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Autore: Crudelia 2_0    31/05/2020    4 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: Sono. Sempre. In. Ritardo.
Sono imperdonabile, lo so lo so, ma, se può rendermi meno colpevole, vi dico che sono stata impegnata a raccogliere nuovo materiale per i prossimi lavori (perché ce ne saranno, e anche molti - non vi libererete così facilmente di me)!
In ogni caso, un grazie infinito a tutti voi che mi avete accompagnato fin qua, sostenuto ed incoraggiato. Il prossimo capitolo sarà l'epilogo, e io già sento la mancanza di questa storia.
Ma non voglio immelanconirvi (?) troppo, quindi vi lascio.
 
Un grosso abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
...del processo
 
 
 
 
Hermione seguì la schiena dell'Auror che le stava facendo strada con un senso di vaga soddisfazione: era bello sapere di avere ancora ascendente. Era entrata al Ministero quasi come se stesse facendo un'incursione, e non aveva lasciato la scrivania da cui pretendeva informazioni finché non le avevano concesso ciò che desiderava.
«Può vedere il professor Piton, signorina Granger, ma la prego smetta di urlare» le avevano detto. Ma a quel punto aveva già smesso, ricomponendosi con dignità e limitandosi a seguire con aria altezzosa l'Auror incaricato di farle strada.
L'uomo si fermò davanti una porta di legno scuro al centro di un corridoio ancora più nero, l'eco delle loro scarpe rimbombava ancora contro i muri quando parlò.
«Solo cinque minuti, signorina» le disse aprendo la porta, ma Hermione lo ascoltò a malapena.
Non aspettò che la porta fosse tutta aperta: intravide Severus seduto su una sedia a braccia incrociate e si precipitò all'interno. Ebbe appena il tempo di alzarsi - Hermione lo sentì sussurrare il suo nome con sorpresa - che lei gli aveva già gettato le braccia al collo.
«Severus» disse, il viso affondato nell'incavo della sua spalla. Lo strinse ancora di più, sentendo le sue mani forti che premevano contro la sua schiena facendo incontrare i loro corpi.
Hermione inspirò il suo profumo beandosi del suo calore. Non era passato molto tempo da quando l'avevano portato via, ma lei si era sentita angosciata a causa di quella distanza. Sapeva che il processo si sarebbe svolto a breve - Harry l'aveva avvertita con una Strillettera piuttosto corta e pacata - e sapeva anche di quanto la maggior parte dei maghi facenti parte del consiglio non aspettasse altro che un passo falso da parte dell'uomo (o di chiunque altro in stretta libertà a causa della vicinanza con Voldemort durante la guerra) per dimostrare che era impossibile redimersi.
La pena giusta per quelli come lui è Azkaban, aveva spesso sentito dire, ma non aveva mai assimilato fino in fondo il peso di tale affermazione.
«Hermione» lo sentì ripetere tra i suoi capelli, un sussurro pieno di sollievo e preoccupazione. «Che ci fai qui?»
Lei si staccò appena, solo lo spazio necessario per incontrare i suoi occhi. «Non potevo non venire» rispose con tono ovvio, ma era molto più tranquilla ora che l'aveva visto. «Stai bene?»
«Certo che sto bene» rispose in fretta lui, un pizzico d'orgoglio nella voce, la fronte corrugata.
Ma lo sapeva, Hermione, che non si sarebbe fatto piegare.  Allungò una mano verso la sua guancia e si stupì leggermente quando la sentì ruvida di barba. Aveva poco da sorprendersi, però: chinando lo sguardo vide la camicia ancora macchiata di terra.
Sorrise: non si era cambiato per stare con lei, e facendolo aveva accettato che lo vedessero in quelle vesti.
«Dov'è Kathleen?» Chiese Severus, distogliendola dai suoi pensieri.
Hermione ritornò ad incrociare i suoi occhi, velati di preoccupazione. Si sentì stringere il cuore nel vederli.
«Da Andromeda» rispose, passandosi una mano tra i capelli. «Avrei voluto portarla da Molly, ma non poteva e...» sospirò. «Era abbastanza sconvolta, le ho dovuto promettere che l'avrei portata qui» ammise guardandolo.
Severus espresse la sua disapprovazione storcendo la bocca in modo quasi comico, ma non disse niente, limitandosi a condividere un sospiro. Poi la guardò con tenerezza, passandole una mano tra i capelli scompigliati e una guancia pallida.
Sono contento che sia qui, esprimevano i suoi occhi, ed Hermione non aveva bisogno che lui lo dicesse per capirlo. Quando la sua mano arrivò alle labbra chiuse gli occhi, sentendoli bruciare di lacrime.
Sentì il suo pollice accarezzarle lentamente il labbro inferiore, e lei lo assecondò schiudendo la bocca. Sentì il suo fiato caldo, poi la sua bocca come una ventata d'aria fresca che riempie i polmoni.
Si aggrappò alla sua camicia gemendo con la gola, un verso quasi disperato più che di piacere. Si schiacciò al suo corpo sentendo le sue mani perdersi nei suoi capelli e poi tuffarsi sotto la sua camicetta. Rabbrividì quando le sue dita calde le sfiorarono i fianchi, e strinse i suoi capelli tra le mani per non permettergli di allontanarsi.
Ricambiò il bacio con tutta la sua forza, sentendo nello stomaco una bolla d'ansia che andava a sgonfiarsi e riempirsi ad ogni momento: come vasi comunicanti, si liberava del suo sentimento negativo assorbendo quello dell'altro.
Rimase incollata alle sue labbra anche quando l'ossigeno diventò poco e il cuore chiedeva battendo come un matto un po' d'aria. Ma non era disposta ad ascoltarlo, e nel modo in cui Severus le alzò una gamba e la spinse contro il muro capì che per lui era lo stesso.
Gli morse il labbro inferiore e infilò le mani fino a toccare la sua pelle. Accarezzò a palmo aperto tutta la sua schiena, sentendo le sue cicatrici come creste di montagna.
Lui si chinò a baciarle il collo e lei gemette.
«Severus-»
«Non dire niente» la interruppe, la voce roca dal desiderio pulsante che lei sentiva premere forte contro la sua coscia.
«Se fosse l'ultima volta, io-» si zittì perché lui si era alzato. Aveva posato un avambraccio vicino al suo viso e aveva portato il suo viso di fronte, tanto vicino da baciarlo.
«Hermione» si fermò, ansimante. Hermione vide il tormento oltre il desiderio, la paura oltre la passione. Sentì lo stomaco contorcersi e pregò che quel bacio focoso non fosse per lui un addio, come lei lo percepiva.
«Se non-» si fermò di nuovo, chinando lo sguardo come a poter trovare le parole giuste ai loro piedi. «Mi condanneranno» disse infine, come se volesse spiegarlo a lei più che cedere all'evidenza.
«Perché ti sei sacrificato, Severus? C'era Harry e-»
«Tu non l'hai vista!» Le disse, riportando gli occhi su di lei come uno schiaffo. Hermione sussultò quando vide la rabbia che bruciava al loro interno.
«Non dovevi, non-» cercò di far uscire le parole attraverso la gola secca, aggrappata alla sua camicia come un naufrago. «Non arrenderti, ti prego, io ti aspetto» sussurrò conciata, combattendo contro le lacrime per esprimere quelle poche parole.
Lui aprì la bocca, ma la porta si aprì in quel momento. Hermione si sentì richiamata, ma si rifiutò di staccarsi. Non finché non avrebbe ricevuto una risposta, Urlavano, supplicavano i suoi occhi.
E lui l'accontentò, un sussurro tanto lieve da farla tremare dentro e far uscire l'unica lacrima a cui lei permise di perdersi. Glielo disse mormorando tra i suoi capelli, un segreto confessato solo a lei e tenuto lontano dall'Auror che si stava avvicinando con la bacchetta già pronta nella mano.
«Ti amo anch'io»
 
 
 
Severus tornò a sedersi dopo minuti passati a consumare il pavimento della piccola stanza in cui era stato chiuso come uno straccio vecchio. La visita di Hermione l'aveva lasciato più agitato di quanto lo fosse all'inizio: non si aspettava di vederla, e scoprirla così preoccupata per lui gli aveva fatto perdere la calma, di nuovo.
Si era ripromesso di non farlo, ma il suo corpo era una tentazione a cui non era riuscito a resistere, soprattutto dopo quella notte, di cui portava ancora i segni sulla schiena.
Sospirando si passò le mani tra i capelli, i gomiti sulle ginocchia.
Era stato uno stupido.  Avrebbe dovuto aspettare, far fare a Potter il maledetto Auror e tenersi fuori da quel pasticcio. Invece si era fatto incantare dagli occhi tristi di quella bambina e come unico risultato si ritrovava chiuso in quella che era troppo bella per essere definita cella, ma troppo claustrofobica per essere una sala d'aspetto.
Complimenti, Severus, per spedire Greyback ad Azkaban hai acquistato un biglietto sullo stesso treno, vicini vicini come ai vecchi tempi.
Digrignò i denti con i viso affondato tra le mani. Alla fine era riuscito a portare a termine ciò che voleva tanto accuratamente evitare: rovinare la vita ad Hermione.
«Deficiente» sibilò tra i denti, tanto forte da far rimbombare la sua voce contro le pareti.
«Non mi aspettavo una festa, ma non è così che si accolgono gli amici, Severus»
Severus alzò la testa di scatto e subito incontrò un paio di occhi verdi che lo squadravano con un misto di severità e ansia sopra le lenti quadrate.
«Minerva» disse alzandosi, sperando che la donna non cogliesse la nota di sollievo autentico che la sua voce aveva tradito.
«Ancora una volta nei guai, giovanotto» disse Minerva con un sorriso timido sulle labbra strette.
Severus alzò un angolo della bocca in un lieve sorriso beffardo, ma si chinò ad accettare l'abbraccio leggero della donna che aveva il sapore dell'affetto materno.
Quella frese era una ricorrenza tra loro, una battuta consolidata tra amici di vecchia data. Minerva l'aveva pronunciata la prima volta durante il secondo anno ad Hogwarts di Severus, quando per la terza volta in un mese lui era finito nel suo ufficio in attesa di una punizione. Negli anni a venire si era ripetuta più volte ed era la prima cosa che Severus aveva sentito quando aveva aperto gli occhi in un'asettica stanza di ospedale.
Severus si drizzò schiarendosi la gola, leggermente imbarazzato. Era raro che Minerva esternasse con manifestazioni fisiche i suoi sentimenti, e ancora meno lui era abituato a riceverne.
«Non immaginavo mi fossero concesse due visite»
«Ho incontrato la signorina Granger, sì. Era piuttosto sconvolta» commentò Minerva.
Severus distolse lo sguardo con le labbra strette, sentendosi colto in fallo.
Minerva sospirò, ma raddrizzò subito le spalle assumendo quell'aria pratica che Severus, in tanti anni passati come suo collega, aveva imparato a conoscere.
«Ho poco tempo, Severus, quindi sarò diretta» esordì parlando con tono spiccio, i sentimentalismi ormai lasciati alle spalle.
Severus crollò sulla sedia e l'ascoltò come l'allievo che era stato, lei lo consigliò come la madre che avrebbe dovuto avere.
 
 
 
Severus non vedeva così tanta gente dal suo primo processo, ed era sorpreso che ce ne fosse così tanta ora.
Non sapeva con precisione quanto tempo fosse passato da quando era stato portato via da casa di Hermione - le ore sembravano dilatarsi all'infinito in quella stanza buia in cui come unica compagnia aveva una sedia.
Fu scortato al centro dell'aula da una mano ferma chiusa attorno al suo bicipite, ma non aveva alcuna intenzione di scappare.
«Non fare sciocchezze» si era raccomandata Minerva prima di lasciarlo, e, per una volta, aveva tutta l'intenzione di ascoltarla.
Abbracciò con uno sguardo la sala, mentendo a se stesso su chi stesse cercando, e una macchia di colore colpì i suoi occhi come un pugno. Stretta in un abito disgustosamente arancione, Rita Skeeter aspettava accomodata con le gambe incrociate e la pena pronta su una pergamena mezza piena di quelle che, Severus ne era sicuro, fossero scemenze.
Distolse gli occhi con un moto di disgusto, ma non fece in tempo a trovare chi effettivamente stava cercando che fu spinto sulla sedia al centro e le catene scattarono ai suoi polsi.
La parola criminale si illuminò come una luce al neon nella sua mente, luminosa e violenta, e cercò di ignorarla. Era un'etichetta da cui non si sarebbe mai liberato, come il marchio sul suo avambraccio.
Di colpo il borbottio cessò e tutti si alzarono in piedi. Nel silenzio teso e carico di aspettativa che anticipava l'entrata del Ministro, una voce sottile si alzò in quello che voleva essere un sussurro, ma risuonò come uno sparo in campo aperto.
«Mamma, perché ci sono le catene?»
Severus si voltò di scatto e individuò subito ciò - chi - che aveva tanto finto di non cercare.
Kathleen lo guardava con le labbra strette e le guance pallide, e Severus sentì la tenerezza invaderlo come un'onda alla vista della sua gonna blu e la maglietta bianca. Strinse i denti per impedirsi di risponderle: non era giusto che lo vedesse in quel modo, non era giusto che avesse vissuto ciò che le era successo e non era giusto che fosse condannata a quella maledizione.
Eppure, in un controsenso insensato e prepotente, sentiva che fosse maledettamente giusta la sua presenza.
Giusta perché Kathleen gli entrata sottopelle, fino al cuore. Con le sue domande scomode, le risate aperte e improvvise, gli abbracci stretti a togliere il fiato come se ogni volta fosse l'ultima.
Non fare sciocchezze, aveva detto Minerva, ma in quel momento, quando il Ministro si accomodava e tutti tornavano a sedersi, l'ultimo pezzo del puzzle andò al suo posto con una chiarezza assordante: se fosse stato necessario, Severus avrebbe fatto crollare il mondo per quella bambina tanto piccola quanto capace di riempirgli il cuore. E se era necessario andare ad Azkaban l'avrebbe fatto a cuor leggero: non condannato per i suoi reati da Mangiamorte, ma per il peccato di essere stato troppo protettivo con una bambina che aveva implorato il suo aiuto e riempito il suo mondo con occhi neri, supplicanti e pieni di speranza.
Il suo unico peccato - ironico a pensarci - era essersi comportato come un padre geloso nei confronti di sua figlia.
Se la sua situazione non fosse stata tanto precaria avrebbe riso. Perché Albus glielo aveva sempre detto, e non ci aveva mai creduto; perché Lucius aveva basato la sua intera esistenza sulla protezione di Draco, e lui l'aveva considerato un pazzo.
Avrebbe riso perché proprio lui fra tutti - Severus Piton - lui che aveva creduto che il suo cuore non sarebbe mai tornato alla vita dopo la morte di Lily, aveva trovato la sua redenzione nelle mani di una bambina che ancora non sapeva camminare da sola, ma reggeva sulle spalle il peso della luna.
Senza ascoltare il lungo elenco dei suoi crimini e dei vincoli a cui era sottoposto, che avrebbe dovuto conoscere e che aveva bellamente infranto, alzò gli occhi per incontrare quelli di Hermione.
La vide pallida e intenta a torturarsi le mani, ma le sorrise.
La vide sgranare gli occhi, poi, lentamente, anche lei ricambiò il sorriso. E c'era amore, sulle sue labbra, così tanto che sarebbe potuto bastare per entrambi se lui non avesse ricambiato con tale ardore.
Se non fosse stato per lei, per la sua visita improvvisa e caparbia mesi prima, non si sarebbe trovato in quella situazione, ma non riusciva a non vederla come una benedizione.
Distolse l'attenzione da lei solo quando il suo nome fu pronunciato con tanta enfasi da rendere necessaria una risposta.
«È consapevole delle restrizioni imposte alla sua persona, signor Piton?»
«Sì»
Solo sì, nessun segno di riconoscimento per l'autorità o di rispetto.
«E come si dichiara a seguito dell'infrazione di quest'ultime?»
«Colpevole»
Un brusio che correva lungo la sala come un'onda, ma ancora non gli importava.
«Silenzio! E può dirci, signor Piton, perché l'ha fatto?»
Questa volta si prese il suo tempo per rispondere. Riportò gli occhi ad Hermione, vedendola serena. Nel suo modo del tutto personale e particolare, lei aveva capito.
E guardò Kathleen, piccola e con gli occhi sgranati e attenti, che nonostante l'apprensione seguivano tutto con il desiderio di assorbire quante più informazioni possibili.
Lei lo guardò e fece un sorrisino piccolo, e Severus si sentì scaldare il cuore.
«Perché ho visto la bambina»
 
 
 
«Ti chiami Kathleen Jean Grenger, giusto?»
«Sì»
Sedeva dritta e composta sulla grande sedia, coraggiosa tanto da reggere lo sguardo di chi la interrogava senza timore. Doveva solo dire la verità, lo sapeva. Aveva paura, ma l'avrebbe fatto.
«Hai visto il signor Piton colpire con un incantesimo il signor Greyback?»
«Sì»
«Sai dire che incantesimo era?»
«Era rosso»
«Sei mai stata ferita dal signor Piton?»
«Ioo? No, no» trovò la forza di ridere, anche in quella situazione. «Mi ha anche guarito il ginocchio quando sono caduta dalla bici»
«Tua madre è mai stata ferita?»
«Ma no, neanche la mamma»
Un altro sorriso impertinente, se non fosse stata così piccola sarebbe stata richiamata all'ordine.
«Hai mai visto qualcun altro essere colpito dal signor Piton?»
«No, Severus ci ha aiutate, non fa male a nessuno. Ha colpito mio padre perché non voleva farmi andare a casa, e io volevo la mamma»
 
 
 
Minerva pensava che non sarebbe mai vissuta abbastanza per vedere un processo ribaltato e un uomo assolto grazie alla testimonianza di una bambina di cinque anni, ma quel giorno ebbe la dimostrazione che per quanto piccoli, ognuno può fare la differenza.
 
 
 
«Assolto»
Il martello colpì il legno e la sentenza fu pronunciata con un pizzico, quasi inudibile, di delusione.
Ci erano volute più di tre ore e la testimonianza di non poche persone, alcune tra le più influenti e famose del mondo magico.
Ciò che tutti seppero, grazie alla Gazzetta del Profeta del giorno dopo, fu l'eccezionale intervento della figlia del più pericolo lupo mannaro in circolazione capace di assolvere un noto Mangiamorte.
Che la loro vita sarebbe stata mostrata in prima pagina, però, interessava ben poco ai tre coinvolti principalmente.
 
Hermione non aspettò altro che quella parola per alzarsi, prendere Kathleen per mano, e correre al fondo delle gradinate per avvicinarsi il più possibile a Severus. Lui era circondato da curiosi e giornalisti, ma ignorò tutti e non guardò nessuno se non lei.
Avrebbe voluto abbracciarlo, ma si trattenne con le lacrime agli occhi.
Come se la sua dichiarazione non fosse bastata, Severus la sorprese ancora una volta. Tese una mano e le accarezzò una guancia, davanti a tutti, prendendosi tutto il tempo per sentire la morbidezza e il calore della sua pelle sotto i polpastrelli.
«Andiamo a casa» le sussurrò, e lei non aggiunse altro, trovando quelle poche parole essenziali e necessarie.
Accettò la sua mano, e insieme uscirono sotto la luce della luna.













 
   
 
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