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Autore: emmevic    28/05/2020    4 recensioni
Cit. Cas non è stato creato per avere paura, ma ha imparato lo stesso ad averla, perché quando il tuo centro è Dean Winchester, cacciatore professionista, Spada di Michele, Uomo Giusto e calamita di guai, alla fine ti ritrovi a convivere con un’ansia che un test online, fatto per scherzo in una notte annoiata, ti diagnostica come “cronica”.
⤷ Famiglia può essere un angelo che non è più un angelo, suo figlio adottivo (alias l’Anticristo) e l’uomo che ha “afferrato stretto e salvato dalla perdizione”. Raccolta di 4 capitoli ambientata dopo un’ipotetica ultima stagione, ma non considera né la 14esima né la 15esima. Quello che viene raccontato qui è un mondo fatto di quotidianità e di piccole crisi. Destiel.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jack Kline, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Happily Ever After'
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I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(“È terrificante avere qualcosa da perdere”)


Dio ha ordinato agli angeli di amare l’uomo, ma l’amore di un angelo è freddo e distaccato. Non è come lo intendono gli umani, un sentimento totalizzante, caldo e irrazionale, e Castiel fino a quando non è sceso sulla Terra, calandosi dentro Jimmy Novak, non avrebbe mai potuto comprendere cosa significa amare alla maniera umana. Quello che provano gli angeli è, a posteriori, un’ombra appannata. Qualcosa di astratto e lontano. Per amare davvero è necessario toccare, vedere, respirare: bisogna essere fatti di carne e provare dolore, ma soprattutto capire la mortalità (sentire almeno una volta la morsa pungente della paura).
Castiel non ha mai provato terrore, né panico, non finché eseguiva gli ordini del Paradiso: ha cominciato ad avere paura solo quando ha conosciuto Dean. Perché la cosa buffa dell’amare alla maniera degli umani è che, appena succede qualcosa di brutto, hai questo tuffo al cuore al pensiero che sia successa una disgrazia proprio a quel qualcuno che hai deciso di rendere il centro del tuo mondo.
Cas non è stato creato per avere paura, ma ha imparato lo stesso ad averla, perché quando il tuo centro è Dean Winchester, cacciatore professionista, Spada di Michele, Uomo Giusto e calamita di guai, alla fine ti ritrovi a convivere con un’ansia che un test online, fatto per scherzo in una notte annoiata, ti diagnostica come “cronica”. 
Ma non importa, alla fine sarebbe peggio non provarla affatto, soprattutto ora che ha trovato la sua piccola porzione di Paradiso e per questo è diventato umano. Non può far altro che accettare l’intero pacchetto: amore, paura, gioia, tristezza e tutto il resto. E, sì, ne è valsa la pena. (Anche perché poi, in realtà, ha anche imparato ad accoglierla come parte dellesperienza umana, la paura, e da quando l’ha fatto tutto è diventato un po più semplice, innanzitutto gestirla).





La staccionata è ancora fresca, si sta asciugando (alla fine Castiel ha accettato di lasciarla bianca, mal che vada potrà sempre ritinteggiarla più avanti). Dean ha dovuto insistere, ma niente di nuovo sotto il sole: qualche volta l’ex-Angelo ha bisogno di una spintarella e così, morale della favola, anche lui ha convenuto che in fin dei conti è solo una staccionata e non è un così grande problema che sia troppo bianca e troppo poco panna. In realtà il vero problema (ma questo solo secondo Dean, a giudicare dall’espressione composta di Castiel) è che Jack non si trova.
Jack, ingenuo, adorabile, imbecille imbecille imbeccile Jack, non è più in casa. È scomparso e con lui è sparito anche il menu. (“Io lo strozzo.” “DEAN.” “Cas, se lo merita! Andarsene così senza dirci niente!” “Strozzarlo non lo aiuterà a cambiare attitudine. E sono sicuro che stia bene, mi fido di lui” “Mi fido di lui un…  e questo lo dici tu, Cas, che sta bene!”).
Che poi è quasi routine, questa.
Perché è inevitabile che in casa regni il caos, quando tuo figlio adottivo è l’Anticristo (soprattutto se il Nephilim in questione ha il brutto vizio di spalancare le ali e andare a trovare l’altro suo papà, quello che vive tre stati più in là e dopo una vita da cacciatore ha deciso di fare un ritorno alle origini e di riprendere gli studi a Stanford).  
“Scrivo un messaggio a Sammy, visto che tuo figlio non risponde al cellulare” ringhia Dean a Cas, irritato, come se fosse colpa sua che Jack soffra del suo stesso vizio e abbia preso l’abitudine di sparire in un puff senza dire niente a nessuno. (Per lo meno Jack torna sempre nel giro di qualche ora e non mesi e mesi dopo. Non come qualcuno).
La cosa sfortunata però è che, no, le ramanzine che Dean gli propina ogni volta non gli hanno insegnato nulla, soprattutto perché Cas in questo frangente non lo appoggia affatto. La filosofia che l’ex-Angelo ha adottato con Jack è infatti diametralmente opposta e l’ha presa a piè pari da un libro sulla Comunicazione non violenta: volume breve che dice di lasciare il giusto spazio ai figli adolescenti. (“È scritto qui, Dean, che non dobbiamo tarpargli le ali. Figurativamente e, secondo me, anche letteralmente: deve imparare a sbagliare”). Peccato che suddetto adolescente abbia in realtà quattro anni e non sia quindi tanto un adolescente quanto più un moccioso, vorrebbe dirgli Dean ogni volta, e
qualche giorno fa gliel’ha anche detto (gridato addosso, più che altro), per poi beccarsi un’occhiata inquisitoria da Castiel che lo informava di non “umanizzare” troppo Jack. “Non dimenticarti che è un Nephilim, Dean, non un normale essere umano” aveva puntualizzato, come se Dean potesse dimenticarsi un dettaglio del genere, ed essere umano l’aveva pure virgolettato con le mani, tanto per sottolineare il concetto.
Dio.

Castiel in tutto questo, comunque, con Jack scomparso per l’ennesima volta e la pancia tristemente vuota, ha pure la grandissima faccia tosta di sedersi nel prato e guardare il cielo. Loro figlio è scomparso (di nuovo) e lui guarda il tramonto. Il tramonto.
Alla fine, quando Sammy risponde a Dean e gli scrive che “no, mi spiace, non è qui”, lo sguardo che l’ex-cacciatore lancia a Castiel è di esasperazione pura. Cas, invece, ha anche il coraggio di rivorgergli un sorriso flemmatico.
“Vedrai che tornerà prima delle dieci”.
Dean si limita a ignorarlo e a imboccare il vialetto, dirigendosi verso l’hamburgheria.
Magari è lì.





Se la paura è una morsa che si stringe attorno al cuore, un freddo che ti intirizzisce fino nelle ossa, l’amore è farfalle nello stomaco e una sensazione di calore che dal petto si irradia fino al viso e ti fa brillare gli occhi. All’inizio è stato difficile capire la differenza, soprattutto perché Castiel nella sua vera forma (“un’onda multidimensionale di intento celeste” come qualche volta gli ricorda Dean facendogli il verso) un cuore non ce l’ha, e nemmeno delle ossa, e soprattutto uno stomaco. Abituarsi ad avere degli organi interni richiede, in effetti, un certo quantitativo di tempo, ma alla fine è riuscito comunque a capire cosa voglia dire cosa. In relativamente poco tempo, quando ancora era un Angelo e lavorava per il Paradiso, era anche giunto alla conclusione che, per qualche strana ragione, stare vicino a Dean era meglio che stare lontano da Dean. Qualcosa al centro del petto di Jimmy si scaldava tutto alla sola vista dell’uomo che aveva strappato dall’Inferno.
Una decina d’anni dopo Cas chiama quel sentimento amore e, anche se la prima volta che ha compreso veramente la sua natura è stato parecchio tempo prima, è nel mezzo che ha imparato cosa significa avere paura (e non averne).





All’hamburgheria in fondo alla via non c’è traccia del Nephilim e Dean sente la vena che gli attraversa la fronte iniziare a pulsare in maniera allarmante. Che Jack se ne vada in giro da solo non gli piace, perché il mondo rimane un posto orribile. Anche se ora, con i cancelli del Paradiso e dell’Inferno chiusi, di Angeli e Demoni non c’è più traccia sulla Terra perché non possono più scendere (o salire, questione di prospettive), ci sono comunque le streghe. E i Vampiri. E i Ghoul. E un sacco di altre cose che di sicuro non possono uccidere Jack, ma possono fargli male. In più Jack ha solo quattro anni ed è di una ingenuità imbarazzante, gli ricorda una vocina fastidiosa nella testa, ma è solo un attimo.
“Dean” lo raggiunge la voce di Cas, strappandolo dai suoi pensieri, e l’ex-cacciatore si volta di scatto. Quindi ha smesso di guardare il cielo, pensa con una nota di astio mentre gli lancia uno sguardo che spera tanto trasmetta tutta la sua infinta insofferenza.
“Dean,” ripete l’ex-Angelo senza cedere di un millimetro (ha attraversato Inferno e Purgatorio, non sarà lo sguardo di Dean a farlo tremare) “devi imparare ad avere più fiducia in Jack” e prima che il cacciatore in pensione possa ribattere, Cas lo blocca con un cenno della mano e riprende a parlare. “Lo so,” chiarisce “lo so che tu non vuoi che gli accada nulla. Che hai paura di perderlo come molte persone che hai perso prima di lui, ma devi imparare a dargli fiducia. Quando io e te non ci saremo più, e potrebbe essere fra vent’anni come fra cinquant’anni o l
’anno prossimo, lui rimarrà solo. Deve imparare a prendersi cura di se stesso”.
“Ma ha solo quattro anni!” ribatte Dean a voce un po’ troppo alta e quando un passante lo guarda incuriosito è già pronto a dirgliene quattro, se solo Cas non lo interrompesse prima.
“Devi smetterla di considerarlo umano.”
“Non sarà…” Dean abbassa la voce, perché davvero non vuole che tutti i clienti dell’hamburgheria lì di fronte si facciano i fattacci dei Winchester. “Non sarà umano, ma può comunque morire o soffrire, come è stato ampiamente dimostrato” ringhia, ma Castiel non incassa il colpo e non sposta manco lo sguardo: continua a fissarlo.
“Dean, tu gli darai fiducia” stabilisce l’ex-Angelo. Lo dice con una finalità che ha dell’ultraterreno e per un attimo l’ex-cacciatore si ricorda perché Cas all’inizio lo mettesse così in soggezione. Sembra pronto a infilzarlo se non concorda qui e ora con ciò che gli sta dicendo.
Abbassa gli occhi, sconfitto, anche se non completamente d’accordo.
“Quando torna, gli parlerò io questa volta. Gli farò capire che deve avvisarci e deve farci sapere dove va e quando intende tornare, ma tu in cambio gli darai fiducia” gli spiega Castiel e Dean vorrebbe dire qualcosa, sta per dire qualcosa, ma si blocca.
Annuisce e osserva in silenzio la strada affianco. Tutto pur di non incrociare lo sguardo dell’ex-Angelo.
“Hai fame?” L’ex-cacciatore gli chiede, cambiando argomento.
Castiel scuote la testa. No. “Tu?” gli chiede.
“Preferisco tornare a casa ad aspettare Jack.”





Un mondo senza Dean Winchester è inaccettabile. Senza Sam sarebbe triste, il mondo, e anche senza Mary, ma senza Dean sarebbe semplicemente inammissibile. O almeno, questo era quello che Castiel pensava mentre infilzava Billie. La mietitrice, poi, si era accasciata con un orribile lamento ed era stato brutto. Non quanto uccidere i propri fratelli, ma comunque era stato spiacevole (anche se dire addio a un Winchester sarebbe stato peggio).
Tutto si riduceva sempre a quello, niente era più terrificante per Castiel di non poter più esistere assieme a Dean e questo, in realtà, non è cambiato affatto, gli anni sono passati e le battaglie sono state combattute, ma la paura sotto sotto è rimasta, anche se ormai (sarà l’età o sarà l’essere divenuto umano) l’ex-Angelo ha imparato a dominarla.
Un grande deterrente è sapere che lui e Dean stanno sfruttando il tempo che rimane loro nel miglior modo possibile, rispondendosi a male parole nella cattiva sorte, rotolandosi tra le coperte nella buona e amandosi indipendentemente da tutto, bene, male e routine.
Un altro sorprendente deterrente è la fiducia. Avere fede nelle capacità di Dean significa azzittire la paura (e, comunque, adesso che vivono in una periferia qualunque e i Winchester sono ufficialmente in pensione c’è davvero poco da temere). Castiel quindi pensa a Jack e non ha paura. Perché se riesce a fidarsi che Dean, l’uomo idealmente più sfortunato dell’universo, possa sopravvivere senza che lui si faccia in quattro, allora può perfettamente accettare l’idea che Jack voli in giro per il mondo senza avere attacchi d’ansia al solo pensiero.
Che tanto non avrebbe senso, perché nessuno potrebbe stargli più dietro, le sue ali Castiel le ha perse da tempo. Ma, soprattutto, adesso che Cas è umano, nel tempo che gli rimane da vivere deve insegnare a Jack a esistere senza di lui (e senza Dean e Sam). Ciò che tenta di fare, quindi, non è ascoltare le proprie paure, ma cercare di indirizzare suo figlio verso la scelta giusta e fidarsi che non faccia idiozie.





Jack è tornato. È apparso in cucina dopo un’ora scarsa dalla sua scomparsa (ben prima delle dieci), con un sacchetto di carta da cui proveniva un invitante profumo di carne. “Ho preso da mangiare” ha detto e poi si è seduto, estraendo dal sacchetto tre pacchetti e appoggiandoli sul tavolo. “Per te il solito,” ha precisato rivolgendosi prima a Castiel “per te il doppio bacon” e poi a Dean. L’ex-cacciatore ha quindi guardato Cas, ricordandosi il discorso di poco prima sulla fiducia e tutto quanto, ha afferrato dal frigo tre birre e poi, acchiappato l’hamburger, si è morso la lingua, riempiendosi la bocca di pane, carne e salse.
Un’ora più tardi Dean li osserva dalla finestra mentre padre e figlio parlottano fitto fitto in giardino, sotto una luna piena e un cielo terso.
Ha quasi un buon presentimento.



Il prompt di questo secondo capitolo è "è terrificante avere qualcosa da perdere" (+ imparare).
   
 
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