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Autore: Crudelia 2_0    20/05/2020    5 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: perché io mi riduca sempre all’ultimo è un mistero che resterà irrisolto, quindi anche questa volta capitolo breve. Ma, ma, non ci si può proprio lamentare. Insomma, fatemi sapere che ne pensate (anche perché stavamo aspettando questo momento da quanto tempo?!).
In più, in questo capitolo c’è una frase tratta dalla canzone Luna, di Gianni Togni, che dà il titolo ed è stata l’ispirazione principale per questa storia.
E come sempre, grazie a tutti voi!
 
Un abbraccio,
Crudelia
 
 
 

Quiete prima…
 
 
 
 
Se Harry non fosse stato Harry probabilmente non si sarebbe trovato lì, ma Harry era Harry, e gli Auror lo tenevano in grande considerazione.
«Solo un paio d'ore» aveva assicurato, lasciandoli tornare a casa. Ma a Severus sarebbe bastato anche solo un minuto, per baciarla fino a toglierle il respiro.
Un bacio, soltanto. Un bacio dato in coscienza, non ottenebrati dall'alcol, era tutto ciò che chiedeva. Se lo sarebbe portato stampato nel cuore e nella mente, l'unica volta in cui avrebbe potuto stringerla e morderle le labbra, e poi che avrebbero fatto di lui ciò che volevano.
Era quell'incertezza, quel sapere che il tempo che avrebbero avuto a disposizione non sarebbe mai stato abbastanza, a impedirgli di distogliere gli occhi. Continuava a guardarle come se solo la loro vista sarebbe bastata a tenerlo in vita, abbeverandosi dell'amore che trasudavano i loro gesti.
In quel momento, ad esempio, avrebbe dovuto lasciarle sole, ma non riusciva a staccare i piedi dalla sottile linea che separava le piastrelle del salotto dal parquet della camera di Kathleen. La bambina era infiocchettata in un pigiamino lilla ed Hermione era seduta al suo fianco, canticchiando sottovoce a bocca chiusa.
Kathleen si era addormentata già da tempo, troppo spossata dalle forti emozioni, ma Hermione continuava ad accarezzarle i capelli con amore, sulle labbra un dolce sorriso che era riservato sempre e solo esclusivamente alla figlia.
«Sei un'ottima madre, Hermione» si sentì mormorare, parole coraggiose che non aspettarono il suo permesso per uscire.
«Mh?» Mugugnò Hermione, un verso a metà tra un assenso e una domanda. Alzò gli occhi su di lui e poi dal letto, rimboccò ancora una volta le coperte alla bambina e, dopo un ultimo bacio sulla fronte, si avvicinò alla porta per uscire.
Severus rimase a guardarla: così lontana da essere perfetta, ma così vicina da essere toccata.
Hermione chiuse la porta in silenzio, non aveva capito appieno le sue parole, sul viso ancora quel sorriso speciale dedicato tutto a Kathleen. Severus poteva ancora tirarsi indietro, cambiare frase e non palesare in modo così melenso quanto ai suoi occhi lei fosse senza macchia.
Ma non lo fece.
«Sei un'ottima madre» ripeté, ancora più piano di prima.
Hermione alzò gli occhi su di lui, una mano ancora sulla maniglia e le spalle appoggiate alla porta chiusa, e Severus fu certo, anche nella penombra del salotto, che le sue guance si fossero arrossate.
«Non è vero, faccio un sacco di errori» sussurrò in risposta. Poi deglutì, accorgendosi solo in quel momento di quanto fossero vicini. Il suo cuore iniziò a battere più forte, lo stomaco ad accartocciarsi. Sentiva le mani bruciare dalla voglia di allungarsi e appoggiarsi a lui, stringerlo, ma si impose di non cercarlo.
Fu Severus a farlo. Fece mezzo passo verso di lei, portandosi così vicini da sfiorarle il petto. Alzò una mano, piano, e le scostò un ricciolo dalla fronte. Seguì con un dito il profilo del suo zigomo, della guancia, fino a perdere le dita tra i capelli della sua nuca.
Hermione aveva socchiuso gli occhi, godendosi quelle carezze. Aveva il respiro accelerato, ma trattenne il fiato quando lui parlò.
«Sei troppo bella per sbagliare» le soffiò sulle labbra. Era vicino, così vicino che avrebbe appena dovuto chinarsi par baciarla, ma non lo fece. Iniziò ad occupare lo spazio tra loro lentamente, bruciando di desiderio, dandole il tempo per rifiutarlo, se l'avesse voluto.
Ed era a pochi millimetri da lei quando Hermione gemette un no.
«Non farlo» ansimò, gli occhi chiusi. «Non farlo, se non sei disposto a restare»
Severus rimase immobile, a quella derisoria e bruciante distanza, e aspettò finché lei non socchiuse gli occhi quel tanto che bastava per guardarlo. E vide dubbio, nelle sue iridi, paura di quel desiderio troppo grande che entrambi avevano cercato di ingabbiare facendosi solo del male. Aspettò di vedere le pagliuzze dorate vicine alle sue iridi, poi la baciò.
E fu come respirare di nuovo, come se per la prima volta l'ossigeno raggiungesse i polmoni.
Hermione gemette, di sollievo e attesa esaudita, e Severus ingoiò quel gemito come il più dolce del miele. Allungò anche l'altra mano, accarezzandole prima un fianco e poi portandola sulla sua schiena. Fece forza, dolcemente ma con fermezza, finché non sentì il suo corpo addosso. E un altro sospiro lasciò le sue labbra a sentire quelle dolci curve contro il suo corpo, troppo secco e troppo solo.
Spinse il palmo contro la sua nuca, facendole alzare il viso e approfondendo il bacio. Il caldo della sua lingua contro le labbra fu un caldo fuoco che scaldava come liquore.
Hermione rispose al bacio ad occhi chiusi e abbandonandosi completamente. Si aggrappo subito alla sua camicia, come se la tempesta di tutte quelle emozioni la minacciasse di portarla al largo. Poi fece risalire le mani sul suo petto fino a circondargli il collo, per stringerlo più forte e schiacciarsi su di lui.
Non seppe mai se fu lei a strappargli la camicia o lui a togliersela, seppe solo che stava baciando la sua pelle bianchissima mentre lui la accompagnava sul letto.
Hermione sentì le sue mani dappertutto, lunghe e languide carezze che risvegliavano brividi sulla sua pelle come fiori al lato di un sentiero. Ricambiò quella venerazione con tutto il suo sentimento, un po' graffiando e un po' stringendo, lasciando segni rossi ad ogni passaggio. Gettò la testa indietro quando lui le catturò un capezzolo fra le labbra e mugugnò qualcosa a metà tra un gemito e il suo nome che fece ridere Severus. Lei sentì quella risata vibrare sull'addome, la sua voce profonda una carezza che andò a piantarsi nel basso ventre come una spina di piacere.
Si vendicò stringendo in un pugno i suoi capelli e attirandolo su di lei per un altro bacio, denti su labbra e lingua sui denti. Gli morse una spalla e lui gemette, ma il segno rosso - quasi viola - che rimase fu una medaglia di valore.
Hermione sapeva di non avere un corpo perfetto: la gravidanza l'aveva segnata lasciandole strisce biancastre e la pelle ammorbidita, ma Severus seguì ogni linea con la punta della lingua, senza vergogna e senza orrore. Percorse il suo corpo, attraverso quelle linee, prima sui seni, poi sulla pancia, i fianchi e le cosce. Quando arrivò all'interno coscia Hermione gemette, ma lui non si fermò finché lei lo supplicò.
Severus la assecondò con un gemito e risalì fino al suo viso. Affondò in lei baciandola, lentamente, ad ogni bacio un affondo.
Impostò un ritmo squisitamente lento finché il desiderio non li costrinse ad amarsi con la passione che provavano da tempo.
Hermione si donò a lui soffocando un grido nella sua spalla e sentì Severus fare lo stesso.
Dopo avrebbe voluto stringerlo e stare con lui finché le era possibile, ma cadde addormentata al suo fianco come una bambina.
 
 
 
Quando si svegliò l'alba era ancora lontana, ma il cielo aveva già iniziato a rischiararsi.
Si mosse leggermente e sentì la mano di Severus aperta possessivamente sul suo ventre, vicino al seno, quasi volesse sostenerlo. Hermione posò la mano sulla sua e si sentì stringere un po' di più, la schiena piacevolmente a contatto con il petto di lui.
Si voltò nella sua stretta un po' a disagio, sentendo la mano di Severus che non abbandonava mai il contatto con la sua pelle, scivolando dalla vita alla schiena.
Incontrò i suoi occhi, ma non riuscì a fissare lì lo sguardo. Gli guardò le labbra, accarezzandole con un pollice.
«Non volevo svegliarti» mormorò, la voce impastata dal sonno.
«Ero già sveglio» le rispose, catturandole per un momento il pollice con la bocca.
Hermione sorrise quasi d'istinto, poi fece scivolare la mano sul suo collo e lo avvicinò per prendersi il bacio che le spettava.
Fu un bacio diverso dalla sera precedente. Un bacio lento, tranquillo, un riconoscersi di labbra che già si conoscono ma ancora assaporano il piacere dello scoprirsi.
Severus si separò dolcemente, trattenendole per un secondo il labbro inferiore. Hermione aprì gli occhi piano, immersa in un'atmosfera di pace che non sentiva da tempo.
«Sei rimasto» disse, quasi meravigliata nonostante la speranza che lo facesse. Nell'attesa della risposta si perse a seguire il contorno che i suoi denti avevano lasciato sulla sua spalla. Le piaceva, la sua pelle, così pallida che bastava stringere appena perché si arrossasse.
«Volevi che me ne andassi?» Chiese beffardo, accorgendosi con un sorrisetto malizioso del modo in cui le guance di Hermione si erano colorate.
Lei non rispose, limitandosi a colpirlo leggermente sul fianco. Lui sbuffò, Hermione immaginò più per accontentarla che per reale dolore, poi iniziò a muovere la mano sulla sua schiena il lenti cerchi. Hermione chiuse gli occhi sul suo petto, cullata dalle carezze delle sue mani e dal suono del suo respiro.
 
 
 
La seconda volta che si svegliò Severus si era mosso. Era coricato sulla schiena, ma continuava a muovere pigro le dita lungo la colonna vertebrale di Hermione, appoggiata al suo petto.
Hermione sorrise al pensiero che Severus era il tipo d'uomo da coccole post coito, e sperò che fosse l'unica, che mai nessuna prima potesse aver avuto il privilegio di svegliarsi con le carezze suadenti di Severus e i suoi occhi che avevano la capacità di assorbire la luce.
Poi pensò alle donne che aveva visto uscire da casa sua, e si accigliò. Un pensiero nacque nella sua mente, troppo scomodo per essere ignorato.
«Severus» chiamò.
Severus mugugnò un verso che lei sentì vibrare sotto le orecchie. Un verso pigro, come le sue carezze.
Hermione cercò di non farsi intenerire da quel suono caldo che le portava alla memoria il modo in cui l'aveva accarezzato la sera prima. «Parliamo di Rita Skeeter»
Severus alzò la testa fino ad incrociare il suo sguardo, le sopracciglia arcuate con sorpresa.
«Chiedo scusa?» Chiese con la vice arrochita da sonno, che mandò piacevoli, piccoli brividi sulla pelle di Hermione.
Lei si voltò sulla pancia, i gomiti e gli avambracci a sostenerne il peso, e lo guardò negli occhi. «Come hai fatto a convincerla a non dire nulla?»
Severus tornò ad appoggiarsi al cuscino e si concesse un mezzo sorriso. Catturò una ciocca dei capelli di Hermione e iniziò a rigirarsela tra le lunghe dita.
«Non lo sai?» Chiese con un angolo della bocca alzato con ironia. Aspettò a continuare, lasciando a cuocere Hermione nel suo brodo. Quando fu evidente che lei non avrebbe resistito oltre finì. «L'ho sedotta, ovviamente»
Hermione sentì gli occhi sgranarsi e il gelo diffondersi dal suo stomaco fino a raggiungere ed irrigidire tutti i muscoli, finché non si accorse che il velato sorriso ironico di Severus si stava trasformando in un ghigno soddisfatto e divertito.
Aprì la bocca per protestare, ma dovette combattere contro se stessa per non scoppiare a ridere.
«Severus Piton, sei impossibile!» Disse agguantando un cuscino e tirandoglielo addosso.
Lui intercettò il suo gesto con una mezza risata e riuscì a schivare il colpo, poi si approfittò dell'equilibrio ancora precario di Hermione per spingerla indietro e sovrastarla.
Le baciò il collo mentre lei cercava di ignorare i brividi e respingerlo, ma durò solo fino al momento in cui Severus catturò i suoi polsi e li portò sopra la sua testa.
«Hai colpito un professore, signorina Granger. Meno venti punti a Grifondoro» le mormorò all'orecchio.
Hermione gemette, il cuscino rimase abbandonato sul pavimento per le due ore successive.
 
 
 
«Puoi farti la doccia, se vuoi. La tua camicia è ancora sporca» disse Hermione chiudendosi i lacci della vestaglia. Si era appena infilata la sottile camicia da notte, Severus invece, nello stesso tempo, si era già vestito.
Rispose finendo di chiudere gli ultimi bottoni. «Il caffè andrà bene. Non voglio perdere...»
Si fermò a metà e alzò gli occhi, ma Hermione aveva già i suoi fissi su di lui.
Deglutì. «Tempo, lo so»
«Non voglio andare via, Hermione» cercò di spiegarsi in fretta lui, ma Hermione stava già annuendo. C'era stato un momento in quella notte, mentre lui la baciava con quella passione divorante da poter essere scambiata con la disperazione, che lei aveva capito. Aveva capito molto, più di quanto avrebbe voluto.
Aveva capito il suo silenzio, gli sguardi di Harry, la disapprovazione di Ron, tutti gli Auror radunati nel giardino. Aveva capito la sua riluttanza a volerle lasciar andare, la sua volontà di stare con lei tutta la notte, il suo amore strabordato dagli argini che si era imposto.
Aveva capito che aveva fatto ciò che non doveva fare. Per Kathleen, per sua figlia, per lei. Per loro.
«Ma dovrai farlo. Te lo faranno fare»  sussurrò. Non c'era arrendevolezza nel suo tono, solo la profonda delusione di un sogno infranto. «Sono stata con te solo per una notte, io-» cercò le risposte, una soluzione, sul soffitto, ma non trovò che vuota vernice. «Non deve finire così» concluse riportando gli occhi su di lui.
Severus la stava guardando con lo sguardo che Hermione sentiva bruciare dentro. Non parlava, ma erano quegli sguardi a rivelare tutti i suoi pensieri. Le emozioni scorrevano libere, un fiume in piena che non può essere controllato.
«Hermione, non sei obbligata a-»
«Ma siete qui allora!»
Kathleen spuntò dalla porta con i capelli più disordinati che avesse mai avuto e il peluche stretto sotto il braccio. La guancia aveva un segno rossastro diagonale che aveva come colpevole inconfutabile il cuscino, e sorrideva come se si fosse appena svegliata alla mattina di Natale.
«Severus, ci sei anche tu!» Esclamò ancora con tono allegro, correndo ad abbracciarlo. C'era sorpresa genuina nei suoi occhi, come se solo in quel momento si fosse accorta che il posto dell'uomo, generalmente, non era al fianco del letto di sua madre.
«Ci sono anch'io» confermò lui, sorridendo lievemente e posandole una grossa mano sulla testa. Kathleen alzò il viso facendosi scivolare il palmo fin sulla fronte, e sorrise.
Poi si staccò e corse ad abbracciare la madre, tuffandosi tra le sue braccia.
«Mammaaaa!» Gridò stringendo le braccia al collo di Hermione.
Severus pensò che un abbraccio del genere avesse il potere di soffocare, ma non poté evitare di sorridere. Sentì la commozione nascere nel suo petto: così belle, e le avrebbe mai riviste in una mattina del genere?
«Colazione, tesoro?»
«Oh sì, ho una fame!»
 
 
 
 Severus amava il caffè in un solo modo: molto lungo, molto nero, molto amaro. Senza quelle caratteristiche, era solo brodaglia.  Ne stava sorseggiando una grossa tazza appoggiato al piano della cucina inondata dal sole, godendosi le chiacchere allegre di Kathleen ed Hermione e mormorando qualche risposta se veniva interpellato.
Per lo più, però, le osservava.
«E non voglio sentire storie, Kathleen. La divisa della scuola avrà la gonna e tu metterai la gonna» stava dicendo Hermione, il tono serio mentre spalmava la marmellata su una fetta biscottata.
«Ma mamma, come si fa ad andare a scuola con la gonna? Non puoi fare niente» si lamentò Kathleen, le vocali allungate come ogni volta che il suo tono si faceva polemico.
«Non puoi fare sempre come vuoi. Poi devi imparare che-»
Il campanello suonò rompendo l'illusione di una vita normale. Gli occhi di Hermione si fecero subito attenti e posò il coltello di scatto sul tavolo. Era in piedi prima ancora che il caffè nella tazza di Severus riuscisse a stabilizzarsi, posato con violenza sul piano.
Mentre si avvicinavano alla porta allungò una mano e afferrò quella di Severus. Lui ricambiò la stretta con fermezza tra le dita calde, ed Hermione percepì ciò che con quel piccolo gesto stavano condividendo: era una promessa.
Di rivedersi ancora, di non lasciarsi.
Aprì la porta con una lieve esitazione, e la divisa rossa da Auror dell'uomo fu come uno schiaffo in pieno viso.
«Signor Piton, deve venire con noi»
   
 
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