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Autore: QueenOfEvil    23/05/2020    0 recensioni
Prima che Aa perdesse due dei suoi tre occhi. Prima dell'ultimo verobuio. Prima della Profezia.
Mia era senza alcun dubbio "una ragazza con una storia da raccontare".
Ma, vedete, gentili amici, quella definizione poteva benissimo valere anche per i suoi genitori.
"Julius non aveva mai visto qualcuno morire quando, a sei anni non ancora compiuti, Atticus aveva deciso che era il momento per lui di assistere al suo primo venatus magnii. Non conosceva l’odore ferroso del sangue, né il modo in cui la sabbia cambiava colore, mentre dai corpi caduti sbocciavano fiori vermigli. Non conosceva le urla estasiate della folla adorante, né tantomeno quelle agonizzanti degli schiavi che trovavano la morte per l’altrui divertimento.
Dopo averli conosciuti, non era riuscito a dormire per settimane.
La seconda volta, quando di anni ne aveva otto, era andata meglio: si era limitato a rimettere il suo ultimopasto, l’illuminotte seguente.
La terza, l’unica reazione che quello spettacolo gli aveva procurato era stata uno sbadiglio."
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Alinne Corvere, Altri, Julius Scaeva, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neh diis lus'a, lus diis'a'
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Raro meliora subsecutura





 

Prima di conoscere Sussurro, a Julius non era mai spiaciuta la sua solitudine.
Era una sensazione, quella dell’assenza -di qualcuno, di chiunque-, a cui si era abituato fin da piccolo, quando gli era diventato chiaro che suo padre aveva cose più importanti da fare che dedicargli del tempo1. Né la sua matrigna né la sua balia erano mai state disposte a sostituirsi ad Atticus: l’una era una ragazzina a cui il matrimonio aveva tolto gli ultimi sogni di una libertà mai conosciuta e l’altra, vecchia, sorda e mezza cieca, aveva difficoltà anche solo ad aiutarlo a vestirsi. 
Julius non aveva né avrebbe mai serbato loro rancore per il quasi completo isolamento in cui aveva trascorso i primi dodici anni e mezzo della sua vita: il suo ingegno non ne avrebbe comunque tratto benefici e i racconti che aveva sentito riguardanti i genitori di altre sue conoscenze lo avevano reso ben presto consapevole che la sua situazione era da considerare invidiabile. Per quanto dubbia fosse la stima che nutriva per suo padre, nessuno dei suoi familiari aveva mai dovuto trafficare con abiti e cosmetici per nascondere lividi violacei.
Aveva dunque accettato di buon grado il dato di fatto di dover passare molti dei suoi cambi solo con se stesso -o con i precettori, fino a che c’era stato denaro con cui pagarli- e non era stato difficile imparare ad essere il proprio miglior confidente. A distanza di due mesi dal suo arrivo ad Elai, né le brevi e insoddisfacenti conversazioni con Bert né tantomeno qualsiasi tipo di rapporto si stesse instaurando tra lui e Lucius erano riusciti a modificare le sue abitudini.
Dopo l’incontro con l’ombravipera, però, Julius dovette riconsiderare alcune delle sue convinzioni più radicate.
Sussurro era una non-presenza silenziosa e discreta, che si fondeva con la sua ombra durante i suoi turni di lavoro, si arrotolava accanto a lui sul letto all’ora di coricarsi e, nei rari momenti in cui era loro concesso di parlarsi con tranquillità, aspettava che si sedesse davanti a lui e gli parlava, fissandolo negli occhi. Per quanto circospetto Julius tentasse di essere, e per quanto non riuscisse a darsi una spiegazione per quello strano essere che lo aveva eletto come compagno, gli era stato fin da subito difficile fingere di diffidare di lui: al contrario, sentiva un’affinità, un’appartenenza, tra la sua essenza e quella dell’altro, che non poteva che ricondurre alla sua natura di tenebris. E sapeva, per quanto Sussurro non gliene avesse mai parlato apertamente, che l’attrazione era reciproca. 
Nessuno dei due si era ancora del tutto abituato all’altro -erano passati solo pochi cambi, d’altronde, da quando si erano conosciuti-, ma Julius spesso si sorprendeva a lanciare occhiate discrete alla propria ombra mentre lavorava e a sorridere -con un sollievo che prima avrebbe considerato infantile- nel constatare che sì, era sempre scura abbastanza per due.
E mentre il loro rapporto progrediva, la vita andava avanti invariata.


 

❊❊❊



Quel cambio in particolare, gli erano stati affidanti da pulire i pavimenti delle due sale più grandi della villa -non considerata la biblioteca, che continuava ad essergli interdetta-: considerato che avrebbe dovuto svolgere quel compito da solo e che, vista la scarsità di ospiti, quegli ambienti non venivano utilizzati da prima dell’ultimo verobuio, Julius aveva disperato di riuscire a finire prima dell’inizio del turno di lavoro successivo. Anche se il suo fisico si era adattato straordinariamente bene al poco cibo e sonno, iniziava a pensare che avrebbe potuto uccidere qualcuno pur di poter dormire un’ora in più ogni illuminotte. Così, quando a metà pomeriggio il suo isolamento -e le sue chiacchierate a denti stretti con Sussurro- fu interrotto da Lucius che si offriva di aiutarlo, dopo essere tornato da una commissione per suo padre che lo aveva tenuto impegnato fino a quel momento, si sentì sollevato e grato insieme.
Era arrivato alla conclusione, ormai, che nessuna delle azioni dell’altro fosse calcolata per ottenere un vantaggio futuro, né per qualche tornaconto personale e questo lo stupiva, in primo luogo perché non era così che il mondo funzionava e in secondo luogo perché la differenza tra lui ed Oonan, che lo trattava sempre come la sua fonte di intrattenimento personale, era talmente evidente da apparire grottesca. Mentre lo guardava pulire il pavimento, sudando e faticando ma con il medesimo sorriso di tutti i giorni, decise che era il momento di fargli qualche domanda.
Anche se si conoscevano da un mese, ormai, sapeva pochissimo sulla sua vita fuori da Elai.
Iniziò da ciò che lo incuriosiva di più.
“Perché ti chiami Lucius?”
“Cosa?”
“Intendo… sei di discendenza vaaniana. Perché hai un nome itreyano? Tuo padre mi sembra piuttosto fiero del suo popolo…” E non era solo un’impressione. Aveva perso il conto, ormai, delle volte in cui durante uno dei loro incontri l’altro aveva accennato a qualche tradizione del suo Paese. Spesso, le lodi erano accompagnate da commenti non altrettanto lusinghieri su Itreya e la sua amministrazione. Non riusciva proprio a capire come un uomo del genere avrebbe potuto dare a suo figlio uno dei nomi più comuni tra la gente che tanto odiava.
“Oh, quello!” Lucius scosse la testa “È stata un’idea di mia madre: anche se somiglio così tanto a mio padre, in realtà, sono Vaaniano solo per metà, e Lucius era il nome di mio nonno. Passo quasi tutto il mio tempo qui, e sto a ‘Grave solo un paio di mesi all’anno, quando la stagione diventa meno calda e c’è bisogno di aiuto in sartoria: lei voleva che avessi qualcosa che mi ricordasse della mia doppia eredità, immagino. Non che serva a molto. Nessuno penserebbe mai, guardandomi, che ho qualcosa in comune con la maggior parte degli abitanti della capitale. E poi, tra parentesi, io mio nonno neanche l’ho conosciuto.”
Neanche Julius aveva mai conosciuto i suoi nonni. Era implicito che fossero esistiti, e sapeva di dovere il suo secondo nome -Maximillianus, talmente odiato che avrebbe preferito cambiare identità che farsi chiamare in quel modo- al padre di Atticus, ma gli alberi genealogici della sua familia lo avevano sempre interessato poco.
Visto il modo in cui erano riusciti a ridursi, pensare che nelle sue vene scorresse il loro stesso sangue gli dava la nausea, più che rassicurarlo.
“E tuo padre era d’accordo?” Sottinteso: tuo padre era d’accordo che fosse sua moglie a decidere il tuo nome e non lui? In casa sua, una cosa simile non sarebbe mai neanche stata presa in considerazione.
“I miei genitori non sono mai andati d’accordo su nulla, in realtà,” Il tono di Lucius si era fatto meno allegro “Nessuno me l’ha mai detto, ma credo che il motivo per cui lavorano in due regioni tanto distanti sia per ridurre al minimo le interazioni tra di loro. Sono anni che non si scrivono neppure. L’unico contatto che è rimasto tra loro sono io”
Forse Julius avrebbe dovuto dispiacersi, e sicuramente lo avrebbe fatto se avesse avuto termini di paragone migliori, ma non gli sembrava che la situazione di Lucius fosse così disperata: entrambi i suoi genitori erano vivi ed entrambi si prendevano cura di lui.
Nessuno dei matrimoni di cui era stato a conoscenza a ‘Grave era mai stato per amore e, in confronto a passare il resto della propria vita in una cella sporca e buia, condividere il letto con qualcuno di sgradevole era di sicuro il minore dei mali.
Lucius dovette prendere il suo silenzio come una tacita dimostrazione di solidarietà, perché si affrettò ad aggiungere, con una voce forzatamente allegra: “Almeno viaggio tanto, però. Voglio dire, mia madre non vorrebbe che io passassi tanto tempo con papà -lui non le piace, l’ho capito anche se non me l’ha mai detto apertamente-, ma preferisco cento volte passare il mio tempo ad aiutare le persone, anche se con qualche scrupolo di coscienza, piuttosto che a cucire vestiti.” Quell’ultima affermazione venne accolta con un certo scetticismo.
“Scrupoli di coscienza? Quale scrupolo di coscienza potresti mai avere tu?”
Alla domanda, seguì un silenzio strano e teso. Strano perché Lucius era il tipo di persona sempre felice di chiacchierare e di proseguire una conversazione -l’argomento non era importante-, teso perché, anche se nulla fu detto, Julius poté chiaramente vedere le labbra del suo compagno stringersi e lo sguardo abbassarsi.
Interessante.
“Tutto bene?” domanda vagamente ipocrita, perché leggere le persone non gli era mai stato difficile ed era piuttosto evidente che ci fosse qualcosa, in quello che gli aveva chiesto, che lo aveva impensierito. Non credeva ce ne fosse un’altra adatta, però.
“Sì, tranquillo, solo…” si strofinò il dorso del naso con l’indice destro, come Julius aveva notato faceva sempre quando cercava di pensare “… Questa macchia, qui: non viene via. Credo che ci voglia una miscela speciale che ho visto usare a papà qualche mese fa: dovrebbe averne ancora un po’ in uno dei cassetti dell’armadio… potresti andare a prenderlo?”
Julius non dubitava che Lucius avesse molte qualità, ma tra di esse non spiccava di sicuro quella di distogliere l’attenzione da un argomento scomodo.
“Non credo che a tuo padre farebbe piacere vedermi rovistare tra le sue cose,” replicò, aggiungendo tra sé che meno avrebbe avuto a che fare con Oonan meglio sarebbe stato.
“Oh no, non preoccuparti: è fuori per delle commissioni, non tornerà prima della fine del cambio”
Julius fu indeciso se accettare o meno di alzarsi dalla sua posizione, ma sentiva le braccia indolenzite, i muscoli della schiena tirare e decise che, se davvero non c’era la possibilità di incontrare nessuno, allora quella poteva essere l’occasione giusta per sgranchirsi le gambe. Era probabile che la miscela non esistesse neanche e fosse solo un pretesto poco credibile trovato da Lucius per rimanere momentaneamente solo, ma questo gli interessava solo marginalmente: avrebbe trovato un altro modo e un altro momento per approfondire la questione degli scrupoli di coscienza.
“Dovrebbe essere una boccetta bianca e opaca,” aggiunse Lucius, alle sue spalle, mentre già si avviava nel corridoio “E ha un tappo blu: non dovrebbe essere difficile da trovare”
Come Lucius gli aveva detto, lo studio del padre era deserto.
Julius chiuse la porta dietro di sé, facendo attenzione che non ci fosse nessuno nei paraggi neanche nel corridoio, e poi fece segno a Sussurro che poteva uscire allo scoperto. L’ombravipera si arrampicò sul lavello, osservando con i suoi non-occhi mentre il suo compagno armeggiava con le ante dell’armadio vicino:
“… Cosa credi che volesse dire il tuo amico prima…?
“Non lo so,” gli rispose lui, mentre apriva cassetti a caso nello svogliato tentativo di trovare quello per cui era venuto “Onestamente, faccio fatica ad immaginarlo in una qualsiasi situazione moralmente ambigua”
“… Le persone possono sorprenderti…
“Vero anche questo,” C’erano ampolle, beccucci e vasetti, tutto tranne la fantomatica boccetta “ma l’ho visto piangere, una settimana fa, perché c’era un uccellino morto sul prato davanti alla villa. Capisci che intendo?”
… Sì…
Aveva controllato ogni scomparto dell’armadio senza risultati. Emise un sospiro esasperato. Sperava che Lucius sarebbe stato più di buon umore una volta tornato in sala: almeno quella perdita di tempo sarebbe servita a qualcosa.
Fece per chiudere le ante, quando intravide, sulla sinistra e in basso, un pezzo di carta bianco che sporgeva per un angolo da quella che sembrava essere la parte posteriore dell’armadio. Si chinò in quella direzione e tirò verso di sé con quanta più delicatezza possibile, per far uscire il foglio senza romperlo: quello, però, sembrava fermamente incastrato. 
… L’hai trovata…?
“Ho di sicuro trovato qualcosa,” rispose, tastando il legno attorno alla fessura “Ma non ho idea di cosa” Appena ebbe finito la frase, sentì sotto le sue dita -qualche pollice sotto il pezzo di carta- una scanalatura del lego che aveva tutte le caratteristiche di un rudimentale buco di serratura. 
Un cassetto nascosto.
Ancora una volta, interessante.
Julius aveva una scelta a quel punto: lasciare il tutto com’era, arrendersi al fatto di non avere trovato la boccetta e tornare dal ragazzino che lo aspettava nella sala grande, sperando di riuscire a ricavare qualche informazione utile da lui. Oppure, poteva sfruttare di essere solo in territorio nemico e cercare il modo di aprire quello scomparto.
Non vi sorprenderà sapere, gentili amici, che la prima opzione non gli passò neanche per la mente.
Julius strinse le labbra e si appoggiò all’anta dell’armadio, riflettendo: se c’era una serratura allora, per sillogismo, doveva esserci anche una chiave. Una chiave che di sicuro non doveva essere in bella vista, considerato che, ovviamente, Oonan teneva alla segretezza di qualsiasi cosa fosse racchiuso là dentro. Prese brevemente in considerazione l’idea che una ricerca nella stanza sarebbe stata inutile -che magari il medico fosse uscito portandola con sé-, ma la scartò quasi immediatamente: meglio tenere qualcosa al sicuro, seppur non sotto il proprio controllo diretto, piuttosto che portarla sempre appresso con il rischio che venga sottratta alla migliore occasione.
Derubare qualcuno era piuttosto semplice, ad Elai come a ‘Grave, e se il cassetto era così ben nascosto doveva contenere qualcosa di importante. Perché rischiare di perdervi accesso per troppa paranoia?
Detto questo, era anche possibile che la chiave non fosse lì, ma nelle sue camere. Quella era un’eventualità a cui non avrebbe saputo trovare rimedio. Ma non aveva senso fasciarsi la testa prima di essersela rotta2.
… Posso essere d’aiuto…?
“Da’ un’occhiata in giro, se riesci, e dimmi se c’è qualcosa che ti sembra fuori posto: io inizio dalla cassettiera” Sapeva di non avere tutto il tempo che avrebbe voluto a disposizione, perché Lucius avrebbe potuto stancarsi di stare ad aspettare e venire a cercarlo lui stesso: non si sarebbe arrabbiato -perché Lucius non si arrabbiava mai-, ma comunque non sarebbe stato ideale.
Senza contare che se avesse visto un serpente fatto di ombre…
La ricerca, al contrario dei timori di Julius, durò molto poco: egli era infatti appena a metà dell’ispezione nella cassettiera quando Sussurro lo chiamò, dicendogli che c’era qualcosa di sbagliato nel modo in cui il parquet era allineato nell’angolo sinistro della stanza, proprio sotto la finestra.
Ed effettivamente, chinandosi e strizzando gli occhi, non fu troppo difficile -ma neanche troppo facile- identificare un punto in cui un tassello di legno, invece che essere posizionato parallelamente agli altri, sporgeva un po’ verso l’alto, come se il materiale che lo costituiva si fosse gonfiato ed esso fosse stato quindi scalzato dalla scanalatura.
Oppure, pensò Julius, mentre inseriva le dita nella fessura e tirava, come se ci fosse qualcosa nascosto sotto.
La chiave era lì e, anche se era stata più una questione di fortuna che altro, mentre la stringeva e la infilava nella serratura Julius si sentì appena più in controllo della situazione in cui era: se solo avesse trovato qualcosa con cui ricattare Oonan nello stesso modo in cui lui era stato ricattato…
Il cassetto si aprì con click sonoro e rivelò il suo contenuto: una dozzina di fogli di carta. Una dozzina di fogli di carta scritti in Liisiano e tutti, senza eccezione, recanti in calce la firma di Hëloise.
Julius ne prese in mano uno e corrugò la fronte: a parte qualche parola qua e là -casse, ad esempio, o merce- riusciva a capire ben poco del loro contenuto. Sembravano, a prima vista, dei semplici ordini di pagamento per delle commissioni non meglio specificate, ma dubitava fortemente che Oonan si sarebbe preoccupato tanto per delle semplici fatture.
Si rivolse a Sussurro, che, per vedere meglio, gli si era arrampicato addosso e usava le sue spalle come appoggio. Non lo aveva mai fatto prima, ma l’innovazione non sembrò dispiacere a nessuno dei due. Julius accennò un sorriso.
“Sai leggerlo per caso? Dopotutto, hai vissuto ad Elai fino ad adesso…”
Il serpente scosse il capo: “… No… E ti ho già detto, Julius, che non ho esattamente ‘vissuto’ sino a quando ti ho incontrato…” In effetti, quella era un’altra stranezza: a lui, Sussurro aveva detto di avere avuto la vaga percezione di una coscienza prima di quel cambio al mercato, ma che essa non si era concretizzata sino a quando non aveva sentito i suoi poteri chiamarlo e attirarlo. E se davvero doveva a lui il metaforico solidificarsi della sua essenza, aveva senso che non capisse una parola di Liisiano.
Sarebbe stato comunque troppo facile.
A quel punto, avrebbe dovuto rimettere il foglio nel cassetto, esattamente come l’aveva trovato, richiudere il tutto e tornare da Lucius più in fretta che poteva. Eppure, non riusciva a decidersi. Gli sembrava, anzi, che se avesse fatto così avrebbe perso un’occasione: d’altronde, non aveva scoperto nulla di utilizzabile. Il suo primo obiettivo era sempre quello di trovare i soldi per liberarsi da quella situazione e tornare a ‘Grave, ma avere un rapporto meno sbilanciato con l’unica persona al mondo che conosceva la sua vera natura avrebbe potuto tornargli utile.
E così prese la sua decisione.
Tirò fuori il plico di fogli e sottrasse l’ultimo in fondo -quello che, sperava, Oonan avrebbe guardato per ultimo e che sembrava meno importante- e lo infilò sotto la camicia, nello stesso modo in cui aveva nascosto la lettera di Atticus, due mesi prima. Poi, prese la lettera -o ordine, o qualsiasi altra cosa fosse- che aveva tentato di decifrare per prima e la riposizionò nello stesso identico modo in cui l’aveva trovata. Non sapeva se Oonan l’avesse lasciata sporgere per caso, oppure con il preciso intento di verificare che nessuno rovistasse tra le sue cose, ma era meglio essere prudenti.
… Cosa pensi che succederà se ti scopriranno…?
“Credo che passerei un brutto quarto d’ora,” Julius chiuse le ante dell’armadio e tornò nell’angolo a sinistra, con Sussurro che scivolava nuovamente sul pavimento e seguiva le sue mosse “Anzi, molto più di un quarto d’ora. Immagino dovrò fare attenzione ed essere prudente”
Sapeva che avrebbe dovuto essere spaventato. Che avrebbe dovuto avere più dubbi su quello che stava facendo. Eppure, la paura gli scivolava addosso -gocce di pioggia su una lama di necrosso- lasciandolo asciutto e, soprattutto, perfettamente calmo. Non era una sensazione a lui familiare, ma aveva notato, nelle illuminotti precedenti, che anche gli incubi che lo avevano tormentato sin dal suo arrivo ad Elai, e che riguardavano suo padre, la sua casa, la sua familia, sembravano essersi dileguati con altrettanta fretta.
Non aveva domandato a Sussurro se aveva una spiegazione a riguardo. Non era così sciocco da non fare un collegamento tra l’ombravipera e la sua inspiegabile mancanza di paura, ma al contempo non era certo che l’altro ne sapesse più di lui: aveva sperato, quando lo aveva conosciuto, che con lui sarebbero arrivate informazioni aggiuntive sulla sua natura di tenebris, ma ancora una volta le sue aspettative erano state disattese. Non che potesse incolpare nessuno, per questo.
“Dici che così va bene?” chiese, alzandosi in piedi e controllando il parquet, per essere certo di non avere lasciato nulla fuori posto.
… Il tassello era un po’ più a destra… Dovresti spostarlo…
Ma, prima che Julius potesse chinarsi nuovamente per seguire le sue indicazioni, sentì qualcosa colpire la finestra. 
E poi ancora. 
E ancora.
Sussurro tornò a fondersi con la sua ombra e lui si girò nella direzione del vetro.
Non sapeva cosa aspettarsi.
Forse Oonan, che lo aveva visto rovistare nella stanza?
Un servo di Hëloise?
O, nel migliore dei casi, un uccello stordito dal sole?
Ognuno di queste tre opzioni sarebbe stata più prevedibile di quello che Julius si trovò effettivamente davanti.
Perché, in piedi tra l’erba alta, i capelli neri tagliati appena sopra il lobo dell’orecchio e una quarta pietra nella mano sinistra, stava Alinne.
Quando ella si accorse di avere attirato la sua attenzione, sorrise di soddisfazione e abbassò il braccio, che già si preparava ad un altro lancio. Poi, gli fece cenno di avvicinarsi.
Julius ebbe la tentazione di non acconsentire alla sua richiesta, di voltarle le spalle ed allontanarsi -non avevano nulla da dirsi e mai l’avrebbero avuto-, ma non sapeva da quanto lei lo stesse osservando: se lo avesse visto mentre infilava la lettera sotto la camicia o, ancora peggio, con Sussurro attorcigliato sulle spalle sarebbe potuto essere in grossi guai.
Aprì la finestra e si affacciò sul davanzale, le ombre dietro di lui che oscillavano piano e riflettevano il suo stato d’animo tutt’altro che sereno.
“Cosa vuoi?” le chiese “E come sei entrata?” E cosa hai fatto ai capelli? Avrebbe voluto aggiungere, ma decise che sarebbe parsa una manifestazione troppo palese di interesse nei confronti di qualcuno che non lo meritava.
“Non mi aspettavo un benvenuto così caloroso, sono sincera,” Il tono di Alinne era sarcastico, ma Julius non ebbe difficoltà a notare la tensione che le percorreva il collo e le spalle e il modo in cui stringeva e rilassava le dita della mano destra. La sua curiosità aumentò.
“Se sei venuta per uno scambio di convenevoli, hai scelto il momento sbagliato,” rispose quindi, ostentando disinteresse “al contrario tuo, io ho da fare. Ti consiglio di uscire di qui, comunque tu abbia fatto ad entrare, e tornare a casa, da tuo fratello” L’ultima frase era stata una provocazione, ma seppe di avere intuito giusto nel momento in cui, busto già girato per metà verso l’intero, sentì Alinne richiamarlo.
“Aspetta!” Parlare le costava, era ovvio, come era ovvio che avrebbe voluto trovarsi in qualsiasi altro posto che non fosse quello “Ho bisogno… ho bisogno che mi ospiti qui per qualche cambio”
“Cosa?”
“Hai sentito benissimo. Non lo ripeterò un’altra volta. Dammi la mano e tirami su, così posso entrare”
Julius non si mosse.
“Sei nei guai?”
“Credi che verrei qui se fosse tutto a posto? Ora, se potessi risparmiarmi le domande inutili e aiutarmi a salire…”
“Non finché non mi dici quello che è successo” 
Ovviamente, Julius non aveva nessuna intenzione di accontentarla, qualsiasi fosse la scusa che gli avrebbe fornito. Quel loro primo e unico incontro gli era bastato a capire una volta volta per tutte che Alinne non gli piaceva affatto3e, in ogni caso, avrebbe esitato a correre un rischio del genere per chiunque. Ma voleva capire quanto fosse disperata la sua situazione.
Lo sguardo di lei si fece scuro e lui ebbe il sospetto che se ne stesse per andare, preferendo la rinuncia all’umiliazione, ma non fu così: “È morto. Il tizio a cui ho fregato i soldi, intendo. Lo hanno trovato con la pancia aperta e una borsa di cuoio vuota accanto in un vicolo di delizianti vicino al porto,” E poi, vedendo che il suo interlocutore non replicava, aggiunse: “E hanno arrestato Jonnen”
Quello non era, gentili amici, ciò che Julius si era aspettato di sentire.
“Credono sia stato lui?”
“No, credono che abbia attentato alla vita di uno dei Consoli,” sbottò lei “Certo che credono che sia stato lui! Qualcuno che ci conosce deve averci visto, al mercato, perché ancora prima di venire a sapere della notizia ci siamo trovati due cazzo di Luminatii in casa, già belli e pronti a prelevare sia me che lui,” fece scattare lo sguardo a sinistra e si morse appena il labbro inferiore “io sono scappata dalla finestra”
“Quando è avvenuto tutto ciò?”
“Tre, quattro cambi fa”
“E perché gli amici presso cui sei stata fino ad ora non possono più ospitarti?”
Alinne corrugò la fronte e la sua espressione si indurì ancora: “Come fai a saperlo?”
“Ti sei tagliata i capelli,” disse lui, scrollando le spalle “immagino che sia avvenuto dopo che ti hanno quasi presa, per essere meno riconoscibile. E, per quanto tu sia sempre vestita come una senzatetto, sei pulita: non saresti in queste condizioni fossi rimasta per strada per tutto questo tempo”
“Dove sono stata non ti riguarda. Tutto ciò che devi sapere è che quel luogo non è più sicuro”
Forse sarebbe stato il caso di insistere, ma se non si fosse sbrigato a chiudere la conversazione c’era il rischio che Lucius venisse davvero a cercarlo. Prima di congedare Alinne definitivamente, però, aveva bisogno di sapere con certezza quello che aveva visto -o non aveva visto- prima di iniziare a tirare sassi alla finestra. E doveva chiederglielo senza che lei si insospettisse, nel caso l’universo avesse deciso di graziarlo con un po’ di fortuna.
“Come sapevi che mi avresti trovato qui? Poteva esserci chiunque”
“Ti sembra il caso di fare questi discorsi mentre sono ancora qui sotto?”
“La tua permanenza in questa villa o meno dipende da me. Non hai, per tua stessa implicita ammissione, altri luoghi a cui rivolgerti e non credo che tu voglia rimanere fuori ancora per molto, quindi prima ti sbrighi a rispondere alle mie domande meglio sarà per entrambi”
La sentì imprecare sottovoce, ma, con sua grande soddisfazione, ella lo accontentò: “Diciamo che ho tirato a indovinare. Lucius mi aveva detto che tu lavoravi qui e passavi molto tempo con suo padre. Questo è il suo studio, piuttosto facile da identificare quando conosci un po’ la pianta dell’edificio, e ha il vantaggio di avere una finestra abbastanza bassa da essere raggiungibile con un piccolo aiuto: ho pensato che, anche se non ti avessi trovato subito, avrei potuto aspettare tra l’erba alta,” Un ciuffo di capelli le era finito sugli occhi, e lei se lo mise dietro le orecchie, continuando a parlare “Sono stata fortunata a quanto pare, perché ti ho visto spuntare dalla finestra quasi subito”
A quelle parole, Julius potè tirare un sospiro di sollievo: Alinne non aveva visto nulla -non avrebbe perso l’occasione per ricattarlo, altrimenti- e questo voleva dire che poteva porre termine al loro incontro.
Non che non le dispiacesse per lei, in fondo: perdere un fratello non doveva essere una bella esperienza, specialmente se accusato di un crimine non commesso, e le augurava di non venire presa dalle guardie. Ma, al contempo, sarebbe stata un’enorme sciocchezza accettare di nasconderla lì dentro, quando la situazione era già precaria di suo: lui non le doveva nessun favore e lei non ne avrebbe dovuto nessuno a lui. Ognuno per la sua strada ed estranei come prima.
Iniziò dunque a chiudere la finestra.
“Ehi, cosa stai facendo? Avevi detto che mi avresti fatto salire, una volta risposto alle tue domande”
Julius corrugò la fronte, in finta confusione: “Non mi sembra di avere mai detto nulla del genere. Sicura di non aver sentito male4?” E poi, vedendo l’espressione sul viso della sua interlocutrice, aggiunse: “Senti, Alinne, io non ho nulla contro di te. D’accordo, tu non mi piaci particolarmente, e io non piaccio a te, è evidente, ma non ti odio. Avrei preferito che non ti trovassi in una situazione del genere. Oggettivamente, però, non posso aiutarti: se Hëloise scoprisse una cosa del genere non oso immaginare cosa potrebbe farmi e io non tengo particolarmente a venire sbattuto fuori di qui. Perciò, credo che dovremmo finirla qui: niente di person…” Una pietra -la quarta pietra, per la precisione- lo colpì alla spalla sinistra, facendolo gemere per il dolore e la sorpresa.
“Stronzo arrogante”
“Ci stiamo evolvendo, vedo, dopo il ‘coglione’ di qualche cambio fa”
“Farai meglio a farmi entrare. Subito.”
“Altrimenti?”
“Altrimenti,” E qui Alinne alzò il mento con lo stesso gesto del cambio in cui l’aveva vista la prima volta, prima di conoscerla “la prima cosa che farò quando verrò presa dai Luminatii sarà fare il tuo nome. Il tuo e quello di Lucius.” Accennò una smorfia che poteva passare come un sorriso “Sai bene quanto me che non resisterò a lungo, da sola, in strada. E sai altrettanto bene che al mercato non ero sola: hanno visto me esattamente come hanno visto voi. Vi stanno cercando. Quanto credi che ci metteranno i soldati a fare due conti e realizzare che prendere non due, ma quattro colpevoli è ancora meglio? E, per quanto tu ti dia parecchie arie, non credo che i tuoi contatti a ‘Grave possano tirarti fuori dai guai…”
Julius fu seriamente tentato di raccogliere la pietra dal pavimento e tirargliela in testa. Poteva sentire sulla pelle le ombre della stanza che rispondevano alla sua rabbia improvvisa: “Mi stai ricattando?”
Il sorriso sulle labbra di Alinne si allargò: “Vedila come… un incentivo”
“Avrei dovuto lasciarti a quel tipo, al mercato”
“Ma non l’hai fatto. E adesso devi vedertela con le conseguenze”
La scelta era quasi obbligata a quel punto.
E Julius giurò a se stesso, mentre si sporgeva dal davanzale e tendeva la mano ad Alinne, per aiutarla, che si sarebbe vendicato, in un modo nell’altro e il prima possibile.
L’unica cosa che poteva fare, per il momento, era comunque cercare di guadagnare qualcosa dalla situazione.
“Rispondi ancora ad una domanda,” le disse quindi, appena prima di tirarla su.
“Ancora? Non se ne parla”
“Ti prometto che è l’ultima”
“E dopo mi farai entrare? Lo giuri?”
“Lo giuro, sui tre occhi del Semprevigile,” Era sincero, anche se giurare su una divinità che lo avrebbe arrostito se ne avesse avuto la possibilità non gli sembrava particolarmente vincolante5.
“Sputa il rospo”
“Cosa contrabbanda tuo fratello?”
Alinne lasciò la sua mano e fece due passi indietro, come se lui l’avesse improvvisamente scottata.
“Chi ti ha detto che Jonnen…”
“A parte tu, con la tua reazione, in questo momento? Diciamo, per usare le tue stesse parole, che ho tirato ad indovinare”
Era un’idea che gli era venuta in mente durante l’illuminotte in cui aveva conosciuto Sussurro: Alinne aveva detto che Jonnen era un mercante, ma si era rifiutata di aggiungere altro in proposito, non rispondendo neanche alle domande di Lucius su dove fosse la sua nave, e il modo in cui lui ed Oonan stavano discutendo nello studio, quel cambio, aveva lasciato presupporre che avessero qualcosa da nascondere. Nulla di quello che erano stati mandati a prendere era necessario -se ne era sincerato lui stesso nella settimana successiva-, il che voleva dire che, in linea con la sua prima impressione, la loro scorribanda al mercato era stata solo una scusa per non averli intorno. 
Potevano esserci altre spiegazioni, ma quella gli era sembrata la spiegazione più probabile.
Vedeva, in quel momento, che aveva avuto ragione.
“Allora, cosa contrabbanda?”
“Non lo so”
Julius alzò gli occhi al cielo: “Vuoi davvero continuare con questo gioco anche adesso che…”
“Ti ho detto che non lo so! ‘Bisso e sangue, perché dovrei mantenere il segreto? È in carcere per omicidio, il trasporto illegale di merci da ‘Grave a qui è il minore dei suoi problemi” 
Lui ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, cercando di capire se mentisse. Poi, sospirò: “D’accordo, ti credo.” Non era convinto che dicesse tutta la verità: anche se Jonnen non le aveva mai detto esplicitamente quale fosse il suo lavoro lei doveva avere delle supposizioni. Gli sarebbe piaciuto approfondire la questione, perché quella poteva essere la strada giusta per liberarsi del padre di Lucius -o, almeno, togliergli un po’ del potere che esercitava su di lui-. Ma non avevano tempo per continuare con quel teatrino: “Dammi la mano, ti tiro su”
“Dove pensavi di nascondermi?” gli chiese lei appena furono entrambi nello studio di Oonan.
“Onestamente? Non ne ho idea,” Julius si passò una mano tra i capelli, riflettendo “Al secondo piano ci sono parecchie stanze che non vengono utilizzate. Potremmo provare là. L’unico problema è che quei corridoi sono quasi sempre trafficati, perché a fianco ci sono anche le stanze della servitù…”
“Quindi dove dormi anche tu, giusto?”
Il modo in cui lui la guardò le fece morire il sorriso sulle labbra: “Vuoi il mio aiuto, oppure preferisci continuare ad insultarmi velatamente? Perché ti assicuro, Alinne, che una delle due cose esclude l’altra”
Prima che lei avesse occasione di replicare, però, sentirono la porta dello studio aprirsi.
“A…ascolta Julius, credo di essermi sbagliato: la boccetta che ti avevo chiesto non è qui e…” Lucius non riuscì a completare la frase, quando si rese conto di quello che aveva davanti. Rimase lì, dita ancora strette attorno alla maniglia della porta e occhi spalancati.
Fu Alinne a rompere il silenzio: “Merda.”
E, per la prima volta da quando si erano conosciuti, Julius fu totalmente d’accordo con lei.


 

❊❊❊



Le spiegazioni vennero date in fretta, per la maggior parte da Alinne -tralasciando ovviamente i riferimenti al ricatto con cui era riuscita ad entrare-, e Julius osservò, mano a mano che il racconto proseguiva, l’espressione sul viso di Lucius farsi sempre più scura. Alla fine, aveva lo stesso aspetto del cielo durante un verobuio.
“Mi dispiace per tuo fratello”
“A me di più, fidati”
“Ed è ovvio che troveremo un modo per nasconderti qui dentro”
“È ovvio?” Julius si era sempre vantato di avere un cervello piuttosto svelto, ma era sicuro di essersi perso qualche passaggio.
“Beh, sì: è innocente, giusto? Cosa dovremmo fare, lasciarla nelle mani dei Luminatii?”
“Sì, Julius, cosa dovreste fare? Lasciarmi nelle mani dei Luminatii?” 
“Se continui ad essere così fastidiosa, potrei prenderlo in considerazione…”
“D’accordo, d’accordo, basta così. Litigare non ci servirà a nulla. Julius, neanche io sono entusiasta della situazione, specialmente dopo quello che lei ci ha fatto passare al mercato”
“Io sarei ancora qui…”
“Ma,” scoccò un’occhiata eloquente ad Alinne “sarebbe ingiusto lasciare che paghi per di cui non è responsabile, no?”
Tante cose erano ingiuste.
Era ingiusto che lui si trovasse lontano da ‘Grave, dalla sua casa, senza alcun mezzo per tornarvi, da più di due mesi.
Era ingiusto che la sua familia si stesse sgretolando sotto i suoi stessi occhi e lui non potesse fare nulla per aiutarli.
Era ingiusto dover fare da cavia come alternativa all’essere scacciato dall’unico luogo che gli offriva riparo.
Non aveva mai pensato, neanche per un momento, che la vita potesse essere giusta.
E non capiva come potesse pensarlo Lucius.
Ma discutere non sarebbe servito a nulla, quindi annuì.
“Perfetto. Allora, credo che il luogo più adatto sia la cantina”
“Cantina?” Quella conversazione stava diventando sempre più strana “Io sapevo che qui non ci fossero sotterranei”
“Tecnicamente no. Ma se tenessimo acqua e vino dentro casa, con tutto il caldo e la luce, evaporerebbero molto in fretta. Così, qualche anno fa, qualcuno ha provveduto a far costruire una serie di celle nel terreno, non direttamente collegate alla villa, ma comunque nei suoi possedimenti. La padrona ha dato il suo benestare dopo aver consultato il padre spirituale”
“Se ci tengono acqua e vino non sarà ancora più trafficata dei corridoi di sopra?”
Lucius scosse la testa: “No, le celle sono grandi e la maggior parte sono inutilizzate. In più, la maggior parte dei servitori qui sono molto devoti ad Aa e nessuno ama il buio. Tendono ad evitarle e ci stanno meno tempo possibile quando devono entrarci: non chiudono neanche a chiave la porta quando escono.”
“Anche perché quante bottiglie di aureovino pensi che una come Hëloise possa tenere in casa sua?”
Il commento di Julius strappò un sorrisetto ad Alinne: “Quindi io dovrei stare sottoterra, al buio, al freddo, e possibilmente con ogni genere di animale a mangiarmi i piedi?” Scrollò le spalle “D’accordo. E sia”
“Per quanto tempo conti di rimanere qui?” le chiese infine Julius, mentre uscivano dallo studio con circospezione e seguivano Lucius nei corridoi “E hai idea di cosa fare dopo? Fuggirai?”
“Oh, io non vado da nessuna parte,” gli rispose lei, con lo stesso sguardo determinato che le aveva già visto in viso più di una volta “perché la persona che ha veramente ammazzato quell’uomo è ancora libera. E, in un modo o nell’altro, mi assicurerò che chiunque sia venga arrestato e mio fratello scarcerato. Fosse l’ultima cosa che faccio.”







 

[1] Cose più importanti che, Julius avrebbe scoperto, una volta adulto, si traducevano più che altro in frequentare bordelli e giocare d’azzardo. Ma, ehi, de gustibus
[2] A volte può tornare molto utile, in realtà. Prepararsi al peggio è la soluzione migliore, quando l’universo ha fatto voto di rendere la tua vita il più miserabile possibile: parlo per esperienza personale.
[3] Julius avrebbe cambiato idea sul conto di Alinne almeno altre tre volte in tutta la sua vita. Alla fine, sarebbe giunto alla conclusione che il se stesso dodicenne aveva avuto più buon senso di tutte le sue altre versioni messe insieme. Come ben disse un famoso scrittore Vaaniano: “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze”*
[4] Per quanto mi spiaccia ammetterlo, gentili amici, Julius non aveva effettivamente mai detto che l’avrebbe effettivamente aiutata. Oh, non pensate che io lo stia difendendo, solo sottolineando i fatti.
[5] Negli anni a venire si sarebbe spesso chiesto, con un certo divertimento, se ad Aa desse fastidio il fatto di venire da lui utilizzato a puro scopo propagandistico. Di sicuro lo sperava.

 

*La citazione, come credo che sia ovvio, non è mia, ma tratta dal Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, che in questo momento si starà rivoltando nella tomba perché ho osato appropriarmi della sua meravigliosa prosa per i miei infami scopi.




Note finali: Ed anche questo capitolo si è concluso! Spero che gli elementi che si sono aggiunti in queste righe vi abbiano incuriositi abbastanza da continuare la lettura, nei prossimi sabati: la trama sta entrando più *nel vivo* diciamo così, e i capitoli da adesso in poi saranno tutti più o meno di questa lunghezza. Spero di stare continuando a rendere bene sia i personaggi canonici (considerando quanto poco materiale abbiamo su di loro) sia i nuovi personaggi, e che entrambi vi sembrino convincenti. La sessione d'esami (la mia prima sessione estiva, in realtà) inizierà proprio la prossima settimana, ma avendo già comunque cinque capitoli già pronti (fino al dodicesimo) gli aggiornamenti continueranno con regolarità.
Ancora un enorme grazie anche solo a chi legge,
QueenOfEvil

   
 
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