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Autore: Voglioungufo    29/05/2020    9 recensioni
TimeTravel!AU
Naruto finisce indietro nel tempo e decide che tutto merita un'altra possibilità.
"Nessuno ucciderà nessuno!" sbottò con stizza, incrociò le braccia e guardò il cielo con esasperazione. "Vorrei evitare di avere Uchiha emotivamente isterici in questa linea temporale, è chiedere troppo?!"
Oppure: Obito voleva solo distruggere il mondo, Naruto glielo ha impedito e ora si trova a essere un padre di famiglia e Shisui gli chiede consigli d'amore.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Shisui/Itachi | Coppie: Asuma/Kurenai, Naruto/Sasuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 6
Mokuton e sharingan
 
 
 
«Some legends are told, some turn to dust or to gold
But you will remember me, remember me for centuries
(Centuries – Fall out boy)
 
 
 
I due giorni volarono in un battito di ciglia. Nessuno riuscì a credere che il tempo fosse passato così velocemente, di certo non Nozomi e Obito che avevano passato ogni momento a sistemare la dimora Namikaze e spiare Root.
Ma soprattutto per Hiruzen.
I due giorni gli erano sembrati troppo pochi per pensare e trovare un piano d’azione. Aveva mandato le sue migliori spie in giro, in cerca di ulteriori indizi che confermassero l’esistenza di Uzumaki Nozomi. Per via dell’ultimatum imposto da Obito aveva più fretta che mai nell’assicurarsi che non fosse un impostore, per il bene di Naruto.
I suoi agenti erano stati velocissimi e avevano già iniziato a mandare messaggi sulle loro prime scoperte. Si trattava per lo più di conferme alla storia offerta da Jiraiya sui probabili spostamenti di Nozomi con sua madre. Erano stati in uno dei villaggi nel Paese del Fuoco, dove avevano raccolto il passaggio di un donna dai capelli rossi con un figlio.
Aveva anche ascoltato attentamente i rapporti forniti dagli ANBU che li sorvegliavano, ma a quanto pare non stavano facendo nulla di più che sistemare l’abitazione. Soprattutto non avevano dato segnali di volersi mettere in contatto con qualcuno fuori Konoha.
Insomma, alla fine i due giorni erano passati senza che prendesse una solida decisione. Quello che scelse perciò fu più dettato da un bisogno di fidarsi, che da una lunga valutazione dei pochi dati a sua disposizione.
“Jiji, ma dove stiamo andando?”
Sorrise paziente al bambino che lo aveva afferrato alla tunica bianca.
“Hokage-sama” gli ricordò. “Devi chiamarmi Hokage-sama”.
Naruto imbronciò il viso alla correzione e insistette: “Jiji”.
Sospirò e lasciò perdere. Apparentemente erano soli mentre camminavano, ma poteva sentire la presenza degli ANBU appostati in loro protezione.
“Be’, stiamo andando all’arena”.
 Per quanto avesse voluto tenere tutto contenuto, c’era comunque stata una fuga di notizie sulle due nuove aggiunte di Konoha e molti shinobi avevano chiesto di poter assistere allo scontro amichevole. Alla fine si era rassegnato a tenerlo nell’arena degli esami chūnin e permettere la presenza di spettatori.
“Perché?” insistette Naruto.
“Perché ci saranno dei ninja molto forti che combatteranno e sono sicuro che tu voglia vederli”.
Infatti il volto del bambino si illuminò. “Forti? Più forti di te?” chiese.
“Certo che no” lo rassicurò sorridendo.
“Allora quando sarò grande li batterò!” annunciò Naruto alzando il pugno in aria. “Perché diventerò più forte di te e diventerò io l’Hokage”.
Rise divertito e intenerito insieme dalla sua sicurezza.
“Me lo auguro, Naruto-kun”.
Erano ormai arrivati ai pressi dello stadio, dove il flusso di persone si era fatto più consistente. Ogni Shinobi si fece da parte al suo passaggio e lo salutò con educazione, ma a Hiruzen non sfuggirono gli sguardi gelidi che lanciarono al bambino. Fortunatamente Naruto era troppo eccitato per l’imminente combattimento per rendersene davvero conto. Dovette afferrarlo a una spalla perché non scappasse via.
Salirono insieme fino alla tribuna d’onore, dove si sarebbe goduto lo spettacolo in modo da osservare attentamente ogni cosa.
“Wooow!” si esaltò Naruto correndo nello spazio riservato, incredulo.
Si sporse oltre il muretto di protezione con la testa per guardare in basso e sembrò illuminarsi ancor di più di gioia nell’accorgersi che avevano uno spazio privato rispetto agli altri.
“Non sporgerti troppo” lo riprese andando a sedersi al suo posto.
Immediatamente alle sue spalle si materializzò uno degli ANBU facendo sussultare il bambino.
Non fu l’unico a entrare nella tribuna riservata, in quel momento fecero la comparsa anche Danzō, accompagnato dal suo frizzante buon umore.
“Oh, vecchio mio” salutò affabile, per nulla intimorito dallo sguardo affilato del consigliere.
L’uomo indossava il solito abito tradizionale e le solite bende a coprire il lato del suo viso malandato. L’unico occhio visibile si soffermò per un solo secondo su Naruto – che ricambiò l’occhiata con strafottenza – per poi tornare su di lui.
“Ho sentito la novità” disse gelido. “Abbiamo due probabili acquisti”.
Hiruzen sorrise. “Se qui per valutare la loro abilità insieme a me? Ti ringrazio per la tua gentilezza”.
Danzō non commentò subito, si limitò a prendere posto al suo fianco.
“Sono qui per sapere perché non ne sono stato informato”.
“No, grazie, abbiamo già mangiato”.
 Ci fu un momento di silenzio interdetto, poi Naruto scoppiò a ridere a crepapelle tenendosi lo stomaco con le mani. Per Hiruzen fu estremamente difficile non ridere con lui visto quanto fosse esilarante l’espressione esasperata di Danzō.
“Ho chiesto,” sibilò a tono più sostenuto, “perché non sono stato informato della loro presenza”.
“Non ho capito, hai una strana tendenza?”
“No!” sbottò Danzō paonazzo. “Sto parlando dei nuovi ninja stranieri!”
“Oh, è bello che tu sia venuto volentieri”.
 Naruto ormai sembrava sul punto di cadere a terra da quanto ridacchiava, Hiruzen dovette portarsi la pipa in bocca per non mostrare che anche lui stava ridendo. Era fin troppo facile far spazientire Danzō, bastava la sola tecnica di fingersi un po’ sordo, ormai non c’era nemmeno più gusto nel provocarlo.
“Di questo ne riparleremo più tardi!” annunciò infatti con esasperazione.
“Hai dei petardi?”
Danzō era ormai allibito, ma fortunatamente Naruto intervenne in quel momento.
“Ma sei anche sordo oltre che vecchio?!” ridacchiò puntandogli l’indice contro. “È meglio che mi sbrighi a diventare Hokage, tu sei troppo vecchio ormai!”
Hiruzen sospirò artificioso.
“Meno male che ci sei tu, Naruto caro” disse e gli fece l’occhiolino.
Il bambino ridacchiò orgoglioso, poi tornò a guardare il campo di addestramento. Al suo fianco, l’ANBU lo avvisò.
“Manca poco”.
Hiruzen annuì, tornando serio.
 
Nozomi era, in un certo senso, emozionato: l’arena era ancora uguale a come ricordava da bambino!
Dopo l’attacco di Orochimaru era stata per buona parte distrutta e per questo era stata ricostruita in seguito, con alcune modifiche. Era strano rivederla dopo così tanto tempo uguale alla sua prima volta lì dentro.
Al momento era solo nella stanza di attesa. Sospettava che Kakashi fosse in ritardo come suo solito e con lui Tenzō, mentre non aveva idea di dove fosse finito Obito. L’ultima volta che l’aveva visto era stato prima di andare a dormire, sospettava fosse tornato a sorvegliare Root e fosse ancora lì.
Che palle, volevo organizzare una strategia…
Fece appena in tempo a pensarlo che percepì una distorsione nello spazio attorno a lui, poi sì aprì come una finestra nell’aria che fece sbucare fuori Obito.
“Oh, sei qui!” costatò mettendo le mani sui fianchi.
L’Uchiha si guardò attorno, lo sharingan ancora attivato che studiava la stanza dove li stavano facendo attendere. Era grigia e senza arredi, fatta eccezione per alcune panche su cui potersi sedere. All’entrata c’era un ninja di guardia, che all’improvvisa comparsa di Obito era sussultato visibilmente.
“Dove sono gli altri?” chiese accigliato.
Nozomi inclinò la testa fissando il soffitto. “Dove vuoi che siano? Kakashi-sensei è in ritardo e il povero Yamato con lui”.
Scosse il capo incredulo. “Non so cosa mi faccia più strano, sentire Kakashi chiamato sensei o dare per scontato il suo ritardo”.
“Meglio per noi!” mantenne l’ottimismo. “Abbiamo tempo per decidere la strategia”.
“Nessuna strategia” lo smorzò incrociando le braccia, poi lo guardò seriamente. “Kakashi lo lasci a me”.
“Ma…”
“Ha uno sharingan” lo interruppe. “Il mio sharingan. Sono meglio equipaggiato per affrontarlo”.
“Ma Yamato… cioè, Tenzō è un utente di Mokuton!” protestò lagnoso. “Tu sei più indicato per contrastarlo”.
Almeno con quell’informazione sembrava aver catturato la sua attenzione. Obito smise di guardarsi attorno per fissarlo sorpreso.
“Konoha ha qualcuno che sa usare il legno?” chiese incredulo. “E tu non hai mai pensato di accennarmelo?!”
Lo guardò offeso. “Te lo avrei detto ieri sera se tu non fossi stato in giro” protestò, poi si strinse nelle spalle. “È un esperimento di Orochimaru, ma non so molto. Posso dirti però che è davvero abile, o almeno nel mio periodo lo era. Quando andavamo in missione ci faceva delle case e riusciva a sopprime il chakra di Kurama”.
Obito sembrò valutare attentamente quell’informazione.
“Ti metterebbe in difficoltà?”
“No” ammise, da anni era più forte di Yamato ormai. “Ho sistemato dei cloni perché raccolgano il chakra naturale”.
“Quindi siamo d’accordo”.
Nozomi sbuffò cominciando a scaldarsi. “No, non siamo d’accordo! Non abbiamo nessuna strategia e… no, dire mi occuperò io di Kakashi non è una strategia. Dobbiamo fare lavoro di squadra”.
Obito richiuse la bocca, inghiottendo quello che stava per dire.
“Lo sai che quando collaboriamo ci divertiamo di più” continuò a stuzzicarlo allargando il sorrisone furbo.
Provò a mantenere il contatto visivo, ma alla fine Nozomi seppe di aver vinto.
“Va bene” borbottò. “Qualche idea? Sei tu quello abituato a combatterli”.
Nozomi fece un sorrisone soddisfatto e furbo. Aveva pensato per tutta la notte a possibili strategie e scenari, poteva considerarsi più che preparato.
Era proprio nel mezzo della sua descrizione accurata delle abilità degli avversari e vari modi per neutralizzarle senza dare troppo mostra delle loro capacità, che vennero interrotti: una voce che Obito riuscì quasi a riconoscere chiamò il suo nome.
Ebbe appena il tempo di voltarsi e vedere un Gai splendente di gioia sfrenata corrergli incontro e placcarlo con il corpo. Nozomi poté vedere l’espressione shoccata di Obito e il modo come si fosse trattenuto dall’usare il kamui per scivolare via.
“Obito! È vero, sei qui! Sono così felice di vederti!” rise Gai.
L’Uchiha si agitò nel fervente abbraccio dell’altro e fortunatamente fu lasciato andare. Fece un passo indietro, come se temesse di tornare a essere stritolato in quella morsa.
“Ciao… Gai” salutò incerto.
Il maestro Gai era molto più giovane di quanto ricordasse Nozomi, ma per il resto era assolutamente uguale: stessi sopracciglioni folti, stessi capelli neri a scodella, stessa orrida tutina verde e stesse sorriso luccicante da rivista.
Si sentì un po’ messo in disparte, visto che non gli era stato rivolta che un’occhiata veloce. Solitamente il maestro Gai lo accoglieva anche con troppo entusiasmo, ma era ovvio che non lo stesse facendo ora. Doveva ricordare a se stesso che non era più Naruto, ma uno sconosciuto. Già qualche giorno prima era stato tremendamente difficile non lasciarsi andare a scherzare con Kakashi-sensei come era solito fare.
Cancellò veloce i pensieri deprimenti che ne derivavano, si concentrò piuttosto sui due ninja davanti a lui.
“Come hai fatto a essere così in ritardo anche per il tuo funerale?!” gridò Gai ridendo, le mani appoggiate sulle spalle di Obito che sembrava diventare sempre più verdognolo a tutto quel contatto fisico indesiderato. O forse era la vista della tutina aderente.
 “Ehm, uhm…” borbottò guardandolo in cerca di aiuto. “Sono stato trattenuto…”
“Alt!” lo fermò a gran voce Gai parando una mano in avanti. “Sono certo che il motivo della tua lunga assenza sia più che giustificata! Avrà sicuramente a che fare con una missione classificata, non devi dirmi niente senza il permesso esplicito di Hokage-sama!”
Nozomi vide chiaramente Obito fare un piccolo sorrisetto con l’angolo delle labbra.
“Una specie” confermò. “È bello rivederti, Gai” ammise alla fine.
La reazione da parte dell’altro fu molto più esagitata. Tornò ad avvolgere un braccio attorno alle sue spalle, decantando a gran voce la bellezza di poter passare ancora tempo insieme nel fiore della loro giovinezza.
Per Nozomi fu difficile trattenersi oltre e non poté che ridacchiare. Quello però riuscì finalmente a catturare l’attenzione di Gai, che sembrò imbarazzarsi molto all’idea di averlo ignorato così a lungo.
“Sono spiacente!” disse inchinandosi formale con la fronte che quasi sfiorava il pavimento. “Lei è l’altro ninja che si scontrerà con il mio incredibile rivale e io l’ho ignorato! Molto piacere” aggiunse inchinandosi ancor più a fondo.
Nozomi era arrossito e si trovò ad agitare le mani in avanti. Era difficile ricordarsi che ora era più grande di tutti loro, anche se solo di pochi anni, e che quindi gli portassero più rispetto. Per quanto Gai fosse sempre stato impeccabili nelle etichette ed educato vicino al ridicolo non si era mai inchinato così a fondo con lui.
“Il piacere è anche mio. E dammi pure del tu…”
“Sono Maito Gai, la Bestia Verde di Konoha!”
Obito si era portato una mano all’orecchio per resistere al tono troppo sostenuto.
“Uzumaki Nozomi” ricambiò senza riuscire a trattenersi dal sorridere.
Gli era decisamente mancato l’entusiasmo del maestro Gai.
“Non vedo l’ora di assistere al vostro incontro. È sempre emozionante vedere giovani ninja mostrare la loro giovane forza e vitalità!” Cominciò a lasciare poderose pacche sulla schiena di Obito. “Questo mi riporta a quando eravamo genin! A sono disposto a darti un rivincita per il nostro scontro agli esami chūnin!”
“Non vedo l’ora” tossicchiò sotto i colpi sulla schiena.
Gai tornò a guardare Nozomi, che faticava a restare serio alla vista del compagno che cadeva alle pacche dell’amico d’infanzia.
“Scommetto che sarà una sfida che tirerà fuori tutta la vostra frizzante primavera” continuò senza smettere di sorridere. “Ma non deprimerti, Uzumaki-san, se Kakashi vi metterà in difficoltà! Eh già!” annuì fra sé. “Il mio formidabile rivale è un ninja eccezionale, sono pochi qui a Konoha in grado di tenergli testa” spiegò gonfiando il petto con orgoglio. “Obito lo sa bene, quindi non perdete la vostra fiamma vitale nello scontrarvi. Anzi! È davanti ad avversari potenti che riusciamo finalmente a ruggire la nostra forza!”
Nozomi non si trattenne più e rise sereno. Gli mostrò il pollice verso l’altro e annuì in accordo.
“Ruggiremo la nostra giovinezza, ‘tebayo!” garantì.
Gai sembrò felice di vedere qualcuno dargli corda, piuttosto che scappare alla sua irruenza, e gli occhi neri brillarono. Fece per annunciare qualche altra frase eclatante, ma nella stanza si teletrasportò Jiraiya.
“Vedo che voi siete pronti” disse, poi si voltò verso Gai e gli domandò con lo sguardo cosa ci facesse nella stanza d’attesa.
La Bestia Verde saltò subito sull’attenti. “Ero venuto a salutare Kakashi-san e augurargli la mia fortuna” spiegò come se stesse facendo rapporto. “Ma ho costatato che il mio incredibile rivale non ha smentito se stesso neanche questa volta e si sta facendo attendere!”
Jiraiya annuì con un sospiro rassegnato.
“Molte persone hanno iniziato ad arrivare adesso, conoscendo le sue abitudini” confermò infatti.
Obito sbuffò con forza e scosse la testa incredulo. Nozomi sapeva che, nonostante lo avesse avvisato più volte che Kakashi era cambiato molto dalla persona che conosceva lui, non fosse mai stato creduto. Per lui doveva sembrare un mondo al rovescio.
“Intanto usciamo da qui” propose Jiraiya. “Se vi mostrate almeno voi, chi è qui da mezz’ora sarà più tranquillo. Cominciano ad agitarsi”.
“Allora è giunto per me il momento di tornare al mio posto” decretò Gai solenne. Si voltò a fare ancora una volta un inchino a Nozomi e dare una pacche alla spalla di Obito. “Che questo scontro possa far fiorire la vostra giovinezza nella sua massima espressione” augurò.
“Fioriremo di certo” ridacchiò Nozomi.
Con un ultimo sorriso abbagliante, Gai lasciò la stanza permettendo finalmente a Jiraiya di parlare chiaramente con i due.
“Avrete un po’ di pubblico, mocciosi” li avvisò. “Tutti gli shinobi di qualsiasi grado che hanno sentito del vostro arrivo e non avevano missioni sono qui. Anche Danzō” aggiunse.
Obito si oscurò, mentre Nozomi non lasciò il sorriso spensierato.
“Questo significa che dobbiamo solo stare più attenti a quello che mostriamo”.
“Esattamente”.
“Tranquillo, ero-sennin” assicurò. “Non userò il chakra di Kurama, ho abbastanza riserve mie da far il culo a Kakashi”.
Annuì. “Ricordati anche di variare con gli stili di combattimento delle varie nazioni. Se userai solo lo stile di Konoha…”
“Capiranno che sono stato addestrato qui” lo interruppe. “Lo so, ero-sennin. Non preoccuparti, userò soprattutto lo stile dei rospi. Inoltre abbiamo già una strategia”.
“Perfetto, allora usciamo. Appena anche Kakashi e Tenzō saranno qui vi dirò la modalità dell’esame”.
Li accompagnò fuori, dove il sole accecò momentaneamente Nozomi. Socchiuse gli occhi e alzò il viso verso gli spalti, facendosi ombra con la mano. Sentiva il boato della folla agitata, ma a notare bene non riempiva all’inverosimile l’arena com’era stato nei suoi esami chūnin. All’epoca c’erano stati molti più civili e molte più figure influenti.
In ogni caso, poteva capire perché il Sandaime avesse permesso a così tanti shinobi di assistere allo sparring: voleva vedere come avrebbe gestito la pressione di essere osservati da così tanti occhi esterni.
Girando gli occhi attorno beccò una squadra Root sparpagliata tra gli shinobi regolari, dai quali riusciva a distinguerli per via della sensazione di vacuità che si portavano dietro, come se fossero un buco nero delle emozioni. Era una sensazione che aveva imparato a distinguere stando a contatto con Sai, anche se negli ultimi anni era quasi sparita del tutto.
Fece un sorriso triste pensando all’amico, doveva trovare un modo per aiutarlo e tirarlo fuori da Root prima che Danzō lo mettesse contro il fratello.
Obito aveva incrociato le braccia e osservava il terreno, piuttosto che gli spalti. Jiraiya invece sospirò, incrociando a sua volta le braccia.
“Ora non ci resta che aspettare”.
 
Konoha quella mattina era stranamente priva di shinobi.
Kakashi sapeva che tutti quelli liberi dalle missioni si erano riuniti all’arena, dove lo stavano aspettando.
Respirò a pieni polmoni, inalando la profumata aria estiva e si rilassò ancor di più sulla panchina.
“Kakashi-senpai…” lo disturbò un piagnucolio.
Socchiuse un occhio pigramente, osservando la figura di Tenzō che percorreva nervosamente la strada altrimenti vuota avanti e indietro.
“Quante volte devo dirti di non chiamarmi così?” chiese senza vero rimprovero nella voce.
Il suo adorabile subordinato non sembrò nemmeno averlo sentito, continuò a camminate torcendosi le mani consumato dall’ansia.
“Dovevamo essere all’arena mezz’ora fa. Dobbiamo andare!” spiegò la sua preoccupazione.
Tornò a chiudere l’occhio e bearsi del sole estivo. “Sì, fra un po’”.
Tenzō ricominciò a piagnucolare. “Senpai…”
“Se vuoi vai avanti intanto, ti raggiungo più tardi” offrì innocentemente, sapeva che l’amico non se ne sarebbe mai andato avanti da solo.
Infatti la sola prospettiva lo fece diventare verdognolo. Era divertente stuzzicare Tenzō, visto che la maggior parte del tempo era avvolto da una pacifica impassibilità. Spesso sembrava che nulla potesse scalfirlo e che niente esaurisse la sua pazienza. Be’, Kakashi poteva vantarsi di essere l’unica persona in grado di renderlo un grumo di ansia e nervosismo.
Solitamente Tenzō non si faceva problemi a contraddire e imporsi, ma con lui non lo faceva. Sospettava fosse perché provava ancora un senso di ammirazione e una profonda gratitudine per averlo portato fuori da Root. Del resto era proprio questo il motivo per cui era la sua vittima preferita da stuzzicare: non voleva che lo ammirasse e non voleva nemmeno la sua gratitudine. A essere sinceri era qualcosa che lo metteva in imbarazzo, perché non sentiva di meritarla.
Il silenzio durò ancora una decina di minuti, nei quali Tenzō continuò a borbottare qualcosa sulla loro maleducazione e la pazienza del Sandaime.
Entrambi indossavano l’uniforme ANBU equipaggiata standard, con un tantō allacciato alla schiena, e manicotti con sigilli per evocare kunai e shuriken. Non indossavano però le loro maschere, visto che non serviva che celassero la loro identità.
Alla fine, cominciò a stancarsi della camminata ansiosa di Tenzō. Era passata un’ora rispetto all’orario deciso, poteva definirsi soddisfatto.
“Andiamo” disse tornando serio.
Tenzō smise di camminare per guardarlo rassicurato, ma l’espressione felice cadde non appena vide Kakashi sparire in una nuvoletta di fumo, con un sorriso diabolico e un’ultima frase: “Su, muoviti, non vorrai arrivare tardi!”
 
Quando si teletrasportò direttamente nell’arena, si trovò nel centro dell’attenzione di ben tre ninja. Jiraiya lo fissava rassegnato, Obito aveva un’espressione di pura incredulità – come se sospettasse di essere dentro un genjutsu – mentre Nozomi lo guardava con gli occhi che brillavano di puro divertimento. A quanto pare aveva trovato qualcuno che trovava i suoi ritardi divertiti.
Kakashi prese mentalmente nota di presentarsi a un loro incontro con un ritardo di minimo tre ore, giusto per vedere se anche in quel caso sarebbe stato divertito, il novellino aveva molto da imparare.
“Siamo in ritardo?” chiese con leggero tono stupito, mentre alle sue spalle compariva anche Tenzō. “Oh, che sbadati”.
Gli occhi blu di Nozomi ebbero uno scintillio. “Perso ancora nel cammino della vita?” chiese.
Scrollò le spalle. “Un gatto nero ha incrociato la nostra strada. Sai, scaramanzia…”
“Senpai, non è vero” piagnucolò Tenzō.
Continuò a sorridere pacifico, ignorandolo totalmente. Di soppiatto lanciò uno sguardo a Obito, giusto per assicurarsi la sua reazione, ma quello sembrava essere piuttosto diffidente.
“Bene, ora che siete tutti qui” iniziò Jiraiya con un tono di voce poderoso, catturando la loro attenzione, “lasciate che vi spieghi come funzionerà il longarone”.
Kakashi smise l’aspetto di sereno distacco per concentrarsi sul Sannin, curioso della sua presenza giù.
“Dal momento che si tratta di una valutazione piuttosto che di una partita normale, le cose funzioneranno in modo leggermente diverso da un semplice sparring”.
Né Obito né Nozomi diedero espressioni di sorpresa, forse se l’aspettavano.
“Come?” chiese maggiori spiegazioni quindi.
“Ci saranno tre fasi consecutive” spiegò. “Le prime due dureranno cinque minuti ciascuna, mentre la terza finché la partita non sarà decisa”. Si interruppe disegnando sulle labbra un sorriso sarcastico. “Se arrivate a durare così tanto”.
Non riuscì a trattenersi dall’inarcare il sopracciglio visibile. Jiraiya stava ventilando che una delle due squadre non fosse sufficientemente preparata per l’altra. Sperò bene che non stesse parlando della sua.
“Questo scontro serve per tastare le abilità di Obito e Nozomi su uno spettro ampio, come un jōnin che valuta un proprio genin. Perciò più che essere una lotta efficace dovete essere il più evidenti possibili nelle vostre tecniche. Nella prima fase possono essere usati solo taijutsu, armi e trappole; alla seconda fase si aggiungono il ninjutsu e il genjutsu; infine nella terza si possono sfoderare le proprie specialità, ciò significa che non potrà essere usata nessuna linea di sangue o modalità eremitica fino alla terza fase. Per quanto riguarda lo sharingan, potete scegliere quando volete di tirarlo fuori, ma il Magekyo potrete usarlo solo nell’ultima fase. Le varie fasi vengono annunciate da un fischio. In conclusione, l’Hokage si arroga del diritto di interrompere lo scontro in qualsiasi momento se lo riterrà opportuno, chiaro?”
Tutti concordarono, ma Kakashi notò che quell’ultimo avviso era stato detto soprattutto verso Obito, con un tono serio e preoccupato.
L’espressione corrucciata del sannin però durò appena un secondo, poi tornò distesa in una gioviale e afferrò per le spalle i due shinobi più vicini, vale a dire Nozomi e Tenzō.
“Dateci un bello spettacolo, eh?”
Nozomi rispose con entusiasmo alzando un pollice, invece Obito si girò, sorprendendolo, verso di lui.
“Sei pronto per il rimborso, Bakakashi?”
Riuscì a trattenere l’incredulità, visto che era stato ignorato fin dal suo arrivo e anche nelle loro altre interazioni lo aveva trattato con freddo disprezzo. Non si aspettava quella battuta quasi amichevole, che faceva riferimento al loro passato nel Team Minato.
Socchiuse l’occhio visibile, mostrando un sorriso spensierato.
“Spero che tu non chieda anche gli interessi” disse saltando all’indietro per una distanza più cauta.
Non si aspettava che Obito ricambiasse con l’accenno di un ghigno.
“Non siate precipitosi e aspettate il via dell’Hokage” ordinò Jiraiya, poco prima di sparire in una nuvoletta di fumo.
 
Si teletrasportò sulla tribuna del Sandaime, facendo sussultare il bambino biondo che si sporgeva oltre la balaustra. Sorrise allo stupefatto sguardo azzurro e si rivolse poi a Hiruzen.
“Sono pronti”.
Il Sandaime sorrise tenendo la pipa fra le labbra, quindi si alzò dal suo posto e si affacciò dalla tribuna. Attese qualche secondo, finché nell’arena il brusio non si quietò fino a quasi scomparire.
 “È bello vedervi così numerosi” disse come prima cosa, spostò gli occhi sul pubblico come a voler dare il benvenuto a ognuno di loro, poi abbassò gli occhi sulle quattro figure al centro del campo di allenamento. “Siamo pronti a dare l’inizio alla valutazione”.
Alzò la mano per dare il segnale del primo fischio, ma rimase distratto da quello che vide: Nozomi aveva fatto un passo avanti, alzando al  viso due dita unite in un sigillo molto familiare.
Hiruzen spalancò gli occhi nel vedere quel gesto ormai obsoleto, che veniva ricordato solo nelle lezioni dell’Accademia, essere utilizzato, soprattutto da uno shinobi esterno di Konoha. Obito parve scuotere la testa rassegnato prima di alzare a sua volta le dita nel sigillo, così come Kakahsi e Tenzō lo imitarono un poco confusi.
Qualcuno qui ci tiene all’etichetta, pensò mentre calava il braccio.
Nell’arena risuonò il primo fischio.
 
Di solito l’inizio di uno scontro tra shinobi sconosciuti era facilmente prevedibile: qualche secondo di tesa immobilità, dove si studiava l’avversario, seguito da una serie di colpi cauti e attacchi di prova, per valutare le abilità dell’avversario e che tipo di tecniche utilizzasse.
Solitamente.
Appena il fischio fu terminato Nozomi si lanciò a una velocità sorprendente contro i due ninja avversari, una macchia arancione che si spostava sul campo.
Kakashi rimase spaesato da quell’azione diretta, il suo avversario doveva essere estremamente stupido o troppo sicuro delle proprie capacità per gettarsi in quel modo contro il nemico, ma si accorse in tempo che il diretto interessato del suo colpo era Tenzō. Si spostò quasi d’istinto, sguainò il tantō che aveva alla schiena e lo diresse contro la testa di Nozomi, sul collo. Non aveva intenzione di ferirlo mortalmente, il suo gesto era stato abbastanza lento perché lo notasse, voleva solo che si spostasse per evitarlo e lasciasse a Tenzō il tempo di reagire.
Ma fu con orrore che si accorse che l’Uzumaki non aveva nessuna intenzione di cambiare traiettoria, continuò a caricare il colpo incurante della lama che si avvicinava sempre più alla sua parte scoperta.
Anche se Kakashi avesse voluto fermarsi, non avrebbe potuto bloccare lo slancio.
Il contraccolpo arrivò inaspettato e forte. Senza che se ne rendesse conto anche Obito li aveva raggiunti e aveva afferrato con la mano nuda la lama del suo tantō.
Riuscì a fermarla e l’urto fece quasi perdere la presa a Kakashi, che ne approfittò della leva per tentare di saltare via. Ma Obito continuava a tenerlo saldo per la spada, per allontanarsi dovette mollare la presa sull’elsa e proprio in quel momento l’Uchiha aumentò la stretta al punto che la lama si spezzò.
Nel frattempo Nozomi aveva raggiunto Tenzō che era riuscito a parare appena il colpo della sua caviglia al collo, facendosi scudo con l’avambraccio. Per il colpo dovette comunque arretrare mantenendo a stento l’equilibrio.
Kakashi guardò la propria elsa a terra, la lama in frantumi, e poi Tenzō arretrato in posizione difensiva. Forse l’Uzumaki non era poi così stupido e la fiducia nelle loro capacità era giustificata.
Si trovò a sorridere, l’adrenalina in fermento, e portò una mano all’hitai-ate. Doveva fare loro i complimenti, non pensava di tirarlo fuori così presto.
Sollevò la benda e il coprifronte, lo sharingan ruotò nel suo occhio. Vide Obito fare lo stesso e uno sharingan gemello colorare di rosso l’iride che ricambiava il suo sguardo.
Il riscaldamento era già finito, si cominciava a fare sul serio.
 
Sono veloci, costatò Fugaku, lo sharingan attivo per seguire al meglio lo scontro. Gli shinobi si muovevano come macchie sfocate sul campo di allenamento, fin da subito lo scontro si era fatto serrato e per nulla cauto. I colpi erano veloci e difficili da seguire, continui e forti. Il combattimento sarebbe stato difficile da seguire anche per un normale jōnin, i chūnin lì presenti dovevano essersi già persi.
Lanciò uno sguardo fiero a Itachi al suo fianco, che grazie al suo sharingan sembrava non perdersi un colpo, poi tornò sulla lotta.
Sapeva che Kakashi aveva una buona formazione anche nel taijutsu, fu  invece sorpreso di vedere Obito utilizzare così fluidamente lo stile Uchiha del corpo a corpo. Dell’imbranataggine che lo aveva caratterizzato da ragazzino non sembrava esserci più traccia e riusciva a tenere testa a Kakashi senza un accenno di fatica, seguendo lo stesso ritmo veloce.
Anche l’Uzumaki lo stava stupendo positivamente.
Al di là dell’impressione infantile che gli aveva fatto, padroneggiava il taijutsu con una tale potenza da scatenare invidia tra i jōnin. Il compagno di Hatake sembrava riuscire a scansarsi appena ai suoi colpi e a stare dietro a quello stile così rimbalzante, che ricordava quello dei rospi. Ricordò quello che aveva appreso nello studio dell’Hokage e pensò che non dovesse stupirsi se utilizzava lo stile del monte Mobyoku.
Il secondo fischio segnò l’inizio della seconda parte.
 
Hiruzen osservò per qualche secondo l’espressione sbalordita del piccolo Naruto, aggrappato alla ringhiera per tenersi mentre si sporgeva il più possibile. Sapeva che il combattimento stava andando troppo veloce per lui, ma ne sembrava comunque entusiasta e suoi occhi brillavano di stupore.
Nel momento in cui suonò il secondo fischio, tornò a guardare a sua volta il combattimento. Le due squadre si erano allontanate con un balzo, ognuno a fare i propri sigilli. Non seppe se Nozomi e Kakashi avessero avuto la stessa idea, o se quest’ultimo aveva usato lo sharingan per prevedere la mossa, ma entrambi rilasciarono più o meno nello stesso momento un jutsu d’acqua che allagò il campo di allenamento. Ma a differenza di Kakashi, che come Tenzō era riatterrato nel terreno inzuppato d’acqua, Nozomi si acquattò sul ramo di uno degli alberi messi a disposizione. Il perché fu subito chiaro: Obito che era saltato a sua volta riscese verso l’acqua maneggiando un jutsu di fulmine, con il chiaro intento di friggere i due avversari.
Si trovò a fare un sorriso a quell’ottima coordinazione, si vedeva che erano abituati a combattere insieme.
Fortunatamente anche i suoi shinobi avevano assi nella manica da sfoggiare. Veloci, sia Tenzō che Kakashi cominciarono a unire le dita nel sigillo di terra e, poco prima che Obito infrangesse i fulmini sulla superficie acquosa, crearono una piattaforma alta su cui ripararsi. Ma doveva essere stato previsto dall’Uchiha, perché appena atterrò smise il jutsu di fulmine e gonfiò il petto, senza l’aiuto di sigilli sbuffò fuori una palla di fuoco che, grazie al rinforzo di un jutsu di vento prodotto da Nozomi, divenne di notevoli dimensioni.
Kakashi fu veloce a reagire, avvantaggiandosi del bacino d’acqua già presente nel campo di allenamento.
“Suiton: Pilastro d’Acqua”.
Attorno a lui e Tenzō si formò una barricata d’acqua contro cui si infranse e si estinse la palla di fuoco di Obito. Lo scontro provocò però uno spesso vapore bianco che coprì l’intera arena.
Hiruzen strinse gli occhi, infastidito di non riuscire a vedere attraverso la nebbia.
“Che succede?” scalpitò Naruto coinvolto dal combattimento.
Fortunatamente, l’impedimento visivo durò appena qualche altro istante: un jutsu di vento spazzò via il vapore, facendo tornare visibile il campo di allenamento.
Quasi rischiò di far cadere la pipa dalla bocca quando vide quello che stava succedendo.
Kage bushin no jutsu?
Nozomi era riuscito a creare una dozzina abbondante di cloni, che stavano mettendo in difficoltà Kakashi con i suoi continui attacchi, mentre Obito teneva sotto assedio Tenzō con continui jutsu di elementi diversi.
Preferì concentrarsi sull’Uzumaki, preso in contropiede da quel risvolto. Osservò l’abilità con cui maneggiava la tecnica inventata dal Nidaime, continuava a ricreare cloni su cloni senza preoccuparsi della quantità di chakra che la tecnica consumava.
“È un mostro di chakra” confermò Jiraiya al suo fianco, indovinando i suoi pensieri.
“Vedo” ronzò.
Il Kage Bushin non era una tecnica particolarmente difficile da usare, tutti i suoi jōnin la padroneggiavano per lo spionaggio, ma non aveva mai visto nessuno utilizzarla in modo così continuo e attivo in uno scontro.
“Chakra?” chiese Naruto portandolo via dal suo rimuginare. “Cos’è?”
“Bambino mio,” sospirò esasperato, “non lo stai studiando all’Accademia?”
Naruto distolse lo sguardo imbronciato, tornò a guardare il combattimento e non rispose.
Hiruzen lo imitò prontamente, mancavano ormai pochi minuti allo scadere della seconda fase. Era fin troppo curioso di vedere cos’altro avessero in servo.
Con gli occhi si spostò da Nozomi per osservare Obito. Era stupito che, nonostante tutti quegli anni lontani da Konoha, il suo stile fosse così prettamente Uchiha.
Anche se… c’era qualcosa che lo turbava e inquietava, che gli faceva temere che sotto ci fosse molto più di quanto avesse loro raccontato.
Forse avrebbe dovuto soffermarsi di più sul suo presunto incontro con Madara. A essere onesto, quando ne aveva parlato lo aveva etichettato come un errore: Madara era morto, probabilmente chi Obito aveva incontrato era un vecchio Uchiha folle e reietto che si spacciava per il leggendario capo clan.
Eppure… forse chi aveva incontrato era davvero Uchiha Madara.
Perché quello stile di combattimento lo portava indietro di molti, troppi, anni: alla sua giovinezza e alla sua istruzione sotto il primo Hokage. In quel periodo aveva avuto l’onore di assistere a un suo combattimento amichevole con Madara ed era certo che non avrebbe mai dimenticato quello scontro incredibile.
Per questo poté notare subito, con una turbata chiarezza, che Obito aveva lo stesso modo di combattere di Madara.
 
Quando Tenzō sentì il fischio che annunciava la terza fase, non poté che tirare un sospiro di sollievo. Era così tanto abituato a usare il Mokuton che, in quei due primi stadi dove non gli era stato permesso, si era trovato non poco in difficoltà a contrastare sia Nozomi che Obito. Su quest’ultimo fu felice di potersi avvantaggiare di tutti i suoi allenamenti con Kakashi, che gli avevano permesso di resistere allo sharingan.
Scattò all’indietro e concentrò subito il chakra per la sua prossima tecnica. Atterrò acquattato, le mani premute sul terreno e attorno a lui cominciarono a crescere subito degli alberi da usare come attacco. Sapeva che qualsiasi spettatore poteva riconoscere quell’abilità quasi leggendaria, perciò non si stupì del brusio di puro stupore che crebbe dagli spalti.
Kakashi gli si avvicinò, mentre sia Nozomi che Obito saltarono indietro per studiare il nuovo cambio di scena. A essere onesti, però, nessuno dei due sembrava davvero sorpreso di incontrare un utente Mokuton, anzi Obito gli rivolse perfino un ghigno divertito.
Quando vide i due avversarsi scambiarsi un cenno d’intesa, si preparò a disporre le piante attorno a lui per colpirli, ma quello che vide subito dopo lo lasciò sconvolto. Riconobbe i sigilli compiuti dalle mani di Obito, ma non fu comunque pronto a vedere il terreno esplodere per lasciare spazio a scure e contorte radici che si attorcigliarono attorno ai suoi alberi, strangolandoli così forte da spezzarli.
Spalancò gli occhi realizzando che davanti aveva un altro utente di Mokuton e, considerando il modo in cui Kakashi trattenne bruscamente il fiato, doveva essere una novità.
Forse le cose non sarebbero state facili come aveva sperato.
 
Hiruzen non riuscì a trattenersi dall’alzarsi dalla sua sedia e fissò con sgomento quello che stava succedendo nel campo di allenamento. Non si era stupito degli alberi che erano improvvisamente cresciuti per opera di Tenzō, ma vedere Obito – un Uchiha – rispondere con la stessa tecnica che era stata perduta da decenni fu un colpo al cuore. Al suo fianco, nemmeno Danzō riuscì a mantenere la sua solita compostezza.
“Come può essere?”
Avevo più della metà del corpo distrutto, perciò lo ha ricostruito usando un clone che aveva creato dalle cellule di Hashirama.
Erano stati fatti per anni esperimenti sulle cellule di Hashirama nella speranza di recuperare quella tecnica, perfino Orochimaru le aveva studiate in quel suo modo poco ortodosso, e Tenzō era stato l’unico bambino in grado di rispondere positivamente a quella sperimentazione.
Ma a quanto pare non era l’unico. Un altro bambino, un Uchiha il cui stile di combattimento era inquietantemente simile a quello di Uchiha Madara, aveva lo stesso potere di Senju Hashirama.
Alzò brevemente il viso verso il monte degli Hokage.
Shodaime, lo sta vedendo anche lei?
 
La situazione può solo peggiorare.
Kakashi lo pensò con sereno distacco, come se non se fosse un semplice spettatore e non stesse combattendo nell’arena.
Mokuton. Ottimo. Meraviglioso. Almeno questo spiegava il nuovo odore di Obito e perché gli ricordasse quello di Tenzō.
Aveva creduto che dalla terza fase avrebbe combattuto con Obito, visto che era meglio equipaggiato per contrastare il suo Mangekyo, ma decise di lasciarli a vedersela tra loro su chi avesse l’albero più grosso.
Si concentrò quindi su Nozomi e… be’, appena lo vide fu quasi scosso da un attacco di ridarella compulsiva.
Quello era Senjutsu? La situazione era peggiorata.
Riuscì a riconoscere la modalità eremitica dei rospi, l’iride colorata di oro splendente, rotonda come una moneta e la pupilla un taglio orizzontale, le palpebre colorate di arancione. Ciò che lo sorprese furono due cose: che fosse riuscito a compierla mentre era in movimento e che non avesse dovuto convocare qualche rospo ad assisterlo. Non sapeva molto di senjutsu, ma sapeva che richiedeva un certo periodo di immobilità per raccogliere il chakra naturale in sé, come aveva fatto se non era stato fermo neanche un secondo e non c’era nessun rospo ad averlo fatto per lui?
Le sue domande vennero messe da parte nel momento in cui vide che si stava avvicinando, in sage mode era molto più veloce di prima.
All’ultimo però Nozomi deviò, per correre dove Tenzō e Obito si stavano ancora scambiando colpi con il Mokuton.
Kakashi capì prontamente che si stava dirigendo per colpire Tenzō mentre era distratto dal compagno, perciò scattò a sua volta per difenderlo. Si preparò a creare un jutsu che li allontanassero, ma era ancora a metà dei sigilli che ci fu uno scambio. Obito si teletrasportò, evitando l’attacco di Tenzō che rischiò di sbilanciarsi nel vuoto e rendersi vulnerabile all’arrivo di Nozomi.
Dopodiché, Kakashi non ebbe più modo di assistere alla sorte del compagno.
Obito si teletrasportò davanti a lui, comparendo subito dopo una distorsione d’aria a forma di vortice, con sé aveva una katana che fino a un momento prima non brandiva e il Mangekyo brillava minaccioso.
“Pronto a prenderle, Bakakashi?”
Saltò indietro, in una distanza di sicurezza.
“L’ultima volta che ho controllato, eri tu a prenderle” osò.
Obito maneggiò con la katana, disegnando cerchi veloci attorno a lui.
“Non sottovalutarmi” sibilò, poi attaccò.
La prima cosa che fece ovviamente fu schivare, gli arrivò alla schiena e approfittò per completare il jutsu che aveva lasciato a metà.
“Raiton: Zanne della Bestia Fulminea!”
Dalla sua mano partì un fulmine che prese la forma di un segugio, il cane si mosse veloce, non c’era verso per Obito di poterlo evitare o di trovare un contrattacco abbastanza potente. Lo vide con lo sharingan seguire la traiettoria del fulmine, ma era troppo imprevedibile e perciò si preparò a contrastarlo con la lama e il suo braccio artificiale.
Se non che un momento prima che venisse colpito, qualcosa che assomigliava a un enorme shuriken rotante e luminoso si infranse sul fulmine, disperdendolo. Le raffiche d’aria che gli arrivarono gli fecero capire che si trattava di un jutsu di vento, la debolezza del fulmine.
I suoi occhi si spostarono su Nozomi, arrivato prontamente ad aiutare il compagno, ma si accorse subito che era solo l’ennesimo clone visto che l’originale era ancora impegnato con Tenzō.
“Non mi ringrazi?” chiese il clone con una linguaccia.
“No” sbottò Obito, infastidito. “Me la cavo da solo”.
“Ingrato!” protestò. “Ti ho appena salvato”.
Non l’ascoltò. “Torna dall’originale. Me la cavo da solo” ripeté.
Il clone alzò gli occhi al cielo, ma fece come gli diceva.
Kakashi provò a lanciargli contro gli shuriken rimasti per poter almeno sgravare il lavoro a Tenzō, ma quello riuscì a evitarli contorcendosi e gli fece la linguaccia.
Non ebbe nemmeno il tempo di indignarsi perché Obito gli fu di nuovo addosso, coinvolgendolo in un taijutsu. Doveva dargli atto che era migliorato molto dai suoi giorni da chūnin.
Riuscì a colpirlo allo stomaco e allontanarlo da lui abbastanza per darsi respiro e potersi concentrare in un nuovo ninjutsu. Obito, però, ne approfittò per fare lo stesso e fu molto più veloce di lui: gli bastò unire le dita al petto, il Mangekyo sgranato che creò una distorsione dell’aria davanti a lui, come un vortice d’aria.
Si preparò a contrastare un jutsu di vento, ma si accorse troppo tardi di essere in errore: dalla bocca sputò un fiotto di fuoco che, mossa dalla distorsione del Mangekyo, si allungò in una spirale mortale diretta verso di lui.
Agì d’istinto, quasi senza programmarlo, e alzò un muro di terra che resistette a malapena alla potenza della fiamma.
Sentì appena il sobbalzare della folla, si concentrò piuttosto sul fumo che lo circondò da entrambi i lati, cercando di indovinare da quale sarebbe comparso Obito.
Il suo intuito fu buono ed ebbe la prontezza di riflessi di evitare l’attacco con la katana. Fece scivolare veloce la mano al borsello e le sue dita si serrarono sull’ultimo kunai rimasto, riuscì ad alzarlo in tempo incrociando le due lame.
Kakashi si fidava del suo istinto, in combattimento lo aveva sempre salvato e non sbagliava mai a seguirlo. Fu quindi con sgomento che lo sentì avvertirlo che la sua vita era in pericolo, guardando il Mangekyo di Obito percepì un puro intento omicida nei suoi confronti.
Appena gli fu possibile si allontanò, la pelle d’oca per la sensazione provata. Improvvisamente, non era più uno sparring amichevole, valutativo: Obito stava combattendo per ucciderlo.
Poteva annusarne la sete di sangue come un segugio e il fatto che lui fosse sempre più a corto di chakra lo mise ancor di più nella difensiva. Si trovò a entrare nelle vesti di Kakashi a sangue freddo senza nemmeno rendersene conto.
Veloce convertì il proprio chakra in elettricità e la concentrò nel metallo del kunai, rendendola la lama del kunai più tagliante. Quando Obito gli fu di nuovo addosso, riuscì perfino a scalfire la katana. Si mosse quindi veloce per costringere l’avversario a mollare la presa sulla sua arma e costringerlo nel semplice corpo a corpo.
Obito lasciò effettivamente andare la katana, ma non batté ciglio e riuscì a fermarlo a sua volta. Lo colpì così forte che Kakashi barcollò all’indietro e cercò una nuova distanza di sicurezza. Obito non gliene diede tempo e continuò a tenerlo sotto difesa, facendolo arretrare sempre di più, fino al bordo dell’arena. Ma se il suo obiettivo era quello di metterlo in trappola, aveva fatto i conti troppo presto. Proprio quando si trovò con le spalle a sfiorare la pietra dietro di lui e Obito stava per caricare un colpo, sgusciò via dalla sua presa e si allontanò. Il pugno di Obito si liberò sul muro, che si piegò in crepe simili a ragnatele alla sua potenza.
Un colpo del genere gli avrebbe spaccato la testa. Non c’erano più dubbi: stava cercando di ucciderlo.
Obito si voltò e dal suo braccio artificiale si allungò un duro e scuro bastone dalla punta acuminata.
Senza rendersene conto, Kakashi cominciò a unire sigilli e poi concentrò tutto il chakra rimasto sul braccio destra. Il rumore del raikiri gli ferì le orecchie, ma ormai era troppo tardi: Obito aveva iniziato a corrergli incontro e anche Kakashi scattò.
 
Nozomi si stava divertendo da morire, giocando con Tenzō e sfuggendo all’ultimo ai suoi agguati. Non riusciva a smettere di sorridere!
Ma il sorriso gli si congelò sulle labbra non appena sentì quella gelida intenzione omicida scivolare sul suo corpo. Non dovette girarsi per capire da chi provenisse o cosa stesse succedendo, e quando sentì lo stridere del chidori capì subito cosa stava per succedere.
Cazzo, Obito!
Il suo sguardo si concentrò e, non trovando una soluzione più ortodossa, afferrò bruscamente Tenzō per il braccio. Lo lanciò il più forte possibile, non guardò nemmeno dove fosse atterrato, lanciò poi un altro kunai e si dislocò.
Comparve al centro della linea tra Kakashi e Obito, nel punto dove si sarebbero incontrati provocando il disastro e dove si era piantato il kunai. Non si fermò un secondo, ruotando su se stesso e afferrò ciascuno per il polso impedendo loro di incontrarsi e li lanciò dalla parte opposta.
Nell’arena era calato un silenzio attonito. Ma Nozomi non si rilassò, si dislocò ancora una volta da Obito, che già in piedi lo aspettava. Parò il pugno, il calcio e di nuovo l’altro pugno. In poche mosse lo costrinse a terra, un ginocchio piegato sul suo petto, i polsi piantati a terra da una sua mano e un piccolo rasengan, impossibile da essere visto dal pubblico, che brillava nell’altro mano libera alzata per colpirlo al viso.
“Che cazzo fai?!” ringhiò.
Obito aveva il fiatone, abbandonò la testa all’indietro sul terreno scomposto e rilassò la posa tesa, gli occhi chiusi.
“Sapevo che mi avresti fermato” ansimò arricciando le labbra in un sorriso.
Quando riaprì l’occhio Nozomi tornò a specchiarsi sull’iride pece. Rilassò anche lui i muscoli e dissolse il rasengan, ricambiò il sorriso ridacchiando esasperato.
“Sei un idiota”.
“E dei due sono io quello intelligente” rise.
Lo colpì con un pugnetto scherzoso alla spalla. Qualsiasi cosa gli fosse presa, era passata. Era il solito Obito.
Dalla tribuna d’onore, sentì il Sandaime annunciare la fine dell’incontro.
 
 
Soooo, come anticipato ecco il capitolo di ben 7.400 parole xD
Prima di tutto voglio fare un piccolo appunto: nel mondo shinobi esistono molte tecniche per “teletrasportarsi”.
La più usata è il shunshin, in italiano tradotta banalmente “tecnica del teletrasporto”, che posso usare tutti i ninja di capacità media. Non è un vero è proprio teletrasporto, ma un concentrare di chakra che rende così veloci da dare l’illusione di teletrasporto. Per capire, è quella che quando usano fanno comparire nuvolette/foglie hahaha
Poi c’è l’hiraishin, che se non ricordo male la traducono con “Tecnica del dio del tuono volante”. È quella che usa Minato che ha inventato Tobirama. Quando Nozomi usa questa per distinguerla dal shunshin uso il verbo dislocarsi (so che a volte è tradotta anche come dislocazione istantanea).
Poi c’è quella del Kamui che usa solo Obito.
Su questa nota, vi chiedo se serve che quando si presentano aggiunga annotazioni sui jutsu e le tecniche. Io scrivendo do per scontato che siano conosciute, ma magari possono confondervi quindi ditemi cosa preferite!
Altra cosa, poi la smetto giuro xD: il combattimento è stato troppo noioso e dettagliato? Ammetto che adoro le scene di azione, ma scriverle è sempre molto difficile – specialmente quando si parla dell’azione di Naruto. Il mio intento è metterne parecchie, anche per rispettare lo spirito del manga, ma nel caso succhiassi davvero tanto o fossero troppo noiose ditemi così le ridimensiono :c
 
Okay ho detto tutto, credo?
Spero vi sia piaciuto! Vi ringrazio per le recensioni allo scorso capitolo, siete dei tesori <3 <3
Nel prossimo (che sarà più breve) qualche chiacchierata e… l’incipit di un momento tanto atteso. Del resto Nozomi ha fatto esattamente quello che aveva detto Obito :)
 
Hatta
   
 
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