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Autore: fra_puf    26/05/2020    6 recensioni
[Dal primo capitolo:
< Cos’è? > Chiese con tono pacato. La sua voce era di una morbidezza disarmante.
Deglutii con fatica, per ritrovare la voce.
< È… un invito. Per una festa > Risposi, cercando di apparire il più disinvolta possibile.]
Isabella Swan, appena diciannovenne, inizia a frequentare un'Università in Alaska.
Grazie ad una borsa di studio alloggia in un dormitorio per studenti, al primo piano.
Al terzo, nella camera 3B, vive un misterioso ragazzo di cui nessuno sa quasi nulla… ed è il figlio adottivo della Rettrice.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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CAP. 4. Questione di chimica

 
Quel giovedì, entrando in aula per la mia prima lezione di Chimica 1, fui stupita nel trovare una faccia conosciuta tra i banchi.

Hunter McDougall se ne stava seduto in ultima fila, con i gomiti appoggiati al tavolo e un’espressione tremendamente svogliata stampata in viso.

Non appena mi vide si tirò su di scatto e, sorridendo, mi fece cenno di raggiungerlo.

Sebbene al nostro primo incontro non mi avesse fatto la migliore delle impressioni, non potei fare a meno di sentirmi sollevata; almeno mi sarei evitata la scomoda scelta tra le due consuete opzioni: sedermi da sola passando per la disadattata di turno, o prendere posto accanto a qualche sconosciuto dovendo passare per la solita imbarazzante tiritera delle presentazioni.

Attraversai la lunga aula a passo svelto, stringendo le mani attorno alle spalline del mio zaino ed evitando di incrociare gli sguardi di coloro che avevano già preso posto.

Quando fui abbastanza vicina ad Hunter, lui mi strizzò l’occhio.

< Io questo bel faccino lo conosco > Disse tronfio, allontanando dal banco la sedia alla sua destra perché mi ci potessi sedere.

Ignorai totalmente la sua ruffianata e mi sedetti dal lato opposto; avevo capito che ad uno come Hunter meno corda si dava, meglio era.

Il mio gesto lo divertì.

< Facciamo i duri, eh? > Sogghignò, voltandosi nella mia direzione. < Mi piace >

Non avevo alcuna intenzione di diventare la nuova sfida personale di un dongiovanni da strapazzo, così decisi di tagliare la testa al toro e concedermi una piccola cattiveria.

< Che ci fai a lezione di Chimica 1, Hunter? > Chiesi con tono rilassato, sporgendomi un po’ verso di lui e rivolgendogli un sorriso canzonatorio < Non sei al secondo anno tu? >

Era evidente che non avesse passato l’esame l’anno precedente.

Non mi era mai piaciuto essere scortese, ma in quella situazione mi sembrava l’unico modo per metterlo a tacere;
e fortunatamente parve funzionare.

Il sorrisetto borioso che aveva sfoggiato fino a quel momento si spense all’istante.

< Io e la chimica non andiamo d’accordo. > Tagliò corto, vagamente offeso dalla mia insinuazione.

Ma, come se nulla fosse, nel giro di due secondi tornò all’attacco, più spudorato di prima:
< Potresti insegnarmela tu > Bisbigliò ammiccante, e si sporse a sua volta verso di me fino ad arrivare a pochi centimetri dal mio viso.

Arrossii e mi ritrassi, pentendomi all’istante di essermi seduta accanto a lui.

Hunter scoppiò a ridere, compiaciuto dall’estrema facilità con cui era riuscito a vincere quel breve confronto verbale.

1 a 0 per lui.

< Ma davvero queste tue “tecniche di approccio” funzionano con qualcuna? > Commentai stizzita, iniziando a riporre sul banco i libri che avevo nello zaino.

< Che tu ci creda o no, > Gongolò lui soddisfatto, infilandosi una matita dietro all’orecchio e prendendo a dondolare sulle gambe posteriori della sedia < ho parecchio successo con le ragazze >;
Mi lanciò un’occhiata maliziosa e, dopo aver fatto una breve pausa, aggiunse sottovoce:
< E mi piace fare un piccolo gioco. Ho scommesso con me stesso che quando uscirò da questa Università, avrò baciato almeno una ragazza per ogni lettera dell’alfabeto >

A quelle parole rimasi impietrita, incapace persino di tirare fuori dallo zaino il block-notes che avevo appena afferrato.
Lo squadrai schifata.
Come diavolo c’era arrivato all’università un simile troglodita?

< Cosa? > Chiesi, sperando di aver capito male.

Ma il sorrisetto compiaciuto che mi rivolse confermò ciò che avevo appena sentito.

< Per questo ti fai bocciare agli esami, quindi. > Commentai sarcastica < Devi prendere tempo >.

Ignorò la mia frecciatina, proseguendo imperterrito nella narrazione delle sue gloriose gesta.
< La ‘I’ purtroppo non mi serve, ho già baciato una Irene l’anno scorso. …Almeno, credo che si chiamasse Irene >

Lo inchiodai con uno sguardo carico di riprovazione, ma lui ignorò anche quello.

< Ma credo che in fondo tu possa valere come ‘B’, dato che ti fai chiamare Bella >

Con quella frase, la mia soglia di sopportazione fu ufficialmente oltrepassata.

< E la ‘A’? Quella non ti è andata bene, o sbaglio? > Sibilai a denti stretti.

Avrei preferito non dover ricorrere alla bomba ‘Alice’, ma ero sempre più convinta che a quel ragazzo servisse un bel bagno di umiltà.  

Di colpo il viso di Hunter si fece pallido come un lenzuolo.
Mi fissò ad occhi sgranati per una decina di secondi, probabilmente chiedendosi come facessi a conoscere quella storia.

Aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito dopo e voltò la testa dal lato opposto.

1 a 1.

Fortunatamente, quello che si preannunciava un lungo silenzio imbarazzante fu stroncato sul nascere dall’improvviso ingresso in aula di uno sciame di studenti.
Tutti si affrettarono a prendere posto, riempiendo quasi completamente l’aula nel giro di un minuto; l’ultimo ad entrare fu il signor Smith, sbattendo con forza la porta alle proprie spalle come a voler mettere in chiaro che da quel momento nessuno sarebbe più potuto entrare o uscire di lì. 

Qualunque cosa, in quell’uomo, trasmetteva inflessibilità. L’espressione impettita, l’abito stretto e rigido color antracite, persino il modo che aveva di camminare, con le braccia tese lungo i fianchi e i pugni serrati.

Notai che Hunter lo stava squadrando con un misto di odio e rassegnazione.
< Quel sadico mi boccerà anche quest’anno, ne sono certo. > Sussurrò demoralizzato, incrociando le braccia al petto.
 
Non so se fu l’eco di quelle parole nella mia testa o semplicemente la mia scarsa propensione a fare nuove conoscenze, ma quando, a fine lezione, il signor Smith ci affidò un progetto semestrale da elaborare a coppie, accettai senza troppe proteste di svolgerlo assieme ad Hunter.

Non avevo la minima intenzione di prendere parte al completamento della sua ‘lista alfabetica’ da maniaco depravato, ma ciò non significava che non potessi aiutarlo a prendere un buon voto in chimica.

Dopotutto, dietro a quella facciata da macho presuntuoso non era così difficile intravedere un ragazzo pieno di insicurezze.
 
Al termine della lezione, io ed il mio CDP (“compagno-di-progetto”: Hunter aveva autonomamente deciso che di lì in avanti quello sarebbe stato il nostro acronimo) raccogliemmo le nostre cose ed uscimmo assieme dall’aula.

Erano le 15.00 in punto; su ordine di Tessa, dovevamo recuperare Dominique e andare a comprare gli alcolici per la festa.

Ne avrei fatto volentieri a meno, ma Tess finiva lezione appena alle 17 e non si fidava di lasciare tutto in mano a ragazzi, così mi aveva supplicata di accompagnarli per vigilare sul loro operato.
 
Hunter ed io percorremmo il lungo corridoio del secondo piano fino a raggiungere le scale che portavano al pian terreno, e solo allora mi resi conto che erano affollatissime.
Decine e decine di studenti di ingegneria stavano scendendo proprio in quel momento dal piano superiore.

La gola mi si annodò all’istante.

Era da tutta la settimana che cercavo di non incrociare gli studenti del terzo piano, evitando scale ed altre aree comuni dell’edificio negli orari in cui finivano le loro lezioni.

Sebbene il mio cervello cercasse di auto-convincersi che il motivo di tale fissazione non fosse altro che la mia consueta repulsione per le resse, in fondo sapevo perfettamente di mentire a me stessa: la verità era che non volevo rischiare di incontrare Edward.
La piccola ferita nascosta che la nostra ultima discussione aveva aperto dentro di me non si era ancora rimarginata del tutto, e vederlo di certo non avrebbe migliorato la situazione.
 
Se in quel momento fossi stata da sola avrei fatto retromarche senza pensarci due volte, ma non volevo suscitare la curiosità di Hunter e dovergli spiegare le ragioni delle mie paranoie; così feci un respiro profondo e accelerai il passo, inserendomi con risolutezza nel flusso di gente.

Hunter mi cinse la vita con un braccio, ma parve farlo con l’unico intento di non perdermi tra la folla, così lo lasciai fare.

Scesi l’intera scalinata tenendo gli occhi puntati a terra, per paura di incrociare quel maledetto sguardo che era rimasto impresso a fuoco nella mia memoria.

Quando appoggiai il piede a terra dopo l’ultimo gradino mi sfuggì un sospiro di sollievo, come se quelle scale fossero state una cascata di lava bollente ed io ne fossi incredibilmente uscita indenne.

Incredibilmente.
Già. Non era credibile che le cose andassero come speravo, una volta tanto.

E infatti, appena risollevai lo sguardo di fronte a me riconobbi immediatamente le figure perfette di Alice ed Edward Cullen accanto alla porta d’uscita, intenti a parlare tra loro.
Lei sembrava piuttosto divertita dal discorso, mentre l’espressione di lui era estremamente tirata.

Mezzo istante più tardi i loro occhi saettarono su di noi, quasi come avessimo appena gridato a gran voce i loro nomi.

Gli occhi di Edward, chiari e luminosi come non mai, per un momento si incatenarono ai miei.
Fu solo un attimo, ma bastò a farmi intravedere l’ombra di nervosismo che si annidava dietro a quelle incredibili pupille color oro.
 
Il mio corpo si irrigidì automaticamente, così come il braccio di Hunter ancora avvolto attorno alla mia vita.

A pensarci bene, era una situazione assolutamente tragicomica: io ed Hunter assieme, occhi negli occhi con le due persone che ci avevano distrutti emotivamente.

Entrambi -e la cosa mi sorprese- reagimmo allo stesso identico modo: arrossamento delle guance, sguardo immediatamente puntato sul pavimento e accelerata verso l’uscita.

Tra tutti i pensieri che affollavano la mia mente in quel momento, uno riuscì a prevalere: quanto doveva essere rimasto scottato Hunter dalla vicenda con Alice per avere una simile reazione ‘alla Bella’?
Faccia rossa dall’imbarazzo e aumento del battito cardiaco erano cose da me, ma assolutamente non da lui, sempre così presuntuoso e sicuro di sé.
Forse Alice non aveva solo dato una bella batosta alla sua autostima… che non ci fossero di mezzo anche dei veri sentimenti?
 
Sebbene fossimo reciprocamente incuriositi dal comportamento bizzarro dell’altro, nessuno dei due osò chiedere nulla, e procedemmo svelti senza proferire parola fino a raggiungere Dominique che ci stava aspettando subito fuori dall’edificio.  

< ‘Giorno ragazzi! > Esclamò raggiante, vedendoci arrivare.

Non ricevette alcuna risposta.
Io ero troppo scombussolata e presa dai miei pensieri su Edward, e sicuramente per Hunter valeva lo stesso con Alice.

< Cosa sono quei musi lunghi? > Chiese Dominique, squadrandoci con aria perplessa.

< Niente. > Sibilammo entrambi all’unisono, e la questione fortunatamente non venne più tirata fuori.
 
Ci dirigemmo verso un piccolo minimarket che si trovava a pochi minuti da lì, subito fuori dal campus.

Scoprii con piacere che Dominique era un vero tesoro, completamente diverso dal suo amico; doveva essersi reso conto che sia io che Hunter avessimo la testa altrove, ma non volle insistere per sapere cosa fosse successo ed anzi, per tutto il tragitto non fece altro che parlare di scemenze cercando di evitare il silenzio e magari di strapparci qualche sorriso.

Grazie ai suoi sforzi, quando raggiungemmo l’ingresso del supermercato eravamo entrambi visibilmente più sereni.

Estrassi dalla tasca del giubbotto la lista sulla quale Tessa aveva meticolosamente appuntato tutto ciò che avremmo dovuto comprare: birra, vino rosso, birra, gin, vodka, birra, tequila e altra birra.

I ragazzi si fiondarono senza esitazione verso i due scaffali ricolmi di alcolici che c’erano in fondo al negozio.

A me l’idea di uscire da un supermercato con solo casse di birra e superalcolici imbarazzava parecchio, così colsi l’occasione per comprare anche qualcos’altro da tenere come provvista in appartamento.

Presi una busta di insalata, delle arance, alcuni biscotti, qualche pacco di pasta e una passata di pomodoro.

Ad un certo punto, un fischio richiamò la mia attenzione:
< Bella, limoni! Prendi limoni! > Gridò Hunter dal lato opposto del locale, sventolando in aria una bottiglia di tequila.

A quell’esclamazione tutti i presenti si voltarono a fissarmi con un certo disappunto.

< Non serve gridare, Hunter > Sbuffai tra me e me, arrossendo.

Di lì a pochi minuti i ragazzi mi raggiunsero con il carrello stracolmo di roba.

Temevo troppo la reazione di Tess per il caso in cui fossi tornata a casa senza anche una sola delle cose che ci aveva detto di comprare, così controllai con la precisione di un detective che Hunter e Dominique si fossero attenuti alla lista.
C’era tutto. Le quantità erano moltiplicate per tre rispetto a quanto richiesto da Tess, ma -visto che da bravi gentiluomini si erano proposti di pagare la spesa di tasca loro- non ebbi nulla da ridire.
 
Sulla strada di ritorno verso il dormitorio camminai 10 metri avanti a loro, per evitare che la gente che incrociavamo pensasse che avessi a che fare con i due ragazzi che, alle mie spalle, trasportavano con aria soddisfatta due sacchi pieni di alcolici a testa.

Giunti al dormitorio, attraversammo l’atrio in silenzio, sperando che la signorina Headmith non ci considerasse e non ci chiedesse nulla sulle tonnellate di alcolici che stavamo trasportando con noi.
Fortunatamente non sollevò lo sguardo dal giornalino che stava leggendo nemmeno per un istante, e noi corricchiammo in punta di piedi fino all’ascensore.
 
 < Ce la fai da sola? > Mi chiese Dominique premurosamente, quando le porte si aprirono davanti a noi sul corridoio del primo piano.

Annuii senza troppa convinzione, e presi dalle sue mani e da quelle di Hunter i manici delle quattro grosse buste della spesa.

< Ciao Bella. Domani parliamo del progetto > Disse il mio CDP, salutandomi con un cenno della mano e tornando a sfoggiare il suo solito sorrisetto provocatorio.

Sbuffai.

< Ciao ragazzi > Risposi, mentre le porte dell’ascensore si richiudevano tra me e loro.

Mi rimboccai le maniche ed iniziai a trascinare le pesanti borse verso il mio appartamento.
Non fu un’impresa facile, soprattutto perché temevo di rompere qualche bottiglia, ma in qualche modo ci riuscii.

Aprii la porta ed iniziai a sistemare le varie cose in cucina.
Non avevo ancora finito di svuotare il secondo sacco, quando tre colpi secchi alla porta mi fecero sussultare.

< Entra Tess, è aperto! > Gridai.

Non ricevetti risposta, né sentii la porta aprirsi.

Sospirai e corsi a farlo io.

Il cuore smise di battermi per un momento quando realizzai che non si trattava di Tessa.

< Senti. > Disse Edward accigliato nell’esatto istante in cui spalancai la porta, senza neanche darmi il tempo di rendermi conto che era lui.
< Ma devi proprio ubriacarti? >

Rimasi ammutolita, fissandolo a bocca aperta e con gli occhi sgranati.
Ma di che diavolo stava parlando?

Forse ci aveva visti rientrare nel dormitorio con le casse di alcolici.
Ma anche se fosse, non riuscivo davvero a comprendere la sua domanda.
Mi stava facendo la morale forse?

< Cosa? Quelle… > Farfugliai, indicando alle mie spalle le due borse ancora piene che giacevano in mezzo alla stanza < Sono per la festa, le ho prese perché Tessa me l’ha chiesto >

La sua espressione non mutò di una virgola.
Mi fissava con uno sguardo severo, ma dal quale traspariva anche una nota di preoccupazione.
Era lo stesso sguardo che mi aveva rivolto nell’atrio quando lo avevo incrociato uscendo con Hunter.

< Ti devi proprio ubriacare? > Insistette, a denti stretti.

La mano che teneva appoggiata alla porta strinse con forza lo stipite, che a quella presa parve quasi deformarsi.
 
Ero completamente attonita, incapace di capire cosa volesse da me.
Perché con quel ragazzo non riuscivo ad avere una conversazione normale?

< Ho detto che sono per la festa, non le ho prese mica per me! > Sbottai.

Per un attimo tacqui, ma poi sentii montarmi la rabbia dentro al petto; non gli era bastato annientare la mia dignità al nostro ultimo incontro, respingendomi? Ora voleva anche giudicarmi?
Non lo potevo accettare. Non gli avrei permesso di offendermi ancora.

< E poi, se anche fosse?! > Esclamai, presa da un’improvvisa frenesia < Si può sapere cosa importa a te di ciò che faccio o non faccio nel mio appartamento e con la mia vita? >

Ero totalmente annebbiata dalla collera, ma ciò non ammorbidì minimamente il suo sguardo o la sua voce.

< So che sono per la festa > Ringhiò, sbattendo un pugno contro la porta.
< Ma so anche che tu vuoi ubriacarti a quella dannata festa >

La rabbia sul mio viso si tramutò all’istante in sbigottimento.

< Scusami? > Mormorai, scioccata.
< E perché ne sei tanto certo? >

< Me l’ha detto Alice. > Rispose secco.

Ogni parola che usciva dalla sua bocca mi rendeva più incredula.

< E Alice cosa ne dovrebbe sapere? > Chiesi, confusa.

Edward esitò per un momento, puntando lo sguardo altrove.

< Lei… Ha questo presentimento >

Non riuscii a trattenere una risatina isterica.

< Quindi tu sei venuto qui a rimproverarmi perché tua sorella ha il presentimento che io voglia ubriacarmi ad una festa? > Chiesi, scandendo le parole lentamente.

Attesi qualche secondo, per lasciargli il tempo di afferrare il concetto.
< Ma ti rendi conto dell’assurdità della cosa? >

Il suo sguardo continuò a vagare alle mie spalle, senza incrociare mai il mio.
L’espressione sul suo volto era mutata; ora sembrava in difficoltà, quasi a disagio.

< Ascolta. Penso di aver capito perché vuoi farlo > Disse, con un tono di voce molto più basso e morbido rispetto a prima.

< Sentiamo. > Lo incitai, incrociando le braccia al petto.

< Non ti senti a tuo agio in mezzo alle persone > Continuò lui, diretto.

Arrossii.
Colpita e affondata.
Certo, viste le bizzarre circostanze in cui ci eravamo incontrati in precedenza, doveva essergli piuttosto chiaro che fossi una disadattata.

Edward tornò a guardarmi, e capendo dalla mia espressione di aver toccato il tasto giusto, con cautela proseguì nel suo ragionamento.
< Quindi, pensi che l’alcool ti aiuterebbe a rilassarti >

Rimasi impassibile.

Parlava con calma e attenzione, come se volesse evitare di dire qualcos’altro che mi facesse arrabbiare.

< Ma se esageri, farai qualcosa di cui poi potresti pentirti >

Era troppo.

< Te lo ripeto, questa conversazione mi sembra veramente assurda! > Sbottai.
< Tanto per cominciare stai parlando di cose che non puoi sapere, ma soprattutto non capisco questo tuo improvviso interessamento. Non eri quello che non voleva avere amici? >

Edward corrugò la fronte e mi rivolse uno sguardo amareggiato.

< Mi dispiace se ti ho fatta rimanere male in qualche modo... > Sussurrò.
< Ma per favore, fidati di me. Non sei come le altre persone che ho conosciuto qui... Vorrei solo evitare che tu facessi qualche cavolata >

< Non sono affari tuoi, ed è anche nel mio interesse non fare cavolate > Sibilai.

< Ma le farai >

< La smetti?! > Ringhiai, al limite dell’esasperazione < Perché continui a dirlo?! >

< Alice ne è convinta >

< Alice non mi conosce! >

Seguì un breve ma intenso silenzio.

< Non credo che Hunter sia il tuo tipo. > Affermò lui con fermezza, infine.

E questa poi?! Da dove spuntava fuori?

Dovetti mordermi la lingua per non gridargli in faccia.
Aprii la bocca per ribattere, ma lui non me ne lasciò il tempo.

< Per piacere, Isabella. > Disse piano. La sua voce era quasi supplicante < Pensa a quello che ti ho detto >
E, così dicendo, si voltò, lasciandomi lì con le gambe tremanti e il cuore a mille.  
 
 
 
*****************

Angolo autrice:

Buongiorno ragazze! Ci tenevo a salutarvi e a promettervi che questa benedetta festa è in arrivo! Prossimo capitolo 😊

Lo specifico perché immagino che sia la parte attesa con più ansia (e anche quella che più mi sto divertendo a scrivere, devo ammetterlo), ma questi capitoli iniziali erano tutti necessari per porre delle importanti premesse!

Un grande bacio a tutte!
   
 
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