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Autore: Abby_da_Edoras    24/05/2020    5 recensioni
Con questa minilong in quattro capitoli proseguo la mia personale risoluzione di quello che non mi è piaciuto in Avengers: Endgame e questa è il seguito naturale della mia precedente minilong "Of Jupiter and moons". Steve deve riportare le Gemme dell'Infinito nel loro spazio e tempo originario per chiudere le linee temporali e Bucky è molto preoccupato perché teme che Steve possa tentare di cambiare il passato per salvare Tony e Natasha. Il Dottor Strange è molto chiaro su cosa è possibile e cosa non è possibile fare tornando indietro nel tempo, ma sarà ascoltato? Cosa sceglierà di fare Steve?
Pairing: SteveXBucky
Ringrazio in modo particolare Aliseia, Lilyy e Ciuffettina per l'affetto e il sostegno che danno alle mie storie sugli Avengers e Nuel che mi ha fatto venire la voglia di riprendere a scrivere su questi personaggi! Grazie! ❤
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni non appartengono a me, bensì a autori, registi e produttori del MCU.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Doctor Stephen Strange, James ’Bucky’ Barnes, Pietro Maximoff/Quicksilver, Steve Rogers/Captain America
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Capitolo quarto

 

You're burning your bridges down
You're burning them to the ground
You're burning your bridges down
What goes around
Will come around
And you burn your bridges down

All my bridges are falling…

(“Burning bridges” – Delain)

 

Bucky si alzò dal divano. Steve si aspettava che desse in escandescenze, che lo sottoponesse ad un altro fuoco di fila di domande, che si infuriasse, che lo insultasse perfino, magari… ma non avrebbe mai voluto vedere quel dolore immenso e infinito nei chiari occhi del giovane.

Restando in silenzio, Bucky si mosse lentamente per uscire dalla stanza, diretto con ogni evidenza verso la camera da letto.

“Cosa stai facendo? Bucky, dove vuoi andare?” Steve adesso era spaventato. Si alzò anche lui e lo seguì. “Che vuoi fare?”

Bucky si voltò a guardarlo con un sorrisetto storto.

“Ho ricevuto il messaggio, Steve. Non è questo il luogo a cui senti di appartenere e non sono io la persona che vuoi al tuo fianco. Cosa dovrei fare? Prendo le mie cose e me ne vado. No, non pensare a soluzioni estreme, sono ancora instabile ma non fino a quel punto. Prenderò una stanza in un albergo e poi vedrò” rispose.

Il Capitano era sgomento.

“Ma… ma come, Bucky? Non puoi andartene così. Io sono tornato solo per te!”

“Ecco, se possibile questo è ancora peggio” mormorò Bucky, afferrando uno zaino e iniziando a metterci dentro jeans, magliette e felpe. “Non capisci che, se dici così, mi fai sentire un peso? Tu avresti voluto tornare negli anni Quaranta e sposare Peggy, non l’hai fatto e sei tornato indietro per paura di creare un paradosso temporale, come ha detto Strange, e perché ti sentivi obbligato a prenderti cura di me. Non è una cosa che fa piacere sentirsi dire, non ti pare?”

“Ma non è questo che volevo dire!” esclamò Steve. Era veramente esausto, quella giornata sembrava non finire più. Prima il viaggio nel regno quantico per riportare al loro posto le Gemme dell’Infinito… e poco importava che, nel mondo presente, fossero passati pochi minuti, per lui quelle spedizioni nel passato erano state lunghe e faticose! Poi la tentazione, quella di cambiare tutto, di dimenticare Captain America e i suoi fallimenti, di ritornare nel 1948 e cercare di costruire una vita con Peggy. In realtà non sapeva nemmeno se avrebbe ritrovato la donna, né tanto meno se lei lo avesse aspettato o se, nel frattempo, si fosse fatta una sua vita, ma non era così importante: ciò che contava veramente, per lui, era la possibilità di essere un uomo normale, di non doversi più preoccupare per le sorti dell’universo, di poter trascorrere i suoi anni in pace insieme alle persone amate.

Era stata una tentazione molto forte, ma poi aveva pensato a Bucky. E non al fatto che Bucky non avrebbe potuto cavarsela senza di lui, no.

In realtà era lui che non sarebbe riuscito a vivere in pace se non avesse avuto Bucky con sé.

Non sarebbe stato giusto e non lo avrebbe voluto. Bucky meritava di vivere in quel tempo e in pace molto più di lui, aveva sofferto così tanto… e se Bucky non poteva ritornare nel passato e vivere sereno al suo fianco, ebbene, neanche lui ci sarebbe tornato!

Era stato difficile rinunciare alla possibilità di una vita normale e tranquilla nel tempo al quale sentiva di appartenere, ma era stato più facile quando aveva pensato che la scelta sarebbe stata tra quella vita e Bucky. Allora non aveva avuto più alcun dubbio ed aveva fatto ritorno al presente.

E si era trovato invischiato in un’estenuante discussione con Bucky, che aveva voluto sapere tutto, perché aveva tardato, perché aveva contrattato con Teschio Rosso per la vita di Natasha, se avesse pensato di sacrificarsi per lei… e adesso questo.

Steve si riscosse, si avvicinò a Bucky e gli strappò di mano lo zaino che stava riempiendo, lo posò sul letto e prese il compagno per le spalle, costringendolo a sedersi anche lui sul letto.

“Tu non vai da nessuna parte, Buck, adesso stai qui seduto e mi ascolti. E non mi interromperai finché non avrò finito, sono stato chiaro?” disse.

Beh, ogni tanto il carattere determinato e testardo che lo aveva contraddistinto fin da quando era il piccoletto di Brooklyn si faceva sentire. E, se allora non aveva avuto paura di tenere testa ai bulli grossi il doppio di lui, adesso non si sarebbe certo lasciato intimidire dal Soldato d’Inverno.

“Sai bene che non mi sono mai trovato a mio agio nel mondo presente. E’ vero, ho trovato degli amici e sono entrato a far parte degli Avengers, ma ho sempre sentito che non era quello il mio posto. Quando ho saputo che eri vivo e che ti avevano manipolato per farti diventare un sicario dell’Hydra, ho fatto di tutto per trovarti e liberarti, anche a costo di mettermi contro gli stessi amici che mi avevano aiutato” rammentò Steve. “Prima che Thanos ci attaccasse avevo deciso di vivere qui con te e di rinunciare al mio posto tra gli Avengers e anche ad essere Captain America. Volevo che potessimo avere una vita tranquilla e normale, anche se non potevamo farlo negli anni ai quali sentivamo di appartenere. Ma ciò che contava era che fossimo insieme. Io volevo quella vita con te, Buck, non te l’ho dimostrato più di una volta?”

Bucky annuì. Non poteva negare che Steve avesse fatto veramente di tutto per lui, ma questo serviva solo a farlo sentire ancora più in colpa. Avrebbe dovuto essere lui a proteggere Steve e invece… gli aveva rovinato la vita!

“Avevo sperato davvero che fosse possibile. Quando, tre anni fa, ho acquistato e fatto ampliare e rimodernare l’appartamento in cui vivevo da bambino, qui a Brooklyn, sognavo che avremmo riavuto indietro tutto quello che avevamo perduto. Sognavo che saremmo stati insieme, che avremmo vissuto una vita normale e che, anche in questo mondo così diverso dal nostro, avremmo trovato il modo di essere felici, perché saremmo stati insieme” proseguì il Capitano. “Ma non è stato così. La minaccia di Thanos era troppo grande e io non potevo fingere di ignorarla. E poi tutto è accaduto così in fretta… prima le persone scomparse, poi la ricerca delle Gemme dell’Infinito, la battaglia finale contro Thanos, la morte di Natasha e di Tony… Era inutile che mi illudessi. Io non avrei mai potuto avere una vita normale. Io sono Captain America. E ho salvato il mondo tante volte, ma ho sempre perduto le persone che amavo. Sono un supereroe solo per gli altri, io mi sono sempre sentito un fallito…”

“Non sei un fallito, Steve!” reagì Bucky. “Ne abbiamo parlato altre volte e avevo detto che non volevo più sentirtelo dire!”

“Il fatto che non lo dica non significa che non lo pensi” ribatté amaramente il Capitano. “E questa sensazione si è fatta ancora più forte dopo la perdita di Natasha e dopo che… dopo che è stato Tony a sacrificarsi per salvare il mondo. Io non sono riuscito a fare nemmeno quello, lo ha fatto Tony.”

“Non puoi sentirti in colpa per la morte di Stark, è stata una sua scelta!”

“Sì, forse. Comunque non è questo il punto. Durante il viaggio nel regno quantico ho pensato che avrei avuto la possibilità di cambiare tutto, di tornare a vivere negli anni Quaranta, gli anni ai quali appartengo… ai quali apparteniamo entrambi, in realtà” riprese Steve. “Ho pensato che, forse, avrei ritrovato anche Peggy e che avremmo potuto sposarci e avere una vita normale, che non avrei più visto esseri come Thanos, che non avrei più perduto i miei amici. E il mondo se la sarebbe cavata anche senza Captain America. Del resto, era stato Tony e non io a salvare l’umanità.”

Steve prese la mano di Bucky e la strinse forte, guardandolo negli occhi.

“Ma ho capito che non potevo farlo. E non perché il Dottor Strange aveva minacciato un collasso dell’universo, e nemmeno perché pensavo che tu non te la saresti cavata qui da solo” disse. “Non potevo farlo perché tu non eri con me, perché quegli anni e quella vita appartenevano tanto a te quanto a me, anzi, forse maggiormente a te, e tu più di chiunque altro avresti meritato una vita tranquilla. E non potevo farlo perché… perché non avrei saputo resistere nemmeno un giorno senza averti accanto a me, Bucky!”

Lo abbracciò d’impeto e i due si strinsero forte l’uno all’altro, come naufraghi in mezzo all’oceano… ed era proprio ciò che sentivano di essere in quel momento. Il Capitano aveva ragione, quello non era il loro mondo. Steve e Bucky erano stati eroi della Seconda Guerra Mondiale, avrebbero meritato di tornare a casa, festeggiati dai loro parenti e amici, avrebbero meritato di vivere i giorni difficili ma pieni di entusiasmo della ricostruzione e di poter dire basta a guerre, conflitti e lutti.

Così non era stato, ma nonostante tutto erano ancora insieme.

Steve dimenticò la tentazione provata, l’ideale di una vita pacifica e tranquilla, la possibilità di rivedere Peggy e di tornare negli anni Quaranta; in lui ora esistevano solo l’affetto, la passione e il desiderio che provava per il suo Bucky. Voleva perdersi in lui, sentirlo, possederlo e non allontanarsene mai più. Si baciarono, dapprima impetuosamente, disperatamente, per fondersi il più possibile e annullare qualsiasi grado di separazione; poi, lentamente, il bacio si fece più languido e dolce, mentre le mani dell’uno percorrevano il corpo dell’altro per togliersi gli abiti e accarezzarsi. Non erano baci e carezze sensuali, ma piuttosto tocchi gentili che scendevano come un balsamo nei loro cuori tormentati e li placavano, erano una dichiarazione di appartenenza, la fine di un incubo e l’inizio di una vita nuova.

Si distesero sul letto senza staccarsi, senza interrompere nemmeno per un secondo l’unione delle loro bocche e dei loro respiri. Il bacio divenne di nuovo appassionato e intimo mentre Steve e Bucky si incollavano l’uno all’altro, pelle contro pelle, lasciando che le ore trascorressero mentre i loro corpi si avvolgevano e si fondevano tanto da non sapere più dove finisse l’uno e iniziasse l’altro. Amplessi, gemiti e sospiri si susseguirono fino a sera, lasciandoli entrambi stremati e disfatti.

Alla fine restarono l’uno nelle braccia dell’altro: ormai placata la passione, i due amanti sentivano il bisogno di affetto e tenerezza. Avevano la necessità di sentire che niente di quello che esisteva fuori da quella stanza avrebbe potuto separarli e che, insieme, avrebbero saputo superare qualsiasi ostacolo.

Steve accarezzava dolcemente i capelli scompigliati di Bucky e pensava che aveva compiuto la scelta giusta. Il suo posto non era accanto a Peggy, non era negli anni Quaranta: il suo posto era accanto al suo Bucky e, finché ci fosse stato lui, qualsiasi luogo e tempo sarebbero stati quelli giusti.

Bucky teneva gli occhi chiusi e la testa appoggiata alla spalla di Steve, ascoltando il suo respiro, il battito del suo cuore e perdendosi nell’odore e nel calore del compagno. Nonostante tutto quello che c’era appena stato tra loro, nonostante fossero diventati un solo essere e si fossero amati con impetuosa passionalità e dolce intensità, non riusciva a tranquillizzarsi del tutto e si stringeva a Steve per avere la conferma del fatto che era lì con lui, che non era stata un’allucinazione, che era tornato dal regno quantico. Si sentiva stranamente vulnerabile e indifeso, fragile come un cristallo e sapeva che, se solo avesse perduto Steve, il suo equilibrio si sarebbe infranto, andando in mille pezzi. Due anni prima il Dottor Strange aveva cancellato il condizionamento dell’Hydra dalla sua mente prima che gli Avengers partissero per Titano*, perciò non sarebbe tornato mai più il letale e spietato Soldato d’Inverno. Bucky era però consapevole del fatto che tutto di lui, la sua integrità mentale, la sua autostima, la voglia stessa di andare avanti, la sua ragione per alzarsi ogni mattina, tutto era legato alla presenza di Steve nella sua vita. Steve era venuto a cercarlo anni prima, lo aveva salvato dall’Hydra, aveva riconquistato la sua fiducia giorno dopo giorno con infinita pazienza e gentilezza, lo aveva fatto tornare ad essere un ragazzo normale, aveva lottato con lui e per lui mettendosi contro tutto e tutti…

E lui che cosa aveva fatto per Steve, a parte stravolgere la sua vita?

Era felice che fosse tornato da lui, rinunciando a un’esistenza serena con Peggy, ma si sentiva anche in colpa per ciò che gli aveva tolto.

Avrebbe mai potuto ripagarlo per tutto quello che aveva fatto per lui, per tutto ciò che rappresentava nella sua vita?

Oppure era e sarebbe stato sempre e solo un peso, un ostacolo alla completa realizzazione di Steve Rogers?

 

FINE

 

* Ancora una volta si tratta di una mia autocitazione: questo episodio non è avvenuto nei film, ma nel capitolo 14 della mia long fic Yo contigo tu conmigo!

 

   
 
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