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Autore: Doux_Ange    28/05/2020    0 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI
 
Lottie... Lottie!
Certo che è proprio bella, eh? Un angioletto! Ma ciao, Lottie!
Guarda, Vocina! Mi ha sorriso! In barba a te!
Ma lascia perdere, Grillo! La fai solo spaventare, con quella faccia che ti ritrovi.
Perché invece tu sei più bella ed esperta di neonati...
Grazie, Grillo! Modestamente, sì.
Guarda che io ero sarcastico.
Io no, è la verità. Comunque, spostati, che ci parlo io con Lottie! Ciao, stellina! Ma chi è questo Grillo brutto brutto che fa le voci strane, eh? Eh?
Ah, io sarei quello che fa le voci strane e le facce buffe!
Ma... una domanda, Vocina, ora che ci penso... come fa a sentirci e vederci, Lottie...?
Oh, cavolo.
Ho ragione!
Non ti esaltare, anche perché significa che prima, questa bambolina stava sorridendo a Marco, non a te! Fiuuu, per un attimo avevo pensato che ti preferisse a me.
Ma perché sei sempre così cattiva con me, Vocina? Sempre a rimproverarmi, a fare la saputella saggia e intelligente... anch’io ho un cuore, sai?
Mamma mia quanto sei melodrammatico, Grillo! Proprio tu che dovresti essere quello ironico della coppia!
Essere ironici non significa non avere sentimenti. E tu mi offendi sempre! Scusa, Lottie, ma io non ho più voglia di condividere questo momento con Vocina! Me ne vado!
Ma no, dove vai? Grillo!
... Niente, è andato via. Pazienza.
Sai cosa facciamo, Lottie? Raccontiamo ai nostri amici cos’è successo negli ultimi mesi! Ti va? Mi aiuti?
Beh, chi tace, acconsente!
Iniziamo!
 
Innanzitutto, ciao!
Quanto tempo che non parliamo, e quante cose sono cambiate dall’ultima volta!
In primis, l’arrivo di Lottie! Cioè, Carlotta... ma zia Chiara è passata al diminutivo meno di mezz’ora dopo la sua nascita, e la chiamiamo tutti così.
Comunque, dicevo, ne sono successe di cose da quel giorno, non immaginate quante!
Ora vi dico tutto, il tempo di prendere un fazzoletto perch-... e-e-e-etciù!!
Scusate, ma questa allergia al polline non mi dà tregua, è insopportabile! La primavera sembra essere arrivata prima del previsto, quest’anno.
Ah già, dimenticavo... Buon 2021 a tutti!
Comunque, non manca molto all’inizio ‘ufficiale’ della primavera, appena una settimana. Come, del resto, manca una settimana al grande evento... sento già le note della marcia nuziale risuonare nell’aria!
“Save the date: 21 MARZO 2021 - ANNA & MARCO FINALMENTE SPOSI!”
Era questo che io e Grillo avremmo voluto scrivere sugli inviti al matrimonio, ma Elisa ha preferito una forma più sobria ed elegante.
Però quel ‘finalmente’ ci stava da Dio! Dopo tutte le cose che hanno passato quei due per arrivarci... Sempre che ci arrivino, ecco.
Vocina!
Non eri andato via, Grillo? E poi era una battuta! Scaramanzia, mica ero seria, dai! Non sei divertente per niente, tu.
E poi, qua a Spoleto basta un attimo, e ti ritrovi stecchito.
Ma torniamo a noi, vi stavo raccontando gli eventi degli ultimi tre mesi...
La nostra adorata famiglia Nardi se la passa piuttosto bene.
‘Piuttosto’ perché tra notti insonni passate dietro a pannolini da cambiare e poppate ogni tre ore, e i preparativi per il matrimonio da ultimare, ogni tanto i futuri sposi danno in escandescenza.
Non fraintendete, Lottie è un amore! Mangia molto, dorme un sacco e piange il giusto, come tutti i neonati. Sta simpatica perfino alla vicina Serena, voglio dire.
Però era inevitabile, sapevamo tutti che il suo arrivo avrebbe scombussolato la routine di Anna e Marco, com’è normale che sia. Le nozze imminenti e la bimba appena nata sono stati due eventi difficili da incastrare, nonostante tutta la famiglia abbia dato una mano.
Le sorprese non sono mica finite, eh! All’inizio dell’anno gli assistenti sociali hanno accettato la richiesta di affido fatta da Marco ed Anna per Ines. Lei, quando l’ha saputo, ha iniziato a saltellare per tutta la canonica, euforica, prima di correre ad abbracciare la sua famiglia adottiva. Perché per lei sono una famiglia a tutti gli effetti.
È già tutto deciso: Ines andrà a vivere con il suo tatuatore legale, Anna e Lottie molto presto, il tempo che la burocrazia faccia il suo corso. E potrà anche vedere il suo papà! Marco ci ha messo la faccia, come si suol dire, accettando di rispondere in prima persona di qualsiasi problema, nel caso in cui Coso - va bene, va bene, Sergio - dovesse fare qualcosa che non dovrebbe. Ma non sembra un evento così probabile, non più.
Il dilemma più grande adesso è... come faranno a stare tutti in questa casa? Certo, Ines si trasferirà solo dopo il matrimonio, ma i due sposini non hanno ancora trovato un nuovo nido per la famiglia.
Ah, è vero, non ve l’avevo detto! Stanno cercando una casa, proprio perché l’appartamento di fronte a quello del maresciallo è diventato troppo piccolo per starci in quattro. E Cecchini, adesso, non ha più bisogno di averli così tanto vicini come quando hanno deciso di restare lì e non trasferirsi nella villetta (purtroppo venduta). Il problema è che ogni volta che l’agente immobiliare propone qualcosa, il maresciallo ed Elisa li accompagnano, e puntualmente c’è sempre qualche dettaglio che fa saltare l’accordo, esasperando il pover’uomo.
Serve che trovino una soluzione in fretta, il tempo stringe!
Tornando ai biscottini, Cecchini non sarà più solo, quando Anna e Marco andranno via: c’è Elisa con lui. La neo-nonna ha deciso di trasferirsi definitivamente a Spoleto, così da poter restare anche più vicina alla figlia e darle una mano con la sua nipotina. Anzi, nipotine, a breve.
E chissà che non ci saranno i fiori d’arancio anche per loro, tra un po’!
Su zia Chiara, non ci conterei troppo, di convolare a nozze, invece... il vizio di cambiare fidanzato ogni mese non lo ha ancora perso. Però anche lei è spesso a Spoleto, e spera di riuscire ad ottenere un trasferimento. Comunque, vedeste che guardaroba ha creato per la piccola Lottie! Anna ha tentato inutilmente di fermarla, soprattutto perché la bimba cresce in fretta e le tutine diventeranno troppo piccole nel giro di poco. Ma parliamo di Chiara, ecco... tentativo vano, appunto.
Però, a parte questo, è stata di grande aiuto per sua sorella, in questi tre mesi. Ha imparato perfino a cambiare il pannolino a Carlotta!
Per quanto riguarda Nonno Eugenio, beh... si è visto e non visto. Con Marco le cose sono migliorate, ma lo spirito vagabondo non l’ha perso, quindi latita. Forse ha ragione Anna, lo sta facendo solo per lasciare loro il tempo di adattarsi alla nuova realtà senza troppe pressioni addosso, o perché si sente ancora ‘di troppo’, ma Marco ha i suoi dubbi (non proprio infondati).
Ma tra le mille notti insonni e le presenze in stile zombie (testuali parole di Sara) di Marco in tribunale, i giorni trascorsi hanno portato soprattutto momenti di gioia pura e indimenticabile: avreste dovuto vedere la faccia di papà Marco quando Lottie gli ha sorriso per la prima volta! Un bambino al lunapark al confronto sembrerebbe a un funerale!
Anna ha pianto un quarto d’ora abbondante alla scena, per poi dare parte della colpa agli ormoni ancora ballerini, ma lo sappiamo tutti che non è proprio così.
Però la capiamo, perché è stato in quell’istante che si è resa davvero conto quanta strada avessero fatto insieme lei e Marco, e quanto siano cambiati l’uno al fianco dell’altra. Hanno superato le loro paure, e sono prontissimi a scrivere un altro capitolo della loro storia.
E non c’è modo migliore di cominciare la nuova pagina, se non co-
Uèèèèèèè!!!!
Oh, tesoro, non piangere! Adesso ci pensa la tua mamma, a te!
Ma certo! Tu con chi stai parlando, Vocina?
Io? Nessuno! Si vede che ti mancano delle ore di sonno, Anna!
(A dopo!)
 
Anna’s pov
 
Lottie ha richiamato la mia attenzione nel bel mezzo di un piccolo diverbio con Marco circa la suddivisione degli invitati nei tavoli, per il ricevimento.
Per fortuna però la mia piccola si è tranquillizzata subito.
Quando torno a concentrarmi sul tableau dispiegato sul tavolino del bar di Spartaco, davanti al quale sono seduta per mettere a punto gli ultimi dettagli, mi sembra di essere in un déjà-vu.
E lo è, in un certo senso.
“... e Zia Carmela, sono sempre dell’idea che starebbe benissimo al tavolo delle cugine!”, sta dicendo infatti Marco, staccando il segnaposto.
Ecco, ci risiamo: come un anno fa, siamo in disaccordo sullo stesso identico punto, anche se non credo abbia tutti i torti, in realtà. A Elisabetta non farebbe affatto male, trascorrere qualche ora in compagnia della zia, visto che quando si è sposata lei ha piazzato noi due al suo stesso tavolo.
“E ti dirò di più, ci metterei anche la nostra adorata vicina, la signora Serena. Sarebbe perfetto.”
Guarda che Marco ha ragione, Anna. Zia e vicina sarebbero l’accoppiata vincente per far abbassare la cresta a tua cugina. Digli di sì!
“... Va bene. Mettile entrambe lì, con le cugine.” accetto infine, trattenendo a stento un sorrisetto.
“Ah!” esclama il mio fidanzato, alzando una mano in segno di vittoria. “Ci ho messo un anno a convincerti, ma ne è valsa la pena... Salve, Don Matteo!”
Déjà-vu in tutto e per tutto!
“Allora, come va con la preparazione del matrimonio? Stavolta non ci sono viaggi in Pakistan previsti?” scherza il prete.
Io faccio un sorriso innocente mentre Marco mi lancia uno sguardo ironico, prima di scoppiare a ridere.
Un versetto gioioso arriva dal passeggino accanto a me, come se Lottie avesse capito la battuta e stesse ridendo con noi.
“Ciao, piccolina!” la saluta affettuosamente Don Matteo, mentre lei gli afferra le dita. “Vi ricordo l’ultimo incontro del corso prematrimoniale, stasera! Ma... il maresciallo e Sua madre non ci sono?”
“In effetti, è da ieri sera che non li vediamo,” replica Marco, pensieroso.
“Oh, eccoli!” esclamo dopo qualche istante, vedendoli scendere la scalinata che porta in piazza.
Mia madre sembra euforica, e ci saluta con la mano mentre Cecchini le corre dietro dicendole di rallentare, che ci manca solo che si facciano male a una settimana dal matrimonio.
Questa reazione mi turba: quando abbiamo organizzato tutto, l’anno scorso, lei aveva messo su quest’aria festante all’idea specifica della carrozza con i cavalli bianchi.
“Mamma, giusto per essere chiari, te lo dico subito: delle solite smancerie non ne voglio sentire parlare! Sarà anche passato un anno, ma continuano a non piacermi.” affermo perentoria, quando ci raggiungono.
“Ma no, non è questo che volevo dirti!” esclama mia madre alzando la voce.
Prima che io possa rispondere, interviene Marco.
“Calma, calma, che Lottie finisce per mettersi a piangere!”
Già, peccato che la piccola sia completamente rapita dal maresciallo, che ha iniziato a parlottarle come fa ogni volta che la vede.
Mia madre richiama la sua attenzione, invitandolo a dirci il motivo del loro arrivo.
“Sì, giusto. Abbiamo trovato la casa perfetta per voi!” esclama lui.
Io e Marco ci scambiamo un’occhiata incerta. I loro gusti non sono sempre... diciamo, di tendenza. O per meglio dire, ciò che piace a uno non va giù all’altra, in genere.
“Davvero, stavolta dovete venire a vederla, prima di scartare l’opzione a prescindere! Ci possiamo andare nel pomeriggio!” insiste mamma, cercando il supporto nientemeno che di Don Matteo.
“Vale la pena dare un’occhiata!”
Decidiamo di ascoltare il consiglio, poi lui ci saluta e noi due torniamo a dedicarci alla piantina dei tavoli, mentre i nonni coccolano una felicissima Carlotta.
 
Elisa’s pov
 
Io e Nino siamo già arrivati alla casa che vogliamo fare vedere ad Anna e Marco. È una villetta appena fuori dal centro storico, abbastanza grande da poter ospitare comodamente tutti e quattro, ed eventualmente anche nuovi arrivi in futuro. Ha perfino un piccolo giardino: Ines, Carlotta e Patatino avranno uno spazio per poter giocare all’aperto.
 
È perfetta.
Non come le altre case che avevamo visto nei mesi scorsi.
La prima era un appartamento, in pieno centro ma all’ultimo piano. Nino aveva giustamente fatto notare la scomodità della posizione, oltre al fatto che non avesse l’ascensore: e il passeggino di Lottie? Sarebbe stato improponibile!
Per non parlare dell’ultima, che si è liberata perché la signora che ci viveva è morta da poco, ed era per giunta arredata come una villa del Settecento! Non mi interessa se avrebbero cambiato il mobilio. E poi, chi è questa Amanda Valéry di cui parlavano Marco e Nino, che aveva una casa simile? Mah.
Ma stavolta non ho dubbi, è quella giusta. Sono sicura che piacerà anche ai due sposini!
E a proposito degli sposini, eccoli arrivare con Ines e Lottie.
Se anche stavolta hanno il coraggio di dire che non va bene, dopo la faccia che hanno fatto scendendo dall’auto, non rispondo di me! Significherebbe che bocciano le nostre proposte a prescindere!
Ines sta già saltellando perché ha visto il giardino, mentre Marco si osserva intorno con Carlotta in braccio.
“Mamma, ma come lo avete trovato, questo posto?” chiede Anna estasiata, avvicinandosi.
“Lo sapevo, che vi sarebbe piaciuta! E non hai ancora visto l’interno!”
Raggiungiamo Nino, che ci aspetta all’ingresso della villetta insieme all’agente immobiliare.
Lui ci fa (ri)fare il giro delle stanze, e mentre gli altri commentano l’arredamento, io mostro ad Ines quella che potrebbe essere la sua cameretta. Lei è contentissima.
“Nonna, ma è bellissima! Veramente posso avere una stanzetta tutta mia? Così colorata?”
Quest’altro adorabile scricciolo non l’avevo previsto, ma non mi ci è voluto molto ad affezionarmi anche a lei in questi mesi.
Marco e mia figlia hanno preso una decisione non facile, ma se la stanno cavando benissimo. Ammetto di aver pianto, quando la bambina mi ha chiesto se poteva chiamarmi ‘nonna’. Sono felice che abbiano deciso di prenderla in affido. Ha bisogno dell’affetto che una madre e un padre possono darle e, sebbene un papà biologico lo abbia, è evidente che nonostante ciò la prima figura che ha considerato come tale sia stato Marco. Tuttora è così, ogni giorno di più.
Alla fine della visita, ci ritroviamo tutti in salotto.
Nino si è seduto su una poltrona, dicendo di essere esausto - nemmeno avesse corso la maratona! - con Ines che continua a ripetere quanto sia bella questa casa.
L’agente immobiliare ci ha dato qualche minuto per discuterne, lasciandoci soli.
Io mi volto verso la coppia, in attesa di sapere cos’hanno deciso.
“Allora?”
 
Marco’s pov
 
Questa casa è perfetta per noi.
Non avrei mai immaginato che i biscottini avrebbero potuto azzeccare la nostra casa dei sogni.
Dei sogni, appunto, perché tale resterà. È vero che abbiamo bisogno di un appartamento più grande, ma i soldi - nonostante entrambi svolgiamo una professione che ci permette una vita più che dignitosa - non crescono sugli alberi. E una villetta così, in questa zona di Spoleto, di sicuro non costa poco.
“È bellissima mamma, ma... non credo possiamo permettercela, al momento,” risponde Anna che, come me, ha pensato all’aspetto economico della faccenda.
Elisa, però, solleva una mano rivolgendosi a me.
“Tu, Marco, cosa ne pensi?”
“Condivido quello che ha appena detto Anna... è splendida, ma temo costi un po’ troppo.”
“Non faccia il genovese tirchio, Lei,” esclama Cecchini dalla poltrona, con Ines accomodata in braccio.
“Non è questo, maresciallo, davvero. Ci sono spese, e spese da sostenere. Non siamo più soltanto noi due, dobbiamo pensare per quattro...” replico, cercando di essere ragionevole.
Ma Cecchini sorride.
“Per vostra fortuna, questa casa non vi costerà nulla.”
Io e Anna ci scambiamo uno sguardo perplesso, prima di tornare a lui e mia suocera, che prende la parola.
“Se pensate che questa sia la casa giusta per voi, allora è vostra. Sarà il regalo per il vostro matrimonio.”
Noi restiamo senza parole mentre lei continua a spiegare.
“Non avete voluto niente per queste ‘nuove’ nozze, da parte di nessuno degli invitati. Avete chiesto a tutti di essere presenti e basta, per il vostro giorno, ma nessuno ha accettato di partecipare a mani vuote. E, visto che hanno chiesto a noi, abbiamo avuto l’idea di fare una... piccola raccolta, racimolando una parte della somma. Il resto, lo metteremo noi due. Dopotutto, come quella volta in cui pensavo che tu e Giovanni vi doveste sposare, ti avevo detto che avrei rinunciato a quel viaggio che volevo fare... ecco, è arrivato il momento.”
“Esatto,” continua il maresciallo, “E io ho già trovato un nuovo acquirente per l’appartamento in cui abitate voi per ora, quindi è già tutto sistemato.”
Elisa si avvicina ad Anna, prendendole le mani, mentre lei è ancora incredula.
“Noi abbiamo avuto molti scontri, negli anni, sul fatto che tu volessi fare carriera e rinunciare al resto. Eppure eccoci qui, a cercare la casa giusta per te e la famiglia che hai saputo crearti senza dover rinunciare a nulla. Tra una settimana, sposerai un uomo che non è perfetto, ma che ti ha amata fin dal primo istante, quell’uomo che quel giorno, in piazza, ha avuto il coraggio di dirmi di amare mia figlia perché era diventata una donna meravigliosa, e io non me n’ero accorta. Già allora sapevo che oggi sarebbe arrivato, che mi sarei trovata qui con voi a dirvi quanto io sia felice per ciò che avete saputo costruire insieme. E donarvi questo nido d’amore, anche se vi sembra troppo, in realtà è nulla rispetto alla gioia che spero porti con sé. Che è la stessa che noi, ed Eugenio, proviamo nel vedervi insieme, così innamorati.”
La mia fidanzata sta ormai piangendo da un po’, e non esita a ricambiare l’abbraccio caloroso di sua madre.
Cecchini, che tiene Ines per mano, mi si avvicina dandomi una pacca sulla spalla, mentre Lottie dorme beata tra le mie braccia.
“Grazie...” riesco solo a dire dopo qualche istante. So che capiranno lo stesso, nonostante la mancanza di parole.
Mentre il maresciallo e mia suocera raggiungono l’agente immobiliare per concludere l’affare, io, Anna e le bambine rimaniamo da soli nel salotto della nostra nuova casa.
Anna ha preso in braccio Ines, guardandosi attorno stupita prima di voltarsi verso di me, gli occhi ancora lucidi e un sorriso enorme sulle labbra.
Abbiamo trovato il nostro posto nel mondo.
 
Anna’s pov
 
Sono passate le cinque del pomeriggio quando rientriamo dalla visita alla villetta.
Fatico ancora a crederci, che le nostre famiglie e i nostri amici abbiano fatto a me e Marco un regalo del genere.
Non volevamo nulla, perché convinti di avere già tutto ciò di cui avevamo bisogno. Eppure, dopo esserci sempre dedicati agli altri, loro hanno deciso di ricambiare, facendo perfino più del dovuto.
Stiamo riaccompagnando Ines in canonica, dove lasceremo anche Lottie mentre saremo al corso prematrimoniale.
Natalina si è gentilmente offerta di occuparsene, visto che mia madre aveva un altro impegno.
La sto giusto ringraziando, mentre lei è intenta a preparare il caffè.
“Oh, non c’è bisogno, non c’è bisogno... almeno così me la posso spupazzare un poco, ‘st’angioletto,” esclama, mentre Marco chiacchiera con Pippo.
Il sagrestano e la perpetua sono un po’ matti, ma sono sempre stati molto disponibili e carini anche con noi. Battibeccano sempre, ma in fondo si vogliono bene.
Ecco, si stanno beccando anche adesso, perché Natalina afferma che Pippo spaventa Lottie con le sue presunte facce buffe.
A interromperli arrivano Sofia e Jordi, che ci ringraziano per l’invito al matrimonio. Era il minimo che potessimo fare, ormai canonica e caserma sono una grande famiglia.
“Dotto’, forse è meglio che ‘ndate al corso pe’ ‘l matrimonio, so’ quasi le 18, so’,” ci informa il sagrestano a un certo punto, dopo un’occhiata all’orologio appeso alla parete.
“Ma lo state rifacendo?” ci chiede Sofia, dubbiosa. “Lo avevate già seguito... cos’è, siete stati bocciati, la prima volta?” ironizza, facendoci ridere.
Marco, come suo solito, deve avere sempre l’ultima battuta.
“Al corso prematrimoniale no, ma ricordo bene la telefonata della mia catechista, che diceva che mi avevano bocciato e non potevo fare la cresima coi miei amici... Mi è toccato il corso di recupero, ma alla fine son riuscito a rimettermi al passo giusto in tempo...”
Io non posso non ridere, sebbene conosca questa storiella a memoria. Gli altri stanno ridendo come dei matti tenendosi lo stomaco, con estrema soddisfazione del mio fidanzato.
Tipico Marco!
Raggiungiamo Don Matteo in chiesa. Lui ci attendeva già all’ingresso, le altre coppie non sono ancora arrivate, così dopo un sorriso ci chiede se la sorpresa di mia madre e del maresciallo ci sia piaciuta.
Avrei dovuto immaginarlo, che lui lo sapesse!
Lui sa sempre tutto.
Sebbene, come ha sottolineato Sofia, sia la seconda volta che seguiamo il corso, ascoltare il parroco parlare è sempre piacevole.
Ma davvero, Anna?
Dai, Vocina, non esageriamo!
Ormai non è così strano, sentirmi parlar bene di lui. Certo, potrebbe ficcare meno il naso nelle indagini, ma a parte ciò, non ho più il timore che voglia plagiare il mio fidanzato per farlo diventare prete.
Anche perché... Marco, prete e santo mi pare estremamente difficile, possa diventarlo.
Hahaha! Buona questa!
Terminato l’incontro, restiamo a parlare con Don Matteo per qualche minuto.
“Pronti, per domenica?” ci chiede, una volta soli.
“Onestamente? Non vediamo l’ora,” risponde Marco, euforico.
“Già... sa, Don Matteo, forse quel passo falso, l’anno scorso, era necessario sul nostro percorso, visto a cosa ci ha portati,” aggiungo io, accennando un sorriso.
Lui annuisce.
“Hai ragione, ogni cosa succede per un motivo. È stata una prova, come le altre che avete dovuto affrontare da quando vi conoscete. E siete riusciti a superarla... insieme. In fondo, dovevate soltanto trovare la strada giusta.”
Sorrido alle sue parole: ricordo ancora il suo discorso, nel furgone in cui ci hanno chiusi quella volta, quando ero convinta che sarei morta. Mi aveva insegnato che ognuno deve cercare la propria strada, e che per poter perdonare gli altri per gli errori commessi, bisogna prima perdonare se stessi. E questo ho fatto, nel corso della mia storia con Marco. Solo così ce l’abbiamo fatta... e la prossima meta di quel percorso è l’altare, di fronte al quale ci troviamo adesso.
“Anche se ci incontreremo di certo nei prossimi giorni, vi do comunque appuntamento qui, domenica prossima!” afferma lui, salutandoci.
Torniamo in canonica a prendere Lottie e, dopo aver salutato Ines (non vedo l’ora di averla sempre a casa con noi), rientriamo al nostro appartamento.
 
Marco’spov
 
Ogni mattina, alzarsi sembra un’impresa.
Le notti insonni si fanno sentire, eccome. Però, ogni volta che il pianto della mia Carlotta mi sveglia, non posso fare a meno di pensare a quanto io sia fortunato.
Dopo anni, ho trovato la pace e la serenità che, crescendo, a me sono mancate per molte ragioni diverse, tanto che avevo una paura terribile anche all’idea di crearmi una famiglia.
Ero convinto che sarebbe stato impossibile, per me. Che non sarei stato capace, che non fossi tagliato a fare il marito e soprattutto il padre. Avevo il terrore di diventare come mio padre - non necessariamente tradendo, ma trascurando chi avrei dovuto porre al centro della mia vita. Oltre alla convinzione che non sarei stato in grado di affrontare un’altra storia con nessuna donna, perché non avrei potuto più fidarmi, col rischio di essere buttato da parte perché non ero l’ideale.
Eppure eccomi qui, a pochi giorni dal matrimonio con la donna della mia vita, e papà di una creatura d’amore, che tengo in braccio con estrema cura e attenzione, quasi fosse fatta di cristallo e potessi farle male stringendo di più, anche se so che non è così. Uno scricciolo che mi scalda il cuore, così come una signorinella peperina che presto accoglierò in casa con Anna e Lottie.
 
Seppur con la cera da zombie - c’è poco da fare, Sara ha ragione a fare battute - sto andando in tribunale a lavorare.
Sono appena sceso dalla moto e sto togliendo il casco, quando noto ai piedi della scalinata che porta all’ingresso dell’edificio una figura familiare: Giovanni.
Mi avvicino mentre lui è intento a parlare al telefono, e riesco a cogliere una frase prima che chiuda la chiamata.
“Ah, Lina, per domani sera va bene... Sì, sì, sono riuscito a liberarmi... Perfetto... Allora a dopo, amore.”
Un sorrisetto si fa strada spontaneamente sulle mie labbra.
Lui si volta, accorgendosi di me.
“Marco, ciao!” mi saluta, venendomi incontro. “Quanto tempo!”
È abbastanza ironico, incrociarci proprio adesso. Non ci vediamo da quasi un anno, credo, il che è strano perché sono sicuro che lui sarà venuto più volte qui a Spoleto, ma evidentemente i nostri impegni non coincidevano.
Nel corso degli anni il rapporto tra noi è cambiato, e anche per via del lavoro abbiamo sotterrato l’ascia di guerra. Abbiamo perfino scoperto di avere molte cose in comune. Certo, definirci ‘amici’ è troppo, ma buoni colleghi sì, e la cosa mi fa piacere.
Ricambio il suo saluto.
“Non volevo origliare, ma... ho sentito bene? Hai detto ‘Lina’ e ‘amore’ nella stessa frase?” chiedo, curioso, con una chiara allusione alla sua telefonata.
Giovanni fa un sorriso imbarazzato.
“Sì, ecco... ci siamo ritrovati qualche mese fa, e... insomma, credo che Anna, all’epoca, non avesse torto,” ammette. “Ah, a proposito di Anna... alla fine, i suoi dubbi sulla gravidanza erano fondati, o...?”
Io gli rivolgo uno sguardo stupito.
“Come fai a saperlo?”
“In realtà è stata una coincidenza,” spiega lui, intuendo la mia incertezza. “ci siamo incontrati quasi un anno fa, ormai, e diciamo che la conosco abbastanza da aver notato la sua inquietudine, e un comportamento piuttosto strano... Senza contare che... lo sai com’è fatta lei, no? Ha cercato di nasconderlo, ma era evidente il sospetto lo avesse.”
Rido alla sua scelta dei termini, e lui fa lo stesso. Proprio quella frase era stata rivelatrice, riguardo al nostro rapporto. Ma ormai è acqua passata.
“Beh, quel sospetto adesso ha tre mesi,” confermo con un sorriso, “e una vocina squillante., soprattutto alle quattro di mattina. Si chiama Carlotta.”
Giovanni spalanca gli occhi.
“Ma che bello! Sono contento per voi, veramente...” si congratula in tono sincero.
“Grazie. Non è l’unica novità, a dire il vero...” gli spiego, raccontandogli brevemente anche di Ines, che lui stesso ha avuto modo di conoscere passando dalla canonica, e delle nozze imminenti.
“Era ora!” ride lui, “Non capisco perché abbiate aspettato tanto, per sposarvi, davvero. Sono stupito.”
Io corrugo le sopracciglia.
“In che senso?”
“Beh, credo sia normale... Cioè, chiunque abbia avuto modo di conoscervi e interagire con voi, ha capito che sareste finiti insieme. Era evidente fin dai tempi in cui ci contendevamo il cuore di Anna, se così si può dire, perché in realtà non c’è mai stata partita. Quella sera al bar, anche se teoricamente frequentavi Chiara, non so se te ne sei reso conto ma non hai fatto altro che rimproverarmi per aver scelto il seminario, senza soffermarmi a guardare chi avessi accanto. E avevi ragione, me l’ero fatta scappare... per citare il maresciallo, il mio ‘biglietto’ era scaduto da un pezzo, perché Anna si era innamorata di te, e tu di lei. Lo sapevo, ma non volevo ammetterlo. È stata dura, accettare il suo rifiuto, ma ho capito che non avrebbe potuto essere altrimenti. Per questo ero convinto che vi sareste sposati subito, ecco. Non mi avrebbe stupito, trovarvi marito e moglie dopo appena un anno.”
Sorrido al suo racconto. In effetti è ciò che ci hanno sempre detto tutti, da anni. Solo che noi, all’epoca, non volevamo rendercene conto e, per la paura di ferire gli altri e ferirci a vicenda, stavamo sacrificando la nostra felicità per le persone a cui volevamo più bene.
Forse è anche per questo che adesso tutti ci stanno donando a loro volta questo affetto incondizionato, e hanno insistito per partecipare all’acquisto della nostra casa.
Giovanni mi riporta alla realtà facendomi notare che si sta facendo tardi.
“E devo anche incontrare il Procuratore Santonastasi, per conoscerlo,” afferma lui, accigliato.
“Ti accompagno,” propongo. “Devo andare anch’io a parlare con la Procuratrice.”
Lui mi rivolge uno sguardo stupito.
Dopo qualche passo, ridacchio, mentre mi torna in mente un aneddoto.
“Hai fatto la stessa faccia che ho fatto io, quando ho scoperto che il mio nuovo capo era una donna,” gli spiego, e lui ricambia con un’altra risata.
“Probabilmente anche il maresciallo Cecchini avrà fatto lo stesso, quando ha incontrato Anna per la prima volta.” commenta.
“Onestamente? Da quello che mi risulta... ha fatto peggio.”
 
Anna’s pov
 
Queste giornate che anticipano la primavera sono una manna dal cielo.
Non sono abituata a stare tutto il giorno in casa, e il clima mite di metà marzo mi permette di uscire più spesso con Carlotta, adesso.
Visto che Marco oggi è impegnato tutto il giorno al tribunale, sono andata a prendere Ines a scuola e mi sono concessa un pranzo con le mie bimbe e il mio cagnolone.
Adesso siamo al parco, e mentre Ines è impegnata a giocare con alcuni suoi amichetti che ha incontrato poco fa, io mi sono seduta su una panchina poco distante, con Patatino accoccolato ai piedi della carrozzina in cui Lottie dorme beata.
Sicura che Ines sia ben sorvegliata da mamme e tate varie, mi godo qualche attimo di pace, le urla dei bimbi che giocano l’unico suono che si sente, unito al canto degli uccellini.
D’un tratto, Patatino si alza di scatto, iniziando ad abbaiare.
“Shhh, Patatino... buono,” cerco di calmarlo, prima che svegli la piccola.
Come non detto.
Lei si mette a piagnucolare e, nonostante i miei tentativi di tranquillizzarla, sono obbligata a prenderla in braccio ridandole poi il ciuccio che aveva buttato quando aveva iniziato a piangere, attaccandolo al bavaglino.
Il cane si quieta, ma mantiene lo sguardo fisso sul fondo del vialetto.
Solo in quel momento noto una figura esile e dai corti capelli biondi avvicinarsi, trascinata nella nostra direzione da un cagnolino di piccola taglia che tiene al guinzaglio. Sembra che sia lui a portare la padrona e non il contrario.
Quando la donna è ormai a pochi metri di distanza, i miei sospetti su chi fosse vengono confermati: Federica, la ex di Marco.
L’ho vista giusto un paio di volte e sono passati anni, ma non è cambiata di una virgola: ha sempre quell’aria di superiorità che anche allora mi aveva colpita, e non mi rivolge nemmeno uno sguardo, dedicandosi immediatamente al mio cane.
“Ciao, Patatino! Mi spiace constatare che tu ti sia dimenticato in fretta della tua prima padrona...” asserisce.
L’animale inclina il capo, prima di voltarsi verso di me e fare uno strano verso, quasi a dirmi, “E ora che vuole, questa?”, poi torna accanto a me e Lottie, guardingo.
Mi verrebbe quasi da ridere alla sua reazione, se non fosse per la tensione nell’aria.
Federica sposta lo sguardo da Patatino a Carlotta, adesso tranquilla tra le mie braccia.
“Però... ne abbiamo fatta di strada, dall’ultima volta che ci siamo viste,” esclama, dimostrando che anche lei mi ha riconosciuta benissimo.
Noto i suoi occhi velarsi per un attimo di malinconia nell’osservare la bambina: non c’è bisogno di dirle che sia figlia di Marco, l’ha già capito da sola.
Ma dura tutto pochi istanti, poi i suoi occhi si stringono in un’espressione dura.
“Beh, se non altro, alla fine la cameretta che avevo realizzato nella villetta vi tornerà utile,” continua con una risata sprezzante.
Io le rivolgo uno sguardo obliquo.
“Non viviamo lì,” obbietto, “non era il posto giusto per noi, quello. Anche perché, visto che siamo in argomento, è da folli organizzare il proprio futuro nei minimi dettagli per poi mandarlo all’aria da soli.”
Lei sembra colpita, forse non si aspettava la mia risposta, ma la sua replica mi lascia interdetta, e non poco.
“In fondo, ti invidio, sai?” ammette semplicemente, dopo qualche istante passato a fissarmi, “Perché tu hai tutto quello che io avevo desiderato quattro anni fa, da poter condividere con un uomo che ho lasciato perché non lo amavo. Mi sembra stupido nasconderlo, ormai. Forse ho sbagliato nei modi e nei tempi, e rovinargli ancora di più la vita perché non si era presentato in chiesa non è stata una grande mossa, questo sì, ma io e Marco non avremmo mai potuto percorrere la stessa strada.”
Si avvicina ancora di un passo, tentando di allungare la mano verso Carlotta, di nuovo sonnecchiante e appoggiata contro il mio petto, il pugnetto stretto intorno al colletto della mia giacca. Patatino però inizia inaspettatamente a ringhiare.
Lei la tira indietro, sorpresa. Poi riprende a parlare.
“Non invidio la tua vita con lui, no. Invidio il tuo essere madre. Perché avrei tanto voluto due bambini - un maschio e una femmina - e invece non sono arrivati. Nonostante le cure, i tentativi... niente. Non ho avuto figli e forse non ne avrò mai, a questo punto. Magari è colpa del karma, chi lo sa, per quello che ho fatto a Marco. Non lo amavo, ma non si meritava il male che gli ho inferto, anche se adesso è troppo tardi anche solo per dirglielo.”
Io l’ho ascoltata senza dire nulla, perché sinceramente non saprei cosa ribattere.
La donna che ho davanti ha contribuito in maniera determinante a distruggere le poche certezze che ancora resistevano per il mio futuro marito, quelle certezze che lui aveva impiegato anni a ricostruire, dopo i traumi dell’infanzia. Ma lei lo aveva tradito, e per Marco era stato come rivivere la storia dei suoi genitori da capo.
Non posso provare compassione per Federica, nonostante lei mi abbia appena confessato la sua debolezza più grande.
Non le auguro il male, non potrei mai, anche perché ci sono molti altri modi per essere madre e non solo mettere al mondo un bambino, come ho già detto a Sara, ma non posso essere triste per una persona che ha fatto a Marco solo del male, per di più con il suo migliore amico.
Un doppio tradimento che non può essere perdonato.
Come si suol dire, parli del diavolo, e spuntano le corna.
Un fuoristrada si ferma fuori dall’ingresso del parco, suonando il clacson per attirare l’attenzione di Federica.
Quando abbassa il finestrino, non mi sorprende vedere Simone Castagnati seduto al posto del guidatore.
Anche a distanza, i suoi occhi spalancati indicano che mi ha riconosciuta.
Io ci presto poca attenzione, perché quel suono improvviso ha svegliato nuovamente Carlotta, che adesso ha iniziato a piangere.
Patatino scatta in piedi, abbaiando in direzione dell’auto.
Sembra quasi voglia difenderci, e Marco aveva ragione: lui è rimasto fedele al suo padrone.
Federica torna per un attimo a guardarmi.
“Ti direi di non ferirlo come ho fatto io, ma mi sembra evidente sia superfluo farlo. Gli hai dato più di quanto non abbia mai fatto io,” afferma alludendo a nostra figlia e, probabilmente, anche all’anello di fidanzamento che porto all’anulare sinistro.
Fa un ultimo cenno, poi mi volta le spalle, andando via senza aggiungere altro.
 
Dopo l’episodio di pomeriggio, ho deciso di accontentare Ines, che mi ha pregato di poter restare a dormire da noi come fa sempre più spesso. Tanto che ormai una parte dei suoi vestiti sono sistemati in un angolo del mio armadio.
Così, di ritorno dal parco, siamo passate dalla canonica per informare Natalina e Don Matteo del cambio di piani, per poi tornare a casa.
Adesso, Lottie ha appena finito la sua poppata e dorme nella sua culletta, mentre Ines sta facendo i compiti in salotto.
Sono le 18 quando Marco, finalmente, rientra.
Saluta ‘le sue donne’, come ha iniziato a chiamarci, dicendomi che penserà lui a preparare la cena, dopo la doccia.
La mia protesta serve a poco.
Resto quindi seduta sullo sgabello in cucina, ad osservare come la casa, dal vuoto di quelle settimane, in questo stesso periodo dello scorso anno, si sia riempita così tanto in poco tempo.
Sorrido, ripensando a quando Cecchini in caserma disse a Marco di non commettere il suo stesso errore di fare solo figlie femmine.
Per uno strano scherzo del destino, in casa adesso si ritrova circondato da donne.
“Ehi, cos’è quel sorrisetto?” chiede curioso il mio fidanzato, riemerso dal bagno dopo una meritata doccia rigenerante.
“Stavo pensando a quanto sia fortunata,” ammetto.
Lui fa uno sguardo furbo.
“Ad avere me come futuro marito?” chiede, impedendomi poi di ribattere baciandomi all’improvviso.
Abbandono l’intenzione di replica senza pensarci due volte, passandogli le braccia intorno al collo per averlo più vicino.
Lui si allontana un po’ troppo presto per i miei gusti.
“Se vogliamo cenare, stasera, devo pur riuscire a preparare,” mi spiega ragionevolmente, dopo il mio verso di dissenso.
Annuisco, restando ad osservarlo mentre lui si destreggia tra i fornelli.
 
Quando capisco cosa sta cucinando, mi viene da ridere: è la prima cena in assoluto che abbiamo condiviso, risotto e gamberi.
Ironia della sorte proprio questo piatto, oggi che hai incontrato la sua ex. Proprio questo, che stava preparando quando ti ha detto perché non si era sposato.
“Ah, sai, stamattina in tribunale ho incontrato Giovanni,” mi dice lui all’improvviso, ricordandosi. “Ti saluta.”
Okay, non è più ironico... è inquietante.
“Anch’io pomeriggio ho incontrato... Federica, al parco,” ammetto, incerta, raccontandogli della reazione di Patatino.
Marco, a sentirla, scoppia a ridere.
“Si merita una doppia pappa, allora!” asserisce, affrettandosi a portargliela.
Prima di tornare ai fornelli, però, si ferma a sistemare la copertina di Lottie, che dorme nella sua culletta vicino al divano, e accarezza la guancia di Ines, che gli rivolge un sorrisone sdentato (ha perso un altro dentino qualche giorno fa) prima di tornare con l’attenzione alla tv.
Sorrido ai gesti di Marco: gli viene proprio spontaneo, fare il papà.
Lui riprende il suo posto in cucina, iniziando a raccontarmi del suo incontro con Giovanni, e io faccio lo stesso col mio con Federica.
Nel mentre, Ines ha spento la tv, sbuffando perché non ha trovato niente che le interessasse. Dopo aver gironzolato per la stanza, torna a sedersi sul divano con un album di foto in mano, chiedendomi se può sfogliarlo.
Al mio assenso, inizia a girare le pagine chiedendomi di tanto in tanto spiegazioni, per cui decido di raggiungerla, sedendomi accanto a lei mentre Marco continua a cucinare, pur seguendo il nostro discorso.
Dall’album, a un certo punto, cadono due foto, probabilmente incollate male.
Ines si affretta a raccoglierle, scrutandole poi con cipiglio confuso.
“Dov’eravate, qua?” mi domanda.
Le osservo: sono due selfie.
“Non mi ricordavo nemmeno di averle stampate, queste,” commento, accigliata. Ci siamo solo io e Marco, ritratti. “Non eravamo nemmeno fidanzati, qui.”
“No?” chiede la bimba, interessata.
“Mh-mh,” confermo. “In quella che hai in mano tu adesso, eravamo ad Acquasparta... te la ricordi?” chiedo a Marco con una risatina.
Lui mi risponde con un sorrisetto.
“Eccome se me la ricordo, quella gita!” afferma. “Era domenica, è stata una delle prime uscite che abbiamo fatto insieme, al solo scopo di migliorare il nostro rapporto lavorativo. Il che, ovviamente, era una scusa bella e buona, perché io volevo uscire con te e basta, altro che lavoro!” esclama, facendomi ridere. “Anche se... il venditore di rose doveva essere un indovino, sai? Mi chiese se volevo comprarne una per la mia fidanzata...”
“Non che il violinista al bar scherzasse,” aggiungo, divertita, “si è messo a suonarci una canzone d’amore!”
Ines ci osserva curiosa.
“E quest’altra?” domanda, riferendosi alla seconda foto che tengo in mano io.
“Ah, questa non è un selfie, avevo visto male. Ce l’ha scattata Chiara, eravamo all’interno di un labirinto,” le spiego, sorridendo al suo sguardo incantato. “Vuoi conoscere la leggenda del principe e le due principesse?”
“Sì, sì, sì!” esclama Ines, avvicinandosi di più a me e mettendosi ad ascoltare più attentamente.
“Marco, ma tu ti sei sentito come quel principe, a visitare il castello? Visto che c’era Anna, con te? È la tua principessa,” gli chiede lei, voltandosi a guardarlo, curiosa.
Io però lo precedo nel rispondere.
“Beh, in quel momento non ero io, la ‘sua principessa’, ma Chiara.”
Ines mi osserva con tanto d’occhi.
“Non ci credo! Forse si era solo confuso, ma era innamorato di te. Si vede da come ti guarda nella foto,” afferma, seria.
Marco scoppia a ridere dalla cucina.
“L’ho sempre detto, che tu sei troppo furba per me!” esclama, prima di correre da lei e iniziare a farle il solletico, con lei che si dimena, in preda alle risa, chiedendogli di smettere.
Rido con loro.
Non vedo l’ora che queste serate diventino quotidianità.
 
È un bellissimo mercoledì primaverile, sebbene la stagione non sia ancora ufficialmente iniziata.
Mi sto preparando, con Carlotta e Ines, per passare la giornata fuori con zia Chiara e Sara.
Né io né Marco volevamo un vero addio al nubilato e celibato, per più di un motivo, ma in famiglia si sono messi tutti d’accordo perché almeno uno dei giorni antecedenti al matrimonio lo passassimo con i nostri amici.
Così alla fine abbiamo optato per oggi, e mentre io andrò a fare shopping e poi a cena fuori (si capisce, che ha organizzato tutto mia sorella nei minimi dettagli?), Marco passerà la serata con gli amici della caserma e Pippo a vedere la partita della nazionale alla saletta del pub.
Sono le 14 quando Chiara e Sara si presentano alla mia porta.
Ines è su di giri, non vede l’ora di poter portare a casa il suo vestitino per il nostro matrimonio.
Passa troppo tempo con tua sorella. Ci manca solo che Chiara abbia intenzione di trasformare anche lei in una fashionista, e siamo a posto.
Carlotta dorme, ma Chiara afferma che si sta solo riposando in vista della grande giornata con le zie.
Inutile dire che mia sorella, ovviamente, ha preteso che girassimo quasi tutti i negozi del centro perché aveva bisogno di fare compere a prescindere, per recuperare tutto ciò che le serve per il matrimonio - compresi gli accessori per il suo nuovo vestito. Sì, teoricamente avrebbe potuto indossare quello che aveva acquistato l’anno scorso, ma si è rifiutata categoricamente di farlo perché nel frattempo lo ha usato per un’altra ricorrenza.
Deve fare solo l’ultima prova, come Sara e Ines. Io, invece, il mio abito ce l’ho già, ed è proprio quello che avevo scelto prima, devo solo passare in atelier per riprovarlo, più tardi, quando ci raggiungeranno anche mia madre e Assuntina.
L’ho portato a sistemare, perché è rimasto chiuso nell’armadio per un anno, e qualche perlina si era staccata. Adesso però è di nuovo a posto, e sono tutte in fermento perché lo indossi di nuovo.
Sono incredibilmente tornata al mio peso precedente la gravidanza, quindi per fortuna non sono state necessarie grandi modifiche.
L’abitino per Lottie, invece, lo stiamo acquistando adesso, non potendolo prendere in anticipo per ovvi motivi. Mia sorella li aveva bocciati tutti, tranne quello che le ho proposto io dopo un po’. Me la segno sul calendario, decisamente.
Adesso mi sto dedicando alla mia piccolina, mentre Ines esce dal camerino con addosso il suo vestitino giallo. È adorabile, sembra una bambolina.
Chiara caccia un urlo soddisfatto, al che Carlotta riprende a piangere dopo l’inutile tentativo di mia sorella di tapparsi la bocca in tempo. Per fortuna mia figlia si calma in fretta, e Ines ci raggiunge sul divanetto in attesa che anche Chiara e Sara facciano la loro uscita con gli abiti che stanno provando.
A un certo punto, sento ridacchiare mia sorella.
“Ehi, Anna, ti ricordi che questo è lo stesso negozio in cui siamo venute per prendere il mio vestito per la laurea?”
“Sì, certo che mi ricordo.”
“E anche il discorso che ti ho fatto, su quanto io stessi bene con Marco, quanto fosse diverso con lui, e quanto volessi diventare più simile a te?”
Sara fa capolino dalla tenda del suo camerino, un’espressione sbigottita sul viso.
“Ho capito bene? Marco stava con te?” chiede a Chiara, che risponde affermativamente.
“Già! Assurdo, vero?”
“Io l’ho detto ieri sera,” interviene Ines, tranquillissima, “stava con te ma era innamorato di Anna... si vedeva da quelle foto che abbiamo visto!”
Chiara si affaccia, con uno sguardo perplesso alla bambina.
“Grazie per la grande considerazione che hai di me, Ines!”
Allo “scusa” della piccola, scoppiamo tutte a ridere.
“No, dai, scherzavo,” continua mia sorella, “hai ragione, sai? Era davvero chiaro a tutti, cosa ci fosse tra Anna e Marco, tranne a loro due, e quando mi sono messa in mezzo ho solo peggiorato le cose. Abbiamo finito per mentirci a vicenda, pur di non ferirci, ma davvero... non sarebbe mai durata, tra me e Marco. Il panda si sarebbe stancato presto della geisha... altro che soddisfare i suoi desideri: in cucina sono un disastro, di fuorigioco e calcio continuo a non capirci niente e odio auto e moto da corsa. E soprattutto, non mi chiamo Anna.”
Ridacchio, mentre lei e Sara emergono dal camerino.
“Belleeee!” esclama Ines, e ha proprio ragione. Sono bellissime entrambe.
Finalmente anche loro sono a posto, per l’abbigliamento.
Mentre ci incamminiamo verso l’atelier, con Lottie che fa versetti felici nella carrozzina, Sara si informa sul nostro passato triangolo amoroso.
A parlarne adesso viene normale riderci su, ma all’epoca ci stavo molto più male di quanto non riuscissi ad ammettere.
“Comunque sei stata un’ottima attrice,” commenta mia sorella, “perché inizialmente non mi ero accorta della tua gelosia.”
Le rivolgo uno sguardo sconcertato.
“Dai, è impossibile! Cioè, ti ricordi quando siamo state a casa di Marco per via dei tarli-”
“-I miei poveri maglioni di cashmere umbro, che rischio hanno corso!” mi interrompe lei, lamentandosi.
“...sì, a parte i tuoi maglioni di cashmere... Non è possibile, che quella notte in cui sei scesa da Marco, in cucina, hai creduto alla scenetta con cui vi ho interrotti, dicendo che il maresciallo non respirava!”
Mia sorella si ferma di botto.
“Cioè, tu hai messo su quel teatrino per impedirmi di baciarlo?” mi chiede, sconcertata. “Beh, in effetti avrei dovuto sospettarlo, col senno di poi. Ma sul momento me la sono bevuta eccome, ipocondriaco com’è lui...”
Sara scoppia a ridere.
“Ti sei lasciata fregare perfino tu!”
Mentre camminiamo, di punto in bianco mia sorella si blocca davanti a un negozio di biancheria intima, richiamando me e Sara con lei davanti alla vetrina.
“Che c’è, ancora? Se non ci sbrighiamo, arriveremo in ritardo alla mia prova dell’abito.”
“Sì, sì, certo, ma questa cosa mi era sfuggita. Non puoi non comprare la biancheria intima per la prima notte di nozze, certi dettagli non vanno trascurati!”
Io mi sento avvampare, certa di essere arrossita a livelli inimmaginabili perché, ovviamente, mia sorella non ha certo parlato a voce bassa.
Sara non ha perso tempo a tappare le orecchie di Ines, che ci osserva confusa, la testolina tra le mani della mia amica.
Alla fine l’ha spuntata Chiara, obbligandomi a comprare la mise secondo lei fondamentale per il matrimonio.
Penso che il rossore abbia preso residenza stabile sulle mie guance, ancora peggio quando mia sorella ci tiene a raccontarmi un aneddoto passato.
“Sono venuta qui, in vista dell’Umbria Jazz Festival di quella sera, quando ci sono andata con Marco. Purtroppo inutilmente... peccato, era bello quel completino,” aggiunge, con un’occhiata divertita a me. Si becca una gomitata, ovviamente.
“Ehi! È del mio futuro marito, che stiamo parlando!” la rimbecco scherzosamente.
“Beh, i risultati mi sembrano evidenti, no?” mi fa notare, alludendo a Carlotta.
“In effetti...” mormoro, al che lei scoppia a ridere, abbracciandomi.
 
Finalmente arriviamo in atelier, mia madre ci attendeva già qui con Assuntina da qualche minuto.
Porgo Lottie a mamma, lasciando tutte ad aspettare mentre Chiara mi accompagna per aiutarmi a indossare l’abito.
Sta tirando su la zip, davanti a uno specchio, come il giorno in cui era lei ad osservare il suo look per la laurea e io che l’aiutavo, solo a ruoli invertiti.
Noto che mia sorella ha gli occhi lucidi, così mi volto per abbracciarla.
Quando mi scosto, faccio per uscire dalla stanza ma lei mi blocca.
“Aspetta un attimo,” mi dice. Io mi fermo per ascoltarla.
“Di sicuro oggi non è stato l’addio al nubilato che avrei voluto organizzarti, perché per ovvie ragioni tutto è stato più contenuto,” spiega, ridacchiando alla mia espressione, imbarazzata al solo pensiero. “Sarò ripetitiva, forse, ma dicevo davvero quella volta, quando ti ho detto che avrei voluto essere come te. Tu hai tutto: un lavoro che adori, un uomo e una famiglia che ti rendono felice. Mentre io sono la solita casinista, che pensa solo a divertirsi e fare shopping, e la relazione più lunga che ho avuto è stata proprio con l’uomo che tu stai per sposare. Per il resto, ho conosciuto solo caproni, e mamma probabilmente ha ragione a pensare che non cambierà mai niente. Ma sono fortunata, perché ho una sorella come te, che ci sei sempre stata quando ho avuto bisogno, e che stavi perfino sacrificando la tua felicità per me, rinunciando a tutto quello che hai adesso. E sinceramente, ho aspettato il momento che sta per arrivare dal giorno in cui mi sono fatta da parte. Non c’è nessuno più di te che si merita questo amore da fiaba.”
Dire che sono commossa è poco.
“E io ti ho sempre detto che tu sei molto di più di quello che credi, e non sarei qui senza di te. Sono convinta che anche per te arriverà il momento in cui si realizzerà la fiaba da principessa che sognavi quando io volevo essere Zorro... ma non devi mai pensare di cambiare, perché non saresti tu, senza i tuoi pregi e i tuoi difetti. A Lottie, e non solo, zia Chiara piace proprio perché è fatta così.”
Asciugate le lacrime, raggiungiamo le altre nel salone.
Nel vedermi, mia madre non esita a definirmi una dea, come fece quel giorno in cui ‘giocavo a Barbie sposa’, per citare Marco.
Assuntina, Sara e Ines mi hanno accolta con un “wow” che mi fa arrossire di nuovo, ma la reazione più bella la ricevo da mia figlia.
Mi avvicino per prenderla in braccio.
“Tu che ne dici, Lottie? Ti piace?” le chiedo, e lei mi risponde con un sorriso e un versetto gioioso che mi riempie il cuore.
Dev’essere proprio l’abito giusto, se è piaciuto anche a lei.
Dopo aver lasciato l’atelier, facciamo ancora una passeggiata, in attesa che arrivi l’ora di cena per raggiungere il ristorante.
 
Marco’s pov
 
Alle 20 in punto, Cecchini suona il campanello di casa mia, informandomi che è pronto e possiamo andare.
Dopo una lunga giornata al lavoro, sono rientrato in tempo per portare Patatino a fare la sua passeggiata (al rientro ho perfino incontrato le donne della mia famiglia, organizzate a loro volta per passare il pomeriggio con Anna), per poi prepararmi e andare a vedere la partita al pub con gli amici, il mio ‘addio al celibato’. Il maresciallo è stato categorico su cosa si potesse e non potesse fare, a tal proposito, perché il danno lo stavo già per fare un anno fa e non si doveva assolutamente rischiare.
E io concordo con Cecchini, meglio la partita, sorvegliati.
Arrivati alla saletta, ci sono già tutti: Ghisoni, Barba, Zappavigna e anche Pippo. La partita inizierà intorno alle 20.30, così nell’attesa ordiniamo da bere e qualcosa da mangiare. Stiamo chiacchierando quando Barba rievoca vecchi ricordi. In effetti, non ci avevo pensato: siamo nello stesso posto in cui circa quattro anni fa, ci eravamo ritrovati a vedere un’altra partita della Nazionale, mentre l’allora appuntato era a cena con Anna, Assuntina, Cecchini e sua moglie Caterina.
“È vero! Quando il maresciallo aveva finto di detestare il calcio per ingraziarsi il Capitano, ma si era fatto sgamare in fretta!” rido.
“Ha ragione Lei, non era stata una buona idea fingermi diverso, all’epoca, ma neppure Lei è stato fedele alla sua parola, però,” mi dice lui.
Prendo un sorso di birra, perplesso.
“A cosa si riferisce?”
“Il Marco di quattro anni fa si era rifiutato categoricamente di venire alla cena con la Capitana per andare a giocare a calcetto prima di vedere la partita... Invece ora è un uomo tutto casa e lavoro, e le scarpette da calcetto le ha appese al chiodo! E la Capitana se la sta per sposare.”
Sorrido alle sue parole.
In effetti, non gioco a calcetto da quasi un anno, ormai. Di tanto in tanto avevo fatto qualche partitella con gli amici, anche perché Anna non me lo aveva mai vietato né l’ha fatto dopo... sono stato io a voler smettere, perché nel frattempo molte cose sono cambiate, e adesso ho altre priorità.
“Beh... diciamo che ho capito cosa intendesse qualcuno, quando mi diceva che una volta trovata la persona giusta, avrei preferito passare le serate con lei invece che rincorrere un pallone,” ammetto, ottenendo una risata da parte del maresciallo.
“Sono contento che nel frattempo Lei ha rivalutato le sue priorità, ma io ero convinto fin da subito che vi sareste piaciuti, con la Capitana, anche se lei era esasperante...!” mi rimbecca, alzando le sopracciglia con espressione furba.
Ha una memoria di ferro per le cose sbagliate.
“Non avevo dubbi, che credesse in noi,” gli rispondo comunque, sinceramente grato, “quando non Le ho risposto, quella volta davanti al municipio, quando mi ha chiesto se fossi contento che Anna avesse accettato la proposta di Giovanni, penso di essere stato fin troppo eloquente.”
Lui annuisce.
“Io l’ho sempre detto, il piano G funziona sempre!” esclama a gran voce in modo che lo senta tutta la tavolata, che mormora il suo dissenso in modo non troppo velato. Sì, tutti, almeno una volta, sono stati vittima del piano G di Cecchini.
La partita inizia, e il tifo si accende in fretta.
Mi fermo ad osservare i miei amici divertirsi, sorridendo.
Quando ho accettato il trasferimento a Spoleto, non avrei mai immaginato che avrei potuto trovare degli amici così leali. Eppure è successo, e nonostante gli alti e bassi di questa montagna russa, sono felice di aver vissuto tutto il turbinio di emozioni che mi ha portato fino a qui.
Tra il primo e il secondo tempo, esco a prendere una boccata d’aria con Cecchini.
“Allora, è nervoso per il grande giorno?” mi domanda una volta fuori.
“Non vedo l’ora che arrivi,” replico con un sorriso. “Certo, un po’ di ansia c’è, com’è normale per un evento così importante, ma non vedo l’ora di poter dire che Anna è mia moglie... finalmente.”
Lui mi dà una pacca sulla spalla, ripetendomi quanto sia felice per noi, oltre a esserci grato per ciò che abbiamo fatto per lui negli anni.
Io torno a dirgli che lo abbiamo fatto volentieri, in virtù dell’affetto che si è venuto a creare tra noi, e di ciò che lui per primo ha fatto per noi due.
“E poi, sono contento che sia Lei ad accompagnare Anna all’altare,” aggiungo. “Sono sicuro che anche Carlo, ovunque sia, sarà felice di vedere che sua figlia ha trovato qualcuno su cui contare, e che è riuscito a colmare il vuoto che lui ha lasciato.”
Cecchini alle mie parole si commuove, abbracciandomi.
Una volta tornati dentro, riprendiamo a vedere la partita.
L’Italia vince, ma io sarei stato felice in ogni caso, stasera.
 
Oggi è il mio giorno libero dal lavoro, e meno male. È finalmente arrivato il momento di traslocare le prime cose nella nuova casa.
Mentre sono intento a caricare alcune scatole in auto, ecco che mi si avvicina la signora Serena.
Ahia, vi siete dimenticati di dirle che andate via! Dopo anni passati a infastidirvi, ora che era felice per l’arrivo di Lottie, voi ve ne andate!
Lei sembra particolarmente calma, quest’oggi.
“Allora avevo immaginato bene, avete deciso di trasferirvi in una casa più grande, ora che la famiglia si è allargata. Ho sentito un’altra vocina squillante di tanto in tanto provenire dall’appartamento. La bimba della canonica.”
Io sono sul punto di risponderle per scusarmi se qualche volta l’abbiamo disturbata, ma lei riprende a parlare.
“Avete fatto la scelta giusta, c’è bisogno di più spazio. Mi ricordo ancora quando, con il mio amato marito, avevamo cercato la casa dove ancora abito, per la nostra famiglia.”
La signora inizia un lungo monologo fatto di ricordi, e mi dispiace interromperla. Sarà stata anche una rompiscatole, ma negli anni ci siamo affezionati a lei, e dalle sue parole traspare tanta tristezza e solitudine... forse le sue soap opera a quello servono, a colmare quel vuoto. I suoi figli, in quattro anni, li abbiamo visti venire poche volte, mentre il marito era già scomparso da tempo, quando io ho ottenuto il posto qui.
“Ma Lei ha da fare, mi dispiace se l’ho ammorbata col mio discorso,” dice poi, interrompendosi.
Io però scuoto la testa.
“Ma no, è stato piacevole chiacchierare con Lei... Le dirò, anche a noi dispiace lasciare l’appartamento in cui abbiamo costruito tanti ricordi, ma come ha detto anche Lei, la famiglia si allarga e la casa si fa sempre più piccola. E Le confesso che ci mancherà, signora Serena... ma non lo dica alla signora Lucia, che poi dice che facciamo preferenze!” scherzo.
Lei mi stringe la mano.
“Lo può dire, che sono stata una grande rompiscatole, è la verità!” esclama. “Ma è stato bello ‘occuparmi’ di voi in un certo senso. Siete simpatici, anche voi mi mancherete molto. Sarà strano non sentir piangere la bambina.”
“Non si preoccupi, i nonni abitano ancora qui, quindi torneremo spesso. Anzi, qualche volta dovrà venire a cena da noi.”
Lei annuisce.
“Non vedo l’ora di sentire Carlotta, e Ines che arriva correndo per salutarmi.”
“Adesso la devo salutare,” mi scuso poi, “devo darmi una mossa, gli scatoloni nella casa nuova, non ci arrivano da soli.”
Lei mi lascia andare, salutandomi a sua volta.
 
Quando giungo alla villetta, sembra sia scoppiata una bomba.
Trovo tutti gli amici della caserma, della canonica e la nostra famiglia, che si alternano a portare dentro pacchi, scatole, e mobilio vario.
Elisa, da organizzatrice seriale qual è, controlla che tutto si svolga secondo le sue direttive. Anche i quadri, guai che non siano appesi come dice lei. Il povero Ghisoni è da mezz’ora che posta la stessa tela in giro per il salotto, finendo per doverla piazzare esattamente dov’era all’inizio.
Anna sta sistemando alcune cose in cucina, mentre Lottie dorme tranquilla nel passeggino, ignara della confusione attorno a lei. La culla è ancora al vecchio appartamento, dove resteremo comunque fino alla mattina del matrimonio.
Chiara è seduta sul divano intenta a limarsi le unghie, quando mia suocera va a rimproverarla perché non aiuta. Lei sbuffa, dicendo di essersi appena seduta a riposarsi cinque minuti (la mia fidanzata mi informa, esasperata, che non è vero, perché è accomodata lì da mezz’ora), prima di cedere e alzarsi per andare a sistemare roba in bagno. Io mi aggiro per la casa, portando gli scatoloni nelle varie stanze, e trovo Ines, in quella che sarà la sua cameretta, intenta a dare ordini a Pippo su dove mettere le cose.
“Stai attento con la mia chitarra!” lo avverte in tono minaccioso, “Me l’ha regalata il mio tatuatore quella, non la rompere!”
Io rido, unendomi a loro.
“Attento, Pippo, che la ragazza è tosta,” scherzo, indicando Ines, che corre ad abbracciarmi.
“Lo so, lo so che è gagliarda, ‘sta ragazzina!” esclama, prima che lei torni a rimproverarlo perché si distrae invece di lavorare.
“Me pare Natalina, quanno fa così,” commenta il povero sagrestano, proprio mentre la perpetua entra in casa accompagnata da Don Matteo.
“E men’ male, l’ho istruita bene, ‘sta bella bambina,” gli risponde a tono lei.
Han portato il pranzo per tutti, sapendo che non avremmo avuto il tempo di preparare nulla.
Io e Anna la ringraziamo, ma lei si schernisce, dicendo che non ha fatto niente di che.
Mentre parliamo, arriva un urlo dal bagno. Scappo a vedere cos’è successo, trovando il povero Zappavigna piegato in due che si tiene la schiena, mentre Cecchini lo rimprovera perché aveva rischiato di rompere la lavatrice che stava portando.
“Stai bene, Zappa?” gli chiedo preoccupato, e lui annuisce.
“Sì, sì, solo un po’ di mal di schiena. Non volevo assolutamente rompere nulla...”
“Non fare il ruffiano che non serve!” lo rimbrotta il maresciallo, dandogli un’altra manata.
“Ora però prendetevi una pausa, Natalina e Don Matteo hanno portato il pranzo per tutti!”
 
Anna’s pov
 
Nel pomeriggio, il trasloco continua.
Ma avevamo davvero tutta questa roba, nel vecchio appartamento? Sembra non finire più.
Sono seduta in giardino ad allattare Lottie. Lei ha la precedenza su tutto, per cui mi son dovuta fermare.
Le sfioro una guancia, inspirando il suo profumo di neonata. A volte mi sembra impossibile, che sia davvero qui. Sembra ieri, che avevo paura di fare il test di gravidanza, e invece è già nata, e non potrei essere più felice del suo arrivo.
Ines sta giocando poco distante con Patatino, mentre Marco continua a scaricare roba dall’auto.
Proprio adesso sta rientrando in casa con uno scatolone in una mano, e un altro oggetto di mia conoscenza nell’altra.
“Ehi, guarda che per il pouf non c’è posto, in casa,” esclamo scherzosamente, attirando la sua attenzione.
Lui consegna la scatola a Barba, avvicinandosi a me con quel coso ancora stretto tra le dita.
“Sarà anche passato un anno, ma il mio discorso resta sempre valido,” mi informa. “Questo ‘sacco di polvere’, come lo chiami tu, mi ha permesso di capire che mi ero innamorato di te, per cui in casa ci resta. Piuttosto, chiediamo a Cecchini e Zappavigna di togliere la lavatrice.”
Io scoppio a ridere, rischiando di disturbare Lottie.
Lei, invece, continua a mangiare indisturbata.
Marco si abbassa per baciarmi, prima di accarezzare la testolina della nostra bimba con un sorriso.
“Ha un sacco di fame, eh?” scherza, per poi tornare a fare la spola tra la casa, l’auto e il nostro vecchio appartamento.
Decidiamo di interrompere i lavori verso le 18 per riprendere domani, così magari riusciamo a riposarci un po’ tutti.
Anche perché Lottie ultimamente è più tranquilla, meglio approfittare delle ore di sonno che ci concede.
 
Marco, in accordo con Sara, ha preso le ferie per questi due giorni prima del matrimonio, e la settimana prossima.
Il viaggio di nozze lo abbiamo rinviato a quando sarà possibile, ma abbiamo pensato di visitare qualche paese qui vicino nelle prossime settimane, con Ines e Lottie.
Per questo però c’è tempo, per il momento siamo ancora alle prese con il trasloco. Mia madre ha accettato di occuparsi di mia figlia per qualche ora, così che io e Marco potessimo dedicarci a sistemare la roba che solo noi sappiamo dove mettere, mentre Ines è a scuola.
Quando scendiamo dall’auto, parcheggiata appena fuori dal cancello, vediamo arrivare verso di noi una moto.
Una gran bella moto, direi.
Il centauro parcheggia vicino a noi, prima di togliere il casc rivelando la sua identità.
Sergio.
Ci saluta, ma noi siamo ancora intenti a fissare il suo mezzo di trasporto.
“Non l’ho rubata, eh. L’ho comprata.” ci informa, intuendo i nostri dubbi. “L’anno nuovo ha portato novità anche per me. Ho pensato molto a quello che mi avete detto, e ho deciso di provare davvero a riprendere in mano la mia vita. Ho trovato un lavoro, in un’autofficina appena fuori Spoleto, e anche un monolocale in cui stare. È in periferia, ma è il meglio che posso permettermi e per il momento è più che sufficiente.”
“Hai fatto più in tre mesi che in un intero anno,” scherzo, e lui ride.
“Sono venuto per vedere se ci sono novità con gli assistenti sociali,” ci dice poi. “Ieri sono passato per caso da questa strada, e ho visto che eravate impegnati col trasloco... immaginavo vi avrei trovati qui.”
Marco annuisce.
“Sì, hanno accettato di allentare la presa, come già sai. Provvederò a informarli che adesso hai un lavoro e una casa più stabile, magari la loro considerazione su di te potrebbe migliorare, ma hai ancora parecchia strada da fare.”
Sergio abbassa il capo, comprendendo.
“Certo, capisco... grazie comunque per tutto quello che state facendo, e... volevo... chiedervi se posso tenere Ines per un giorno, qualche volta. So che vi chiedo tanto, però...” azzarda.
Io e Marco ci consultiamo con un solo sguardo, come facciamo spesso.
In realtà, di questa cosa avevamo anche parlato, sia noi che con gli assistenti sociali.
“Beh... domenica ci sposiamo, però se vuoi, visto che Ines sarebbe comunque rimasta in canonica per qualche altra sera, dopo il ricevimento potremmo proporle di andare a trovare il suo papà nella nuova casa,” commento, e lui sembra illuminarsi.
Marco gli punta un dito contro.
“Vedi di non fare cavolate, però, ché stiamo facendo più del dovuto.”
Sergio, per la prima volta, non mette su il suo solito sorrisetto sbruffone o l’atteggiamento strafottente di sempre. Invece, porge la mano a Marco, affermando che non ci deluderà.
Osservo i due uomini studiarsi per qualche minuto, poi il mio futuro marito accetta di stringergli la mano.
“Ho già combinato fin troppi guai da quando vi conosco, e voi invece avete sempre cercato di aiutarmi, anche quando altri, per molto meno, non lo avrebbero fatto. So che vale poco, ma vi chiedo scusa per tutti i casini che ho combinato, e... Vi auguro un felice matrimonio. E... sono contento che abbiate voi Ines in affido, almeno sono sicuro che crescerà bene, anche quando io non potrò ancora starle accanto.”
Detto questo, ci saluta e va via.
Io e Marco restiamo a guardarlo fin quando scompare dalla nostra vista in sella alla sua moto.
Le mie dita si intrecciano a quelle del mio fidanzato, e lui si volta a guardarmi.
“Sono orgogliosa di te,” mormoro, “e per tutto ciò che stai facendo per Ines.”
“È solo merito tuo,” replica però lui, passando il braccio libero intorno alla mia vita. “Se sono diventato l’uomo che sono oggi, è solo grazie a te, perché insieme abbiamo perso delle cose, ne abbiamo prese altre, siamo cambiati, e siamo arrivati qui, insieme. Ed è stata la cosa più bella che mi potesse capitare. Tu sei la cosa più bella che mi potesse capitare,” sussurra, prima di baciarmi.
Ci godiamo questo momento tutto per noi. Non ci capita più tanto spesso, di riuscire a restare da soli. Non che ci dispiaccia, ma ogni tanto è piacevole poterci ritagliare qualche minuto per noi due.
Io, però, da mente razionale quale sono, interrompo la magia ricordandogli che non abbiamo tanto tempo, perché Carlotta non resisterà a lungo con la nonna, e senza la sua mamma.
“Uhm,” commenta Marco con un sorrisetto divertito, “è lei che ha bisogno di te, o tu di lei?”
“Che domande sono?” gli chiedo, fingendomi scandalizzata. “... io di lei, ovviamente,” replico, prima di correre in casa senza lasciargli il tempo di ribattere.
Colgo la sua risata alle mie spalle, prima di rimetterci a lavoro.
 
Nel pomeriggio, Marco ha finito di portare le ultime cose nella nuova casa. Nell’appartamento è rimasto lo stretto necessario per poter affrontare l’ultimo giorno qui. Io sono rimasta insieme a Lottie, perché lei, dopo il nostro rientro in mattinata, si è rifiutata categoricamente di lasciarmi andare, scoppiando a piangere ogni volta che tentavo di metterla nella carrozzina.
Da una mezz’oretta, però, ha accettato di lasciarsi prendere da zia Chiara senza fare troppe storie.
Sono appena passate le 20 quando sento il rumore familiare di un’auto parcheggiare sotto casa: sono Marco e il maresciallo che tornano dalle ultime sistemazioni nella villetta. Hanno portato anche la culla, così che sarà pronta per domenica, mentre Lottie dormirà nel porte-enfant.
Patatino scalpita per la sua passeggiata da un po’, ma io non sono potuta uscire con lui per via di Carlotta. Vorrei poter lasciar riposare Marco, ma il nostro cucciolone ha necessariamente bisogno di fare il solito giro, così afferro il guinzaglio e lo porto giù, per informare il mio fidanzato.
Mia madre si affaccia però alla finestra, dicendomi di accompagnarlo e concedermi anch’io una pausa, che Lottie si è appena addormentata e se avranno bisogno di noi, ci chiameranno.
Io accetto con estrema riluttanza. Sto scoprendo giorno dopo giorno che non è affatto semplice, separarmi da mia figlia anche per un minuto.
Interviene Chiara.
“Godetevi gli ultimi momenti da fidanzati, ma evitate di litigare per favore,” ci dice. “Manca poco, e Marco di matrimoni saltati ne ha già due. E il detto ‘non c’è due senza tre’ fa schifo, a meno che non si parla di nipotini... Dopo Ines e Lottie, ci potete pensare!”
Le faccio un gestaccio mentre il mio fidanzato se la ride, prima di porgermi la mano e metterci in marcia con Patatino.
 
Marco’s pov
 
Io e Anna abbiamo deciso di fare il nostro percorso preferito per le passeggiate in notturna: la strada che porta al Ponte delle Torri.
Stiamo chiacchierando del più e del meno, come la prima volta che abbiamo fatto questa stessa via da fidanzati, e Anna mi sta appunto ricordando come quella sera non la smettessi di fare le mie solite battute, quelle che credo facciano ridere ma non è così.
Mi fingo offeso.
“Se non sbaglio, però, tu ridi sempre!” le faccio notare, provocandole una risatina.
“Certo che... chi l’avrebbe mai immaginato che saremmo arrivati a questo momento. Quanta strada abbiamo fatto.” commento poi.
“Io non ci avrei scommesso un euro, quando Cecchini mi ha detto che mi saresti piaciuto, quella mattina in piazza,” risponde Anna, “ma mi sono accorta che era già tutto cambiato quella sera a bordo piscina, quando quello scemo di Lupo Dossi ci ha provato con me. Mi sono resa conto quanto tu fossi diverso da tutti gli altri... e quanto stessi bene, insieme a te.”
Io le rivolgo uno sguardo stupito.
“Beh... mi sono scoperto terribilmente geloso, quella sera,” rido, “e confermo che quel vestito ti stava bene. Bene bene bene bene...”
Anche alla tenue luce dei lampioni, noto il suo rossore, proprio come quella volta. “E visto che siamo in vena di ricordi, mi è appena tornata in mente un’altra cosa... Avevo già capito che era stato inutile, credere che avrei potuto smettere di pensare a te, accettando le avance di tua sorella, ma quella sera al drive-in avevo avuto la conferma che non ero l’unico, ad essermi innamorato, tra noi due... e se quel dannato cellulare non avesse squillato nel momento meno adatto, al rientro, finalmente ti avrei baciata. Sapevo che, in quel caso, non sarebbe stato un gesto dettato dall’istinto, come il primo che ci eravamo dati.”
Sento le dita di Anna stringersi di più attorno alle mie.
“Certo... avevamo un ottimo motivo. Avevamo appena trovato il nostro posto nel mondo.”
Siamo quasi giunti al Ponte, quando noto la mia fidanzata rabbrividire.
Sciolgo le nostre dita per togliermi la giacca e appoggiargliela sulle spalle.
“Grazie... però così finirai per prendere freddo tu,” obbietta, ma io scuoto la testa.
“Non preoccuparti, io sto benissimo.”
Decidiamo di fermarci nella piazzetta che dà una vista spettacolare sul Ponte delle Torri illuminato. Patatino si siede tranquillo ai nostri piedi, come sempre.
Dopo qualche istante di silenzio, le faccio una domanda che mi frullava in testa da tempo.
“Pensavi davvero che il nostro primo bacio fosse stato un errore, come mi avevi detto?” le chiedo. “Ci conoscevamo ancora poco, è vero, e probabilmente non sarebbe cambiato comunque nulla, però... Non avevo mai voluto tirar fuori l’argomento, ma ora che stiamo ripercorrendo i ricordi della nostra storia, sono curioso.”
Anna abbassa lo sguardo, sorridendo prima di rispondermi.
“Non l’ho mai pensato davvero, anzi. Quella sera, dopo anni, avevo sentito di nuovo le farfalle allo stomaco. Sì, anni,” ripete, davanti alla mia espressione sorpresa, “anche se io e Giovanni ci eravamo lasciati da poco. Non c’era già più nulla, ma era difficile ammetterlo. E avevo una paura folle per ciò che avevo iniziato a provare per te. Ma non ho mai pensato fosse uno sbaglio.”
Come quella sera, siamo uno di fronte all’altra.
Abbiamo appena ripercorso tutti quei ricordi in cui un bacio avrebbe potuto cambiare tutto e suggellare i nostri sentimenti molto prima. Ma, proprio in virtù di ciò, credo non ci sia finale migliore per porre rimedio a quegli istanti mancati, se non recuperare ora.
Le scosto una ciocca di capelli che le è scivolata davanti al viso.
“Ti amo,” le sussurro, per poi baciarla. Le sue braccia scivolano attorno al mio busto, e percepisco il suo sorriso contro le mie labbra.
È un momento perfetto.
Se ci fosse ancora Cosimo, direbbe che è una cosa schifosissima. Ma io sono Grillo, per cui... fate pure.
 
Domani è il grande giorno.
Sono nervoso, ma non per il matrimonio in sé, anzi per quello sono elettrizzato. Non vedo l’ora, davvero, di essere con lei sull’altare e pronunciare finalmente il nostro ‘sì’.
È altro, a preoccuparmi.
Lo sto confessando proprio adesso alla mia Lottie, che tengo in braccio e che con le manine cerca di tirarmi la barba: mio padre non si è ancora fatto vedere.
Non sarebbe la prima volta che diserta le mie nozze, in realtà: a quelle con Federica non si è presentato, ma in effetti non ci sono andato nemmeno io. Al ‘primo’ matrimonio con Anna, che comunque è stato rinviato, non ci sarebbe stato in ogni caso. E ora... beh, magari arriva, ma non capisco perché stia aspettando l’ultimo minuto per presentarsi.
Le cose tra noi sono migliorate, e di molto anche, però ultimamente latita. Dopo Capodanno è sparito, è riapparso i primi di febbraio per venire a trovare Lottie per poi andarsene di nuovo.
Anna sostiene che magari si stia facendo vedere poco per lasciarci il tempo di adattarci alla nuova realtà e non essere un peso, tra l’organizzazione del matrimonio e la bambina. Senza contare il fatto che, in un certo senso, si senta ancora ‘di troppo’ rispetto agli altri. Io spero abbia ragione lei, però non riesco a non essere preoccupato.
Mentirei se dicessi che non ci tengo, ad averlo presente, stavolta più che mai.
“Dimmi, amore di papà, anche tu sei preoccupata per il nonno che non si fa vedere?” mormoro, mentre lei mi porta alle labbra le sue manine, sulle quali poso un bacetto. Fa un versetto a mo’ di risposta, facendomi sorridere.
Resto incantato ad ammirare il mio angioletto, totalmente stregato, e dimenticando per un po’ tutto il resto che non sia lei.
 
Quasi lo avessi invocato, nel pomeriggio mentre sono in piazza, sento il suono familiare di un clacson che attira la mia attenzione.
C’è mio padre, e non è da solo: con lui, in un autobus che lo segue, ci sono anche i miei parenti dalla Liguria.
Non riesco a credere i miei occhi.
Ero convinto non sarebbero venuti nonostante l’invito, come l’anno scorso - sì, sembra un vizio di famiglia, ma da quando è morta mia madre i rapporti con loro, per via di mio padre, si erano raffreddati parecchio e io non ero più riuscito ad avvicinarli - e invece ci sono tutti.
Si sono fermati per un breve saluto e per conoscere Anna e Carlotta, poi sono andati in hotel a sistemarsi.
Mio padre invece si è fermato per qualche ora a casa da noi, e io l’ho osservato interagire con Lottie per tutto il tempo in cui è rimasto.
Come padre non è stato un granché, ma come nonno devo dire che se la cava piuttosto bene.
Lo sto riaccompagnando alla sua macchina.
Siamo fuori casa, quando mi decido a prendere la parola.
“Per un po’ ho temuto non ti saresti presentato neanche stavolta,” ammetto, e lui fa una smorfia.
“È comprensibile, visto quante volte ti ho deluso.”
Sembra sul punto di darmi una spiegazione scientifico-psicologica sul perché mi sentissi così, ma lo blocco dicendo di non provarci nemmeno, a fare uno dei suoi giochetti.
Lui alza le mani in segno di resa, prima di ridere.
“Sono felice che tu sia qui, papà.”
“Anch’io. E ammetto che non pensavo saremmo stati in grado di recuperare il nostro rapporto, perché veramente mi sembrava troppo tardi.”
“Se non fosse stato per Anna, probabilmente no,” replico, d’accordo con lui. “Lei è la parte migliore di me, l’unica persona che in punta di piedi e con pazienza ha saputo entrarmi dentro e farmi ragionare, senza mai obbligarmi a fare nulla. È tutta la mia vita.”
Mio padre sorride.
“Si vede quanto Anna ti faccia stare bene, e non mi sorprende sapere che proprio lei sia riuscita ad avventurarsi con successo su quella strada che nessuno aveva osato battere. Ti avevamo sempre tutti forzato, io per primo, e lo so bene. Anche con la tua carriera.”
“Vero, ma non sono più arrabbiato per questo, anzi. Alla fine, è stata proprio quella tua imposizione a farmi diventare un PM e, di conseguenza, a farmi incontrare Anna.”
Lui ridacchia.
“Allora, alla fine qualcosa di buono l’ho fatta anch’io! Pur essendo stato un disastro come padre...”
“Fai ancora in tempo a recuperare, come ti ho detto quella mattina,” ribadisco, convinto, “e comunque come nonno sei già molto più in gamba.”
Lui mi dà una pacca sulla schiena, ma io non mi accontento, abbracciandolo.
Quando ci separiamo, lui mi stringe di nuovo le braccia.
“Sono molto fiero dell’uomo che sei diventato.”
 
Sono le 21.
Sono in garage, seduto sui sedili posteriori del maggiolino, insieme ad Anna, mentre Lottie è con Cecchini e mia suocera.
Anna ha voluto decorare da sola l’auto, in vista del matrimonio, e abbiamo passato l’ultima ora ad attaccarci sopra fiocchi e nastri, così che domani mattina sarà pronta per portarla in chiesa.
Lei adesso ha la testa appoggiata sulla mia spalla, lo sguardo che passa in rassegna ogni dettaglio, soddisfatta del proprio lavoro.
Ora è veramente tutto pronto.
Attorciglio una ciocca dei suoi capelli ramati attorno al mio dito.
“Sei nervosa per domani?”
Lei scuote appena la testa.
“Non sono agitata... solo, non mi ricordo più se dovrò rispondere ‘sì’ o ‘no’, a Don Matteo...” commenta con fare pensieroso, un luccichio giocoso negli occhi verdi.
So che sta scherzando, così le reggo il gioco.
“Dipende da cosa vuoi.”
Anna si volta a guardarmi, scostandosi appena.
“Voglio sposare l’unico uomo che, nei miei sogni, è stato in grado di sostituirsi a mio padre per il primo ballo, al mio matrimonio.”
“Allora la risposta te la ricordi...” mormoro con una piccola risata.
Lei porta una mano tra i miei ricci, avvicinandomi a sé.
“Hai ragione, è vero. Sono pronta a dire il primo di duemila ‘sì, lo voglio’,” asserisce, prima di baciarmi.
La stringo contro il mio petto, contando gli istanti che ci separano da domani.
 
Sono già in chiesa con Elisa da quasi un’ora, per accogliere gli invitati, in attesa che arrivi l’ora che Anna ci raggiunga. Lei, nel frattempo, è a casa con Sara e Chiara, le bambine e Cecchini.
Dopo aver salutato tutti, mia suocera mi tira in disparte, con la solita delicatezza che la contraddistingue.
 
“È successo qualcosa? C’è qualche problema?” le chiedo, leggermente in ansia.
“Ma no, va tutto bene. Volevo solo parlarti un attimo.” mi tranquillizza, aggiustandomi il bocciolo di rosa bianca nel taschino.
Mi capita spesso di parlare con lei, in effetti, ma non credevo volesse farlo anche oggi, e soprattutto non ora, così.
“Sai, non pensavo che avrei mai riprovato le emozioni del mio matrimonio con Carlo. È stato il giorno più bello della mia vita, insieme a quelli della nascita delle mie figlie... nonostante il tradimento, nonostante ciò che è successo dopo e che tu sai bene. Eppure, sono emozionata come quel giorno. Non scherzavo, quando dicevo ad Anna che temevo non si sarebbe mai sposata perché gli uomini li avrebbe fatti scappare a causa della sua divisa. Ma è cambiato tutto quando ho conosciuto te. Quel giorno, in piazza, mi hai aperto gli occhi. Mi hai fatto capire che non era il lavoro che mia figlia svolge, o il suo essere una donna sicura di sé il problema... molto semplicemente, non aveva ancora trovato l’uomo giusto. Ma quell’uomo giusto è arrivato, e io l’ho guardato dritto negli occhi, proprio in quella piazza davanti alla caserma, mentre mi diceva che dovevo amare mia figlia esattamente per com’era, perché non era niente male. E sono orgogliosa, oggi, di poter definire quell’uomo mio genero. Certo, non è impeccabile, ha i suoi difetti,” scherza, facendomi ridere proprio perché ha ragione, “ma rende felice la mia Anna più di quanto sia mai riuscito a fare chiunque altro. Ed è questa, l’unica cosa che un genitore vuole per i propri figli. Desidero augurati il meglio, per la vostra vita insieme, e sono sicura che farai di tutto per rendere felici lei e le vostre figlie. Anche Ines è come se lo fosse, in verità... per voi, come per lei. Ci tenevo a dirtelo.”
Riesco solo a mormorare un “grazie” per le sue splendide parole. Mi sono anche lasciato sfuggire qualche lacrima, lo ammetto, che mia suocera ha prontamente asciugato come una madre farebbe col proprio figlio. Avere il suo appoggio, a prescindere da tutto, per me è importante.
Ci abbracciamo, prima di tornare dagli altri.
Adesso sono in piedi davanti all’altare, in attesa della mia sposa.
 
Anna’s pov
 
Finalmente è arrivato il giorno del mio matrimonio con il mio Marco.
Sono a casa, sto finendo di prepararmi per la cerimonia.
Mi guardo intorno: c’è Ines che sta parlando ininterrottamente con Chiara da un quarto d’ora, mentre lei la pettina, c’è Sara, che sta ultimando il mio leggerissimo make-up, e poi c’è Lottie, che ha finito da poco la sua poppata e adesso è in braccio a Cecchini intento a raccontarle una delle sue strambe storielle, con lei che risponde con dei versetti.
Il maresciallo è già pronto, deve solo indossare la giacca e il cappello, a completare la divisa. È in alta uniforme, ovviamente. Sta attenendo che sia pronta io, così da andare in chiesa.
Quando Chiara termina l’acconciatura di Ines, che corre da Cecchini per ascoltare anche lei la favola, mi accompagna nella camera da letto, per aiutarmi a indossare il mio abito da sposa.
Una volta fissato al suo posto anche il velo, esco dalla stanza per trovare il maresciallo, adesso vestito di tutto punto, ad attendermi in piedi in salotto.
Mi rivolge uno sguardo fiero e felice, prima di aiutarmi a scendere le scale del palazzo, con mia sorella che mi dà una mano col vestito mentre Sara tiene mia figlia in braccio e Ines le saltella accanto.
Mi aiutano a salire sul maggiolino, con Cecchini al mio fianco, mentre mia sorella e la mia amica prendono con sé Lottie e Ines per andare in chiesa con un’altra auto.
Il tragitto fino a Sant’Eufemia è breve, ma mi è sembrato eterno per via del silenzio che lo ha occupato.
Giunti lì davanti e scesi, fermo Cecchini prima che possa entrare.
“Non mi dica che ci ha ripensato!” si preoccupa subito lui.
“Certo che no, Le pare?” rispondo. “È che Lei mi è sembrato strano, non ha detto niente da quando siamo partiti da casa.”
“Va tutto bene, sono semplicemente rimasto senza parole. Aveva ragione Sua madre, quando ha detto che assomigliava a una dea,” afferma.
Sorrido, ripensando a quel giorno in atelier di tre anni fa.
Il suo tono, quando riprende a parlare, si fa più confidenziale.
Solo adesso mi sto rendendo davvero conto di quanto la sua presenza sia importante per me.
“Come ho detto quella volta, per me è un onore accompagnarla all’altare, stavolta per davvero. E sono convinto, anche se mi sto ripetendo di nuovo, che Suo padre è sicuramente orgoglioso della donna che è diventata, e di tutto quello che ha fatto per arrivare a questo momento. E... spero non sarà geloso, se dico che anche io lo sono. In questi anni, è riuscita a colmare prima il vuoto che aveva lasciato Patrizia, e poi ha fatto di tutto per riempire anche quello lasciato da mia moglie Caterina, facendomi conoscere Elisa. So quanto ha sofferto, quando pensava di aver perso la Sua occasione con Marco perché Sua sorella era stata più intraprendente, e quanto ha lottato contro la Sua parte più razionale quando Le hanno offerto quel lavoro in Pakistan... Ma ora, per fortuna, tutti questi momenti di sconforto stanno per lasciare il posto a un futuro che sono convinto sarà radioso per Lei, per Marco e la vostra famiglia. Oggi è il giorno in cui Zorro dimostrerà di essere una principessa, senza bisogno di abbandonare la sua maschera. Perché è proprio quella che la rende unica.”
Io a questo punto ho gli occhi colmi di lacrime, ma cerco di trattenermi in tutti i modi.
“Se piango, mia sorella mi uccide perché si rovinerà il trucco,” gli dico scherzando, con la voce che trema.
Abbraccio forte il mio ‘papà Cecchini’, perché è questo che è per me, lui: un padre.
“Pronta a entrare?” mi chiede, quando ci separiamo.
Annuisco.
 
Quando giungo sulla soglia della chiesa di Sant’Eufemia, le note della marcia nuziale riempiono l’aria mentre tutti si alzano in piedi, voltandosi a guardarmi.
Stare al centro dell’attenzione non mi piace, ma in questi instanti non ci faccio nemmeno caso: i miei occhi hanno già trovato quelli di Marco, in piedi davanti a Don Matteo, in attesa che io lo raggiunga.
Sento qualcuno commentare quanto io sia bella oggi, e sarà anche vero, ma di certo il mio fidanzato non scherza. Quel completo blu gli sta benissimo.
Quando arriviamo all’altare, Marco solleva il velo davanti al mio viso, posandomi poi un bacio in fronte mentre lo sento sospirare al contatto.
Cecchini gli porge la mia mano, augurando a entrambi una vita bellissima insieme, prima di prendere posto accanto a mia madre.
Incrociamo lo sguardo della nostra famiglia per un attimo, per poi rivolgere l’attenzione verso Don Matteo.
La cerimonia ha inizio.
Quando il parroco chiede se ci sia qualcuno che voglia opporsi alla nostra unione, nel silenzio della chiesa si sente solo la vocina di Carlotta, intenta a parlottare al carillon che ha appeso alla carrozzina. I nostri invitati, così come me e Marco, ridacchiano quando interviene Ines.
“Shhhh, Lottie!”
A quel punto, Don Matteo è pronto per le promesse nuziali.
Ci rivolge un sorriso.
“Anna, vuoi accogliere Marco come tuo sposo, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita?”
Mi accorgo di essere rimasta in silenzio solo perché sento la mia Vocina mettersi a strillare nella mia testa.
ANNA, DEVI DIRE ‘SÌ, LO VOGLIO’! PRONTO?!?! CAPITANO ANNA OLIVIERI, QUELLO DAVANTI A TE È IL PM MARCO NARDI, L’UOMO CHE DEVI SPOSARE! ANNA!!
“Sì, lo voglio,” esclamo infine, mentre sento i presenti rilasciare un sospiro di sollievo.
 
Marco’s pov
 
L’esitazione di Anna mi ha portato via dieci anni di vita.
Al suo ‘sì, lo voglio’, ho sentito il cuore riprendere a battere a ritmo più o meno regolare.
Adesso, Don Matteo si rivolge a me, ponendomi la stessa domanda.
“Marco, vuoi accogliere Anna come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?”
Il mio sguardo si fonde in quello di Anna, in quegli occhi verdi in cui mi perdo ogni volta.
Probabilmente anche adesso, perché sento uno strano ronzio in testa.
MARCO? GRILLO CHIAMA MARCO! SVEGLIA!! DEVI DIRE ‘SÌ, LO VOGLIO’! RICORDI, TI STAI SPOSANDO CON IL CAPITANO ANNA OLIVIERI, LA DONNA DAVANTI A TE...? MARCO!!
“Sì, certo che lo voglio. Duemila volte...” dico infine, senza riflettere.
Anna ridacchia sottovoce alla mia risposta, cogliendo il mio involontario riferimento.
Don Matteo sorride, e qualcuno in chiesa si lascia sfuggire una risata, ma poco importa, è la verità.
Sposerei Anna duemila volte, se potessi.  
Io e Vocina ci prendiamo una vacanza dopo ‘sto matrimonio. Quanto siete impegnativi, oh!
Dopo lo scambio degli anelli, Don Matteo ci dichiara (finalmente) marito e moglie.
La chiesa si riempie degli applausi dei nostri invitati, accompagnati da un ‘Viva gli sposi!’ di Pippo e Natalina.
Quando il parroco ci dà il permesso, bacio finalmente la mia sposa.
Mia moglie.
Per la prima volta, Ines non si sta coprendo gli occhi a vederci baciare.
Quando la cerimonia si conclude, corre da noi ad abbracciarci, mentre mia cognata si avvicina con Lottie, porgendola ad Anna. Lei stringe le piccole dita attorno al suo velo, mentre io le sistemo il ciuccio.
Dopo le foto di rito, restiamo tutti e quattro da soli, mentre gli invitati escono per aspettarci all’esterno.
Accompagnati da Carlotta e Ines, usciamo dalla chiesa, dove ci accoglie una cascata di petali bianchi.
Se è un sogno, nessuno mi svegli.
Non osi l’uomo separare ciò che Dio ha unito.
 
Il ricevimento scorre tranquillo.
Il pranzo sembra interminabile, come tutti i matrimoni che si rispettino.
Io e Anna stiamo girando tra i tavoli a salutare gli invitati.
Alla fine, come avevamo già stabilito, zia Carmela è seduta al tavolo delle cugine (compresa Elisabetta e marito - Anna ha ammesso che ha accettato per vendetta), insieme alla signora Serena, la nostra (ex) vicina di casa.
Ma la zia è certamente l’anima della festa.
Sta raccontando barzellette a tutti quelli che passano, e la sua vittima preferita è il povero Ghisoni, che ormai ha perso il conto di quante ne ha sentite.
Riesce a sfuggire alle grinfie della zia solo al nostro arrivo.
Zia Carmela è al settimo cielo nel vederci, e propone un bel brindisi, ma non ci lascia andare prima di aver raccontato una barzelletta speciale anche a noi, dedicandola alla nipote.
Anna vorrebbe scappare, ma io la trattengo, curioso.
La mia sposa alza gli occhi al cielo, fingendosi irritata prima di concedermi un sorriso.
Restiamo lì ad ascoltare, le nostre dita intrecciate.
“Ci sono un prete e un carabiniere...”
Già l’esordio promette male, e Anna è sul piede di guerra. Rido solo a vedere la sua espressione.
“Il carabiniere vuole arrestare a tutti i costi questo prete che tutte le mattine scende a tutta velocità, lungo una discesa, con la sua bicicletta...”
Io scoppio a ridere senza ritegno mentre Anna mi guarda storto. Le cugine mi guardano stupite, senza capire.
“... Il primo giorno, il prete scende, e il carabiniere a 20 metri dal semaforo mette il rosso, ma quello riesce a frenare in tempo. Il secondo giorno, a 10 metri dal semaforo, il carabiniere mette il rosso ma il prete frena di nuovo in tempo. Il terzo giorno, convinto di fregarlo, mette il rosso a un metro dal semaforo ma il prete frena lo stesso in anticipo. Allora il carabiniere lo ferma e fa, ‘Ma come fa a fermarsi sempre prima?’, e il prete, ‘Io viaggio con Dio!’. Il carabiniere, allora, tutto contento, esclama, ‘Ahh, allora ti faccio la multa, in due sulla bicicletta non si può andare!’”
Come se non bastasse ci raggiunge Cecchini, che ha evidentemente sentito l’ultimo pezzo, e commenta, “Ma per caso, il prete si chiama Don Matteo?”
Le risate aumentano, e mia moglie mi dà un buffetto per tentare di farmi smettere.
 
Anna’s pov
 
Ma possibile che zia Carmela debba sempre raccontare barzellette sui carabinieri?! E il maresciallo, che infierisce! Va bene, ormai ho imparato a voler bene anche a Don Matteo, ma così è veramente troppo!
Eddai, Anna, è una barzelletta! Fattela una risata, ogni tanto! Poi, dai, il carabiniere e il prete... era azzeccatissima!
Decido di dar retta a Vocina, lasciando correre. Marco però decide di portarmi via da qui, tirandomi delicatamente per le dita, proprio mentre sento le note di una canzone diffondersi nell’aria.
Ma non è una qualsiasi, no: è la nostra canzone.
Anna e Marco.
Il mio Marco ha un sorriso enorme stampato sul volto, e immagino abbia tutta l’intenzione di dimostrare che, grazie alle lezioni di sua suocera, è diventato un ottimo ballerino.
Dimentico tutto il resto, mentre lui mi stringe a sé per iniziare a ballare.
Mi rendo conto appena che in sala è piombato il silenzio. Io so solo che il mio sguardo è incatenato a quello di mio marito, senza che riesca a distoglierlo, né lo voglia fare.
Perché non esiste altro, in questi istanti, oltre noi due.
Quando la canzone giunge alla fine e Marco mi bacia con una dolcezza che mi fa venire di nuovo il batticuore, la stanza scoppia in un fragoroso applauso. Io non riesco a smettere di sorridere. Mia sorella, perspicace, mi porge Carlotta, e Ines ci raggiunge al centro della pista, saltando in braccio a Marco. Ci scambiamo un sorriso. Non potremmo essere più felici di così.
 
A un certo punto, Ines va via con Sergio, che è venuto a prenderla come da accordo. Ci ha fatto i suoi auguri prima di allontanasi con la bambina.
Chiara, invece, ha passato un sacco di tempo a lamentarsi dopo che Lottie ha rigurgitato sul suo abito, provocando la risata di Sara che ha richiamato l’attenzione di tutta la sala.
Mia sorella non ha apprezzato particolarmente.
Ma a parte questi trascurabili dettagli, è stata una gran festa, che si è conclusa poco fa quando, insieme a Carlotta, abbiamo varcato l’ingresso della nostra nuova casa.
 
Ahhh, Grillo, sono ancora su di giri! Mi sono divertita tantissimo! Peccato che tu non abbia voluto ballare con me!
Cos’è, Vocina, una dichiarazione?
Non ti gasare, ho detto ballo, mica ti ho chiesto di sposarmi.
Ecco, ora ti riconosco. Ma sai che ti dico? Ti preferisco così, anche se mi fai arrabbiare.
Disse quello che sette giorni fa se n’è andato via, offeso, perché gli ho detto che con la faccia che si ritrova, fa spaventare Lottie.
Certo, se fossi un po’ meno diretta nell’esprimere giudizi, non guasterebbe.
Stai cercando di cambiarmi, Grillo? Proprio tu, col padrone che hai?
Il mio padrone è cambiato, alla fine. Di quello che avete incontrato tu e Anna in piazza quella mattina è rimasto ben poco, come sai anche tu.
Questo è vero. Certo, però, quanta strada da quel ‘Capitano Anna Olivieri”...
“Marco Nardi, Pubblico Ministero”... Eccome!
Chissà ora che ne sarà di noi, di Anna e Marco, visto che siamo giunti alla fine...
Quale fine, scusate?
Chi ha parlato? Grillo, ti sei messo a fare le voci strane?
Io veramente non ho detto nulla...
Ho parlato io!
Siamo al colmo, le voci che sentono le voci! Grillo, chiama la neuro, che siamo fritti!
Oh, quale fritti! Chi mi vuole mangiare fritto?!
È un modo di dire, scemo, mica intendevo dire che ci friggono veramente!
La smettete di litigare? Sto cercando di dormire!!
Noi la smettiamo, ma tu chi sei?
Come, chi sono? Lottie!
Ahhhh! Lottie! Ma davvero ci puoi sentire?
Purtroppo, sì.
Ehi!
Sto scherzando, siete simpatici! Ma ora possiamo andare a dormire? Io ho sonno! E tra un po’ avrò fame.
Va bene, va bene, andiamo a nanna. Ma perché prima hai detto che non è la fine?
Perché non lo è... il meglio deve ancora venire!
 
*The end*
 
 
 
Ciao a tutti!!
Oddio, non riesco a crederci, siamo giunti al termine di questa avventura, iniziata per gioco con Martina, di “Don Matteo 12 - 2.0”, causa insoddisfazione circa l’originale.
È stato super divertente progettare di volta in volta gli episodi, capire ciò che volevamo inserire, dove portare la storyline... Ve l’ho sempre detto, in realtà. Ci abbiamo preso gusto, a scrivere.
Per questo ultimo appuntamento, per il “finale di stagione”, abbiamo pensato di lasciare da parte i casi e concentrarci sulle parti “belle” della storia di Anna e Marco, ripercorrendo i loro momenti nel corso di DM11 e il ‘nostro’ DM12. Una scelta che speriamo abbiate apprezzato.
Ma non è finita, ho una sorpresa per voi...
Un messaggio da parte di Martina:
 
Dopo aver lasciato parlare per due mesi le storie e la mia socia al posto mio, mi faccio viva solo per dirvi alcune cose, lasciando poi l’onore dei saluti a Mari.
In questi 10 capitoli, abbiamo attraversato un climax di emozioni in cui, passo dopo passo, spero la mia fantasia sia stata all’altezza di quello che avreste voluto leggere. Vi avevamo chiesto di dirci cosa avreste voluto trovare tra le numerose pagine di questa versione alternativa di “Don Matteo 12”, e ci avete risposto che avreste voluto rivedere Marco e Anna come avevamo imparato a conoscerli nella stagione 11. Che sarebbe stato bello veder nascere un baby Nardi. Ci avete chiesto il loro matrimonio. Abbiamo cercato di riproporvi tutto questo e qualcosina in più dove possibile. Abbiamo tentato, come in passato, di immedesimarci in loro, in quelli che sono diventati. Ci siamo trasformate in Vocina e Grillo, per aiutarli nei momenti difficili o per strappare un sorriso. Perché la verità che è ciò che desideravate leggere era ciò che volevamo scrivere noi.
Ora, come dice Lottie, “il meglio deve ancora venire”. Sicura che questo sia solo un “arrivederci e alla prossima storia”, vi ringrazio per i messaggi e commenti di questi mesi, sebbene solo ora che siamo alla fine di questa avventura (ma giuro che c’ero, anche se nell’ombra!). E, oltre a voi, ringrazio la mia socia e partner in crime Mari, per aver dato forma ai miei “tipo…” e “cioè…” <3
Un saluto da Grillo. No scusate, volevo dire da Marty :D
 
Non ho molto altro da aggiungere, se non ribadire il mio grazie alla mia super socia Marti, senza la quale questa, e molte altre storie, non avrebbero mai preso forma... (E non solo, visto che, grazie a DM, ho trovato un’ottima amica <3)
Grazie anche a voi che avete letto in silenzio, e a chi ha lasciato un messaggio, pubblico o privato che fosse. Li abbiamo apprezzati tutti tantissimo, cercando di rispondere sempre. Scusate se ci siamo dimenticate di qualcuno, nel caso rimedieremo.
Come ha già detto Marti, è solo un arrivederci.
Alla prossima storia,
 
Mari
 
 
 
 
 
 
   
 
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