avrebbe raggiunto solo dopo essere riuscito a sbrigare una cosa.
Tipico di lui!
Così io, Takao e il Prof Kappa decidemmo di visitare il museo del Louvre, sotto esplicita richiesta del piccoletto, ma constatammo ben presto che quel tipo di nome Olivier lo aveva affittato tutto per sé. Takao invece, fregandosene altamente dei controlli, sgusciò dentro e riuscì ad incontrare quel Blader.
Constatammo che Olivier era uno chef e ci portò a mangiare nel ristorante in cui lavorava. Ci offrì un pranzetto niente male, devo ammetterlo, ma poi ci accompagnò nel suo Beyblade Stadium, dove sfidò Takao.
Lo scontro non durò molto, ma fu molto avvincente e vide vincitore il Francese, anche se solo per fortuna.
In seguito a quell’incontro, venimmo a sapere dell’esistenza di un Blader Italiano niente male e ovviamente Takao volle sfidarlo a tutti i costi. Scoprimmo che il ragazzo abitava a Roma, e così ci vedemmo costretti a raggiungere la città per sfidarlo.
In primo luogo, il nostro campione e Gianni, questo il nome dell’Italiano, si sfidarono in un’arena che vide vincitore quest’ultimo, ma Takao riuscì a sfidarlo in un secondo incontro ed a prendersi la sua rivincita.
Così, dopo che la questione sfida fu risolta, Gianni ed Olivier, che lo aveva raggiunto in Italia, ci dissero di provare a sfidare il campione tedesco Ralph.
Ralph era quel ragazzo della nave, con la quale il nostro Kinomiya perse clamorosamente. Forse quel nome risvegliò in lui emozioni contrastanti e fu quello che lo portò ad obbligare i due di accompagnarci fino alla sua residenza e lo facemmo in dirigibile.
Fu un viaggio decisamente frastagliato, ma arrivammo nel castello degli Jurgens a pomeriggio inoltrato e scoprimmo che il rampollo non era solo.
In compagnia del padrone di casa c’era Andrew McGregor, il campione Inglese. Il fato aveva raggruppato tutti i ragazzi della probabile squadra Europea, che però a quanto pareva non avrebbe partecipato al mondiale.
Ma ovviamente dopo i vari tentativi di Takao di prendersi la rivincita con Ralph ed i continui rifiuti del Tedesco, egli si vide costretto a portarci tutti nella sua personale arena nei sotterranei. Lì però non fu Ralph a scendere in campo, né tanto meno a farlo con Takao.
Decise Andrew di battersi, un ragazzo viziato ed antipatico quasi quanto Kai, e sfidò proprio il mio ex amico. In un primo momento il nostro compagno si rifiutò, esibendosi in una delle sue spettacolari frasi sprezzanti ad effetto, rimarcando il fatto che costui non gli stava minimamente simpatico.
“Ti sta bene Kai, vedi cosa si prova a stare sulle scatole a qualcuno?”, avrei voluto dirgli, ma tenni il pensiero per me perché nel frattempo l’Inglese gli aveva tirato il guanto in segno di sfida. Sotto quel gesto il suo avversario non poteva tirarsi indietro. E poi figurarsi se Hiwatari rifiutava una battaglia!
Una battaglia che perse…e che gli bruciò parecchio.
 
Per quella sera fummo ospitati nel castello e ci dettero la possibilità di usare due stanze. La più grande era per i cinque ragazzi e a me toccò una minuscola stanzetta, ma non mi lamentai. Fui anzi grata di poter stare un po’ per i fatti miei, anche se quell’immenso castello scuro mi metteva soggezione. In più sapevo che le altre stanze erano occupate da Andrew l’antipatico, Olivier il francese ed il Don Giovanni Italiano.
Purtroppo quando fu il momento di coricarmi non ci fu verso di prendere sonno. Rimasi a fissare il soffitto di quella stanza senza minimamente accorgermi di quello che stavo facendo. La mia mente ripercorse le avventure che avevamo vissuto a giro per l’Europa, soffermandosi su quel piccolo incidente avvenuto con Kai sotto l’immensa galleria e mi ritrovai immancabilmente a pensare a lui ed alla sfida che aveva perso contro Andrew. Ero sicura che doveva bruciargli parecchio. Era sempre stato un tipo orgoglioso, anche da piccolo, ma a quei tempi le mie parole di conforto servivano a farlo ragionare e a fargli tornare il sorriso. Sarebbe stato uguale ora che era cresciuto cinico ed insensibile? Ed inoltre, ora che forse non si ricordava più di me?
Stanca di rimuginare sempre sui soliti problemi mi vestii e cercai di uscire dal castello per respirare un po’ di aria fresca, stando attenta a non fare rumore, anche se non era ancora scoccata la mezzanotte.
Devo dire che mi ci vollero degli interminabili minuti per trovare la via d’uscita, presidiata dal cameriere tuttofare dei padroni di casa.
«Dove sta andando signorina?», mi bloccò infatti sull’uscio.
«Ehm, fuori…non riesco a dormire. Volevo guardare le stelle…posso?», chiesi con un piccolo sorrisetto, cercando di essere convincente, ma quello alzò gli occhi al cielo.
«Beh, almeno tu me lo hai chiesto con gentilezza. Il tuo amico non è stato altrettanto cordiale!», disse, penetrandomi con uno sguardo severo, come a voler scaricare le colpe della maleducazione del mio compagno su di me. In più capii al volo di chi stesse parlando.
«Lo perdoni, Kai è un tipo apatico e poco socievole», marcai in tono civettuolo, cercando di accaparrarmi i suoi favori. Inoltre, se Hiwatari era veramente fuori, ero curiosa di coglierlo in un momento di disperazione. Solo il rimuginare sulla sfida perduta avrebbe fatto perdere il sonno a Kai, che era sempre stato il primo a coricarsi ed il primo alzarsi. Almeno, per quanto riguarda le volte in cui non spariva per tornare in un’ora indefinita della notte.
Nel frattempo mi ero davvero accaparrata il favore dell’uomo, che seppur con uno sguardo ammonitore, mi aveva aperto il grande portone d’entrata.
«Per rientrare basta bussare?», chiesi una volta uscita all’esterno ma la sua occhiata glaciale mi fece intendere che, in qualche modo, ci avrebbe pensato al nostro ritorno. Ma in quel momento non ci badai più di tanto, volevo solo capire dove si era andato a rintanare Kai.
Lo cercai per tutto l’immenso boschetto che circondava la residenza, passando per il campo da tennis privato di Ralph, ed anche in quello di Basket ed in quello di calcio, ma del mio compagno non c’era nemmeno l’ombra.
«Ma dove diavolo va a cacciarsi ogni volta? Come riesce a trovare luoghi introvabili anche dagli altri esseri umani?!», imprecai a voce alta, infiltrandomi sempre più in mezzo alla vegetazione.
La luna alta in cielo era la sola fonte luminosa che potevo usare contro l’oscurità e per fortuna era così piena che il suo bagliore illuminava quello che mi circondava, quanto bastava per capire dove mettessi i piedi.
Fu quando arrivai ad una piccola radura che lo trovai, seduto a terra con la schiena poggiata al tronco di un albero. Era assorto in chissà quali pensieri mentre fissava Dranzer dalla sua mano.
“Ti ho trovato Hiwatari!”, gioii dentro di me e mi meravigliai non poco di trovarlo seduto a guardare il suo Beyblade invece che a lanciarlo con rabbia contro qualche albero.
«Hey…»
Decisi di uscire allo scoperto e lui sussultò per un attimo dallo spavento. Differentemente da quello che era sempre accaduto, quella volta non si era accorto del mio arrivo, segno che i suoi pensieri dovevano essere stati veramente molto profondi. Provai anche una certa soddisfazione, devo ammetterlo.
«Che vuoi?», mi rimbeccò invece una volta accortosi che a disturbarlo ero stata io. Il significato della sua espressione, seppur avesse il viso in penombra, era facilmente intuibile.
Fregandomene delle sue occhiate di ghiaccio però, decisi di sedermi accanto a lui. In un primo momento non dissi nulla. Lasciai cadere di nuovo il silenzio ed utilizzai quei secondi di pace per osservare il suo profilo. Era tornato ad osservare Dranzer con la mascella serrata. Stavo per dirgli qualcosa, volevo dire qualcosa, come ero sempre stata solita fare nelle nostre chiacchierate, ma lui fu più veloce di me.
«Prova solo a dire una parola di conforto per quanto accaduto e ti assicuro che te ne pentirai!», e lo disse con il tono più minaccioso che gli avessi mai sentito pronunciare, mentre i suoi occhi mi penetrarono di nuovo con il suo tipico sguardo di fuoco.
Quelle parole mi lasciarono interdetta.
Sapevo per certo che non si sarebbe lasciato consolare ed infatti il pensiero non mi aveva nemmeno sfiorata, ma non pensavo nemmeno che mi ammutolisse ancora prima di aver provato ad aprire bocca.
«Non ho detto ancora nulla!», gli risposi stizzita, ma non servì a farlo tranquillizzare.
«Bene, allora puoi anche andartene!», bofonchiò girandosi dall’altra parte, facendomi intendere che la discussione era finita lì.
Quanto sei orgoglioso Hiwatari!!! In altre circostanze glielo avrei gridato in faccia, ma quella sera mi era sembrato fin troppo inviperito per calcare la mano. Probabilmente avrebbe potuto strangolarmi ed occultare il mio cadavere in qualsiasi punto di quel giardino, sicuro che nessuno avrebbe avuto modo di trovarmi.
Ma oltre che rabbia, le sue parole suscitarono in me tanta tristezza. Cosa poteva essere successo per averlo cambiato così tanto? Possibile che, a differenza di qualsiasi essere umano, a lui non facevano piacere parole di conforto?
«Quando perdevi un incontro le mie parole ti sono sempre state d’aiuto…», iniziai e me ne pentii subito. Non so perché gli dissi proprio quello, in modo così diretto anche, ma non volevo più tenermi tutto dentro. In più la sua espressione in seguito alle mie parole avrebbe fatto desistere dall’andare avanti chiunque altro, ma non me.
Ed inoltre non si era alzato e non aveva minimamente provato ad allontanarsi dalla conversazione e quello era un grande passo avanti!
«Come hai potuto dimenticare tutto?», gli chiesi, con un tono leggermente triste, ma il mio stato d’animo era sincero. Se ripensavo ai nostri trascorsi mi sentivo molto triste.
Ci mise qualche secondo per rispondermi però, tempo che utilizzò per sospirare, ma il suo volto impassibile non si mosse nella mia direzione. Stava guardando un punto indefinito di fronte a sé, come a volersi convincere a non guardami negli occhi.
«Senti, non ho chiesto io di dimenticare questo fantomatico passato. Se provo a pensarci, molte immagini iniziano a vorticare tra loro lasciandomi solo un forte mal di testa. Non sono sicuro che quello che vedo nella mia mente sia la realtà, ma se faccio uno sforzo riesco a ricordarmi a tratti anche di te»
Prese una pausa, che sfruttò per spiarmi di sfuggita con la sua solita aria di sufficienza, mentre io mi ero praticamente bloccata sul posto. Era un incredibile passo avanti rispetto all’ultima volta che avevamo affrontato il discorso, nel covo degli Shell Killer.
Sentii il cuore iniziare a battermi all’impazzata nel petto e stavo per aprire bocca, ma di nuovo le sue parole glaciali mi costrinsero a tacere.
«Ma questo non cambia le cose. Il fatto di sapere che eravamo amici non cambia ciò che penso di te!»
Le sue parole pungenti mi lasciarono interdetta, soprattutto dopo essere state dette con la sua solita espressione indifferente. Era veramente difficile capire cosa gli passasse per la testa, ma volevo davvero saperlo in quel momento. Volevo capire cosa ne era stato del mio vecchio migliore amico e se c’era quanto meno una remota possibilità di riportare il nostro rapporto come agli albori.
«E cosa pensi di me?», chiesi tutto d’un fiato, trattenendolo subito dopo. Quelle parole mi erano uscite così, di getto, come molte altre che gli avevo detto da quando lo avevo rivisto. La sua vicinanza a volte mi portava a dire cose di cui mi pentivo subito dopo.
Ed anche quella volta mi pentii di averle dette, perché la sua risposta arrivò di nuovo come l’ennesima batosta.
E fece male.
«Vuoi sapere cosa penso di te?»
Rise, con una risatina posata e fredda. Non era la risata di chi ti stava prendendo bonariamente in giro, ma quella di qualcuno che sta per infliggerti la sua più terribile tortura.
«Penso che non dovresti essere qui e per qui non intendo qui a parlare con me, intendo qui in Europa. Così come non saresti dovuta essere presente In America, in Cina e in questa squadra. Tu sei qui solamente perché tuo nonno ha assecondato un tuo capriccio, dandoti il permesso di partire con noi perché ti eri innamorata di Rei»
Persi un battito.
«Anche se hai disputato il campionato nazionale non sei comunque riuscita a qualificarti come membro ufficiale della squadra. Ti sei presentata come aiuto al Professor Kappa, ma cosa hai fatto finora? Nulla!»
Persi un altro battito.
«La tua presenza è solo d’intralcio. Finora non hai fatto altro che starnazzare il tifo dalla panchina solo perché hai un posto d’onore, farti tenere in ostaggio insieme al piccoletto dal Blader delle Tenebre e, soprattutto», bloccò di proposito le parole, puntandomi spudoratamente gli occhi addosso per darmi il colpo finale. «Soprattutto infastidirmi standomi tra i piedi!»
Sentii un dolore lancinante al petto.
«Se sei qui, Kai, lo devi a me…se io non fossi stata qui o non fossi stata la nipote del Presidente Ditenji…», la voce mi uscì stranamente roca, molto più roca del solito. Molto più roca di quando solitamente mi arrabbiavo. Ma in quel momento non ero arrabbiata.
Ero ferita.
Ma di nuovo aveva bloccato le mie parole.
«Saremmo arrivati comunque qui, non credere che ce la siamo cavata solamente per l’influenza del tuo nome. Ci hanno aiutato i dirigenti della BBA, non sei stata certo tu. Saremmo comunque arrivati in Russia, magari sporchi, affamati e senza un pigiama, ma ce l’avremmo comunque fatta», mi guardò infine di traverso, trasportando in quell’espressione tutta la sua sufficienza nei miei confronti.
Possibile che fosse davvero questo che Kai pensava di me? Possibile che lo avessi davvero così infastidito con la mia presenza? Dopo tutto quello che avevamo passato? Dopo il legame che avevamo instaurato nella nostra infanzia? Ma, soprattutto, dopo aver ammesso che qualcosa di me ricordava?
Ma forse avevo ragione io e solo in quel momento mi resi conto di averlo sempre saputo.
Il mio amico non esisteva più. Erano passati troppi anni per cercare di rimettere insieme vecchi legami. Era umanamente impossibile e lo capivo. Ma forse non mi ostinavo a ricercare l’amicizia che c’era stata tra noi, volevo solamente che mi vedesse come tale. È vero che non trattava da amici neanche Takao e gli altri, ma non ricordo di aver mai sentito dalla sua bocca parole così sprezzanti nei loro confronti.
Faceva male.
Non avrei mai pensato però, che fosse arrivato a disprezzarmi a tal punto.
Non mi avrebbe mai vista come una ragazza, ma solo come la nipote del Presidente Ditenji.
E da quando avevo messo piede nella squadra dei BladeBreakers, non mi aveva mai chiamata per nome.*
Per lui ero solo un’ombra, una che se ci fosse stata o meno non avrebbe fatto alcuna differenza. Ecco quello che ostinatamente volevo da lui. Che mi vedesse. Che si accorgesse di me.
Ed il fatto che per lui fossi solo un peso faceva ancora più male.
Volevo fronteggiarlo, aprire la bocca ed imprecargli contro, ma mi sentivo troppo frustrata per affrontarlo di petto come avevo fatto in Cina, quando mi aveva vista disperata per la cotta non corrisposta nei confronti di Rei. Solitamente non mi ero mai fatta abbattere dalle sue rispostine dirette e dalle espressioni che riservava a tutti, quando con il solo sguardo riusciva ad obbligarti a tacere.
Ma non quella volta. Fu più forte di me, perché per la prima volta in vita mia non seppi cosa dire. Mi aveva messo di fronte, a mio malincuore, la verità.
Rimasi a fissarlo negli occhi ametista, gli occhi che ero sempre riuscita a leggere e che in quel momento trasportavano solo disprezzo. E ancora una volta non riuscii a capire perché. Avrei potuto chiederglielo, ma non lo feci. Il mio io interiore mi obbligò a rimanere zitta e ferma nella mia posizione, a sostenere il suo sguardo come unica difesa.
La prima a cedere però fui io, perché lui sembrava intenzionato a non darmi nemmeno la soddisfazione di girare i tacchi ed andarsene come suo solito. Mi ignorò, semplicemente, spostando il suo sguardo da me e continuando a fare come se io non ci fossi.
Sentivo gli occhi bruciare, chiaro segno delle lacrime che stavano per arrivare come un fiume in piena, ma non volevo piangere davanti a lui. Non gli avrei dato questa soddisfazione.
Mi voltai, serrando il labbro inferiore tra i denti.
Feci un passo a ritroso.
Digli qualcosa
Ne feci un altro.
Qualsiasi cosa
Ed un altro ancora.
Feriscilo come lui ha ferito te
Mi fermai a poca distanza da lui, costringendomi a girarmi per parlargli di nuovo a quattrocchi, anche se lui non mi stava calcolando. Avevo il volto rigato dalle lacrime, ma tanto lui non se ne sarebbe comunque accorto e in più ero rimasta volutamente in penombra per acquistare maggiore sicurezza.
No Hiwatari, questa volta sarò io a guardarti mentre vieni ferito
«Sai Kai…», iniziai decisa, anche se la voce che udii uscirmi dalle labbra non assomigliava per niente a quella che avevo di solito. Troppo rotta. Troppo nasale. Troppo ferita.
«Ti sei meritato la sconfitta al torneo nazionale, così come ti sei meritato di aver perso contro Andrew»
Ebbi la sua totale attenzione. I suoi occhi infuocati saettarono nella mia direzione.
«Come ti saresti meritato di rimanere solo, esattamente come eri quando ti ho conosciuto. Se non fosse stato per me, nessuno ti avrebbe avvicinato. Nessuno ti ha mai voluto bene, nemmeno tuo nonno».
Senza aspettare una risposta, e per paura di una sua possibile reazione, iniziai a correre a per di fiato alla volta del castello, senza mai voltarmi indietro o fermarmi a prendere fiato.
Le lacrime avevano iniziato a scendere copiose lungo le mie guance ed i singhiozzi mi impedivano di respirare bene nella corsa. Mentre correvo, nella mia mente riaffiorarono vecchi ricordi.
Ma continuai ad andare avanti.
 
“Nessuno mi vuole bene”
“Ma che dici Kai”
“Sono solo…”
“Non sei solo, ci sono io ed io ti voglio bene!”
“Saresti la prima!”
“Ma c’è anche tuo nonno, tuo nonno ti vuole bene! Tutti i nonni vogliono bene ai loro nipoti”
“Non il mio”
“Ma…”
“Sei l’unica a dire di volermi bene, forse sei pazza”
“Sì, forse lo sono…tu lo sei?”
“Sì, forse sono pazzo anche io”
“Siamo due pazzi!”
“Sì, ma non mi sono mai sentito così felice di esserlo in compagnia di qualcuno”**
 
 
Mi sentii un verme.
Lui mi aveva ferita, certo, ed io mi ero semplicemente difesa. Ma io lo avevo ferito ancora di più.
Fine capitolo 19
 
 °°°°°°°°°°°°°°°

Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo nuovo aggiornamento! Come avrete visto le cose iniziano a complicarsi ehehe ci voleva uno scontro tra loro, soprattutto ora che stanno per arrivare in Russia! (E sappiamo tutti cosa succederà in Russia! C’è da vedere cosa succederà tra lui e Saya)
Questo capitolo è stato particolarmente difficile da scrivere >.< quindi perdonate se è confusionario T.T
Per quanto riguarda gli asterischi:
Il primo: Kai non ha mai chiamato Saya per nome. È passato molto tempo dai primi capitoli, che comunque ho riletto per non creare incongruenze, ma non mi è sembrato che abbia mai fatto chiamare la ragazza per nome da lui. In più mi sembrava una cosa carina, perché poi vedremo in seguito in quale circostanza lo farà per la prima volta eheheh
Il secondo: il dialogo dal passato. È scritto in corsivo perché appunto si riferisce ad un dialogo passato, che Saya ripercorre mentre scappa verso il castello. Mi sembrava anche questo carino da inserire, dopo le parole taglienti che lei gli ha rivolto, proprio per marcare il fatto che le abbia dette apposta per ferirlo quanto lui ha ferito lei.
Ma, soprattutto, le parole di lui sono state sincere o no? :D
Vi lascio così con un po’ di domande, nella speranza di avervi un po’ incuriosito!
Perdonatemi se ci sono vari errori di battitura o ortografia, io rileggo ma questi maledetti sfuggono sempre xD
Ringrazio inoltre i recensori, i lettori silenziosi (che spero un giorno mi facciano sapere cosa ne pensano), e le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite!
Alla prosima!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Scarlet Jaeger