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Autore: Ghostclimber    18/05/2020    10 recensioni
L'inevitabile è accaduto.
Lui e lei si sono messi assieme.
Ma questo potrebbe aprire la strada per una tregua tra lui e l'altro.
Pairing: HanaHaru, HanaRu
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Ciaossu a tutti!

Eccoci con l'ultimissimo capitolo di questa fic. Se ve lo state chiedendo, il fatto che mi lacrimano gli occhi è dovuto a quella dannata betulla in cortile: sono allergica, non sono commossa.

È stata una bellissima avventura che ho avuto piacere a condividere con tutti voi; questa storia mi ha accompagnata in un paio di momenti davvero nerissimi e i vostri commenti sono riusciti a preservare quel poco che resta della mia sanità mentale.

Come già accennavo settimana scorsa, tornerò con la side story SenMit, richiesta a gran voce da un po' di persone tra cui ovviamente NON Kogure, povero cucciolo, e con una hanahaki HanaRu perché questi due coccolotti non li mollo di certo. Devo solo far pace col cervello che mi ha proposto ventordici trame e che al momento sta facendo una bella confusione tra tutto quanto ^^'

I miei più caldi ringraziamenti a tutti coloro che mi hanno regalato un minuto della loro vita per lasciarmi un commento; in ordine alfabetico:

Aimi_fantasy, Alexis77, cicci783, cipi1988, elaya, Jonghyun88, lizardiana, Maka416, MaryFangirl, _sckarlett_, Senjia, Ste_exLagu, Teo5Astor e ThelviaBB.

Grazie per essere stati al mio fianco, soprattutto quei santi martiri che hanno anche sopportato le mie infinite paturnie, le mie ship improbabili e contagiose e la mia presenza virtuale che, vi assicuro, è ingombrante.

Adesso la pianto di fare la sentimentale (o “il fvocio”, come direbbe il mio migliore amico), vado a cercare un accordo di pace col cervello /risate dalla regia/ e vi lascio al capitolo.

So long, and thanks for all the fish!

XOXO

 

 

 

 

Rukawa trasse un profondo respiro di aria autunnale.

Era il ventuno settembre, equinozio d'inverno, un giorno limpido, fresco e fragrante come una mela matura, e lui avrebbe visto Sakuragi di lì a una ventina di minuti.

Corresse un poco la posizione: quella stessa notte lui e Sakuragi avevano fatto l'amore per la prima volta, e stare seduto non era propriamente comodo. Anche se dovette complimentarsi con se stesso per non aver preso la bicicletta e per essersi seduto sulla sabbia invece che sullo scoglio semi nascosto che di solito era la sua tana preferita.

Solo sei mesi prima era così ricolmo di disperazione da non rendersene nemmeno conto: credeva solo di essere una persona amara, uno di quelli che vengono definiti “vecchi dentro”, già pronto ad inveire contro i ragazzini che corrono per strada e le code al konbini.

Invece, aveva scoperto, dentro di lui esisteva ancora un giovane ragazzo di belle speranze pronto a sbocciare. Ragionando sulla propria vita a mente fredda, si era reso conto che probabilmente avrebbe dovuto ridimensionare le proprie aspettative: aveva scoperto per caso, ritirando la posta, che i suoi fratelli avevano mandato i filmati delle sue performance sul campo da basket a molte università americane. La lettera dalla University of South Carolina era un gentile ma netto rifiuto e Rukawa, dopo aver messo alle strette Kaori e Ken, aveva scoperto che le altre erano dello stesso tono; forse, trovarsi per le mani il rifiuto proprio dell'alma mater di Michael Jordan aveva peggiorato la situazione, fatto sta che Rukawa aveva passato una settimana ad alzarsi dal letto solo perché Sakuragi si era preso la briga di andare a strappargli le coperte di dosso tutte le mattine. Ma grazie a questo, e agli insulti del rosso verso quegli incompetenti mangia-hamburger ammazza-indiani che non avrebbero saputo riconoscere del talento neanche se gli avesse danzato nudo davanti agli occhi con il berretto dei Bulls sull'uccello, dopo un po' Rukawa aveva trovato le palle di uscire di casa di sua spontanea volontà.

Sentendosi pesante più del doppio del solito, era andato a casa di Sendoh e gli aveva chiesto consigli su come migliorare. Un'ora dopo si sentiva molto meglio, e il fatto di essere raggiunto lì da Sakuragi aveva sicuramente giovato ulteriormente al suo stato emotivo.

Le parole di Sakuragi gli risuonarono nelle orecchie, sovrastando il rumore della risacca: -E dai, Kitsune, non è che puoi entrare nell'NBA solo e soltanto dalle università americane. Fai carriera qui, anzi facciamo carriera qui, e prima o poi saranno i Bulls a presentarsi a casa nostra in ginocchio sui ceci per supplicarci di entrare in squadra.- Rukawa non sapeva se la frase fosse stata formulata così apposta, ma era stato l'ultimo punto di sutura che chiude una ferita slabbrata.

“Casa nostra”, aveva detto Sakuragi. Come se per lui fosse automatico immaginare un futuro condiviso e, soffermandocisi, Rukawa non aveva potuto che fare altrettanto. E aveva capito che partire di lì a un anno o due l'avrebbe fatto costantemente sentire diviso, perché Sakuragi non l'avrebbe potuto seguire: anche con le borse di studio per meriti sportivi, che a quanto pareva erano abbastanza difficili da ottenere, le università americane sono molto costose, e la famiglia di Sakuragi non avrebbe potuto permetterselo. Senza contare che il rosso era a un livello di inglese così basso che doveva sedersi a pensare prima di tradurre “the cat is on the table”, per cui era impensabile immaginarsi che sarebbe stato in grado di seguire le lezioni.

Per cui, in fin dei conti, era un compromesso ancora accettabile. E Sakuragi aveva ragione: militare in qualche squadra universitaria in Giappone e nella Nazionale sarebbe comunque equivalso a mettere il piede nella porta per farsi notare dalle alte sfere. Oltretutto, l'accesso alla Nazionale era già garantito: per la sofferenza di Miyagi, che avrebbe dovuto rinunciare a loro nel suo ultimo campionato invernale del liceo, sia Rukawa sia Sakuragi erano già stati convocati per le amichevoli di dicembre, preludio all'ingresso ufficiale in campo nell'estate successiva, per i Mondiali Juniores.

Rukawa respirò l'odore di salsedine e si chiese, allora, come mai non si sentisse del tutto a casa.

Non aveva mai odiato il Giappone: ne apprezzava i ritmi ben stabiliti della vita, la cultura, la stima per l'impegno posto in essere, e dentro di sé sapeva che avrebbe odiato l'America. Enormi porzioni di cibo disgustoso e grondante grasso, caos incontrollato, redneck dalla pallottola facile, sporcizia... eppure, qualcosa mancava.

Rukawa si chiese, alla lontana, se non fosse diventato una di quelle persone inutili che trovano un senso alla vita solo quando sono in compagnia del partner, ma sfatò rapidamente l'idea: aveva appuntamento con Sakuragi di lì a poco, e quando il suo pensiero si volgeva a lui non provava altro che un senso di trepidante attesa, una felicità dolceamara divisa tra il pensiero che presto sarebbero stati insieme e la realtà dei fatti, cioè che non lo erano ancora per cui era presto per cantar vittoria.

Osservò un gabbiano che litigava per estrarre qualcosa che si era incastrato tra gli scogli e pensò a tutto ciò che lo circondava: la vita procedeva, altalenando tra giorni noiosi, in cui non succedeva nulla se non il lento trascinarsi delle ore, e giornate così piene di avvenimenti che alla sera Rukawa si ritrovava a letto con gli occhi spalancati a ripercorrere i fatti, pensando che non si sarebbe mai e poi mai addormentato, salvo poi crollare stremato e risvegliarsi solo al trillo della sveglia, puntata come sempre alle sei e quarantacinque del mattino.

Ripensò alla settimana prima, quando lui e Sakuragi si erano attardati in spogliatoio: nel pomeriggio c'era stato un grosso temporale, e il cielo plumbeo e cupo aveva spinto i compagni di squadra a correre a casa il prima possibile. La conseguente tentazione di restare a farsi qualche coccola clandestina era stata troppo forte per resistere, e d'altronde né Rukawa né Sakuragi avevano intenzione di opporsi. Quando finalmente erano riemersi dallo spogliatoio, avevano trovato Ayako seduta sulla panchina a bordo campo, sola e con la testa china. Alle domande preoccupate di Sakuragi aveva spiegato che lei e Akagi si erano lasciati. Incompatibilità, aveva detto, e Sakuragi non aveva insistito. Poi, Ayako aveva rivolto ad entrambi un piccolo sorriso: -Comunque, io non ho sentito niente. Congratulazioni, disastri.- come se non bastasse, poi, tornando a casa avevano incontrato Miyagi che parlava fitto fitto con una ragazza mai vista prima, e addio ad ogni ipotesi che Ayako finalmente si decidesse a mettersi con lui. Le chiacchiere di Sakuragi sull'argomento erano state così infinite e intricate da stordire Rukawa, che persino ore dopo, una volta a letto e pronto a dormire, aveva continuato a sentire la sua voce.

E c'erano state poi altre giornate lunghe e noiose, rese ulteriormente pedanti da qualche lugubre pioggia presagio d'autunno, che quell'anno parevano aver posto fine all'estate con un po' di anticipo. Giorni in cui non era successo assolutamente niente, così tanto niente che un paio di volte lui e Sakuragi non avevano trovato nulla da raccontarsi ed erano rimasti solo seduti insieme, a lasciarsi avvolgere da quel particolare tipo di silenzio che esiste solo nelle scuole: un silenzio risuonante di lontane voci, vaghi rumori, un brusio di fondo troppo debole per infrangere la loro campana e troppo forte per essere del tutto ignorato.

Ma, ammise Rukawa, anche annoiarsi aveva un sapore diverso, quando gli riusciva di farlo con la testa appoggiata alla spalla di Sakuragi.

Sorrise tra sé e sé, poi sollevò la manica della giacca a vento e controllò l'ora: tra poco, proprio lui sarebbe arrivato. Avevano appuntamento con i ragazzi della Gundan mezz'ora dopo per andare al cinema a vedere Il Quinto Elemento: Mito lo voleva vedere per Milla Jovovich, Rukawa per Bruce Willis e Sakuragi si era venduto per la promessa di un catino di pop-corn.

 

-Ehilà, sono in ritardo?- chiese Sakuragi, arrivando dalla strada. Si era tolto scarpe e calze e aveva arrotolato i pantaloni per non sporcarli con la sabbia; un residuo della sua abbronzatura di lentiggini faceva ancora capolino su quella porzione di polpaccio esposta, creando un gradevole contrasto con il beige dei pantaloni.

-No, sono io in anticipo.- rispose Rukawa, -Ciao.

-Ciao.- Sakuragi sorrise e si sedette al fianco del fidanzato sulla sabbia.

-I tuoi pantaloni erano puliti, un attimo fa.- gli fece notare Rukawa.

-Tanto poi mi siedo sulla poltrona del cinema.- ribatté Sakuragi, facendo spallucce, -Non è che le disinfettano esattamente tutti i giorni.

-Una volta ho trovato un fossile di stegosauro, in un cinema.

-Tutte a te le fortune, io al massimo ho trovato che qualcuno non aveva tirato l'acqua.

-Bleah.

-Improvvisamente non mi scappava più.

-E ti credo.- cadde il silenzio. Rukawa non riuscì a farsi venire in mente altro da aggiungere, e Sakuragi sembrava imbarazzato.

-Vorrei tanto baciarti.- disse infine il rosso.

-Anch'io.- ribatté Rukawa, combattuto.

-Ci mettiamo in ultima fila?- propose Sakuragi.

-Andata.- Rukawa distolse lo sguardo da lui e si mise a fissare il mare senza vederlo realmente. Gli pareva che ci fosse qualcosa di diverso, e sapeva che probabilmente ciò era ascrivibile al fatto che nessuno dei due sapesse davvero come comportarsi ora che il loro rapporto era passato di livello.

-Ehm... Kaede?- chiamò a bassa voce Sakuragi.

-Sì?

-Tu... stai bene? Voglio dire, non... ti fa male da nessuna parte, o...

-Niente di che. Ne valeva la pena. E ne varrà sempre la pena.- lo tranquillizzò Rukawa. Percepì il corpo di Sakuragi rilassarsi dal flebile contatto delle loro braccia che si sfioravano appena.

-Che ne dici se cominciamo ad andare verso il cinema?- propose Sakuragi, -È ancora presto ma nel caso possiamo fermarci a bere qualcosa in un bar.

-Va bene.- disse Rukawa, poi si alzò. Fece una smorfia, quando a causa di un movimento sbagliato avvertì una fitta al basso ventre, e Sakuragi lo sorresse. -Ohi, sei sicuro che stai bene?- chiese.

-Sto bene. Ok, mi fa male un po' il culo, ma non è niente di che.- rispose Rukawa a denti stretti, sentendosi un po' umiliato.

-Fin lì c'ero arrivato, che tu mi creda o no. Solo, sembri un po'... non saprei.- Rukawa lo fissò stralunato. Credeva che il suo turbamento fosse invisibile, e invece ecco che come sempre Sakuragi sapeva guardargli dentro, superare la sua maschera imperturbabile e capire che nascondeva qualcosa. E si rese conto anche del fatto che, lungi dall'essere inquietante, questa sua capacità era invece confortante: se fosse stato sempre così, Rukawa non avrebbe mai dovuto piegarsi a dire che stava male, cosa che gli pesava immensamente. Poteva esprimere il proprio turbamento, ma attirare l'attenzione per far presente al prossimo che non era del tutto sereno era ben altra cosa: aveva il sospetto che non si sarebbe mai liberato della sensazione di essere un peso per gli altri, e anche se i fatti gli avevano spesso dimostrato il contrario non poteva forzare se stesso a tanto. Si mise a camminare verso la strada, seguito da Sakuragi, poi si fermò di fronte ai gradini per permettere al rosso di rimettersi calze e scarpe.

-Non so, ogni tanto mi torna in mente la lettera.- non ci fu bisogno di specificare quale, non con Sakuragi. Eppure, a Rukawa sembrava che non fosse tutto lì. Certo, c'entrava la lettera, ma non era tutto lì e Rukawa ne era consapevole, per quanto si trattasse di una consapevolezza vaga e molto fumosa. Sperava con quello di chiudere il discorso, dal momento che ulteriori domande l'avrebbero solo fatto irritare, ma Sakuragi lo stupì di nuovo.

-Già, capisco. È quel... senso di aspettativa crollata, no?- Rukawa sgranò gli occhi; Sakuragi finì di allacciarsi la scarpa e gli rivolse uno sguardo malinconico.

-Ti fai un sacco di film in testa su come andrà la tua vita, tutti piani perfetti, tu sei l'eroe... e poi c'è sempre qualcosa che ti fa saltare le carte.

-Sì, ma...- disse Rukawa d'istinto, -Io sto bene! Sto con te, e hai ragione, per entrare nell'NBA basta mettermi in luce in Giappone, eppure...

-È perché da tutte le parti ti dicono che devi per forza essere il migliore in tutto. E tu ti impegni al massimo, ma ogni tanto non basta, e allora ti chiedi se davvero vali abbastanza. Sai, io sono una schiappa nei tiri in sospensione.

-Non sei una schiappa!- protestò Rukawa, -Stai ancora imparando, e lo sai che migliori!

-Beccato! Lo pensi davvero?- chiese Sakuragi, girandogli le spalle e mettendosi a camminare.

-Certo che lo penso davvero!- ribatté Rukawa, seguendolo.

-Quindi pensi che io valgo abbastanza?

-Hana kun. Tu vali ben più che abbastanza.- Sakuragi si bloccò così di scatto che per poco Rukawa non gli andò a sbattere addosso.

-Fammi un favore, Kaede. Tratta anche te stesso come tratti me.- Rukawa sbatté le palpebre. Come poteva Sakuragi Hanamichi, l'idiota, il buffone, uscirsene con una frase e ribaltargli il mondo?

-Può non andare tutto come l'abbiamo programmato, Kaede.- disse ancora Sakuragi, -Guarda me. Sei mesi fa avrei dato per scontato che quel film sarei andato a vederlo con Haruko, che saremmo cresciuti insieme, ci saremmo sposati e avremmo fatto tanti bei bambini.

-Te li avrei augurati tutti uguali al Gorilla.- bofonchiò Rukawa, per nessun motivo se non il turbamento che Sakuragi gli aveva creato facendogli notare che usava due pesi e due misure con se stesso e con gli altri.

-Sì, comunque. Bleah, che orrore, un baby Gori. Comunque. Anche se non tutto è come volevi...

-Ho capito.- tagliò corto Rukawa. Lo guardò negli occhi, e Sakuragi sembrò rendersi conto che aveva capito davvero il concetto: che anche se nessuno avrebbe fatto un film sulla vita di Kaede Rukawa perché le giovani generazioni ne traessero ispirazione, la cosa importante era andare a letto la sera sapendo di aver dato il meglio di se stessi.

E dopotutto, se accontentarsi significava stare con Sakuragi, giocare nella Nazionale Juniores e avere accanto amici e famiglia, non era proprio il caso di lamentarsi. Rukawa prese per mano Sakuragi, facendolo sussultare per la sorpresa, e come se niente fosse riuscì per la prima volta nella vita a tacitare quella voce nella sua mente che intesseva crudeli trame, subdole idee marce che gli rodevano l'animo nelle ore piccole della notte, quando la luna è tramontata e la sola compagnia sono i rimasugli di sogni rancidi che parlano di disfatte e fallimenti.

Si rese conto che dietro alla facciata da pagliaccio Sakuragi era molto più adulto di lui, ma forse era un bene: si augurò che questo suo altalenare tra le bambinate e la saggezza l'avrebbe accompagnato per il resto della vita. Aveva la vaga sensazione che non tutto sarebbe stato facile come andare a canestro attraversando di corsa un campetto pieno di avversari che esistevano solo nella sua mente, ma covava anche il magnifico sospetto che Sakuragi avrebbe potuto abbattere i veri nemici a spallate con la sola forza del suo buon cuore e della sua innata allegria.

-Sai una cosa?- disse Rukawa, e Sakuragi alzò gli occhi dalle loro mani intrecciate, -Se esiste un paradiso e non è così, allora non voglio andarci.

-Ohi, Volpe, quanta dolcezza!- disse Sakuragi, e Rukawa gli tirò un pugno nello stomaco.

-AHIA! Adesso ti riconosco...- gemette Sakuragi, e si incamminò di nuovo verso il cinema.

 

Rukawa prese posto in ultima fila e Sakuragi si sedette di fianco a lui; per prima cosa, ficcò la mano nel contenitore dei popcorn e ne prese una manciata enorme.

-Do'aho, guarda che devono durare almeno fino ai titoli di testa.

-Uffa.- ribatté Sakuragi con la bocca piena. Masticò a lungo, mentre Rukawa scuoteva la testa, poi disse: -Sai, oggi il Tappo usciva con Ayako.

-Nh. Davvero?

-Sì, me l'ha detto ieri.

-E quella tipa dell'altro giorno?- chiese Rukawa, allontanando i popcorn. Forse, se l'avesse lasciato parlare, sarebbe riuscito a conservare almeno qualche fiocco per le prime scene.

-Una di seconda, mi ha detto il nome ma non mi ricordo. Ha detto che è simpatica e che le vuole bene, e che è indeciso.- spiegò Sakuragi.

-Mi sembra poco corretto uscire con Ayako mentre sta con lei.

-Non stanno insieme, sono usciti per la prima volta quel giorno lì. Sai, all'inizio ho pensato che Ayako era un po' approfittatrice a uscire col Tappo... voglio dire, ti molli con uno e subito vai da quello che sei sicura che ti adora...

-Nh.- Rukawa fece spallucce. Potevano esserci un sacco di motivi che l'avevano spinta ad agire in quel modo, oltretutto anche Sakuragi aveva fatto la stessa cosa.

-Poi mi sono ricordato che anch'io ho fatto la stessa cosa.- disse infatti Sakuragi, e Rukawa alzò le antenne: ormai riconosceva i segni, e sapeva che probabilmente stava per arrivare una delle sue sviolinate allo zucchero che fingeva di detestare ma che in segreto adorava.

-Stare insieme ad una persona che ti ama è... non so, a me sembra che quando sono con te tutto ha di nuovo senso. Non mi incastro più nelle mie idee strane, riesco a ragionare... forse per Ayako è lo stesso. Spero solo che non tratti male il Tappo. È un nano deforme, ma gli voglio bene.

-Non lo farà.- decretò Rukawa, ricordando il discorso che aveva fatto con Ayako quell'estate, quando erano al campionato nazionale, -Gli vuole bene. Se poi sarà amore, lo vedremo col tempo.- Sakuragi sorrise, poi disse: -Bruce Willis, eh? Ti piacciono i pelati?

-Devo dire che quando ti sei rasato l'anno scorso un paio di seghe me le sono fatte.

-Solo un paio?- insistette Sakuragi, ma Rukawa lo ignorò. Le luci si spensero gradualmente, e lui si mise un dito davanti alle labbra per incitarlo al silenzio.

Nel buio totale, prima che i titoli di testa cominciassero ad apparire sullo schermo, le labbra di Sakuragi trovarono quelle di Rukawa e vi si posarono; come sempre, era un colpo al cuore, anche dopo quasi un mese.

Di colpo, Rukawa seppe che sarebbero cresciuti insieme, e si sentì intimorito dall'ineluttabilità dello scorrere del tempo; ma ci sarebbero stati ancora molti altri giorni da vivere fianco a fianco, e in quel momento solo una cosa aveva importanza.

Erano loro due, era domenica pomeriggio, erano al cinema a baciarsi e mangiare pop-corn, avevano il basket e un sacco di pettegolezzi, e quello non era altro che l'inizio.

 
   
 
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