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Autore: Francyzago77    27/05/2020    6 recensioni
Georgie è partita per l'Australia con il suo bambino ma cosa succede a Londra? Nuove storie, nuove trame e soprattutto nuovi sentimenti. Un racconto introspettivo, insolito e inaspettato.
Questi personaggi non mi appartengono, sono proprietà di Mann Izawa, questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era la tipica mattinata londinese, nebbia e freddo avvolgevano la città e davanti al portone del tribunale c’era un assembramento di persone che parlottavano fra loro in continuazione. Fritz e Wilson arrivarono lì con largo anticipo, cercando di evitare quella folla ma purtroppo non ci riuscirono. Furono fermati da gente che li salutava, stringeva loro le mani, addirittura qualcuno acclamava Gerald come il salvatore della corona inglese.
-Gli stessi che mi hanno disprezzato e umiliato – pensò il conte salendo le scale velocemente, sperando di finir tutto al più presto.
Dangering era ormai morto, le sue malefatte erano state scoperte ma non tutti i suoi complici. Da quella vicenda ne era uscita fuori una storia di intrighi, corruzione e malaffare e non pochi nobili ne erano rimasti coinvolti. Fritz doveva soltanto testimoniare per essere a conoscenza dei fatti, nulla d’importante, con pochi minuti se la sarebbe sbrigata. La sua presenza era però fonte di curiosità e d’interesse da parte dell’opinione pubblica. Effettivamente il suo fu un intervento rapido, coinciso e non determinante ai fini del processo ma tanto era il coinvolgimento della gente a tutta quella storia che la sua deposizione era attesa spasmodicamente. Riuscì a finire presto, come desiderava, si sentiva più sollevato e finalmente tranquillo. Scambiò due parole con un altro conte suo amico e, mentre con Wilson si accingeva ad andarsene, rimase colpito dal brusio che nuovamente animava la folla. Nell’aula era entrato qualcuno che aveva attirato l’attenzione della gente ancora più di lui. Si voltò incuriosito sentendo alcuni presenti che dicevano con disprezzo:
-Ancora in giro quella? Ma non si vergogna? Dovrebbero chiuderla dentro e buttare la chiave!
Un’esile figura avanzava lentamente, pallida, vestita di nero. Soltanto gli occhi spiccavano, erano azzurri come il cielo ma tristi e spauriti. 
-L’hai riconosciuta Fritz? – gli domandò subito Wilson.
-La nipote di Dangering – rispose Gerald – Maria.
Il pensiero andò immediatamente lontano, allo scambio fra Abel e Arthur, alla cella, alle chiavi che proprio Maria aveva dato a Georgie per poter incontrare il suo amato.
-Se non fosse stato per Maria – aveva ripetuto spesso Georgie a suo padre – non avrei potuto amare Abel e il mio bambino non sarebbe mai nato.
Un senso di tristezza e di malinconia assalì Fritz che ora non aveva più fretta ma ascoltava attentamente la conversazione tra Wilson e un tizio sulla porta.
-Sua madre è morta da poco – diceva quello riferendosi a Maria – vivevano fuori Londra, credo. Il padre si uccise dopo tutto lo scandalo, nessuno aveva più visto un membro della famiglia Dangering in città, la sua presenza qui oggi è una notizia troppo clamorosa!
Gerald era disgustato dal tono con cui quel tipo parlava, non sopportava più tutto quell’interesse frivolo tipico di chi vuole solo curiosare senza conoscere veramente la verità.
-È implicata anche lei in qualche fatto? – chiese Wilson pacatamente.
-No, no – rispose il suo interlocutore – è solo una testimone.
-Perché tutto questo livore allora? – s’intromise Fritz seccato.
-Proprio lei conte Gerald mi fa questa domanda? – disse il tizio con stupore – È una Dangering, basta quello per essere messa alla gogna.
Wilson continuò a discutere con l’uomo mentre Fritz, stanco e amareggiato, si distaccò un poco dai due assorto nei suoi pensieri. Aveva voglia di partire immediatamente per l’Australia, raggiungere sua figlia e il nipotino, lasciarsi alle spalle tutta la nobiltà di Londra con le sue falsità, le sue ipocrisie, i suoi perbenismi. 
Finalmente, dopo aver incontrato altri conoscenti ed essersi fermato a scambiare due parole, era uscito da quel luogo ed aspettava Wilson per andar via. Il solito capannello di persone sbarrava l’uscita ma questa volta volavano in aria parole grosse. Sul marciapiede, ad attendere una carrozza, c’era Maria assieme ad una donna robusta e rubiconda che, tenendola sotto braccio, sembrava voler difenderla dalla gente che faceva apprezzamenti poco gentili sul suo conto. Non passava nessuna vettura e le due donne erano lì, in piedi, tra il vocio della folla.
-Signorina Dangering – la voce di Fritz ammutolì tutti – permettete di darvi un passaggio con la mia carrozza.
Maria si voltò allibita, aveva gli occhi rossi dal pianto, il conte gentilmente le porse la mano dicendole:
-Prego, alla mia destra. Naturalmente l’invito è esteso anche alla sua accompagnatrice.
-Voi conte Gerald – sussurrò la giovane donna sorpresa da quel nobile gesto – accompagnereste me?
-Andiamo – sorrise Fritz – la vettura è pronta, laggiù.
S’incamminarono tra lo stupore della folla e, quando furono raggiunti da Wilson, partirono. Dopo l’imbarazzo iniziale il conte prese la parola:
-Vivete fuori Londra quindi? – chiese a Maria, avendo capito dall’indirizzo comunicato al conducente che il viaggio non sarebbe stato proprio breve.
-Sì – rispose a bassa voce lei – se è troppo disturbo per voi venire lì possiamo scendere ed aspettare una vettura.
-No, non fraintendetemi – sorrise Fritz – la mia era una semplice domanda. Non abbiamo più saputo nulla di voi, perdonatemi, non vorrei essere troppo indiscreto.
Maria si voltò verso la donna che era con lei che, prendendole la mano, annuì con il capo come per invogliarla a parlare. 
-Vivo in una piccola casa alla periferia di Londra – iniziò a raccontare – è l’unica abitazione dei Dangering che mi è rimasta. Ci abitavo con mia madre ma un mese fa è morta dopo una lunga malattia. Ora, con la confisca di tutti i beni dei Dangering, credo dovrò lasciare anche quella dimora. Ho chiesto la grazia a Sua Maestà di non togliermela ma non ho ancora ricevuto risposta. La mia cara balia è sempre con me, fortunatamente non sono completamente sola.
E sorrise alla donna che le sedeva accanto, grossa, impacciata ma senza dubbio buona. Wilson preferiva non parlare lasciando a Fritz la conversazione:
-Quando avete scritto alla Regina? – domandò interessato.
-Circa due settimane fa – sospirò Maria – forse sono stata sfacciata ma ero disperata. Sua Maestà mi voleva bene, ero una delle sue pupille a corte, ho voluto tentare. Ormai non ho più nulla da perdere.
-Voi siete estranea alle malefatte di vostro zio – disse il conte con decisione -la Regina capirà, ne sono convinto.
-Anche voi non mi considerate colpevole? – domandò Maria commossa.
-Certo – rispose Gerald con fermezza – voi siete una persona pulita, limpida. Mia figlia ha un ottimo ricordo di voi.
-Come sta Georgie? – chiese lei con impeto.
-Oh bene -rispose il conte – ha avuto un bambino da Abel. Prima di morire è riuscito a darle una bellissima creatura, dopo quell’incontro nella cella.
Maria non riuscì a trattenere le lacrime, sussurrò:
-La nascita di un bimbo è sempre una gioia.
-È vero – ribadì Fritz – ora sono in Australia.
E, con molto tatto, incominciò a raccontare a Maria dell’incontro con Arthur e di tutto ciò che Georgie gli aveva scritto.
-Arthur è vivo – esclamò la ragazza – è un miracolo.
Il conte palesò la sua intenzione di raggiungerli presto e la conversazione andò avanti tranquillamente finché non giunsero a destinazione.
-Le auguro ogni bene – disse Gerald quando scesero dalla carrozza.
-La ringrazio infinitamente – rispose Maria – mi saluti Georgie quando la sentirà.
-Spero di andare presto da lei in Australia – ammise il conte. Congedatosi dalle due donne risalì sulla vettura insieme a Wilson e ripartì per Londra.
-Arthur è Cain, vero signorina? – chiese la balia mentre apriva il cancello di casa.
-Oh sì – affermò Maria con le lacrime agli occhi – quanto l’ho amato, ricordi?
La donna ricordava certamente e avrebbe desiderato tanta felicità per quella ragazza a cui voleva bene da quando era in fasce.
 
 
 
  
 
   
 
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