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Autore: Alyss Fibel    24/05/2020    0 recensioni
Dopo la morte dei genitori Ayano Hayasaka si è segretata in casa, ma ora, ad estate inoltrata, era pronta per ricominciare da capo: la Yuei era il suo punto di partenza.
Scoprirà di aver condiviso in passato momenti felici con uno dei ragazzi della classe, mentre l'oscura verità sulla morte dei genitori verrà a tormentarla come una tempesta.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shigaraki Tomura, Shouto Todoroki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 << Facciamo una gara a chi ha la camera più bella! >> esclamò Ashido guadagnandosi l’attenzione dei presenti, che nel frattempo si erano riuniti nello spazio comune.

La proposta non fu accolta con grande entusiasmo da parte dei ragazzi, ma la gara ebbe comunque inizio.

Incurante della stanchezza che si faceva sentire sempre di più, Ayano partecipò con grande curiosità.

Ognuno aveva decorato la propria camera in base ai propri gusti e personalità. Da Midoriya, la cui stanza era un santuario di All Might a Sugar, amante dei dolci e ottimo cuoco, la cui stanza era provvista di utensili per la cucina.

<< È il turno di Todoroki. >>
<< Fate in fretta, che ho sonno. >>
Ayano gli lanciò un’occhiata furtiva e si sporse a vedere la camera: era in perfetto stile giapponese!
<< Casa mia è così. >>
Alle parole del ragazzo Ayano ebbe un colpo di fulmine, un flashback risalente a undici anni fa.
<< Hayasaka? >>
Il flusso di pensieri fu interrotto dalla voce di Todoroki.
<< Eh? >>
<< Tutto a posto? >>
La ragazza annuì mentre abbozzava un sorriso.
Una volta terminata la gara ed eletta la miglior camera, Ayano si congedò dai compagni e salì fino al quinto piano. Entrò in camera e vi rimase in piedi al centro.

Le immagini della giornata appena trascorsa le balenarono davanti agli occhi, senza rendersene conto stava sorridendo.
Aveva dimenticato quanto fosse divertente interagire con altre persone, parlare, ridere, raccontare…
Già… mentire.
Il sorriso che le incurvava le labbra svanì lasciando posto ad un’espressione cupa.
Raggiunse la finestra, che aveva lasciato aperta prima di uscire con le ragazze, e si sedette sul davanzale ad osservare il cielo. Era un manto scuro privo di stelle: lo stesso scenario di un anno e mezzo fa.
Tutti quanti hanno dei segreti, si ripeteva, cercando di giustificarsi. Aveva mentito sul vero motivo del suo trasferimento, sulla sua condizione mentale e fisica nei diciotto mesi passati e sul rapporto con i genitori.
Le ragazze, d’altro canto, le erano parse tutte quante sincere. Persino quando la conversazione era sfociata fino a toccare l’argomento “amore”, la reazione di Ochako era stata così ingenua, limpida e adorabile. Sebbene non lo avesse detto esplicitamente, era chiaro a tutte che aveva una cotta.
L’attenzione della ragazza fu catturata dal gruppetto che si trovava ai piedi dell’ingresso principale: Tsuyu, Ochako, Midoriya, Iida, Todoroki, Kirishima e Yaoyorozu.
Rimase a fissarli per tutto il tempo con un lieve sorriso dipinto sul volto.
Todoroki, prima di seguire gli altri sei e rientrare, si voltò lentamente verso la sua destra, scorgendo al quinto piano una figura seduta alla finestra. Prima che i loro sguardi potessero incrociarsi, il cellulare di Ayano suonò e lei rientrò.
 
<< Ayano, com’è stato il primo giorno? >>
<< Ciao zio! È filato tutto liscio. >>
<< Questo mi rende davvero felice. >>
<< Però ho dovuto mentire. Parlare di quello che è successo… io ancora non ci riesco. >>
<< Solo tu puoi decidere se e quando parlarne.
Mentire non è un problema Ayano. >>

 
Terminata la breve telefonata con lo zio, Ayano spense la luce e, cullata dal silenzio e dalla stanchezza, si addormentò.

*

Si svegliò di soprassalto.
Il cuore le martella nel petto talmente forte che pensava sarebbe uscito dalla cassa toracica. La fronte era fredda come il ghiaccio, ma stava sudando. Lo smartphone segnava le 03:49. Fece dei respiri profondi cercando di calmarsi, mentre gli occhi si abituavano lentamente all’oscurità, sentiva il battito rallentare.
Uscì dalla stanza per andare a prendere una bottiglia d’acqua in cucina. In punta di piedi attraverso il corridoio e scese le scale, evitando l’ascensore. Le luci provenienti dall’esterno lanciavano all’interno della struttura ombre chiare sulle pareti. Era così concentrata nel non fare rumore che non si accorse minimamente della presenza di un’altra persona.

<< Hayasaka? >>
Prima di poter pensare razionalmente ed agire di conseguenza, la ragazza si voltò di scatto nella direzione della voce e tirò un pugno. Questo fu afferrato da una mano grande e fredda.  
<< Oh… >>
<< Ti senti bene? >>
<< Ah… T-Todoroki! >>
Il ragazzo lasciò la presa ed Ayano ritirò immediatamente il pugno.
<< Ti chiedo scusa. >>
<< Non ti preoccupare. Tu piuttosto non sembri avere una bella cera. >>
<< Ho fatto un incubo. >>
Le parole le uscirono automaticamente di bocca.
Cosa diamine stava facendo?
Ci fu un momento di silenzio. La luce del frigorifero rimasto aperto illuminava metà viso del ragazzo. Ayano strinse la presa sulla bottiglietta d’acqua e deglutì.
<< Beh allora… buon- >>
<< Ne fai spesso? >>
<< Come? >>
<< Di incubi? >>

La domanda la colse impreparata. Non aveva mai avuto una conversazione di quel genere con qualcuno al di fuori dello zio. Come avrebbe reagito? Cosa avrebbe dovuto dire?
Il viso del ragazzo era impassibile, ma gli occhi lasciavano trapelare qualche emozione.

Eterocromia
Un altro flashblack le balenò nella mente.
<< Hm… >> annuì bevendo un sorso d’acqua. << Succede spesso da quando i miei genitori sono morti. >>
<< Mi dispiace… >>
<< In alcuni momenti penso di aver ormai accettato la realtà dei fatti, in altri però mi sento così insicura. Dopo l’accaduto avevo preso in considerazione l’idea di rinunciare ad essere un hero, avevo smesso di usare la mia unicità… mi ci è voluto un anno per cambiare atteggiamento. >>
<< Penso sia comprensibile. Io avevo rinnegato mio padre e l’unicità ereditata da lui per molto tempo. Ci vuole tempo per certe cose, e penso sia importante che qualcuno ti faccia notare determinate cose. >>
<< Già… mi spiace per tuo padre. >>
<< Non deve. A me non dispiace. >>
Un altro momento di silenzio dove l’orologio appeso al muro, che scandiva ogni secondo, era l’unico suono che si udiva.
<< Ti sembrerà una domanda strana, ma… per caso ci conoscevamo già? >> domandò Ayano. Quella strana sensazione di parlare con qualcuno di familiare non la voleva abbandonare.
<< Ci avevo pensato pure io, però mi sembra improbabile. >>
<< Hai ragione… >>
 

 
<< Abilità speciali? >>
Il professor Aizawa stava spiegando alla classe i piani odierni e dei giorni a venire. Gli studenti si sarebbero cimentanti nella creazione di abilità speciali al ground beta.
L’atmosfera era intrisa di eccitazione.
<< Non hai un costume, Ayano-chan? >> domandò Tsuyu.
La classe di voltò ad osservarla. Era vestita con la normale tuta blu della scuola.
<< Ehm… No, per ora userò questa. >>
Sentiva lo sguardo di Todorki puntato addosso, dopo la strana conversazione di ieri, non si erano più rivolti la parola.
<< Se vuoi ti creo qualcosa. >> propose Momo
<< Non ti preoccupare, davvero. Grazie comunque. >>
 
L’esercitazione individuale cominciò non appena fu varcato il cancello dell’area per l’allenamento. Ognuno dei ragazzi scelse il terreno più favorevole al proprio Quirck, e con l’aiuto di Ectoplasm, diedero il via ad un estenuante allenamento.
Ayano se ne stava ai piedi di un palazzo ad osservare i propri compagni. Il livello generale era impressionante.
<< Che fai lì in piedi? >>
<< Aizawa-sensei… ecco, non saprei da dove cominciare. >>
<< Come sarebbe a dire? >>
<< È da più di un anno che non mi alleno con la mia unicità, nel vero senso della parola. >>
<< Allora è il buon momento per ricominciare. Il preside ti ha lodata, quindi cerca di rispettare l’immagine che ha di te. >>
Era più facile a dirsi che a farsi. Era vero, le sue doti fisiche unite al suo quirck erano sopra la media, però c’era una discrepanza tra l’immagine che aveva fatto passare Kei e la ragazza di adesso.
Dopo anni di allenamenti con il padre era riuscita a dominare l’elemento dell’aria. Si disse che avrebbe dovuto cominciare dalle basi per il momento, fino a quando il suo corpo non si fosse abituato.
Salì sul tetto di un palazzo e si mise seduta con le gambe incrociate. Man mano che il suo respiro si faceva più lento e leggero, accumulava attorno a sé dei piccoli vortici d’aria gelida. Una nube grigia si era formata sopra di lei, mentre la pressione aumentava. I vortici d’aria si trasformarono in lame affilate che le avvolsero le braccia. Sembrava procedere bene, lo pensava davvero, ma inevitabilmente il ricordo della testa mozzata del padre le apparì davanti agli occhi. Le lame d’aria finirono con il tagliarle le braccia. Un boato scosse il grattacielo dove stava.
<< Hayasaka, tutto ok? >>
Aizawa si materializzò sul posto in un istante. Il volto della ragazza era rigato da lacrime. Fissava un punto vuoto con uno sguardo spento.
<< Hayasaka? >>
Al secondo richiamo reagì tornando in sé.
<< Chiedo scusa sensei. >>
<< È per quella storia? >>

Ayano lo guardò un po’ stupita e un po’ sollevata. Non aveva bisogno di dire nulla, il professore, così come il presidente, sapevano di lei. Annuì mentre si alzava, con la chiara intenzione di riprovarci, fino a quando non ci sarebbe riuscita.

E così fu. Continuò per quattro ore ad allenarsi sul controllo, cercando di cancellare, trasformare o rimpiazzare il ricordo che la turbava. Dopo svariati tentativi andati a monte, finalmente, con le braccia sanguinanti e piene di tagli profondi, ci riuscì: il controllo dell’aria – vortici di grandi dimensioni le circondavano tutto il corpo. Due lame di media lunghezza simili a spade le avvolgevano le mani.
Si era completamente dimenticata della sensazione che provava usando la sua unicità. Tutto l’entusiasmo che il padre le aveva trasmesso si materializzò in quel preciso istante.

I quirck esistono per fare del bene o del male, siamo noi che scegliamo che utilizzo farne.

Era vero, così semplice ed importante, le parole che suo padre le aveva ripetuto più volte le aveva completamente dimenticate.

Spronata dall’ambiente in cui si trovava, circondata da coetanei con la stessa passione, determinati e risoluti, non ebbe più il benché minimo dubbio sulla sua scelta.

Il sogno suo e del padre lo avrebbe realizzato a partire da ora.
   
 
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