Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    26/05/2020    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                              Un patto sofferto
 

Le fiamme delle lanterne, imprigionate dalla superficie in vetro solido, erano le uniche testimoni di ciò che stava accadendo nella tenda color rosso porpora. Nello spazio di quella sorta di “stanza privata” non si udiva nemmeno il più lieve dei respiri. Klopin, il capo dei fauni, era fermo e rigido. Il suo viso era una maschera di stupore e incredulità, mentre i suoi occhi neri erano fissi davanti a sé. Sdraiata sui cuscini, incastrata dal corpo del fauno, c’era la sua ospite d’onore. Con le braccia tese, Roxanne puntava il coltello proprio alla gola del fauno; lo stesso che quella sera l’aveva salvata dalle molestie della tribù. Lo stesso che pochi secondi prima si era avvicinato, forse un po’ troppo, a quella “ninfetta” che lo aveva attirato con la sua grazia e bellezza.

PV Klopin

- Oh…questo davvero non me lo aspettavo - pronunciai piano, mentre rimanevo pietrificato senza muovere un solo muscolo. In un primo momento, quando la fredda lama, sbucata chissà dove, mi aveva sfiorato la pelle, credetti che fosse solo il frutto della mia immaginazione. Forse un effetto collaterale del vino. La testa che mi girava leggermente e il fuoco inconfondibile che continuava a bruciarmi nelle viscere erano una prova certa. Sì, di sicuro era tutta colpa del mio solito vizio di alzare il gomito. Ma che ci potevo fare? Ogni volta che assaggiavo dell’ottima ambrosia era difficile contenermi. Comunque, quando provai a chinare il capo, giusto per guardare meglio la fanciulla, avvertì nuovamente quella sensazione alla gola. Un brivido mi percorse i nervi fino alla punta delle corna. No, era tutto reale. Quel coltello era proprio sotto il mio mento.
- Non provare a toccarmi... – disse Roxanne, con un tono fermo e deciso. La ninfa mi stava minacciando con l’arma e scrutandola capì che non stesse scherzando. Che tipetta spavalda, pensai tra me, e non riuscì a non curvare un sorriso agrodolce.
- Calma. Non era mia intenzione mancarti di rispetto – le dissi, mentre alzavo le mani in alto, come per assicurarle che le avrei tenute lontane da lei. Intanto mantenevo lo sguardo fisso sui suoi occhi. Alla lieve luce delle lanterne sembravano due gemme preziose, di un bel colore vermiglio che avrebbero fatto oscurare qualsiasi cristallo lavorato dallo stesso Efesto. Peccato che erano anche così pieni di risentimento.
- Perdonami. Purtroppo ho qualche vizietto da correggere – le spiegai smorzando la voce in maniera ironica - e quando mi lascio troppo andare rischio di fare delle figuracce, come perdere l’equilibrio e cadere addosso alle belle fanciulle -.
Oh, per Dioniso, che razza di giustificazione! Di solito avevo una bella parlantina, sapevo essere convincente e riuscivo a tirarmi fuori da ogni scomoda situazione. Maledetto me e al vino che mi aveva portato a quell’epilogo così triste e problematico. Già, mi aspettavo qualcosa di diverso…di più piacevole. Appena la catena dei miei pensieri si spezzò, mi concentrai nuovamente sulla fanciulla. Anche se stava armeggiando una lama affilata mi dava l’impressione che non avesse la ben che minima idea di come usarla. Sul suo volto leggevo una notevole incertezza. A quel punto, mi venne spontaneo metterla alla prova.
- Cosa vuoi fare? Uccidermi? - le chiesi, come se mi stessi burlando di lei, senza rompere il contatto visivo. La studiai in ogni suo singolo dettaglio e gesto: forse scossa dalle mie stesse parole, le sue candide braccia tremarono leggermente. Le sue labbra, che ricordavano due petali di rosa, si serrarono tra loro, mentre perle di sudore scivolarono dalla fronte incorniciata dai ciuffi di capelli, neri come l’ebano. Anche in quel momento così teso la trovavo affascinante e bellissima.
- Se me ne darai motivo, non esiterò a farlo…- mi rispose, cercando di mantenere il sangue freddo. Molto probabilmente aveva intuito le mie intenzioni nel provocarla e con coraggio si divincolò, agitò le gambe e riuscì a ritrarsi indietro. Io la lasciai fare e mantenni le mani alzate. Quel suo atteggiamento mi sorprese e mi intenerì al tempo stesso. Avevano ragione i miei uomini: sembrava una delicata ninfetta come tante, ma con un caratterino niente male. Il suo atteggiamento mi aveva disorientato non poco, ma quella tenacia che era pari a un’amazzone, mi fece curvare nuovamente un sorriso. Comunque, qualsiasi fosse il suo stato d’animo, era ovvio. Anche un fauno cieco avrebbe capito che quelle mani, bianche come l’avorio, non si erano mai sporcate di rosso. Tuttavia, ammiravo quel temperamento. Minacciare il capo di una tribù significava firmare la propria condanna a morte.
- Tranquilla - cercai di rassicurarla - anche se non fossi ubriaco fradicio non scenderei così in basso -. Sperai che la fanciulla non prese quella mia affermazione come un doppio senso. A volte mi veniva naturale usare qualche battuta ambigua, così tanto che non ci facevo nemmeno più caso. In quell’istante mi morsi automaticamente le labbra sottili, promettendomi di stare attento ad usare le parole.
- E perché dovrei ancora fidarmi di te? Tutte quelle belle parole…sul consenso delle donne… valevano solo per i tuoi sottoposti? -.
Passò un solo minuto, ma in quel silenzio snervante che seguì, sembrava durare un’eternità. Studiandone i gesti nervosi, ebbi la certezza che per la mia condotta, poco seria dovevo ammettere, la ninfa volesse allontanarsi e scappare il più lontano possibile. Da me, specialmente. Anche se ero un fauno, con tutti i miei difetti e gli istinti animali, compresi la lecita ragione. Qualcosa di fastidioso, di amaro, che non si era mai manifestato in vita mia, si fece largo dentro di me. Non mi ero mai trovato in una simile situazione, e per quanto ci avessi scherzato all’inizio, all’improvviso mi sentì colpevole. Forse perché nessuna ninfa, o meglio nessuna fanciulla in generale, fino a quel momento, mi aveva reso tutto così difficile e confuso. Che avessi commesso uno sbaglio inaccettabile. Che strano, sembrava che in quel momento fossi io ad esser messo alla prova. Avrei voluto risponderle e farle capire che non ero una bestia. Che non le avrei mai fatto del male e che il mio era stato un errore di calcolo nei suoi confronti. Ma mi avrebbe creduto? Con cautela mi allontanai di un po’ e mi poggiai su un cuscino. Con tutti quei ripensamenti sul mio agire, l’ebbrezza del vino che si stava man mano facendo sentire, avevo la testa pesante e tutto mi sembrò girare attorno. Avevo bisogno di rilassarmi.
- Se vuoi, sei libera di fuggire – cominciai a dirle, guardandola a una certa distanza, mentre poggiavo piano la testa sul cuscino per evitare altri capogiri. Uff, ha ragione Esme: devo smetterla di bere troppo. Roxanne fece qualche passo in direzione dell’uscita, rimanendo vigile e con l’arma ancora puntata verso di me. Proprio come avevo sospettato. Ma prima che riuscisse a raggiungere i veli della tenda, aggiunsi:
- Ma sappi che ci sono ben altri pericoli lì fuori…peggiori di me -.
La ninfa si bloccò subito, e gettò uno sguardo prima verso l’uscita, poi su di me. La sua faccia aveva assunto un’aria titubante, come se stesse cercando di prendere una decisione. Oh, andiamo! Nessuno sarebbe stato così folle da andarsene in giro per il bosco, a quell’ora, senza alcuna protezione, e con una minaccia tanto pericolosa. La fanciulla, per quanto fosse rimasta indignata dal mio comportamento, con un minimo di buon senso, avrebbe preso la giusta decisione di rimanere.
- Preferisco correre il rischio, piuttosto che rimanere in tua compagnia…- proferì lei, con freddezza.       
- Non mi sembravi così riluttante mentre eri accanto a me, a scrutarmi con tenerezza e con il rossore sulle gote – le feci notare, allungando un leggero ghigno ironico. Una parte di me nel mio cervello mi stava rimproverando per quella stupida uscita, anche se era la verità. Vidi il suo viso farsi di fuoco. Avevo il presentimento che non fosse solo per la rabbia e la cosa mi fece piacere. Ma la sua risposta seguente mi spiazzò del tutto.
- Perché…credevo…che fossi diverso dagli altri -.
Nuovamente il tarlo della colpa si insinuò nel mio animo, masticando e consumando anche l’ultimo brandello delle mie certezze. Ero talmente scosso che d’istinto alzai la testa dal cuscino, lottando contro il malessere che mi stava logorando. Con occhi spalancati guardai la ninfa dei boschi, a pochi metri da me. La sua espressione non era più un misto di spavento e rabbia. Era delusione ciò che vedevo. Avvertì una fitta allo stomaco, dolorosa, e non era una conseguenza della leggera sbronza.
- Oh…capisco - riuscì a rispondere, senza aggiungere altro. Mi sentivo quasi sporco. A quel punto decisi di tralasciare quel dettaglio poco felice e abbandonai la mia esuberanza per fare posto alla razionalità.
- Te l’ho detto, puoi andartene – ricominciai, parlando piano – ma sarebbe come andare tra le braccia della morte. Davvero, Roxanne… -.
Appena pronunciai il suo nome la guardai con intensità. Volevo che capisse a cosa andasse incontro. Poteva anche essere la ninfa più coraggiosa che avessi mai incontrato, ma anche io sapevo riconoscere tale virtù da quella che veniva definita incoscienza.

Pv Roxanne

La mia mente era spaccata in due. Dopo tutto quello che era accaduto avrei seguito il mio istinto e sarei scappata senza voltarmi indietro, ignorando chiunque avesse cercato di trattenermi. Ma dovevo ammettere che le avvertenze di Klopin erano sagge e ragionevoli. In fondo, lo sapevo anche io che là fuori c’era la creatura della maledizione. Abbassai leggermente il braccio, ormai intorpidito, ma rimasi ferma nella mia indecisione. Cercai di aggrapparmi ad ogni briciolo di lucidità rimastami (non ero mai arrivata al punto di minacciare qualcuno per difendermi) e recuperai le forze per parlare.
- Dammi un sola prova perché mi possa fidare di te – riuscì a dire, con voce smorzata. Passò qualche secondo mentre attendevo una risposta, in quello stato di allerta. Nella tenda, grazie alla luce giallastra delle lanterne, l’ombra del fauno era proiettata sul telo purpureo dai riflessi rossastri. La sagoma nera che si allargava, quella di una bestia umana con corna, dava l’illusione di un demone degli Inferi. La tenda stessa mi sembrava l’antro dell’oltretomba. All’improvviso, vidi il fauno girare la testa di lato, come se stesse in ascolto. Le sue orecchie, molto simili a quelle delle capre, si mossero leggermente. Un orecchino, un cerchio dorato, tintinnava fissato al lobo sinistro. Poi alzò il capo e annusò l’aria.
- Ah, eccola che arriva! – disse infine, spezzando il silenzio.
- Di chi parli? – gli chiesi guardandolo sorpresa e incuriosita. Lui mi fissò e i suoi occhi si puntarono sul coltello che avevo ancora in mano. Il suo viso cambiò repentinamente, e divenne di colpo nervoso e allarmato.
- Nascondi subito la lama! – mi ordinò, con una voce ferma ma bassa. Lo fissai con circospezione, chiedendomi cosa gli fosse preso così all’improvviso. Comunque non avevo alcuna intenzione di mettere da parte l’arma, almeno non subito. Cosa stava succedendo? Lui comprese subito e fece un sospiro veloce.
- Fai come ti ho detto… o sarà Lei a togliertela con la forza…se non peggio – mi spiegò Klopin, e notai che stava sudando, nonostante l’aria fredda della notte. I suoi occhi però, colmi di tensione, mi sembravano sinceri. Un rumore di passi frettolosi, che si stavano avvicinano alla tenda, mi diede la spinta automatica di reagire e così nascosi il coltello sotto la veste. In quel preciso istante, i veli purpurei svolazzarono, mentre una voce, femminile e profonda chiamò il nome del fauno. Per un breve secondo trattenni il respiro.
- Klopin, posso entrare? – disse una giovane donna, che appena si presentò nella tenda sfoderò un sorriso di scherno al capo fauno.
- Sei già entrata…tu non bussi mai, eh? – le rispose ironico Klopin, che tutto a un tratto era tornato col suo solito atteggiamento, spontaneo e beffardo. La nuova arrivata catturò subito la mia attenzione.
- Le mie scuse, Capo. Ma non è colpa mia se qui non ci sono porte – gli fece notare lei, indicando la stoffa della tenda. Il fauno fece una smorfia contrariata e infine posò lo sguardo su di me, che ero rimasta imbambolata ad osservare quel siparietto comico. Solo allora, la fanciulla mi diede attenzioni. Dal canto mio, la squadrai da capo a piedi e notai con gran sorpresa che, al posto delle zampe caprine, il suo corpo snello e scultoreo si reggeva su un paio di normali gambe umane. Niente corna sulla fronte e niente orecchie lunghe. Era una comune mortale proprio come me. Quel dettaglio in un certo senso mi rincuorò. Almeno non mi sentivo più così fuori luogo.
- Bene bene, vedo che abbiamo ospiti – disse lei, quasi canticchiando – ora capisco cos’era tutta quella agitazione in mezzo alla tribù. Tutti erano ansiosi ed eccitati -.
Mentre la fanciulla fece qualche passo verso di me, rimasi immobile, intenta ad osservarla meglio. Aveva un viso ovale e ambrato, con grossi occhi color smeraldo, labbra carnose e una fluente chioma nera che le scendeva lungo le spalle. Anche se indossava una veste ornata da pezzi di armatura, che le conferivano un’aria da guerriera, aveva una bellezza e un fascino invidiabili. Quando mi fu più vicina sentì un senso di soggezione che mi fece distogliere lo sguardo. Mi sentivo così piccola davanti a quel dio della guerra in gonnella. Se non fosse stato per l’intervento del fauno sarei morta di vergogna.
- Lei è Roxanne. Insieme al suo cerbiatto è finita in una delle trappole nel bosco – spiegò Klopin, mentre si massaggiava nuovamente la testa. Lo vidi barcollare, mentre cercava di rimettersi “in piedi”.
- Oh, che sfortuna. Spero che tu non sia rimasta ferita – si volle assicurare la guerriera, donandomi uno sguardo dolce e amichevole. Ebbi una strana sensazione. Da come si era comportato il fauno, avevo creduto di scontrarmi chissà con quale minaccia, o per lo meno qualcuno di poco gradevole. Invece quella ragazza sembrava così simpatica e socievole. Addolcita dalla sua preoccupazione risposi:
- Sto bene. Ti ringrazio…ehm – mi interruppi di botto. Stavo per chiederle chi fosse, ma lei mi bruciò sul tempo.
- Mi chiamo Esme – disse mentre mi donava un sorriso. Poi girò il capo in direzione del fauno.
– Non dubito che questo caprone ti abbia trattata bene – disse ancora, alzando un sopracciglio, aspettandosi quasi una conferma dal diretto interessato – Lo sai, che i tuoi uomini sanno essere così indisciplinati, specialmente in mia assenza -.
Klopin si passò una mano sul collo, liberando un sospiro esasperato. Per un attimo, i nostri occhi si incrociarono, e mi chiesi a cosa stesse pensando; il momento in cui mi aveva protetta dai fauni, o quell’attimo fatidico in cui i nostri volti e corpi si erano trovati così vicini da toccarsi. A quel ricordo avvertì un brivido sulla pelle e le mie guance si accaldarono.
- Spero che tu sia venuta qui per una buona ragione - disse lui, e fui certa che stesse provando a cambiare discorso. Ebbi il sospetto che il capo fauno volesse evitare di far sapere troppe cose alla nuova arrivata. Come se quella fanciulla di nome Esme avesse qualche ruolo importante nella tribù, un’autorità pari a quella di una regina. Possibile che fosse proprio così? Sarebbe stata una bella vendetta da parte mia se mi fossi lasciata sfuggire qualche dettaglio sulla condotta di Klopin, lì in quel momento. Sarebbe stata una gran seccatura per lui?
- Infatti – rispose Esme, e il suo viso si incupì – ho nuove notizie. Sia buone che cattive -.
 A quel punto anche l’espressione sul viso del fauno mutò, facendosi più serio. Con un cenno la ragazza si avvicinò al suo compagno, cercando di parlare a bassa voce. Capì all’istante che quelle notizie erano segrete, e io non avevo il diritto di conoscerle. Mi sentì molto a disagio e avevo l’impulso di uscire dalla tenda. Sarebbe stato un buon motivo per allontanarmi, finalmente. Ma poco dopo riuscì a udire alcune parole, seppur sconnesse, che mi trattennero. Quei due stavano parlando della bestia della maledizione. Fino a quando non mi giunse all’orecchio una frase distinta: il tempio delle ninfe. Quasi sobbalzai e feci un passo in avanti. Nello stesso momento, il fauno si girò e mi guardò con occhi increduli, come se avesse appena scoperto una preziosa verità. Poi tornò a rivolgersi a Esme, ma questa volta con voce più chiara e distinta.
- Dici sul serio? -.
La guerriera fece un cenno di assenso col capo, e solo allora mi feci coraggio e mi intromisi.
- State parlando del tempio delle ninfe? – dissi, con voce debole. I due si voltarono verso di me, ma invece di rispondermi si scambiarono qualche occhiata a vicenda. Sembrava che stessero comunicando nel pensiero. Infine fu il capo fauno a parlare.
- Sai, non dovremo svelarti niente. Si tratta di informazioni molto importanti e l’ultima cosa che vogliamo è scatenare il panico nel nostro rifugio. Se non fosse che…in qualche modo anche tu centri in questa faccenda -.    
Ascoltai in silenzio e intanto la mia mente si stava già caricando di mille domande. Per fortuna Esme riprese la parola, e con calma continuò il monologo.
- Klopin mi ha detto che ti hanno trovata in mezzo al bosco questa sera. Stavi viaggiando verso una metà precisa: il tempio delle ninfe -.
- Esattamente – confermai, alzando di un tono la voce – Devo assolutamente raggiungerlo. E’ una questione di vita o di morte -.
- Lo so – rispose la fanciulla, con tono triste – Anche noi stiamo rischiando di perdere molto. Abbiamo scoperto che molti nostri simili, fauni e capre, sono caduti vittima della maledizione. Io stessa ho visto la situazione con i miei occhi -.
Scrutando il viso perfetto e armonioso di Esme vidi un velo oscuro offuscarle i bei occhi smeraldo. Klopin le poggiò una mano sulla spalla come per poterla confortare. Quella scena mi fece ricordare il mio povero padre, e compresi che anche loro, creature della selva, stavano soffrendo per quella tragedia. Il dolore della perdita ci rendeva tutti uguali, che fossimo umani o fauni.
- E’ terribile – dissi lievemente, stingendomi tra le braccia – Ma non capisco come io possa centrare in tutto questo -.
I volti dei due si illuminarono e la risposta non tardò ad arrivare.
- Qualche giorno fa, quando tutto è iniziato, abbiamo scavato quelle trappole nella speranza di catturare la bestia - incominciò Klopin – ma evidentemente è più scaltra di quanto pensassimo -.
Non so come mai, ma quell’ultima frase sembrava nascondere un’allusione: eh già, chissà perché invece della creatura scaltra ci ero finita io nella buca, come una tonta fatta e finita. Cercai di non pensarci.
- Oggi Esme è andata ad esplorare i sentieri più lontani del bosco – continuò a raccontare il fauno – e ha incontrato qualcuno, forse un veggente, e gli ha rivelato che l’unica soluzione per fermare l’epidemia è andare al famoso tempio delle ninfe, il luogo dove tu sei diretta -.  
Un tuffo al cuore mi fece vibrare ogni pezzo della mia anima. Allora era tutto vero! Dovevo ammettere che durante il viaggio i dubbi e gli attimi di smarrimento non erano mancati. Ma finalmente avevo ricevuto una conferma.
- C’è solo un problema, almeno per noi – aggiunse Esme, pensierosa – Nessuno della nostra tribù può avvicinarsi al tempio. E’ un luogo sacro, dove solitamente tutte le ninfe si radunano per riti e incontri. Quindi, solo le ninfe possono metterci piede e farsi ricevere per chiedere aiuto agli Dei -.
- Aspettate un attimo – feci sentire la mia voce – State forse cercando di dirmi… -.
- Abbiamo bisogno di te – rivelò tutto d’un fiato il fauno. Non mi ero accorta che si era avvicinato, così tanto che mancavano giusto due o tre passi per sfiorarci.
- Tu sei una ninfa dei boschi e sei l’unica, almeno nei paraggi, che può aiutarci -.
La voce del fauno tornò a risuonare vellutata e melodiosa, come la prima volta che aveva pronunciato parole gentili nei miei riguardi. Avrei voluto obiettare sulla questione “ninfa dei boschi” e che ostinatamente continuava ad associarmi. Ma qualcosa mi frenava. Forse avrei potuto usare quel dettaglio a mio favore. Dovevo solo giocare bene le mie carte. Forse era l’unico modo per uscire da quella situazione.
- Vi aiuterò a trovare il tempio – dissi risoluta, e pensai bene alle seguenti parole – Ma ad una condizione -.
 
Eravamo giunti a un accordo. Dato che il tempio rimaneva la mia destinazione di quel viaggio, la tribù dei fauni mi avrebbe accompagnata fino alla fine della selva, proteggendomi da qualsiasi pericolo. In cambio, una volta arrivata a destinazione, avrei chiesto aiuto alle ninfe maggiori non solo di fermare la creatura della pietra, ma anche di concedere una grazia ai fauni e far tornare “in vita” tutti quelli che erano stati colpiti dalla maledizione. Mi sembrò un patto equo, e che in ogni caso era sempre meglio aiutarci a vicenda invece di perdere tempo in dissapori temporanei. Beh, l’ultima parte l’avevo solo pensata, anche se avevo l’impressione che lo stesso capo fauno l’avesse letta nei miei occhi scostanti. Ebbene, sì, ero ancora diffidente nei suoi confronti. Tuttavia, mentre lasciavo la tenda per ritirarmi nella mia, sentivo di aver fatto la cosa giusta. Forse non tanto per me, che sentivo ancora l’istinto gridarmi di abbandonare quel luogo una volta per tutte. Ma l’avevo fatto per Morò, per la sua vita che avevo involontariamente messo in pericolo.  L’avevo fatto per mio padre. Se volevo trovare il tempio, dovevo cercare di rimanere viva e vegeta, e non potevo negare che da sola non ce l’avrei fatta. Come aveva detto Klopin, loro avevano bisogno di me, e lo stesso valeva per me nei loro riguardi. “Ci sono pericoli là fuori…peggiori di me “così aveva detto…
 
Con la frustrazione che la tormentava, Roxanne ripensò a quelle parole e si morse il labbro inferiore. Odiava ammetterlo, ma quel fauno aveva ragione. Oh, quanto non riusciva a sopportarlo! Non le importava più neanche di quei piccoli momenti in cui aveva dimostrato di proteggerla. Klopin era un essere ambiguo. Anche se avrebbe mantenuto quel patto, la fanciulla si promise che sarebbe stata molto attenta a lui e a qualsiasi altro fauno nei dintorni. Era riuscito ad abbindolarla una volta, ma non sarebbe accaduto nuovamente. Non gli avrebbe dato neanche il tempo di provarci. Appena entrò nella tenda, Roxanne si sdraiò sul giaciglio di cuscini accanto a Morò, che dormiva profondamente e tranquillo. Quella notte, invece lei non riuscì a chiudere occhio. Si chiedeva, devastata dall’ansia, se non si fosse cacciata in un altro guaio, e che quello fosse solo l’inizio di una serie di sfortunati eventi.
  
 

Angolo dell'autrice
Finalmente sono giunta a un nuovo capitolo, e come avete potuto vedere è entrata in scena la nostra Esmeralda, in versione greca ( un piccolo anticipo, ma credo che si sia capito, è un'amazzone ^=^ credo che le si addica molto <3). Intanto le cose tra Klopin e Roxanne si stanno complicando, e non poco. Come faranno a convivere un viaggio così importante con un rapporto ormai già segnato dai mlintesi? Se volete scoprirlo seguitemi nel prossimo capitolo che spero di pubblicare il prima possibile. Io vi ringrazio se siete arrivati fino a quì ^^ A bientot <3   
 
   
 
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