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Autore: Irene_Violet    20/05/2020    2 recensioni
Vi è mai capitato di avere delle idee ascoltando una determinata canzione o magari guardando un'immagine?
Questo genere di idee spesso non sono che intuizioni passeggere. Ho deciso di raccogliere qui, ciò che risulterà da alcune di queste intuizioni, ispirate da terze parti, sotto forma di One Short o di storie con massimo 2-3 capitoli, in cui i personaggi di DC/MK si troveranno in situazioni particolari o semplicemente inaspettate. Spero possano piacervi, vi auguro buona lettura.
-Irene_Violet
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoko Nakamori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Post del 31/1X/20XX

Ho avuto l’ispirazione dall’ascolto di una canzone. Vi siete mai chiesti come ci si sente a prendere il posto di qualcun altro? Siete mai stati tentati di farlo? Forse e meglio restare al proprio, o almeno questa è la mia modesta opinione. Ladies and Gentlemen, please take a seat, and Enjoy the show! -K

 

 

 

 

Now... we're even.

 

Le previsioni del tempo non avevano torto. Sulla città di Tōkyō, aveva preso a soffiare un forte vento salmastro, proveniente da Nord dalla zona dell’Hokkaido. La ragazza dovette chiudere almeno una palpebra, per sopportare la sensazione dell’aria sul viso, nonché del freddo che aveva cominciato a penetrarle nelle ossa. Con le mani in alto e la testa inclinata appena verso l’alto, spostò brevemente lo sguardo verso il limite del palazzo, sul cui tetto si trovava in piedi. Sarebbe stato facile scappare gettandosi nel vuoto, peccato non avesse intenzione di farlo. Si voltò dunque verso l’interno della zona del tetto, osservando il gruppo di uomini vestiti di nero che le puntavano le pistole addosso. Non pensava di certo le cose sarebbero andate in quel modo, quando era andata al museo quella sera; però ormai era andata! Doveva affrontare le conseguenze delle sue scelte.

 

«Hai solo due scelte… cercare di fuggire, sapendo però che ti abbatteremo oppure consegnarci Pandora e sperare di avere salva la vita.»

 

Snake con un sorriso sadico sulle labbra e la sua fida Beretta stretta tra le mani, osservò con gli occhi luccicanti, l’esile figura che aveva di fronte. Era impaziente di premere il grilletto, lo avrebbe fatto non appena avesse messo le mani sulla gemma. Dopotutto, era scontato: in nessun caso avrebbe l’avrebbe lasciata in vita. I testimoni oculari sono sempre una variabile pericolosa e quella ragazza l’aveva vista più volte bazzicare nei luoghi in cui venivano esposti i Big Jewel. E per giunta essendo vicinissima ad un ispettore di polizia, se avesse ottenuto i necessari permessi per frugare tra i database dei ricercati internazionali, avrebbe potuto facilmente associarne l’aspetto a quello che era il suo nome ed in quel caso, non sarebbe bastato essere cauti, avrebbe rischiato di compromettere la sua posizione.

«Vi ripeto che state commettendo un grave errore! Non l’ho presa, non ho fatto in tempo! Ed uccidermi non farà che peggiorarvi le cose...»

 

«Se non l’hai con te, allora dovrai sbrigarti a dirci dove la nascondi… oppure, saltare di sotto.» - rispose Snake senza mostrare un briciolo di esitazione, tirando indietro il cane ed armando quindi la pistola, la prossima mossa sarebbe stato piantarle una pallottola in pieno petto - «E questa volta, nessuno Zaffiro indiano, potrà impedirti di morire... »


Lo sguardo serio della ragazza non si smosse minimamente, mentre fissava la canna scura della pistola, sarebbe stata una questione di secondi, poteva ancora salvarsi, non aveva ragione di farsi prendere dal panico. Proprio durante quei pochi istanti, però accadde qualcosa: la porta che dal tetto conduceva all’ultimo piano della costruzione, si spalancò scricchiolando pigramente. La stanza in questione era piena di oggetti sparsi, era chiaramente in fase di ristrutturazione, con latte di vernice e pennelli abbandonati sul suolo polveroso; sembravano il tipo di scenario consono ad accompagnare la campana dell’allarme antincendio. Chiunque fosse doveva aver pensato fosse un buon modo per attirare l’attenzione, difatti per strada si sentivano distintamente delle sirene spiegate avvicinarsi; il cigolio spinse la castana a guardare in quella direzione, portandola a sgranare gli occhi per lo sconcerto. Un uomo ansimante ed avvolto nel suo caratteristico completo bianco, si era affacciato sulla porta con in mano la sua particolare pistola. Ansimava ancora, mentre alzò il braccio nella sua direzione. Sparò. Un asso di fiori colpì la mano del criminale il quale era in procinto di fare lo stesso, allontanandone così l’arma di diversi metri. Snake percepito il dolore, si voltò di scatto con aria truce.

 

«Che diavolo significa tutto questo…?! K-Kaitō KID… tu!»

 

Egli non proferì parola, continuò a fissare in quella direzione, respirando in modo pesante, con lo sguardo, puntato verso l’ostaggio che per altro gli stava restituendo un’espressione a dir poco terrorizzata. Non poteva fare altro: alla sua vista le si era congelato del tutto il sangue nelle vene, si sentiva quasi come fosse diventato di colpo di sasso. L’unica funzione del suo corpo che ancora poteva dirsi coerente, era il pensiero, anch’esso però limitato, nient affatto pragmatico… Ne aveva vissute parecchie, ma poche volte aveva finito con il bloccarsi non avendo la minima idea di cosa fare. Possibile non avesse notato le decine di uomini armati che avevano provveduto a puntare le loro armi dalla sua parte? Anzi, tanto per cominciare non avrebbe dovuto farsi vedere, non doveva essere lì! Cosa diavolo stava pensando?

Quello scambio di sguardi, durò pochi secondi, che parvero quasi un’eternità e per tutto il tempo, sperò con tutta sé stessa che i suoi pensieri potessero raggiungerlo:

“Corri… Veloce… Scappa…! Sbrigati, prima che sia troppo tardi! Se chiudi la porta ora e fuggi, nascondendoti da qualche parte… allora… Ti prego mettiti in salvo… Aoko!”

 

 

【Qualche ora prima...】

 

 

Erano ormai pomeriggio inoltrato tra non molto il cielo avrebbe cominciato a tingersi di un bel colore aranciato, quando Aoko si ritrovò a stirare le braccia verso l’alto con un gemito, per poi accasciarsi contro lo schienale della sedia. Sentiva un disperato bisogni di fare due chiacchiere con qualcuno o anche solo di ascoltare un discorso non inerente alla nemesi di suo padre, o a qualunque episodio di attualità. Doveva staccare la spina, e quale persona poteva essere più indicata per una situazione del genere, se non la mamma del suo amico d’infanzia, con le sue storie di viaggi e ricordi di “gioventù”. Il lato negativo – per lo meno a detta del figlio – però era che una conversazione simile poteva durare ore ed alla fine ci si sentiva quasi totalmente spossati. La liceale sospirò soddisfatta alzando lo sguardo verso il soffitto della camera: si sentiva totalmente svuotata, libera da ogni pensiero superfluo o stressante.

 

“Come immaginavo, Kaitō è il solito… Se solo si degnasse di ascoltare come si deve Chikage-san, non avrebbe motivo di lamentarsi!”

Non era sorpresa che il ragazzo esagerasse, era un modo come un altro per attirare l’attenzione. Tornata a sedersi composta sulla sedia, la ragazza dette uno sguardo fuori dalla finestra… Cosa le aveva chiesto esattamente di fare Chikage, a proposito di casa Kuroba. Aoko fece mente locale, cercando di rammentare quale fosse la richiesta della donna, mescolata in mezzo a tutti gli argomenti che avevano trattato nella loro video-chiamata. Ci mise un po’, ma infine batté la mano destra sul palmo aperto della sinistra.

 

«Oh, giusto! Ecco cos’era!»

 

Più o meno la conversazione era andata in questo modo:

 

«” Aoko-chan, se non ti chiedo troppo, puoi controllare che il mio Kaitō non metta tutto in disordine. Nell’ultima chiamata di qualche giorno fa, sembrava che nella sua stanza fosse esplosa una bomba! Bé, non mi sorprende essendo un adolescente che vive da solo… chissà cosa potresti trovare lì in mezzo al suo disordine! A pensarci bene, lascia stare, fai anche troppo per lui. Fa’ finta non ti abbia chiesto nulla! Allora dicevamo… eravamo in un bel ristorante francese… [...]”»

 

Chikage Kuroba aveva praticamente lanciato la pietra e nascosto non solo la mano, ma il braccio intero, impedendo alla ragazza di dare la sua disponibilità, anche volendo, tuttavia la castana si era detta che non fosse per lei di chissà quale impiccio, fare una capatina nella casa di fronte, per dare una mano. Era più o meno, fin dalla morte del padre di Kaitō, che non vi metteva piede, o per essere precisi che non aveva più l’occasione per mettervi piede, per ovvie ragioni. In pratica il ragazzo passava più tempo in casa Nakamori che nella propria e di contro lei, sapeva sarebbe passato da lei a meno che non l’avvisasse del contrario o non fosse bloccato a letto con uno dei suoi proverbiali raffreddori da “14 febbraio”. Senza contare che quelle poche volte in cui si trovava di passaggio, le condizioni della casa, non erano poi tanto tremende da invocare un tocco femminile.

 

«… però, devo ammettere di essere un po’ curiosa.»

 

A giudicare dai movimenti intuibili sbirciando nella finestra di fronte alla propria, Kiatō non era in casa. La liceale decise dunque di uscire dalla propria abitazione, resto diversi minuti a fissare la facciata della famigliare casa a due piani, si guardò intorno piuttosto circospetta… quasi avesse paura di essere notata, prima di avvicinarsi alla porta principale e provare a bussare, non ottenendo risposta. Poco dopo si inginocchiò, tastando la parte inferiore del telaio della porta, stando alle parole della donna, Tōichi Kuroba, aveva nascosto da quelle parti una copia delle chiavi. Non ci mise molto a trovarla, le bastò dare qualche colpetto qui e là e l’oggetto cadde a terra come fosse piovuta dal cielo. Per quanto ci fosse abituata, essendo cresciuta al fianco del figlio di un mago, quella famiglia, era sempre in grado di stupirla in qualche modo, cosa che rafforzò la curiosità della giovane, nell’infilare la chiave nella toppa.

 

«Uhm… mi sento un tantino in torto a entrare non invitata… però… C-Chikage-san mi ha chiesto aiuto, perciò...» - si dette quella giustificazione, girando la chiave e sbloccando quindi la serratura - «O-Ojama shimasu!» ; (Con permesso/Scusate per l’intrusione)

 

Si chiuse la porta alle spalle, per poi togliersi le scarpe lasciandole all’ingresso, conosceva quegli spazi come le sue tasche, eppure si dette uno sguardo attorno, quasi stesse esaminando tutto per la prima volta. Passò prima in cucina e la trovò assolutamente linda, neppure una posata fuori posto, o un piatto nel lavello. La cosa la spinse istintivamente al sorriso; a dire il vero, anche parlando del semplice ordine o della pulizia degli ambienti, non avrebbe avuto nulla di particolare da segnalare. Passò dunque al piano di sopra, ignorando la stanza matrimoniale ed il bagno, per dirigersi di filato verso l’unica stanza, per cui era giunta ad intrufolarsi come una ladra in perlustrazione. Stava per allungare la mano verso la maniglia della porta in questione, quando la colpì proprio quel pensiero. Non era forse questo il modus operandi di un ladro? Osservare o prendere informazioni su un dato luogo, accedervi furtivamente in modo da programmare una via di fuga ed eventuali trucchi, per poi tornarvi una seconda volta per effettuare il furto…

Il corpo della ragazza ebbe un fremito, era più forte di lei, si sentiva mortalmente in colpa anche solo all’idea.

 

“Do solo un’occhiata… vedo se la stanza è davvero in disordine e torno indietro. Sicuramente Chikage-san si sarà sbagliata. Ma sì, forse aveva il letto sfatto o qualche foglio sparso e lei ci avrà visto un disordine madornale! Non c’è altra spiegazione… Quindi… Ehm… solo una sbirciatina e toglierò il disturbo...”

 

Nonostante l’ennesimo tentativo di auto-convincimento, Aoko serrò le palpebre nel suo afferrare la maniglia rivolgendola verso il basso, spinse poi la porta in avanti aprendosi uno spiraglio, dunque vi si avvicinò con il viso, cautamente quasi con la paura di venire colta in flagrante da una presenza invisibile di qualche tipo. Deglutì, decidendosi quindi ad esaminare le condizioni della stanza. Né il pavimento, né la scrivania presentavano traccia di essere in cattiva condizioni, mentre il letto aveva le lenzuola a posto e ben tirate. Era una stanza perfettamente ordinaria ed ordinata al punto giusto. Solo allora la cosa le parve ovvia: anche fosse stata in disordine in quel dato momento, non poteva rimanerlo per i giorni a venire, per altro Chikage deve averlo ripreso, quindi il diretto interessato si sarà sentito in dovere di rimediare a quella situazione. Era stata una sciocca ad arrivare a qual punto, per semplice curiosità; per altro cosa pensava di trovare? Era quasi pronta a chiudere la porta quando in effetti notò una cosa fuori posto: il quadro che ritraeva il padre di Kaitō. Lì dove doveva esserci il dipinto dell’uomo in completo sorridente, non era ben visibile, era in qualche modo storto. Quel dettaglio la spinse a rompere il suo schema, ed entrare nella stanza del ragazzo senza pensarvi troppo. Avvicinandosi fu in grado di confermarlo, la cornice non era fissata al muro, anzi sembrava più un pannello mobile che un quadro.
 

Rimase quasi a bocca aperta nel constatarlo, pose dunque una mano sullo spessore della cornice, tirandolo indietro, c’era uno spazio lì nel mezzo, piuttosto buio per cui la ragazza dovette sporgersi per sperare di poter distinguere qualcosa, dato che la luce che filtrava dalla finestra finiva con l’essere bloccata dalla sua presenza, però quel poco che riusciva a superarla, dava l’impressione della presenza di ombre difficilmente distinguibili. Si fece nuovamente più avanti con il busto, ma in questo modo, finì con il perdere la presa sulla cornice del dipinto ed il pannello si sentì legittimato a richiudersi alle sue spalle, dandole un energica spinta verso l’interno dello spazio misterioso. Si ritrovò nel giro di qualche secondo a precipitare nel vuoto, verso una destinazione ignota, per cui spaventata a morte, non riuscì a trattenersi dall’urlare a squarciagola, anche se nessuno avrebbe potuto sentirla.

 

«AAAAAAAAAH!»

 

L’impatto del busto su qualcosa di morbido al punto da farla rimbalzare, la spinse ad aprire lentamente le palpebre. Per qualche secondo ebbe la vista annebbiata dalle lacrime di paura, ma quando queste scivolarono sulle sua guance, Aoko capì di essere su di una sedia rivestita di pelle rossa, vi era finita in maniera scomposta, intanto che tentava di prendere una posizione più consona, la castana cominciò a guardarsi intorno: la stanza era illuminata da una serie di riflettori. Era una stanza che pareva essere interrata, ma nonostante ciò aveva una grande dignità. Pavimento a scacchi ed i muri erano ben tenuti, non avevano traccia di presenza di umidità o muffa, l’arredamento non era esagerato, ma vi erano davvero molti oggetti esposti, tanto da sembrare una specie di “cantina”; le parve di intravedere una tuba ed un mazzo di carte, mentre tornava a raddrizzare la schiena, tra le cose che però saltarono più all’occhio vi era una sfavillante auto parcheggiata, ed un Jukebox, posto proprio di fronte a dove si trovava in quel momento. Non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo: le bastò sedersi come si deve che la poltrona fece uno scatto inaspettato in avanti, lasciando la sua passeggera sbigottita.

 

«Eh? EH? Che succede?»

 

Si guardò d’istinto alle spalle e notò un paio di binari che si congiungevano con la poltrona in questione, non trovò modo di stupirsi in tempo, poiché subì uno scossone, simile a quello di una frenata brusca, difatti la sedia si fermò. Alle sue spalle si udì un rumore che Aoko non seppe definire, ma era ovviamente successo dell’altro, quindi si voltò sicura avrebbe assistito a qualche altra stranezza. Si sentiva pronta, anche se nulla l’avrebbe preparata per quello che avrebbe visto. Una piastrella del pavimento si era sollevata rivelando una cabina rettangolare, ed al suo interno, giaceva un completo a lei piuttosto familiare. Giacca, pantaloni, e scarpe bianche con in coordinato un cilindro con una striscia di tessuto di colore blu, in tinta con la camicia del completo con una cravatta rossa ed infine un paio di guanti candidi ed un monocolo dalla cui cordicella pendeva un triangolino nero di plastica con stampato su un quadrifoglio. La castana si sentì d’un tratto molto debole, dovette sorreggersi la testa, perché le parve la stanza avesse cominciato a girare.

 

Non era possibile, non era normale che da uno spazio segreto del pavimento di una stanza nascosta, spuntasse fuori un costume di quel genere, senza che vi fosse un significato profondo dietro. Era decisamente troppo per essere il lavoro di un semplice estimatore. Sembrava piuttosto una sorta di Bat-caverna personalizzata. Una volta che riuscì a riprendere il controllo sul suo equilibrio, sentì il bisogno di spostarsi e guardare per bene quegli oggetti presenti nella stanza, nel tentativi di trovare un qualche indizio che urlasse chiaramente:

“È solo un elaborata prova di ammirazione nei confronti di un mago fan di un altro “mago”, le cui abilità venivano usate però nel modo sbagliato”.

 

Trovò una singolare pistola che ricordò di aver visto in TV durante uno dei vari servizi riguardanti il ladro. Vi erano diversi set di strane palline, alcune piccole e di colore bianco, altre più grandi e scure. Non aveva idea di a cosa servissero, ma le rimise a posto non volendo rischiare di combinare qualche guaio. Aoko dunque dopo aver dato un’occhiata sommaria, aggirò la cabina contenente l’abito per raggiungere il Jukebox, leggendo i titoli dei vari dischi, la curiosità le stava imponendo di schiacciare un tasto qualsiasi, per capire cosa contenessero quei vinili, ma la castana scosse la testa resistendo alla tentazione. Qualunque cosa fosse quella stanza, non voleva averci nulla a che fare, anzi doveva trovare il modo di uscire di lì! Tornò dunque verso la sedia, per capire se e dove fosse posto il meccanismo in grado di muoverla e se ci fosse un modo con il quale risalire il condotto per spuntare nuovamente fuori da dietro il dipinto in camera di Kaitō. Si inginocchiò per esaminare la parte inferiore della seduta ed i lati con estrema cura, era talmente concentrata in quel compito, dunque non ebbe modo di accorgersene… uno dei tasti del Jikebox si attivò, azionando il meccanismo che portò un vinile a poggiare sul supporto metallico e dunque la puntina sul primo solco presente sul disco. Una lieve musica tranquilla cominciò a riecheggiare, spingendo la ragazza ad alzare la testa di scatto, colpendo involontariamente il bracciolo della sedia.

 

«Ah...ia! Che male… Ugh...» - mugugnò la liceale portandosi le mani a protezione della zona in cui aveva accusato il colpo, mentre una voce conosciuta, che non udiva da molto tempo, cominciò a parlare come previsto da quanto inciso sul supporto.

 

«”Ascolta Kaitō e fallo attentamente… [...]”»

 

Per la seconda volta in pochissimo tempo le iridi limpide della castana si riempirono di sconcerto. Era la voce del padre dell’amico d’infanzia, chiara e limpida e ciò che disse fece tremare il cuore della giovane più di qualunque altra cosa al mondo. Dovette ammettere di non essere per nulla sicura di aver capito tutto, difatti aveva colto poche ed essenziali frasi che alludevano a gente pericolosa alla ricerca di un gioiello e come lui avesse dovuto “sparire” per evitare spiacevoli complicazioni. L’ultima parte dell’incisione era una specie di avvertimento, che le fece venire letteralmente i brividi:

«[…] “Non abbassare mai la guardia… potrebbero colpire quando meno te lo aspetti”»

 

 

Il pomeriggio in questione Kaitō uscì presto di casa, verso le quattro per recarsi al museo in cui avrebbe compiuto il prossimo colpo in programma quello stesso tra un paio di giorni. Aveva comprato un bentō da portare con sé e si era travestito dalla sua amica più stretta per facilitare il suo ingresso all’interno. Dall’ultima volta in cui quel criminale che c’è l’aveva con sua madre, aveva preso un’enorme granchio, pensando alla ragazza come successore del KID scomparso otto anni prima, si era detto di limitare quel travestimento ai casi di emergenza, proprio per limitare al minimo il coinvolgimento della ragazza in situazioni pericolose. Certo, la sua vicinanza era preziosa, ma mai quanto la sua fiducia oppure la sua incolumità. Per questo, voleva proteggere il suo segreto ad ogni costo, per non ferirla in alcun modo. Nonostante ciò, aveva ritenuto opportuno prendere in prestito la sua faccia per quel sopralluogo, sapeva che il gioiello in questione era protetto su più fronti e non solo da Nakamori, ma anche dal proprietario del gioiello in questione che era risaputo avesse un debole per il “gentil sesso”, quel che era peggio e che giravano voci, per cui avesse un debole per le giovani di forme acerbe e l’aria innocente. E per sua (s)fortuna Aoko rispondeva bene a tali requisiti e dal momento che non avrebbe mai lasciato la sua amica alla mercé di un potenziale predatore – non sopportava di vederla con Hakuba, che sapeva essere un semplice damerino di prim’ordine, figurarsi se avrebbe permesso ad un tizio tanto viscido di avvicinarla – per cui non aveva altra scelta, se non mettersi in gioco in prima persona.

 

Raggiunto il museo, il mago dopo aver consegnato la cena all’ispettore, cominciò a gironzolare tra le varie opere per poi cominciare a gironzolare distrattamente attorno al proprietario del gioiello, in finti tentativi maldestri di civettare mostrandosi interessato a come l’uomo avesse ottenuto il gioiello. La polizia aveva naturalmente limitato gli ingressi ai visitatori, eppure c’era comunque un numero nutrito di comuni visitatori, quindi non avrebbe avuto difficoltà nel far perdere le sue tracce ne avesse avuto bisogno, per poi riprendere successivamente i panni dell’amica. Ad un certo punto della sua “recita”, Kaitō ebbe un presentimento orribile, come se lo stesse tenendo d’occhio con fare minaccioso, si guardò brevemente intorno, ma non individuò nessuno di sospetto.

 

“Che me lo sia immaginato?”

 

Il giovane Kuroba fece spallucce e tornò ad intrattenersi con quel viscido omuncolo, non sapendo di avere maledettamente ragione. Tra quelle sale si aggirava furtiva una sua conoscenza, con soprabito e cappello nero che mal celavano il suo sguardo truce e l’apparenza sospetta, Anche l’organizzazione misteriosa era a caccia di quella pietra e i suoi quella ragazza dai capelli castani, l’avevano già vista almeno un paio di volte, nei luoghi in cui quell’impiastro di KID aveva fatto la sua comparsa. Tenerla d’occhio era il minimo, essendosela travata tra i piedi, che fosse per via di una pura coincidenza o per chissà quali altri motivi. Kaitō dal canto suo una volta fattosi un’idea piuttosto chiara degli spazi, la collocazione di tutte le telecamere, nonché delle trappole predisposte attorno al gioiello, si allontanò verso il bagno degli uomini assicurandosi di non venire notato, per liberarsi momentaneamente del travestimento, mentre cominciava ad abbozzare quello che sarebbe stato un buon piano d’azione. In tutto ciò, Snake gli stette alle costole, Approfittando di non essere visto da nessuno, il giovane prestigiatore si sfilò la maschera per darsi una sciacquata al viso, aveva avuto i sudori freddi stando accanto a quel tale. Una volta tanto poteva dire con certezza di capire come si sentisse Aoko al netto di tutte le sue sbirciatine alla sua biancheria ed accidentali palpatine e quello era nulla, in confronto alla sfacciataggine dimostrata dal proprietario di quella pietra.

 

«Ttaku… ci sono certi individui davvero rivoltanti a questo mondo.» - sbuffò, non preoccupandosi per nulla di modulare la voce - «A questo punto mi sento ancora più motivato a dare il massimo per rubarlo, così la sua unica fonte di orgoglio svanirà assieme allo “stuolo” di ammiratrici che dice di avere. Se fosse anche il gioiello che cerco… darebbe al tutto un valore aggiunto kekeke!»

 

Snake con ciò ebbe sentito abbastanza, e si allontanò dalle toilette con tutta l’intenzione di impedire una volta per tutte il furto agendo in maniera preventiva. Attese che la ragazza, anzi Kaitō KID tornasse all’interno della sala e si trovasse in una zona poco frequentata da quei pochi visitatori, per avvicinarsi alle sue spalle, puntandogli la pistola alle spalle. Avrebbero chiuso la faccenda una volta per tutte, così pensava. Però in quel frangente ebbe una sorta di illuminazione, perché limitarsi a dissuadere il ladro, quando poteva sfruttare situazione a suo vantaggio. L’uomo in nero dunque si pose alle spalle della sua preda premendo contro la sua schiena la canna della pistola e dicendo a bassa voce.

 

«Ti consiglio di non muovere un muscolo e starmi a sentire attentamente, oppure sarà peggio per te!»

 

Kaitō si paralizzò sentendo la sagomatura dell’arma premergli contro la pelle e riconoscendo al volo a chi appartenesse la voce in questione: “Snake! Allora… non era frutto della mia immaginazione. Non va bene...”
 

«E-Ehm… c-credo lei abbia sbagliato persona signore… io-»

 

«No, non mi sbaglio affatto. So che stai tastando il terreno per rubare l’ambra, lascia che ti proponga un accordo. Tu la ruberai per noi consegnandocela senza fare storie, e noi eviteremo di prendercela con la giovane che stai impersonando. Che ne pensi? Non mi sembra un’offerta tanto malvagia»

 

Il moro si morse con forza il labbro per inferiore per la frustrazione, non credeva che quelli dell’organizzazione sapessero dove lei vivesse, ma anche solo l’ipotesi gli fece ribollire il sangue nelle vene. Erano talmente senza scrupoli da coinvolgere anche un’innocente; il ragazzo sbuffò appena, esternando un risolino.

 

«Va bene, affare fatto… Sempre se si tratta della vostra amata Pandora, è chiaro.»

 

In quel caso l’avrebbe distrutta davanti ai loro occhi, mandando in frantumi i loro propositi. Mettendosi in una posizione di rischio ancora maggiore, ma non aveva importanza, preferiva avere anche un esercito contro, a patto che nessuno osasse fare del mele a delle persone a lui care.

 

Non fu difficile; gli bastò fare altre due moine al proprietario per permettergli di vedere da vicino il minerale, con naturali proteste da parte dell’ispettore Nakamori indignato dal fatto che il proprietario stesse infrangendo deliberatamente i protocolli di sicurezza, a quel punto il mago fece cadere una delle sue sfere abbaglianti e diversi fumogeni, facendo sparire la pietra dalle mani del suo proprietario e sotto gli occhi dei presenti, dileguandosi nel nulla. Subito Ginzō urlò ordini a destra e a manca per far inseguire KID che aveva lasciato a terra uno dei suoi foglietti in cui dichiarava di “aver avuto un impegno imprevisto per il giorno del furto” e che quindi aveva dovuto anticipare il colpo, anche in maniera piuttosto raffazzonata, cosa di cui si scusava. Ciò di cui non si era accorto l’uomo baffuto, mentre sbraitava ai suoi uomini di fermare il ladro in fuga, era che Kaitō aveva riposto la pietra con un secondo biglietto, nella tasca interna della sua giacca, con ulteriori scuse ed un breve messaggio:

 

“Sono stato costretto ad attuare questa messa in scena a causa di un’interferenza indesiderata. Comunque glielo restituisco, anche se questo prezioso il suo proprietario non lo merita, si fidi”, ciò seguito dalla classica firma stilizzata tipica del ladro fantasma.

 

Dunque una volta uscito dalla cortina fumogena, Il ragazzo si diresse sul tetto come Snake gli aveva imposto. Una volta lassù, a circa quattro piani dal suolo, sarebbe stato in una posizione di totale immobilità. Il furto non era stato programmato per quel giorno e quindi Kaitō non si era preso la briga di indossare il suo completo, aveva solo un paio di trucchi in quella borsetta a tracolla che si era portato dietro per rendere il suo travestimento fedele a 360°, ma nulla gli avrebbe garantito di uscire illeso da uno scontro con quel criminale, come quando era al pieno delle sue possibilità. Nel percorrere le scale, il cellulare posto nella borsetta a tracolla squillò, lo trasse fuori rapidamente per vedere chi lo stesse contattando proprio in quel momento tanto critico. Di tutte le persone, doveva essere proprio lei… Accettò la chiamata prendendo prima un respiro profondo, tentando di suonare il più naturale possibile.

 

«Ah- Aoko? Scusami, ma non posso parlare ora, sono un attimo impegnato, è urgente?»

 

La voce rimbombò attraverso la tromba delle scale, pregava non facesse domande e troncasse sul nascere la conversazione, non voleva mentirle e doveva tirarsi d’impaccio da quella situazione… sapeva di rischiare grosso. Comunque sarebbe andata a finire, non voleva che quella conversazione fosse un cumulo di bugie. Non se lo meritava.

«”Ah… No, va bene, non era niente di importante… Verrai a cena?”» - domandò la voce dall’altra parte.

 

«Non lo so ancora, ti scrivo più tardi appena riesco a liberarmi» - replicò a sguardo basso e con un sorriso sofferto sulle labbra.

 

«”Sì… allora a dopo.”»

 

Digrignò i denti abbassando il braccio destro che aveva portato all’orecchio per rispondere alla chiamata, doveva ricomporsi. Anche nelle situazioni peggiori, non poteva scordare la Poker Face. Gli occhi azzurri bruciarono di determinazione nel fissare la porta che conduceva al tetto, preceduta da un pianerottolo pieno zeppo di materiali per la tinteggiatura ed il rimodernamento dell’ambiente, come pannelli di compensato ed una scala, tutto accatastato in un angolo. I lavori dovevano essere stati sospesi a causa della presenza delle forze dell’ordine, cosa che tornava utile in quell’occasione. Il liceale afferrò la maniglia trovandosi d’innanzi ormai il sole tramontato e la volta celeste oscurata, di un profondo blu scuro. Snake non era solo. Probabilmente utilizzando le scale antincendio, erano arrivati almeno una dozzina e più di suoi scagnozzi, armati di semi-automatiche ed un paio di mitragliette. Seguì le istruzioni dell’uomo dai baffi folti, camminando verso il bordo della struttura con le mani in alto. Perfettamente consapevole, che avrebbe potuto anche rischiare di saltare la cena.

 

 

Aoko rimase per un po’ appollaiata su quella sedia rossa, con raccolte al petto le ginocchia sui cui poggiava la fronte, aveva voluto ascoltare un vinile dopo l’altro e ormai era chiaro. Ogni messaggio conteneva un diverso insegnamento che un mago abile come lui o suo figlio potevano applicare, ogni cosa in quella stanza, più che smentire, confermava invece i suoi sospetti. Frugando in un paio di cassetti aveva trovato diversi tipi di maschere di lattice e parrucche, colle, spray fissanti e molto altro ancora, alcune cose non aveva neppure idea di a cosa servissero esattamente. Ebbe un impulso fortissimo di mettere a soqquadro la stanza ed accanirsi su quel costume ad un certo punto, almeno finché non le tornò in mente la frase riprodotta dal Jukebox, allora prese una decisione folle, trovò un borsone e raccattò un paio degli oggetti che aveva identificato, ed il completo, tornando su in camera del ragazzo e notando che ormai il sole era calato quasi completamente. Uscì da casa dei Kuroba in gran fretta con una sensazione sgradevole a rivoltarle le viscere, tornò a casa a prendere il proprio smartphone ed auricolari, per poi precipitarsi in strada, dopo essersi assicuratasi di aver chiuso per bene le porte. Sentiva che doveva raggiungere suo padre, sapeva che KID aveva annunciato un colpo, quindi le venne spontaneo correre lì. Quando arrivò, mentì dicendo agli agenti all’ingresso che aveva portato un cambio a suo padre, per poi entrare nel museo tentando di evitare almeno il proprio genitore. La ragazza si nascose con la roba in un bagno piuttosto isolato ed una volta lì, cominciò a tirare fuori dal borsone gli abiti presi in prestito, una maschera ed una parrucca. Era un’idea assurda, non era neanche sicura del perché lo stesse facendo; seguì semplicemente il suo “istinto” o quello che poteva essere descritto come un attacco di follia. Neanche dopo circa una decina di minuti, sentì urla distinte e molta confusione tra cui un chiaro:
 

«È KID, svelti cercatelo! Non può essere andato lontano!» - urlato dalla voce rabbiosa dell’ispettore Nakamori.


Fu allora che Aoko prese il cellulare, selezionando il numero del suo amico d’infanzia, aveva bisogno di sentirlo… magari aveva preso davvero un gigantesco abbaglio, poteva ancora essere. La voce dall’altro capo del telefono rimbombava, come se fosse in un posto vuoto, privo di mobili o barriere architettoniche significative. Aveva sentito dire che in quel museo era in corso un ammodernamento dei piani dal 2° al 4° , cui erano stati completamente svuotati e la mostra poteva essere ospitata dunque solo al piano terra ed al 1° dove le migliorie erano state effettivamente concluse… Era un ragionamento forzato, ma in quel momento le parve avere più senso di qualsiasi altra cosa al mondo. Non appena cessò il trambusto per il corridoio, la ragazza vestiti quei panni insoliti, si mise a correre a perdifiato su per le scale, urlando il suo nome, ma vedendosi restituire solo un eco della propria voce in risposta, dallo spazio vuoto. Continuava a ripetersi che forse stava facendo la figura dell’idiota, fino a quando non giunse, quasi senza fiato in fondo alle scale per la terrazza del tetto. Il genere di porta che presenta una finestrella per poter sbirciare verso l’esterno. Perse un battito: un gruppo di persone erano schierate in quello spazio ed insieme a loro c’era… Lei, con le mani in alto intenta a ribattere alle parole di chissà chi. Le parve di intravedere che quelle persone fossero armate, motivo per cui “Aoko” teneva le mani bene in vista. Il cuore nel petto cominciò a palpitarle e si ritrovò in pochi minuti a tirare fuori la bizzarra pistola dalla giacca del completo, sparando un colpo. Una carta uscì dalla canna colpendo la mano dell’uomo più vicino alla ragazza identica a lei, riuscendo forse per una qualche sorta di miracolo a fargli perdere la presa sulla pistola. Per tutto il tempo, tenne gli occhi fissi su una sé stessa scioccata, tanto quanto si era sentita lei, poco prima di dirigersi al museo.

 

«Che diavolo significa tutto questo…?! K-Kaitō KID… tu!» - ringhiò un uomo dai folti baffi ed occhi furenti.

 

La falsa Aoko colse quel momento di confusione per gettare a terra diverse palline che esplosero in una nuova cortina di fumo bianco, poi cercò sotto la gonna uno specifico oggetto un contenitore con polvere paralizzante che liberò nell’aria ed essa travolse gli uomini in completo nero in poco tempo grazie alle folate di vento piuttosto forti, per poi urlare quasi in modo isterico:

 

«Svelto trattieni il respiro e mettiti in salvo! Muoviti!»

 

Snake tossì, proteggendosi subito la bocca, mentre molti dei suoi caddero a terra incapaci di muoversi - «Merda...» - sbottò e recuperò una pistola che scivolò ai suoi piedi, sfuggita di mano ad uno degli scagnozzi. Poco importava da dove provenisse, la impugnò e la puntò nella direzione in cui ricordava essere la porta - «Dannazione… non so cosa stia succedendo… ma ti avevo avvertito… questo è solo ciò che meriti!»

 

Kaitō non aveva perso tempo, proteggendosi la bocca ed il naso con un fazzoletto si mise a correre a più non posso verso la porta, quando il suono di uno sparo ed un gemito soffocato furono da lui udibili. Un ondata di adrenalina gli fece superare la cortina di fumo, oltre la quale, KID appoggiato alla porta di metallo, con una palpebra abbassata, perdeva sangue dalla spalla sinistra. Gli corse incontro senza esitare, prendendone la mano destra e tirandola all’interno della struttura, chiudendo la porta con forza e poggiando nel mezzo della maniglia la scala a pioli, prima di portare la sua copia ferita al riparo dietro un pannello di compensato. Lì lo mise a sedere stando alle sue spalle, premendo sulla ferita aperta, che per fortuna non stava generando una copiosa fuoriuscita di sangue. Dall’altra parte della porta si avvertivano colpi molto forti a quanto pare una buona parte degli scagnozzi e forse anche Snake stesso, stavano precipitandosi con il proprio peso corporeo contro la superficie, per poter darsela a gambe prima dell’arrivo dei pompieri o di chiunque altro potesse riscontrare la loro presenza. La scala dopo vari colpi, barcollò e cadde su di un lato, rendendo possibile la fuga dei membri dell’organizzazione.

 

Non li cercarono, lì superarono senza batter ciglio ed a Kaitō andò più che bene, visto che aveva ben altro a cui pensare. Senza una parola fece poggiare “KID” con la schiena contro il muro per poi andare ad osservare il tipo di ferita, liberando il braccio sinistro dalla manica di giacca e camicia, con la massima attenzione pur cercando di fare in fretta. Per sua fortuna la ferita non era grave, il proiettile aveva colpito solo di striscio. Strappò un lembo del vestito che indossava in virtù del suo personaggio e tentò di fasciare nel modo migliore la parte, naturalmente serviva una buona medicazione, difatti si affrettò a mandare un messaggio al vecchio Jii, chiedendogli di farsi trovare alla svelta sul retro del museo, con un auto ed una cassetta del pronto soccorso.

 

«Al solito hai una fortuna sfacciata, tu! Si può sapere cosa diavolo credevi di fare? Avresti potuto farti male sul serio; accidenti a te Ahoko!»

 

Tentò di sembrare calmo e controllato, per non peggiorare la situazione, mentre le sfilava di dosso la maschera madida di sudore. Quel Kaitō che aveva davanti la ragazza benché vestisse i suoi tratti, era autentico, era sé stesso al cento per cento. Niente maschere, niente sotterfugi, stava ammettendo a cuore aperto, quello che avrebbe voluto raccontarle da così tanto. Di contro il mago, sapeva che era inutile fingere ora che lei indossava quel costume, aveva perfino trovato la maschera e la parrucca giusta a sembrare tale e quale a lui, tanto quanto lui incarnasse lei. Erano, per così dire, sulla stessa lunghezza d’onda.

 

«È vero … sono stata proprio fortunata… haha.» - sorrise debolmente Aoko - «Non lo so… ma ha funzionato, è questo che conta.»

 

Il moro ribatté indignato, dicendole che lei non avrebbe neanche mai dovuto arrivare su quel tetto, per poi chiederle per altro, come diavolo avesse fatto non solo a prendere le sue cose, ma ad entrare in casa sua, in primis.

 

Le sue domande e lamentele vennero ignorate in toto; nonostante il dolore della ferita, Aoko rivolse nei confronti del moro un unico sorriso abbagliante - «Visto?» - disse facendo cenno in direzione della sua ferita con il capo, per poi allungare la mano destra verso di lui, più precisamente verso il basso ventre del ragazzo, sfiorando la stoffa del vestito azzurrino che indossava per impersonarla - «Anche Aoko… può sopportare una cosa del genere. Ormai… siamo pari.»

Kaitō si ritrovò a portare lo sguardo verso il grigio pavimento, prendendo la mano della ragazza tra le sue annuendo. Tra tutte le reazioni che poteva aspettarsi, non avrebbe mai immaginato di assistere ad una scena del genere.

 

«Già… lo siamo.»

 

Proprio allora il cellulare del ragazzo notificò l’arrivo di Jii alla posizione richiesta, era stato davvero una scheggia! In ogni caso, dovevano darsi una mossa e sparire, visto che a breve di sicuro sarebbero arrivati i pompieri. Stavolta fu Kaitō a sorreggere lei per le spalle almeno fino alla scala antincendio esterna, per poi prenderla in braccio per scenderle il più in fretta possibile. Tra il rumore del metallo che veniva calpestato freneticamente, la voce di Aoko si fece sentire nuovamente, flebile e dolce, verosimilmente distrutta per tutto ciò che aveva dovuto assorbire e subire in quel breve periodo.

 

«Kaitō...»

 

«Mh? Cosa c’è?»

 

Intercorse un breve silenzio, in cui gli occhi limpidi della castana vagarono dalla manica bianca macchiata di rosso, al viso che le rassomigliava ed appariva concitato, pur nascondendo i suoi veri tratti. Prese un respiro, per poi sorridere appena.

 

«Quando saremo al sicuro… Mi arrabbierò molto, sappilo.»

 

Senza neanche rivolgerle lo sguardo, il liceale sorrise.

 

«Sì, lo so. Sopporterò tutti i tuoi micidiali pugni dal primo all'ultimo, fin quando non sarai stanca! Solo… ti sarei grato se evitassi di uccidermi, sai com'è, da morto non potrei più ripagarti per avermi salvato la pelle.» - liberando anche una risatina ironica.

 

«Certo che non ti uccido, per chi mi hai presa Bakaitō! Ci sono un sacco di cose che devo sapere… diverse cose, piuttosto importanti...»

 

Arrossì appena, oltre che desiderare risposte, sentiva di dover e potergli finalmente dire quanto quel davvero significasse per lei, quali erano i tuoi veri sentimenti, ora che finalmente, quella sottile, ma invalicabile sensazione di distanza tra i due, era stata colmata una volta per tutte.

 

 

Prima che Kaitō potesse rispondere, il suono penetrante e fastidioso della suoneria di un cellulare, gli impose di aprire gli occhi. Il ragazzo allora tastò la parte superiore della testata del letto alla ricerca del dispositivo, avvicinandolo all’orecchio dopo aver accettato la chiamata quasi senza pensare, poiché ancora mezzo addormentato.

 

«Yawn… Sì, pronto, chi parla?»

 

«”Ma si può sapere dove sei?!”» - domandò indispettita la voce di Aoko dall’altra parte del dispositivo - «”Sono già le dieci passate!”»

 

«Ah?» - esternò suo malgrado un secondo sbaglio.

 

«”Ah”? Un corno! Era oggi no? Il giorno in cui ci eravamo accordati di andare in campeggio insieme! Se non ti sbrighi perdiamo il treno e dovremmo rifare i biglietti! Ti stiamo aspettando da più di mezz-! Huh? Eh?”»

 

Il suono dell’interferenza dovuta ad un passaggio di mano del cellulare della ragazza, fece sbrinare lentamente la mente del moro, fino a svegliarlo completamente nel sentire chi avesse preso la linea:

 

«”Se pensi di non farcela, c’è ne andiamo anche senza di te. Ti sta bene, Kuroba-kun?”»

 

L’ironia portata dal tono la riconobbe senza esitazioni e non si trattenne affatto nel replicare, anche piuttosto irritato - «Chiudi il becco Hakuba! No, che non mi sta bene! Non osate andarvene senza di me! Arrivo al volo!»

«”Immaginavo lo avresti detto”» - ridacchiò il detective, prima che si udisse un nuovo passaggio di mano.

 

«”Ah, sì? Guarda che sei hai le mani occupate, puoi anche tardare un po’, Kuroba-kun”» - fu il commento dispensato dalla voce di Akako, verso la quale il ragazzo sollevò un sopracciglio, per poi sbottare anche contro di lei.

 

«Sono liberissimo! Ho detto che arrivo, subito!?»

 

Con ciò riattaccò bruscamente la telefonata e saltò giù dal letto, ormai sveglio e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, si adoperò come un pazzo per farsi una doccia veloce, vestirsi, prendere il borsone che aveva preparato il giorno prima e saltare in sella alla sua moto per raggiungere gli altri in stazione. Aoko aveva organizzato questa gita nel verde, dalla settimana prima invitando anche i loro compagni di classe; peccato lui avesse fatto tardi la sera prima, per studiare al meglio il piano per il prossimo furto in schedule, finendo con il non svegliarsi neanche con le potenti urla provenienti dalla finestra della vicina di casa. Si ritrovò a sbuffare una volta per strada, dando gas a più non posso, per via della fretta.

 

«… Tsk… era tutto solo un sogno. Bé, questa vacanza, è proprio quello che ci vuole per scacciare via i brutti pensieri! Andiamo!»

 

- Fine -

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Quindi che dire? Sono ancora qui ed ogni tanto riesco a scrivere qualcosaina! In questo periodo, anche più del solito, pur non pubblicando da un po’. Come va? Spero sia tutto a posto, spero le cose siano andate ed andranno tutto sommato nel migliore dei modi, d’ora in poi. Mi auguro, questa short KaiAo, vi piaccia ♥

 

   
 
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