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Autore: emmevic    25/05/2020    4 recensioni
Cit. Cas non è stato creato per avere paura, ma ha imparato lo stesso ad averla, perché quando il tuo centro è Dean Winchester, cacciatore professionista, Spada di Michele, Uomo Giusto e calamita di guai, alla fine ti ritrovi a convivere con un’ansia che un test online, fatto per scherzo in una notte annoiata, ti diagnostica come “cronica”.
⤷ Famiglia può essere un angelo che non è più un angelo, suo figlio adottivo (alias l’Anticristo) e l’uomo che ha “afferrato stretto e salvato dalla perdizione”. Raccolta di 4 capitoli ambientata dopo un’ipotetica ultima stagione, ma non considera né la 14esima né la 15esima. Quello che viene raccontato qui è un mondo fatto di quotidianità e di piccole crisi. Destiel.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jack Kline, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Happily Ever After'
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I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(mani sporche)


Il dubbio è un serpente. Striscia, si insinua dove non deve e infine morde dove fa più male, dove la carne è tenera ed esposta. O almeno, questo è quello che Castiel si ripeteva, quando doveva tenere la testa china ed eseguire gli ordini del Paradiso senza mai domandarsi cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Interrogarsi su quale fosse il suo ruolo nel vasto disegno divino non era compito suo, il suo dovere era verso il Paradiso e il Paradiso soltanto. Non c’era né un io né un noi, ma solo una volontà da seguire senza esitazione. Cieca obbedienza.
Avrebbe imparato solo molto tempo più tardi che non sempre ciò che gli veniva ordinato era la cosa giusta da fare e l’avrebbe compreso a caro prezzo, eppure, se ora gli chiedessero se ne sia valsa la pena, Castiel risponderebbe “sì” senza che un dubbio lo sfiori. Non importa quanto faccia male avere le mani che grondano del sangue dei suoi fratelli, la sua nuova famiglia è la cosa più bella che gli sia mai capitata.
È imperfetta e si gridano addosso, ma ci saranno sempre gli uni per gli altri.





La casa che Dean e Cas hanno ristrutturato, una villetta da sogno americano con il tetto grigio e le pareti bianche (e un mucchio di finestre per ogni parete), è la casa in cui Dean avrebbe voluto crescere. È su due piani e ha un ampio giardino che l’abbraccia da ogni lato, uno in cui lui e Sam da bambini avrebbero potuto passare interi pomeriggi a rincorrersi e a giocare a pallamano. È rassicurante ed è più lussuosa di ogni motel in cui ha passato la maggior parte della sua vita e non ha, tanto per dirne una, scarafaggi che escono dallo scarico e lenzuola che puzzano di candeggina. È anche il luogo che Jack ha imparato a chiamare casa e questo secondo Dean è il complimento più grande.
Non lo ammetterebbe mai, perché Dean è fatto così, ma il ragazzino è ormai parte della famiglia, e anche se all’inizio non era riuscito ad accettarlo, quei tempi sono ormai andati, sepolti sotto pagine di ricordi e nuove esperienze. E quindi la casa che adesso abitano è anche la casa di Jack.
“Mangiamo?”
Dean si gira di scatto. Lo sguardo che Jack gli rivolge dall’altra parte della cucina, mentre porta avanti le mani e si appoggia al tavolo in mezzo alla stanza, è quello di un bambino che vuole qualcosa, ma non sa bene come dirlo e non vuole essere il primo a esporsi. Non importa che quell’espressione innocente sia sul volto di un finto ventenne, rimane l’espressione di un bambino.
Dean fa un movimento vago con la mano, che accompagna a un cenno d’assenso. Va bene. “Preferenze?” gli chiede, osservando come gli occhi del ragazzino brillino alla domanda e il volto intero si faccia più luminoso. E luce fu. Sorridendo, Jack annuisce e si siede.
“Hanno aperto una nuova hamburgheria in fondo alla via e Leslie mi ha detto che devo provarli assolutamente. Potremmo prendere d’asporto…” suggerisce il Nephilim con le labbra strette in un sorriso storto. Una fossetta gli segna la guancia.
“Chi è Leslie?” chiede divertito l’ex-cacciatore e, quando Jack spalanca gli occhi e diventa dello stesso colore della tovaglia, un rosso amarena, Dean sa di aver posto la domanda giusta. E, in tutta onestà, lo rincuora sapere che Jack finalmente parli con qualcun altro oltre a lui, Sam e Cas.
“È… una mia amica” deglutisce. “Una vicina.” Ma il lampo imbarazzato che gli attraversa gli occhi racconta una storia diversa.
“Ah, quindi adesso si dice così…” gli fa un occhiolino e Jack, se possibile, diventa ancora più rosso: lo sguardo sfuggente.
“Prendiamo d’asporto quindi?” svia il ragazzino, alzandosi in piedi e lanciandosi verso la porta. Sulla soglia si ferma. “Va bene?” domanda con metà viso nascosto dietro lo stipite.
Dean annuisce.





La prima volta che Castiel si è permesso di dubitare è stato anni prima, in una stanza arredata in stile Art Decò, quando un essere umano con tanta voglia di combattere ma nessun asso nella manica l’ha guardato negli occhi e gli ha chiesto aiuto. Dean Winchester, Spada di Michele e tramite su misura per l’Arcangelo più potente del Creato, l’ha pregato di fare qualcosa e Castiel l’ha fatto, quel qualcosa. Ha accettato. Ma prima di porgergli la mano e ribellarsi contro l’intera schiera celeste, Cas è scappato.
Perché avrebbe accettato di aiutare Dean Winchester in ogni universo, ma disfare migliaia e migliaia di anni di cieco asservimento e prendere la strada del libero arbitrio non è qualcosa che accade così per così. Aveva dovuto ripensare a tutto quello che aveva fatto, a tutto quello che il Paradiso gli aveva chiesto di fare e agli occhi di Dean.
Arrabbiati. Impauriti. Ma speranzosi. (Gli occhi di un Uomo Giusto.) E così Castiel aveva dubitato e aveva deciso e, dopo essere scappato, era tornato: si è ribellato per Dean Winchester, solo per Dean Winchester. 





Ci vuole mezz’ora perché Jack decida cosa prendere. E quando finalmente si è deciso (Dean nel frattempo si è già studiato il menu a memoria e ha optato per un Cheeseburger della casa doppio bacon) è il turno di Cas, anche se Dean sa già cosa sceglierà. Non che ci voglia un grande intuito, l’ex-Angelo prende sempre lo stesso ordine. Ma chiamarlo è la cosa giusta da fare, perché magari questa volta deciderà di provare qualcosa di nuovo.
Dal tavolo della cucina dove l’ex-cacciatore e Jack osservano il menu del ristorante, un foglio stropicciato, pieno di colori fluo e piegato in tre parti, (“Me l’ha dato Leslie, secondo te devo restituirglielo?” “No, Jack, però dovrai dirle se ti è piaciuto il panino.”) l’uomo grida un “CAS!” che risuona per tutta la casa e sa di datti una mossa, che abbiamo fame e devi scegliere. Il messaggio è chiaro e il tono sa di calore e di casa. O almeno Dean lo spera.
Ma Castiel non arriva. Lo chiama una seconda volta, ma non entra dalla porta della cucina. Jack intanto sta osservando il menu e non sembra preoccupato. Nonostante abbia già scelto cosa ordinare, lo sta ancora esaminando come se fosse la cosa più interessante del mondo e non una semplice lista di hamburger con combinazioni più o meno simili (tranne il Veggy che per Dean è “un affronto al concetto stesso di hamburger”).
Prima che Dean chiami una terza volta Castiel (ora inizia a preoccuparsi, una vecchia abitudine che gli è rimasta radicata da quando Cas aveva le ali e il terribile vizio di scomparire nel nulla in un puff senza preavviso, per ricomparire mesi e mesi dopo in condizioni pietose), Jack alza gli occhi dal foglio e con uno sguardo indecifrabile lo informa che: “Credo sia in giardino”.
Ah, ma avresti potuto dirlo anche prima, eh. 





Il dubbio va spesso a braccetto con l’indecisione. Perché se hai la facoltà di dubitare, hai anche la libertà di scegliere se eseguire o non eseguire un ordine e hai quindi la possibilità di ritrovarti in quell’orribile terra di mezzo che si trova a metà esatta tra un’ottima decisione e una “meno ottima”.
Nel caso di Castiel, c’è da dire che, se in un tempo lontano lontano (davvero molto lontano) era stato un grande stratega (di sicuro prima che conoscesse Dean o che la sola idea di Dean balenasse nella mente di Dio) e aveva dimostrato grandi capacità decisionali, in tempi più recenti il suo metro di giudizio doveva essersi incrinato perché non aveva fatto altro che prendere una scelta meno saggia dell’altra (“di merda” direbbe qualcuno). Una volta gli è parso di sentire Sam bofonchiare qualcosa di molto simile a “Dean ti ha mandato in corto circuito il cervello”, ma è abbastanza sicuro che nessuno, per quanto speciale, sia fisicamente in grado di mandarlo in corto circuito. Nemmeno ora che è umano.
Comunque. Il punto è che prendere decisioni è difficile, mentre seguire gli ordini è facile, ma non c’è giorno che Castiel non si senta fortunato di questo peso.
Si è ribellato, ha ucciso i suoi fratelli ed è caduto, cose che di certo non ricorda con un sorriso, ma, se rimpiangesse il proprio cammino, dovrebbe rimpiangere anche Jack e lui… Jack è una cosa molto, molto bella. Assieme a Dean, Sam e Mary è il nuovo centro del suo mondo.





Il giardino è l’ultima parte della casa a cui si sono dedicati per la ristrutturazione. È quasi finito, mancano solo i dettagli. La staccionata Dean l’ha montata solo qualche giorno fa (con un sacco di sudore, fatica e blasfemie) e deve essere verniciata. O almeno così credeva l’ex-cacciatore.
“Bello” commenta Dean, osservando la recinzione appena pitturata. Un bianco accecante che gli ricorda un po’ troppo il Paradiso, ma va beh. “Stiamo scegliendo cosa mangiare. Prendiamo hamburger d’asporto, cosa vuoi?”
“Ah,” risponde Castiel senza nemmeno guardarlo negli occhi. Ha le mani e la faccia impiastricciate di bianco (le mani poi sono sporche sporche sporche e anche i ciuffi ai lati del viso) e ha lo sguardo fisso di quando qualcosa non lo convince. Quando è così concentrato, sembra ancora Castiel l’Angelo. “Il solito.”
“Non vuoi nemmeno vedere il menu, Cas?”
Scuote la testa. “Sono impegnato.”
A fare che? Gli vorrebbe chiedere Dean, perché (sul serio) la staccionata è già completamente verniciata e c’è poco da fare ancora lì fuori. Soprattutto fissarla così non porterà a nulla.
“Non so…” lo vede sospirare Dean. “Forse starebbe meglio ritinteggiarlo panna..? Perché a guardarla ora credo sia troppo bianca e ho letto su una rivista che…”
“Cas.”
L’ex-Angelo tace e alza gli occhi al cielo.
“Dean.”
Cas” rimarca Dean, piccato.
Jack, intanto, li osserva dalla soglia di casa con il menu in mano. Vuole solo mangiare il suo hamburger e parlare con Leslie e non gli importa dei dubbi esistenziali dei suoi genitori. Lui vuole la sua cena e ha l’impressione che Dean e Cas la tireranno per le lunghe.
L’attimo dopo non è più sulla soglia di casa.

Puff




Ehm, questo è quello che chiamo il tentativo di riprendere a scrivere. Non so se il mio "tentativo" sia riuscito, se i personaggi siano OOC o se interesserà a qualcuno leggere questi quattro capitoletti, ma ci ho provato. Mi sono permessa di sperimentare e di scrivere qualcosa che mi frullava in testa da un po' di tempo a questa parte. La raccolta si colloca in un finale ipotetico che non considera le ultime due stagioni, la 14 e la 15 (perchè non le ho ancora viste, fondamentalmente). Come potete leggere nell'introduzione e come si capirà man mano dal testo, è un mondo senza Angeli e senza Demoni, in cui i Winchester sono andati in pensione, Cas è diventato umano al 100% e tutti vissero felici e contenti con Jack al seguito. Tutto molto allegro e molto domestico <3 (perché in quarantena ho bisogno di dolcezza). Infine, la forza per mettermi a scrivere questa mia piccola idea e che ha di fatto portato a questa fanfiction mi è  stata data da un'iniziativa organizzata da un forum di scrittura: questa storia partecipa infatti al contest “Be our Guest” indetto dal forum Piume d'Ottone (se vi piacciono questo genere di iniziative, vi consiglio di passare). Per il resto, se vi è piaciuto, mi piacerebbe tanto saperlo, essendo la mia prima volta in questo fandom (<3) e non avendo idea se le caratterizzazioni siano piuttosto plausibili. P.S. il prompt è mani sporche (+ imparare) e il titolo l'ho preso in prestito da una canzone di Jimmy Cliff. Questa. 
   
 
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