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Autore: Saruwatari_Asuka    25/05/2020    0 recensioni
La vita è una maschera, tu dici, e questo per te è fonte inesauribile di divertimento, e sei così abile che ancora non è riuscito a nessuno di smascherarti: poiché ogni manifestazione tua è sempre un inganno; solo in questo modo tu puoi respirare e far sì che la gente non si serri intorno a te e ostacoli la tua respirazione. In questo sta la tua attività, nel mantenere il tuo nascondiglio, e questo ti riesce, perché la tua maschera è la più misteriosa di tutte; infatti non sei nulla, e sei sempre soltanto in relazione con gli altri, e ciò che tu sei, lo sei per questa relazione. (...)
Non sai che arriverà la mezzanotte in cui ognuno dovrà smascherarsi? Credi che si possa sempre scherzare con la vita? Credi che si possa di nascosto sgattaiolar via un po’ prima della mezzanotte per sfuggirla?
(Søren Kierkegaard)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

 

 

 

Grecia, Santuario di Atena. 1 Settembre 1986.

 

Era strano tornare in terra di Grecia dopo tredici anni lontano da quella che era stata la sua casa per tutta l’infanzia, o buona parte di essa.

Arrivare e chiedersi, inevitabilmente, se i suoi compagni avrebbero accettato la sua presenza.

Ma non potevano ucciderlo. L’impostore in persona aveva richiesto la sua presenza così come quella di tutti gli altri, Dohko incluso, ma il vecchio maestro, com’era ovvio, non si sarebbe presentato.

Non lasciava Goro-Oh da duecento anni, non lo avrebbe certo fatto per qualcosa che neanche reputava giusto.

Ma lui sì. Mu aveva deciso, infine, di presentarsi.

Con il piccolo Kiki al seguito si era recato al Santuario, presidiando di nuovo la Prima Casa. La sua. Quella dell’Ariete.

Non era stupito di trovarla trascurata e impolverata, ma lasciò che fosse Kiki a darsi da fare per sistemare il sistemabile. Lui, invece, aveva intrapreso una scalata che ricordava solo nei suoi sogni più cupi.

Non verso la Tredicesima dimora, però, dove sempre si rifugiava da bambino, bensì fino alla Quinta.

La casa del Leone dorato e il suo Custode lo accolsero come s’era aspettato, con distaccato garbo e stupore.

Aiolia si era fatto uomo duro negli anni, così come Mu stesso. Non solo nel fisico ma anche nel temperamento, spesso nei modi, pur senza cattiveria. Mantenevano solo le distanze da tutti e tutto, da quei compagni che li avevano inevitabilmente delusi. Quasi tutti almeno.

Toro era stato dalla loro parte, e lo era ancora. Quando Mu, pochi secondi prima, aveva chiesto il permesso di superare la sua Casa, Aldebaran era sbucato dalle stanze interne e gli era andato incontro.

Mu! Sei tornato! Pensavo ormai che neanche questa volta ti avrei rivisto!” l’aveva accolto con un sorriso. Un tempo l’avrebbe abbracciato, gli avrebbe dato una pacca sulla spalla con quelle enormi mani che sapevano essere così gentili eppure mortali. Ma adesso no.

Gli aveva sorriso, cordiale, ma non l’aveva toccato. In un certo senso, nonostante anche Mu gli sorrise, Aldebaran doveva aver capito che stava mantenendosi distante a sua volta. Troppo tempo era stato lontano da qualsiasi forma di vita prima di incontrare Kiki e anche dopo aveva avuto con sé solo il bambino.

Persino Leo non lo vedeva da quando Seiya era arrivato in Grecia.

Questa volta non potevo esimermi, amico mio.”

Aldebaran aveva annuito, “Le cose stanno per cambiare, vero? L’ho percepito anche io.”

E’ così.”

Aiolia, invece, lo aveva accolto in silenzio.

C’era ben poco da dire. Presto il destino si sarebbe compiuto, e Athena sarebbe tornata a richiedere il suo posto lì al Grande Tempio, dov’era giusto fosse.

“Il Falso Sacerdote si sta già muovendo contro quei ragazzi,”  gli rivelò, “Ha chiesto a Milo di andare ad uccidere Seiya e Saori Kido, accusandola di essere un impostore.”

Mu annuì, “Saori Kido è la vera Athena.”

“Lo verificherò di persona.”

“Tu?”

“Sì. Andrò io al posto di Milo. E’ mia intenzione capire se Seiya ha le capacità di arrivare fin qui, o se Athena affidata a lui è in pericolo, ma contro Milo non avrebbero avuto alcuna possibilità.”

“L’hai visto crescere in mano a Marin. Dovresti sapere che Pegasus è tutt’altro che un debole.”

“Lo so. Ma adesso che abbiamo trovato finalmente Athena, ammesso che sia davvero la Kido, abbiamo bisogno che torni qui in Grecia. Abbiamo bisogno che sia al sicuro, e che il Falso Sacerdote non possa farle del male. E’ finito il tempo dell’attesa, Mu.”

“Quando arriverai in Giappone per incontrare Seiya e Saori Kido non essere avventato, Aiolia.”

Aiolia si limitò ad un cenno del capo, e il discorso cadde lì.

Ma sapevano bene tutti e due che Aiolia, ponendosi davanti a Milo come volontario a partire per il Giappone, aveva salvato la vita a quei Bronze, così come sapevano che non erano pronti. C’erano ben poche possibilità che potessero affrontare dei Gold Saint e purtroppo molti di quelle delle case superiori alla Quinta, e DeathMask giù alla Quarta, erano traditori. Avevano tutti deciso di servire l’Impostore anche se sapevano –perché Aiolia era certo sapessero- che la sua identità non era quella del vecchio Shion.

Shaka, Milo, Camus, Shura, Aphrodite, nessuno di loro era degno dell’armatura che indossava.

Shaka è dalla nostra parte, Aiolia. O quantomeno, non è da quella dell’Impostore,” affermò Mu di punto in bianco, già sulla soglia della Quinta casa, pronto di nuovo a scendere, “Per quanto non abbia preso una posizione, ha capito anche lui la verità. Quando vedrà Athena e la riconoscerà capirà anche da che parte stare.”

Aiolia storse le labbra. Conosceva poco il Cavaliere della Sesta, ma non era del tutto convinto delle parole di Mu. L’aveva sempre trovato strano ed era difficile riuscire a capire cos’avesse.

Ma se Mu aveva ragione, per loro non era che una fortuna.

 

Da allora, i giorni passarono tranquilli. Aiolia tornò in terra di Grecia con una Shaina ferita, sacrificatasi per salvare Seiya, e la cattiva notizia che sì, quella ragazza era davvero Athena, ma Seiya non era pronto.

Marin era stata un’ottima, innegabile, insegnante per lui. Ma non era stato sufficiente.

Contro un Cavaliere D’Oro, quei ragazzi erano spacciati.

L’unica alternativa che avevano, era stata la proposta del Leone, era quella di allenarli. E c’era un solo modo per farlo, in un tempo inesistente e davanti agli stessi occhi del Falso Sacerdote.

Combattendo.

“La morte per mano nostra, o il Settimo Senso,” decise Aiolia alla fine, fermo sulla soglia della Seconda Casa insieme a Toro e Mu.

Proprio Aldebaran inarcò per primo il sopracciglio, “Mi pare estremo, Aiolia. Sono solo dei ragazzi.”

“Ragazzi che devono proteggere la Dea. E che se non raggiungeranno il Settimo Senso moriranno comunque per mano del falso Sacerdote, o peggio durante la Guerra Santa che, sappiamo, ci aspetta. E’ per questo che siamo nati, lo sai.”

“Certo, lo so, ma...”

“A malincuore, Lia non ha torto,” intervenne anche Mu, “Purtroppo, è il loro fato. Abbiamo atteso troppo, Al. Non possiamo aspettare ancora che loro raggiungano la giusta maturazione.”

“Quindi, quando arriveranno, se intraprenderanno la scalata non devo farli passare?”

“No,” sentenziò Aiolia, “Devi combattere. Spingerli al limite. Spingili ad un punto in cui possano raggiungere il Settimo. Quando arriveranno alle Case dei traditori, più in alto, dovranno essere pronti.”

A cuor pesante, Aldebaran alla fine annuì.

Non aveva motivo alcuno di mettere il bastone fra le ruote agli amici e, infondo, avevano ragione.

E a prescindere di come sarebbe andata con i Bronze, loro poi avrebbero ucciso l’Impostore, riportando Athena al suo giusto posto. Dove le spettava di diritto.

Preparando, e aiutandola loro –in assenza di Shion-, alla Guerra Sacra che li attendeva.

 

Quella sera stessa, la sera prima della presunta venuta di Athena in Grecia, Mu si presentò alla Sesta Casa.

Pur non essendo riuscito ancora a parlare con Milo e Camus, era Shaka l’unico di cui gli interessava davvero avere un parere.

Shaka lo fece entrare subito, accogliendolo al centro della Sesta in Armatura. Mu non chiese perché la indossasse, con lui, semplicemente lo fissò con un lieve sorriso sulle labbra.

Si erano sentiti sempre più di rado, in quei tredici anni, e non si erano più visti. Shaka non aveva mai più lasciato la Sesta casa e la sua posizione di meditazione da quando era tornato al Santuario, se non per le rare missioni assegnatogli dal falso Sacerdote.

Per questo, vederlo in volto, vedere quelle palpebre perennemente calate e quelle labbra crucciate, riporta Mu ai vecchi tempi.

A quando erano bambini, e lo convinceva a nascondersi con lui per mangiare Tigmo, in piena notte, a quell’unica volta in cui Shion aveva manifestato la sua presenza –anche se Mu era certo, in realtà, che sapesse bene che spesso con anche Aiolia rompevano il coprifuoco-. Ricordava che li avesse sgridati, togliendosi anche la maschera per poterlo fare mentre li guardava. Ricordava che sorridesse, in verità, mentre Mu e Shaka tenevano mestamente il capo basso.

Avevano sei anni e tutto quello che volevano era scappare a nascondersi –forse Shaka a meditare, per penitenza. Invece poi Shion aveva riso, aveva messo una mano sulla testa di entrambi e scombinato loro i capelli, paterno. Poi, semplicemente, aveva chiesto a Mu di offrire un panino anche a lui.

Era stata l’unica volta in cui Shaka aveva infranto le regole, se così si poteva dire. L’unica volta che Shaka stesso credeva di aver sbagliato.

Adesso, però, la storia si ripeteva.

L’errore, seppur diverso, si ripeteva.

Shaka aveva sbagliato, inizialmente, il suo giudizio verso il Gran Sacerdote, verso Mu e verso Aiolos, e da quando lo aveva ammesso, indirettamente, era la prima volta che si incontravano.

Non gli permetteva di vedere quegli occhi azzurri, ma sapeva che lo fissavano.

“Ciao, Shaka.”

Mu,” salutò l’indiano, “Sei tornato.”

Mu annuì, “Il tempo è giunto. Non è più il momento dell’attesa né tantomeno di rimanere in disparte. So che lo percepisci anche tu.”

Shaka si limitò ad un cenno del capo, voltandosi di tre quarti verso il Tredicesimo Tempio. Quello del Gran Sacerdote.

Dell’impostore, per la precisione.

Di Saga, ma questo Mu non poteva dirlo. Forse, con gli anni Shaka aveva riconosciuto quel Cosmo. Forse no.

Mu non aveva prove di questo se non le parole sconnesse di Dohko, e nessuna conferma da parte del vecchio maestro.

Per questo, puntare il dito non serviva a nulla, e nessuno.

Quello che dovevano fare ora, il compito per cui per anni, per tutta la vita, si erano allenati, era riconoscere la parte della giustizia, e allearsi con essa.

Era riconoscere nella giovane Saori Kido la loro Dea, e combattere al suo fianco.

Suo, e dei giovanissimi Cavalieri di Bronzo che lei aveva scelto.

“La fanciulla ha palesato la sua intenzione di recarsi a parlare con il Sommo,” gli disse Shaka, “Ha mandato una missiva.”

“Quando arriverà, il Falso Sacerdote farà la sua mossa. Stavolta non possiamo far finta di non vedere, o di non sapere, amico mio.”

“E’ per questo che sei qui, Mu? Per fare la tua mossa?”

“Sì.”

Per un istante, Shaka tacque. “Contro l’impostore.”

“E tu, Shaka? Cos’è che farai, quando Athena giungerà?”

“Se riconoscerò la fanciulla come la mia Dea, allora combatterò al suo fianco. Se saprà farsi riconoscere, sarà mia volontà inginocchiarmi al suo volere.”

Mu annuì. Certo, non avrebbe potuto sperare in nulla di diverso da Shaka.

Lui, che viveva seguendo solo le direttiva del Buddha e che mai sarebbe andato contro ai suoi principi, neanche per qualcosa che considerava vero, non avrebbe mai preso una decisione netta, in nessun caso.

Il suo ruolo era difendere la Dea e quello avrebbe fatto, nient’altro.

L’unica cosa che poteva sperare Mu era che non cercasse di fermare i Bronze Saint.

“Buddha non ha saputo dirti cosa fare?”

“Buddha non da mai risposte nette. E ad ogni modo...” Shaka tacque, lasciando morire la frase a metà.

Per un attimo Mu rimase interdetto, “Ad ogni modo?”

Shaka scosse il capo, i lunghi capelli biondi ondeggiarono maestosi dietro la schiena, “Non sento la voce del Buddha da anni, ormai. Da quando sono tornato qui.”

Questa volta, fu Mu a non aver parole da pronunciare.

Shaka, l’uomo più vicino agli Dei, che sempre si era lasciato guidare da essi, che non percepiva da anni la voce del Buddha?

Non presagiva nulla di buono.

“Questo posto è carico di negatività, il Cosmo del falso Sacerdote è oscuro e il comportamento di Pisces, Capricorn e Cancer sospetto. In più, Saga ancora non è tornato, e dopo un’assenza di tredici anni inizio a pensare che sia morto anche lui,” ammise Shaka dopo un po’, “Inoltre, io...,” fece una pausa, come se quello che stava per dire fosse dura da ammettere, per lui. Dura anche solo da dirlo a parole, a farle uscire da quelle labbra sottili, “Io sono stato confuso...indeciso, per molto tempo. E credo che sia questo il motivo per cui non riesco più a sentirlo.”

Mu si ritrovò a sorridere, comprensivo.

Shaka, che per gran parte della sua vita aveva vissuto nella solitudine della meditazione, con la sola compagnia della voce del Buddha, doveva sentirsi spaesato e sperduto senza di essa.

Eppure, nonostante questo, ancora non si azzardava a prendere una vera decisione.

“Allora è il momento di prendere la tua decisione, non trovi?”

“L’unica cosa che posso dire, Mu, è che non fermerò quei ragazzi, se vorranno passare la mia casa, se riconoscerò in lei la Dea. Ma non li aiuterò. Non fino a quando...non sarò certo.”

“Immagino che sia già qualcosa,” sorrise Mu, “Aiolia pensa che dovremmo cercare di fargli raggiungere il Settimo Senso.”

Shaka arcuò elegantemente un sopracciglio, “Non sono certo che dei Bronze possano riuscirci.”

Val la pena tentare, non trovi?”

“Forse. Se arriveranno vivi a me dopo aver affrontato Aldebaran, Cancer e Aiolia...allora agirò di conseguenza.”

Mu si lasciò scappare una lieve risata, abbassando piano il capo, “Mi impegnerò nel riparare le loro armatura, perché possano resistere anche ai vostri colpi. Posso permettermi, Shaka, di invitarti giù alla prima casa da me? Ho portato...dei dolci, dal mio eremitaggio.”

Per un istante, Mu ebbe la netta impressione che Shaka avesse schiuso gli occhi.

Ma durò solo un istante. Un flebile, velocissimo istante che lo fece sorridere.

“Non credo sia il caso, stasera.”

“Quanto tutto questo sarà finito, allora. Buonanotte, Shaka.”

 

Nella Settima Casa, quella dello Scorpione, Milo aveva accolto un Camus stranamente cupo.

Non che l’amico dell’Undicesima fosse mai stato particolarmente allegro o vivace, ma rare volte l’aveva visto così.

Anni prima, durante la notte degli Inganni, e forse mai più dopo allora.

La preoccupazione, malcelata, che trapelava dal suo volto era lampante, rendeva quel bel viso teso.

Ma dopotutto, anche uno dall’animo lieve come Milo era in grado di capire che qualcosa stava per succedere, che le cose stavano per cambiare e che quello che li aspettava adesso non era un bene.

Il ritorno di Mu era un segno più che ovvio.

Quello che per anni avevano ignorato, fingendo di non vederlo, in attesa di qualcosa che non sembrava essere ancora pronto a verificarsi, stava venendo a galla.

Se qualcosa ancora lo perplimeva, presto avrebbe dissipato tutti i suoi dubbi.

Presto neanche Camus avrebbe potuto più dirgli di far finta di nulla, di ignorare il più per sopravvivere. Perché stava per diventare un loro problema.

Loro erano i Cavalieri della Dea, e se Athena stava venendo lì per smascherare l’impostore, Milo non avrebbe mai fatto finta di nulla.

“Che cosa succede, Cam?”

“Quando Hyoga del Cigno vorrà passare la tua casa, lascialo venire da me.”

Milo sgranò gli occhi, “Perché dai per scontato che sarà così?”

“Il Sommo, vero o falso che sia, è stato chiaro: la ragazza vuole parlare con lui. I Cavalieri di Bronzo le andranno dietro. Compreso Hyoga.”

“E vuoi che io lo lasci passare come se nulla fosse? Perché?”

“Sarò io a fermare la sua corsa.”

Cam...ancora non sei convinto che quello non sia davvero Shion?”

“Certo che lo sono. Lo sono da anni. Non è per questo che Hyoga combatterà con me. E morirà per mano mia, all’Undicesima, se necessario.”

“Perché?”

Camus non rispose nell’immediato, invece diede le spalle all’amico, avviandosi verso l’uscita. Solo sull’uscio si voltò verso Milo, pur senza guardarlo in volto, “Perché quel ragazzo non è ancora pronto. E se durante la sfida che gli porrò deciderò che non è degno, che muoia per mano mia piuttosto che per quella dell’impostore.”

Milo lo guardò andarsene in silenzio, i capelli rossi legati in una coda bassa mossi dal vento lieve e tiepido di Grecia.

Era giusto, sì.

O si sarebbe dimostrato degno di raggiungere il Settimo Senso, o sarebbe morto per mano del suo amato maestro.

La trovava una fine degna anche per un Cavaliere di Bronzo.

E pur non conoscendolo di persona, la trovava una fine degna per l’allievo di Camus.

 

Grecia, Santuario di Athene. 16 Ottobre 1986

 

Vederli arrivare, segna definitivamente la fine di quella fasulla pace che fino a quel momento aveva invaso il Grande Tempio e tutti i suoi abitanti.

Aiolia lo sa, che quello è il momento in cui tutto sarebbe venuto alla luce.

La verità. La sola verità.

Su quella notte, su suo fratello.

Finalmente, Aiolos avrebbe avuto quello che meritava davvero. Il rispetto, la lode per aver salvato, sacrificando la propria vita, la sua sola e unica Dea.

Quella ragazza, Saori Kido, avrebbe spazzato via tutta la polvere, tutto l’orrore in cui aveva vissuto. Tutti gli anni di soprusi, discriminazioni. Niente sarebbe stato più come prima.

Il Grande Tempio avrebbe riavuto la sua Dea.

Lui, avrebbe riavuto suo fratello, seppur solo nel ricordo, e l’orgoglio di poter dire di essere il fratello dell’unico, Vero Cavaliere, l’unico degno della stima di Athena stessa.

L’uomo grazie al quale la Dea era sopravvissuta e, combattendo contro Hades, avrebbe potuto vincere e salvare di nuovo la terra.

“Guardali, Aiolos. Guardali. Sono i ragazzi che hai scelto, a cui hai affidato Athena. Rendili degni di questo compito, fratello mio. Hai donato loro la cura e la salvezza della Dea, ma adesso ti prometto che anche noi faremo la nostra parte. Semmai hai creduto in noi, anche solo un po’...scocca un’ultima freccia. In nostro aiuto.”

 

 

 

 

Angolino Autrice:

Salve a tutti, signori e signori, ammesso e non concesso che ci sia ancora qualcuno a cui questa mini-storia interessi.

Lo so, è passato più di un anno da quando, la prima volta, ho pubblicato Prosopon.

Mi sono persa per strada, lo ammetto tranquillamente, in più ho iniziato a scrivere di altro, su un altro fandom, e ho perso ispirazione.

Forse alcuni di voi si aspettavano molto altro, da questo. Ma io sono abbastanza soddisfatta così.

Prosopon è stato un lavorone e forse ho chiesto troppo alle mie capacità strategiche –praticamente inesistenti!!-.

Quindi mi ritengo soddisfatta, sì!
Spero che, seppur anche solo un po’, possa piacere anche a voi.

Un bacione forte, grazie per avermi seguito e aspettato e supportato!

Alla prossima, prima o poi!

Asuka <3

 

 

   
 
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