Scalerei ogni
montagna
E attraverserei
nuotando ogni oceano
Solamente per stare
con te
Ed aggiustare ciò che
ho rotto
Legolas cavalcava da mesi verso quella che il padre gli
aveva indicato essere il nascondiglio di alcuni elfi Silvani. Si erano
allontanati dai loro simili per vivere una modesta vita nel Bosco Selvaggio ad
Est, in solitudine e senza interagire con le altre creature del mondo. Alcuni
di loro erano stati sudditi di Oropher, padre di Thranduil, ma avevano scelto
di ritirarsi dopo la sua morte nella Battaglia di Dagorlad. Thranduil non si
era mai interessato di quei disertori, ma ora che Sauron si era rivelato
avevano bisogno di quanto più aiuto possibile. Il Sovrano di Bosco Atro era più
che propenso a lasciarsi quegli antichi dissapori alle spalle, pur di
assicurare al suo popolo la sopravvivenza.
Finalmente, dopo numerose lune, era riuscito ad arrivare al
limitare del Bosco Selvaggio ai piedi delle Montagne Rosse. Strane leggende
venivano narrate su quei luoghi, si diceva che gli Uomini Selvaggi popolavano
la Foresta e che uccidessero chiunque osasse varcarne i confini, per poi
mangiarne le carni.
A Legolas erano sempre sembrate delle assurde convinzioni
degli uomini di Gondor e Rohan, ma il silenzio innaturale di quel posto lo fece
dubitare un poco. Incitò il suo fidato destriero a proseguire, nonostante anche
l’animo dell’animale fosse leggermente turbato.
Mentre il cavallo procedeva nella boscaglia, l’elfo si
guardava intorno nel tentativo di captare il minimo rumore ostile. Le sue
orecchie erano tese e gli occhi saettavano da una parte all’altra della
Foresta. Nonostante avesse i sensi più fini che un elfo potesse desiderare, non
si accorse minimamente delle figure che lo stavano osservando. Il cavallo si
bloccò non appena percepì la presenza di qualcuno sopra di loro.
Legolas si sporse verso l’animale, tranquillizzandolo con
alcune parole, mentre faceva correre la mano ad afferrare una freccia nella
faretra sulla sua schiena. Ma gli elfi di Bosco Selvaggio erano assai più
rapidi e silenziosi del principe, il quale si ritrovò con una lama al collo.
L’elfo si era calato silenzioso da un albero e si era depositato delicatamente
sul dorso dell’animale, che quasi non aveva percepito la sua presenza.
<< I udùn cin?>> una voce vellutata ma
imperativa giunse alle orecchie del principe, mentre con la coda dell’occhio
cercava di cogliere quanto più possibile le fattezze del suo aggressore.
Legolas alzò le mani in alto in segno di resa, indicando con
lo sguardo la lama dello sconosciuto, come a suggerirgli di abbassarla. Questi,
quasi potesse leggere i suoi pensieri, fece ancora più pressione procurandogli
un piccolo taglietto alla base del collo.
<< Legolas Thranduillion>> sputò fuori l’elfo,
irritato dal trattamento che gli veniva riservato.
<< Ah, il figlio di Thranduil…e per quale stupido
motivo ti sei inoltrato nel Bosco Selvaggio, se posso chiedere?>> l’elfo
alle sue spalle allentò la presa e saltò giù dalla cavalcatura di Legolas,
mantenendo la rozza lama della lancia puntata contro al principe.
<< Non credo che parlerò di tali questioni con un
semplice guardiano, portatemi dal vostro re>> rispose fermamente, facendo
correre gli occhi sul suo interlocutore e analizzandolo rapidamente. Aveva la
pelle di un verde brillante, mentre una scia nera gli contornava gli occhi come
una benda, facendone risaltare il colore ambrato. I suoi lunghi capelli,
anch’essi verdi, erano acconciati in numerose treccine.
I vestiti, se così potevano definirsi, erano delle foglie
intrecciate tra loro e sostenute da alcune liane. Legolas arrossì leggermente
notando di aver scambiato il suo interlocutore per un maschio, ma rendendosi
presto conto che si trattava di una femmina. I seni erano ricoperti da una
serie di foglie che si intrecciavano fino a scomparire dietro a una spalla, ma
le loro forme erano ben visibili. Il principe distolse subito lo sguardo,
concentrandosi sui piedi nudi dell’elfo femmina. Questa scoppiò in una risata
cristallina e, dopo un cenno del capo, il cavallo di Legolas venne circondato
da altri cinque della sua razza.
<< Noi non abbiamo un re, principino>> l’elfo
spalancò gli occhi, come potevano vivere senza un sovrano che li guidasse? La
risposta a quella domanda silenziosa non tardò ad arrivare.
<< Ognuno di noi vive nel rispetto della Foresta,
prendiamo da essa solo ciò che ci serve e in cambio la difendiamo dagli
invasori>> spiegò l’elfo femmina, mentre gli altri risposero con un
semplice verso gutturale di affermazione.
<< Ti porteremo dinnanzi alla Madre di tutti noi, lei
deciderà il tuo destino>> e, con un cenno del capo, qualcuno si affrettò
a bendare l’elfo, impedendogli di vedere dove lo stessero portando. Rapidi e leggiadri,
lo spogliarono delle armi, lasciandolo solo con il suo disappunto. Sentiva
sotto di sé i passi incerti del cavallo e avvertì il suo malumore, che scemò
man mano che percorrevano quel tragitto.
Udiva gli ordini impartiti dall’Elfa, la quale sembrava
guidare quella colonna di elfi. Le ombre della foresta lasciarono presto posto
a una grande luce che penetrò oltre il cappuccio che gli avevano calato sul
volto.
Quando il cavallo arrestò il suo movimento, alcuni guardiani
lo aiutarono a smontare e gli rimossero l’impedimento visivo. I suoi occhi si
presero qualche secondo per riabituarsi alla luce, prima di rimanere colmi di
sorpresa per ciò che si ritrovò davanti. Enormi cascate sgorgavano dalla roccia
delle Montagne Rosse, creando una sorgente naturale dove alcune piccole
creature verdi saltavano e ridevano contente. Tutto intorno a quel paradiso vi
era una distesa di erba, caratterizzata da alcune modeste capanne sparse qua e
là.
<< Benvenuto a Menel, Legolas Thranduillion>>
l’elfo femmina sorrise notando l’espressione sbalordita del loro ospite. Lo
condussero alla capanna più grande del villaggio, mentre i bambini e gli
abitanti gli rivolgevano occhiate insicure. Qualcuno gli sorrise, altri
digrignarono i denti alla sua vista, ma la cosa che lo lasciò a bocca aperta la
ritrovò una volta entrato nella tenda. Essa era stata costruita partendo dalla
parete della montagna, da cui scendeva la stoffa che ne componeva la struttura.
Al centro della roccia vi era un albero capovolto che
affondava le sue radici nella pietra della montagna. Una luce abbagliante lo
avvolgeva, attirando a sé l’attenzione di tutti i presenti. Legolas rimase senza
fiato alla sua vista, ammirandone la bellezza.
<< Questa è la Madre di tutti noi, quella che dona la
vita a chiunque>> gli spiegò l’elfo femmina, incoraggiandolo con uno
sguardo ad avvicinarsi.
<< Essa è il cuore pulsante di tutta la Terra di
Mezzo>> Legolas la osservò ammirato. Mai aveva visto tanta bellezza. Gli
elfi alle loro spalle uscirono, lasciandoli soli.
<< Lei ti giudicherà, ponendoti alcune domande.
Qualunque sarà la sua decisione, il mio popolo la seguirà>> l’elfo
avrebbe voluto guardare la sua interlocutrice, ma i suoi occhi erano solo per
la Madre.
<< Vedo che vieni con una richiesta, Legolas
Thranduillion>> una voce proruppe dall’albero, mentre la luce che lo
avvolgeva traballò per qualche istante. L’elfo annuì e fece un passo nella sua
direzione.
<< Mio padre mi manda a chiedere aiuto per la guerra
che verrà>> spiegò il principe, avvertendo subito dopo l’irrefrenabile
impulso di inginocchiarsi.
<< Il tuo cuore è puro come la tua richiesta, principe
di Bosco Atro>> asserì l’albero, illuminandosi un poco di più.
<< Ma vedo che esso è tormentato da un grande
malanimo>> la mente dell’elfo corse velocemente alla figura della
guerriera che amava. I suoi sentimenti si riaccesero come il fuoco di una
fornace.
<< Posso chiedere di chi si tratta?>> l’albero
era riuscito non solo a leggere la sua mente, ma anche a controllarla e a
metterla a nudo, esponendo tutto ciò che Legolas provava.
<< Lei è Eruannie di Imladris>> la voce sussultò
di sorpresa a quella rivelazione, come se conoscesse l’Elfa.
<< La Guerriera, dunque>> l’elfo annuì, capendo
che i poteri della Madre andavano ben oltre la sua comprensione.
<< Questo vostro amore vi porterà alla vittoria…o alla
sconfitta>> proclamò l’albero, mentre la luce si affievoliva lentamente.
<< Non corriamo questo pericolo, il mio amore non è
corrisposto>> Legolas scosse leggermente il capo, mentre una stilettata
nel suo petto lo fece bruciare di dolore. La Madre esplose in una fragorosa
risata, che l’elfo non comprese, si stava burlando di lui?
<< Come credi, principe. Puoi dire a tuo padre che il
popolo di Menel verrà in soccorso della Terra di Mezzo qualora questa dovesse
trovarsi in difficoltà>> l’albero brillò ancora, prima che l’elfo femmina
accanto a Legolas lo invitasse a uscire dalla tenda.
<< La Madre ha espresso il suo pensiero, ora torna nel
tuo regno>> Legolas, ancora leggermente intontito dalla conversazione con
l’albero, dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di annuire.
<< Posso almeno sapere come vi chiamate?>>
chiese con garbo all’elfo femmina che lo aveva portato in quel villaggio
incantato. Lei, per tutta risposta, rise deliziata.
<< Il mio nome è Calen, figlia della Madre>>
Legolas inarcò leggermente il capo, pensando che l’appellativo “figlia della
madre” non era granché esplicativo.
Alcuni guardiani li raggiunsero portando con loro il cavallo
dell’elfo, che sprizzava gioia da tutti i pori.
<< Ora va’, i nostri cammini si incroceranno di
nuovo>> Calen si sporse verso l’elfo e depositò un fugace bacio sulle sue
labbra, facendolo arrossire vistosamente per il gesto inaspettato.
<< Non illuderti, dalle nostre parti lo usiamo per
dirci addio>> spiegò sapientemente l’elfo femmina, alzando gli occhi al
cielo. Legolas, ancora leggermente scosso dal bacio di poco prima, si affrettò
a montare a cavallo.
<< Vi ringrazio e vi dico addio nel mio di
modo>> si portò una mano al cuore e con un gesto verso gli altri elfi si
congedò, prima di ripartire al galoppo verso Bosco Atro.
I udùn cin? = chi diavolo sei?
Angolo autrice:
Buonasera a tutti, volevo semplicemente scusarmi con l’errore
fatto nel primo capitolo. Legolas si dirige a Est, non ad Ovest…perdonatemi ma
il sito non mi faceva modificare il capitolo, non so per quale arcano mistero.
Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto e attendo di sentire un
qualche ritorno da parte vostra!
Baci,
Giuls