Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Exentia_dream2    22/05/2020    2 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Presentarsi.. 

Era un giorno di nuvole grigie e cielo chiuso, di nervosismo per gli esami che si avvicinavano, di gesti compiuti a metà e tutto sembrava essere sospeso in un tempo di infinita attesa che nessuno riusciva a spiegare: era tutto fermo, tutto immobile e persino il vento aveva smesso di soffiare e di muovere i rami della Foresta Proibita. 

Draco era steso su un letto di coperte rosse e oro su cui non riusciva a trovare pace, perché quella mattina, a colazione aveva visto negli occhi di Hermione uno sguardo indecifrabile, perso, distante, come se fosse chiuso in una bolla di mondo in cui nessuno aveva il permesso di entrare, tantomeno lui, con i capelli sciolti sul viso a difendere quelle ciglia scure e lunghe e quella bocca screpolata dai morsi e dalla lingua che la inumidiva per qualche secondo, senza mai bagnarla davvero.

E lui aveva sentito il desiderio di toccarla, di capire che nessun altro dopo di lui aveva potuto assaggiare il suo sapore; gli tornarono alla mente il prurito alle mani, la gelosia che gli scavava in petto ogni volta che ripensava a Dean Thomas che le stava addosso come le foglie sugli alberi, sempre pronto a chiedere un di più che lei sembrava non avergli concesso, anche se sorrideva, anche se, a volte, gli rivolgeva uno sguardo dolce. 

Era come morire e tornare a nascere quando di notte la sognava e poi la vedeva al mattino, più bella di quelle immagini nella sua mente che lei riusciva a rubare, nonostante si fosse rifugiata nel suo orgoglio inutile e deleterio; la sentiva vivere prepotente in ogni parte del suo corpo, vivere più forte nei punti di pelle dove lui avrebbe voluto averla ancora e provava quella voglia violenta di amarla un'altra volta, anche se il dolore di non averla sembrava amplificarsi, occupare spazi e toccare apici di cui lui non conosceva l'esistenza. 

Si era sistemato sul materasso, con gli occhi fissi verso la finestra a guardare quel tramonto triste che non riusciva ad afferrare con la punta delle dita, in quel vetri colorati che spaccavano i riflessi di quel sole troppo freddo. 

Era una domenica sottosopra al sapore di sconfitte e disillusioni che stava masticando da solo, sputando ogni tanto la rabbia che gli saliva dallo stomaco. 

Sentì il peso di un corpo appoggiarsi accanto a lui e rimase immobile, nella stessa posizione a guardare oltre quella linea dritta di orizzonte, poi un sospiro pesante. -Tornerai ad amare, un giorno…. 

-Davvero? - aveva riconosciuto la voce di Harry e avvertì un senso di fastidio misto ad una consolazione a cui non credeva. 

-No, ma se cominciassi a pensarlo, forse, staresti meglio. 

-Cosa vuoi, Potter? 

-Credo di aver sbagliato quel giorno a non stringerti la mano… Probabilmente non sarebbero successe tante cose o, magari, sarebbe successo tutto lo stesso. - lo sentì alzarsi e, poco dopo, lo trovò di fronte a lui. -Ma credo che se Hermione ha visto del buono in te è perché c'è davvero, perciò vorrei rimediare. 

Guardò la mano tesa di quel ragazzo che gli stava proponendo una seconda possibilità, come se tutto il male che gli aveva recato non lo avesse mai sfiorato, come se il ritorno di Voldemort e l'attacco dei Mangiamorte non fossero mai avvenuti. La strinse pigramente, guardando quel senso di vittoria che si disegnava sul volto di fronte al suo. -Il marcio c'è sempre, Potter. Non illuderti. 

-Ha sempre avuto la capacità di guardare dentro le persone, di capire prima degli altri quando il pericolo era vicino e di chi fidarsi o meno. Non sono cieco, almeno non quando ho gli occhiali e ti ho guardato molto in questi mesi, ho imparato a conoscere i tuoi sguardi, i tuoi gesti e…

-Hai una cotta per me? 

-Nemmeno nei miei incubi peggiori, Malfoy. 

-Hai appena detto che mi fissavi di continuo. 

-Sì, ma… 

-Quindi mi ami, giusto? 

-Follemente. 

Lo guardò interdetto, con un sopracciglio alzato e, senza avere il potere di fermare le espressioni e le parole, all'unisono scoppiarono a ridere, con un che schifo esploso prima della risata. -Se anche mi piacessero gli uomini, Potter, credimi, non saresti per niente il mio tipo ideale. 

-Nemmeno tu: io preferisco i rossi. 

-Fa ancora più schifo immaginarti con Weasley. 

-Sì, anche a me fa abbastanza ribrezzo. 

Poi capí che quelle parole erano soltanto un modo per rompere il ghiaccio in superficie e scendere in fondo, a scalfire la base di quella infelicità che sembrava portarsi addosso come un mantello liso e bucato, mentre l'urgenza di porre quella domanda e ricevere una risposta vera lo fece tornare serio: Harry Potter poteva avere tutti i difetti del mondo, ma di certo non era un bugiardo e, a quel pensiero, gli tornò in mente il periodo durante il quale Dolores Umbridge era stata Preside di Hogwarts ed aveva punito chiunque con la sua piuma magica grazie alla quale Harry, più di una volta, si era graffiato la pelle e capí quali parole usare per darsi coraggio. 

Sorrise. -Non devi dire bugie. 

-Se ci penso, mi fa ancora male la mano. 

-Come sta? 

-Non come vuole far credere. Dovresti fermarti per un po', aspettare che anche lei cominci a camminare verso di te, perché non ha senso che tu sia l'unico a muoversi: avete cominciato in due e dovreste finire allo stesso modo. 

-Quindi è finita… 

-Non lo so. 

-Perché ne stai parlando con me? 

-Perché lei non parla, non con me, almeno. Qualcosa c'è ancora, lo so, ne sono sicuro, perché anche se la maggior parte resta in silenzio, I suoi occhi la tradiscono, ma è così testarda, così orgogliosa… E i cuori testardi sono sempre i più difficili da levigare, i più difficili da far arrendere. Credo che si sia allontanata da te per non vedere te allontanarsi da lei: è il suo modo di non stare male. 

-Non mi pare che adesso stia meglio. 

-Lo so… 

-E cosa dovrei fare? 

-Niente: aspetta che tutto torni al proprio posto e quando succederà, anche se ci vorranno mesi, non dovrai far vedere che stai sanguinano ancora. 

-Tra qualche mese non vedrà più niente di me, nemmeno l'ombra. 

-Cosa intendi?

-Che lascio tutto, torno a casa. 

-Perchè? 

-Credo di avere un progetto di vita e delle cose da portare a termine che troppe persone hanno lasciato in sospeso. 

Rimasero entrambi in silenzio, poi Harry annuì lentamente. -Spero sia per una buona causa. 

-Sì, questa volta lo è. 

-Per lei? 

-E per me. E per l'intero Mondo Magico. 

-Bene. 

-Non so se ne sarò davvero in grado. 

-A volte basta solo crederci. 

-Forse sì…

-Ci sono persone che non smettono mai di volersi bene perché ciò che le lega è più forte di ciò che le divide. E, ti sembrerà strano, ma io tifo per te e non per lei. O, almeno, per lei con te… Non so se mi sono spiegato…

-Più o meno.

-Sì, beh… hai capito quello che intendevo…

Guardava di fronte a sé, gli occhi di Harry pieni di una convinzione sicura che fu capace di convincere anche lui, sempre preda dei dubbi e delle paure che lo stavano lacerando dall'interno, guaiti silenziosi e potenti di una rabbia che da troppo tempo si era impossessata di lui, condannandolo a quell'esistenza vuota in cui tutti i sogni non avverati non erano nient'altro che cenere. -È vero, allora, quello che dicevano sul treno: Harry Potter è venuto a Hogwarts. Io sono Malfoy, Draco Malfoy. Ho scoperto che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. Non avrei voluto fare amicizia con le persone sbagliate.- gli tese di nuovo la mano, come quel giorno di nove anni prima, durante il quale, da bambino, credeva di essere migliore di chiunque e, questa volta, Harry la strinse in una presa forte, capace di trasmettergli un senso di appartenenza ad un cerchio di cui avrebbe da sempre voluto far parte e da cui gli ideali con cui era stato cresciuto lo avevano allontanato, costringendolo ad un odio che aveva prima odiato e poi distrutto nel momento in cui aveva capito di essere innamorato di Hermione. 

Poi, rimase da solo, ad arrampicarsi a quella speranza che gli stava lentamente nascendo dentro e che, senza rendersene conto, aveva cominciato a cullare e a difendere, portandola negli anfratti più nascosti di quel corpo che aveva la sensazione non gli appartenesse più. 

-Qualcosa c'è ancora, e quella frase gli rimbombava nelle orecchie, gli riempiva le vene di sogni e di stupore come quella volta, in un giorno di fine ottobre, per la prima volta si era davvero fermato ad osservare la neve e l'aveva vista sciogliersi nel palmo delle sue mani, con ancora l'inspiegabile gioia addosso di quel bacio che le aveva dato la sera prima, nella Stanza delle Necessità, quando la confusione e la paura dei sentimenti che provava gli davano qualche briciola di coraggio che lo lasciava libero di chiedere, tra obbligo e verità, la bocca di lei di nuovo sulla sua; l'invidia mista a quel senso di ammirazione che aveva provato il primo anno, durante la lezione di Trasfigurazione, quando si era girato ed aveva visto la piuma di Hermione liberare nell'aria e il suo sorriso soddisfatto e felice; l'imbarazzo che aveva avvertito quando Lucius si era presentato a lei, al Ghirigoro, dicendole che l'aveva conosciuta grazie ai racconti di Draco; la morsa che gli aveva stritolato lo stomaco quando l'aveva vista correre ad abbracciare i suoi amici, ripetendosi grazie alla foto magica di lei che stringeva Harry prima dell'inizio del Torneo Tremaghi; lo sgomento che gli era nato sulla bocca dopo la smorfia che gli aveva rivolto, durante il primo giorno di Hagrid come insegnante e la contentezza che lo aveva infastidito quando l'aveva vista preoccuparsi per lui, più del dolore causato da Fierobecco e la delusione che aveva provato quando lei gli aveva puntato la bacchetta al collo e, subito dopo, gli aveva dato un pugno sul naso; l'impotenza di fronte al suo viso quando i Mangiamorte l'avevano portata di fronte a lui, dopo averla catturata e lui non aveva potuto fingere come aveva fatto con Harry, il dolore fisico che aveva avvertito quando le sue urla avevano riempito il grande salone durante le torture di Bellatrix. 

Tornò a stendersi con la schiena dritta ed una domanda a riempirgli la mente: quando aveva veramente cominciato ad amarla?






Quella mattina, la solitudine che aveva rinchiuso nel cuore, premeva prepotente per essere vissuta in quel luoghi in cui i ricordi non le facevano male ed uscí a passi delicati dal dormitorio, mentre l'alba saliva lenta in quel cielo incolore e desolato. 

Il silenzio intorno si rompeva ad ogni suo respiro e al suono cadenzato del suo avanzare verso l'uscita, al fruscio del suo mantello sulle pietre del pavimento. 

Guardava le pareti e le crepe disegnate su quei cuscini di roccia, perdendosi nelle incrinature di quei secoli passati ad osservare la vita che aveva da sempre animato la scuola di magia, gli incantesimi a colorarle, l'odio corroderle e l'amore riempire quegli squarci vuoti. 

Respirò a pieni polmoni l'aria che la avvolse in spire di abbracci desiderati dopo il freddo troppo rigido dell'inverno che si era fatto lentamente da parte, che l'aveva osservata mentre si allontanava da un amore che non capiva, in lacrime, stretta nelle coperte per difendersi e curarsi. 

Il vento leggero le sfiorava il viso con quel profumo tiepido di fiori appena sbocciati, in una carezza di brina mattutina e pioggia abbandonata alla notte appena trascorsa. 

Aveva tolto le scarpe e le calze per sentire sotto i piedi la sensazione di toccare davvero il terreno. Camminava piano tra l'erba ancora umida, toccando qualche ciuffo verde più alto che le lambiva le caviglie con dolcezza, a ricordarle che quei momenti erano reali, che quei tocchi non erano la scrematura di un sogno che nel tempo aveva dimenticato e che ora gli stava tornando alla mente, accompagnato dal leggero suono delle increspature delle acque del Lago Nero, poco distante da lei. 

In quei respiri d'aria di natura, Hermione si concesse la fragilità del suo cuore e del suo corpo, solleticando le ferite di quell'anima di orgoglio di cui preferiva spogliarsi quando nessuno poteva vederla, sedendosi a gambe incrociate sul mantello, di fronte a quelle acque fredde, profonde, piene di vita nascosta, illeggibili, come gli occhi di Draco. 

Sentiva i capelli appoggiarsi sul suo viso, in disegni che le ricordavano le mani che l'avevano accarezzata senza fretta, che avevano aspettato per spogliarla e si erano fermate al tremore della sua insicurezza e si erano dedicate a lei con quei tocchi capaci di trovare e cancellare ogni paura, nel silenzio di quelle parole che non avevano bisogno di essere pronunciate. 

Aveva chiuso gli occhi, cullata da quel ricordo che la allontanava dal dolore che provava ad ogni risveglio e prima di chiudere gli occhi per abbandonarsi al sonno, oltre quel muro di addii che nessuno dei due aveva la forza di abbattere per le poche energie rimaste dopo i momenti in cui si erano dati tutto, in quel rumore di debolezza vuota che avvertiva ogni volta all'altezza del cuore. 

Aprì gli occhi quando sentì la presenza di  un'ombra sostituirsi al tepore dei raggi del sole che erano stati in grado di attraversare quello strato di nuvole e che, fino ad un istante prima, si era posato sul suo viso e, di fronte, vide Pansy in piedi, con lo sguardo rivolto in basso, sulla sua immagine. 

Osservò la sua bocca deformarsi in una smorfia di derisione. -Sono Pansy Parkinson. 

-So bene chi sei. 

-No, non lo sai: non mi conosci e sono qui per presentarmi. 

-Prego, non vedo l'ora di sapere tutto di te.- la voce piena di sarcasmo le permise di proteggersi per un po' da quella figura che la sovrastava ferma, senza tenderle la mano. 

-Sono Pansy Parkinson e sono quello che tu non potrai mai essere per nessun purosangue presente in questa scuola e in tutto il Mondo Magico e nemmeno per Draco: io sono le mani che ha sempre voluto sul corpo, la bocca che sarebbe capace di succhiargli via pure l'anima, le gambe che ha sempre voluto toccare e tu… tu non sei niente. Sei un'ingenua, una stupida…

-Contenta di esserlo se questo significa non somigliare a te. 

-Ho sempre scommesso su te e Potter e, quando poi ti ho vista insieme a quel pezzente di Weasley, ho capito quanto sei capace di arrivare in basso. E poi, Draco… oh, non puoi immaginare le notti che mi ha dedicato, quante volte ha urlato il mio nome e mi ha amata con tutto se stesso dopo che è uscito da quel dormitorio, dopo quei giorni che è stato costretto a trascorrere con te. Tutto quello che avete fatto insieme, per lui, è stata soltanto una storia divertente di cui ridere fino alle lacrime: sei stata un ripiego, niente di più. Hai davvero creduto che potesse provare qualcosa per te? Ti sei davvero illusa di essere alla sua altezza? Tu per me, per lui non sei nient'altro che una piccola, lurida, sudicia, sporca Mezzosangue. 

In quel momento, Hermione avvertì l'inverno e il gelo scendere nelle vene e mischiarsi in quel sangue che non avrebbe mai rinnegato, che per lei era uguale a quello di Draco, e che sentiva scendere lungo le gambe lasciandola  ancorata a quella frase, con gli lucidi che si scurivano in rivoli di vita che la stavano riportando indietro nel tempo, in quel campo di Quidditch dove per la prima volta si era sentita ferita dalle parole di quella bocca che con il tempo aveva imparato ad amare. 

Si sentì piccola, colpevole di quello sguardo affondato nel terreno sotto i suoi piedi e di quel dolore che non aveva dimenticato e che sentiva ancora più forte poggiarsi sulle braccia, sulle spalle, nelle mani che teneva incrociate sul ventre in una preghiera violenta che tutto finisse di girare dentro e fuori la sua testa, che quell'ombra che aveva di fronte scomparisse lasciandole solo l'eco lontana di quella cattiveria che le aveva regalato senza il suo consenso. 

Vedeva quelle parole prendere forma intorno a lei, in fotogrammi di affanni e dita che si intrecciavano e bocche che si cercavano, lasciando fuori la possibilità che quelle immagini fossero figlie di bugie che non erano mai state verità. 

Aveva la percezione di se stessa che si perdeva in uno spazio sconosciuto che si annebbiava e si dissolveva in attimi di buio infinito in cui si sentì incatenata, priva del potere di muoversi, inerme, distrutta. 

Chiusa in una spirale di male che la scaraventava sotto terra, in un limbo di domande e silenzi che le azzeravano i pensieri. 

Si rivide in ginocchio, a pochi passi dalla porta della biblioteca, in un corridoio illuminato dalle enormi lanterne fissate ai grandi archi, mentre cadeva in una voragine di abbandono senza ossigeno. 

-Respira. Piano, lentamente., poi, sentì gli occhi ribellarsi alla sua voglia di aprirli, fino a vincere quella lotta che Hermione non aveva la forza di affrontare. 

Quando provò a parlare, la voce le graffiò la gola tanto da farle sentire sul palato il sapore metallico del sangue e provò ad ingoiare quel dolore come fiele chiuso in una boccetta di vetro rotta e impolverata. 

Avvertì lo stomaco stringersi in nidi di avversione e rancore, in piegature di condanne e vergogne, in viluppi di inferiorità e sbagli. Serrò le labbra, poi le separò in un conato di stizza feroce. -Smettila di abbaiare, Parkinson.

La guardò mentre stringeva la mascella e assottigliava lo sguardo, come a volerla tagliare e ferire con gli occhi, le mani strette in un pugno di rabbia e le nocche bianche; la guardò mentre si allontanava con le spalle ancora rivolte al lago, in una promessa introversa e cattiva di ferirla ancora, poi si girò e scomparve in quella nebbia che ancora avvolgeva tutto ciò che circondava Hermione e che, lentamente, cominciava a disperdersi nei colori di un universo che si preparava a posarsi sulla terra, per difendere e lambire ogni sua singola ferita. 

Avvertì di nuovo la sensazione dell'erba umida sotto ai piedi e si accorse che le carezze del vento avevano allontanato le lacrime dalle guance e le avevano portate a mischiarsi con i capelli, a confondersi tra quei fili indefiniti che le coprivano il collo e la schiena. 

Provò a stendersi, ma si rialzò immediatamente come se fosse stata punta da un'infinità di chiodi bollenti e si liberò di quelle lacrime che per troppo tempo aveva provato a trattenere e dentro le quali sentiva di affogare, nonostante i passi che la stavano conducendo all'interno del suo dormitorio dove riusciva a sentirsi al sicuro. 

Quando entrò nella Sala Comune, vide Draco seduto sulla poltrona, una maglietta grigia dal collo slabbrato e i capelli a coprirgli la fronte: alzò gli occhi su di lei e, in quel momento, le tornarono potenti alla mente tutte le parole che le erano state rivolte poco prima e lo detestò più che mai, con gli occhi rossi e pieni di odio, mentre davanti a lei si animava l'immagine Pansy che apriva le gambe e si sistemava sulle ginocchia di lui. 

Quando lo vide alzarsi e andarle incontro, sentì i polmoni accartocciarsi e lo allontanò. -Non toccarmi.- e lasciò briciole di sé sul tappeto e sul pavimento, ai piedi del divano e tra le mani dell'uomo che aveva amato più chiunque altro. 




Angolo Autrice:

Sono tornata, in primis per lasciarvi questo e poi per informarvi che gli aggiornamenti saranno più frequenti dato che sono costretta a letto. 

Detto questo, vorrei parlarvi un po' di questo capitolo:

-chi segue Harry Potter, tra libri e film, conosce benissimo la scena in cui Draco si presenta a Harry e sì, è riportata proprio qui, con delle leggere modifiche richieste dalla storia;

-chi, invece, ha seguito questa storia sa benissimo che Pansy sta mentendo, che tutto quello che ha raccontato è una bugia e che Draco non è mai stata innamorata di lei;

-é un capitolo totalmente incentrato sulle presentazioni, che non lascia spazio a nessun altro personaggio e non è stata una scelta, piuttosto è tutto venuto giù così e preferisco lasciarlo in questo modo, con l'approfondimento dei loro pensieri. 

Bene, ho finito e spero che il capitolo vi sia piaciuto. 

A presto, Exentia_dream2. 













   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Exentia_dream2