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Autore: NPC_Stories    03/06/2020    4 recensioni
Una raccolta di flashfic e oneshot che attraverso una parodia quasi sempre comica di alcuni cliché letterari racconteranno frammenti di vita dei miei personaggi ricorrenti, o anche piccoli missing moments di altre storie.
Aggiornamento a random quando mi sento ispirata.
Genere: Fantasy, Parodia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Questa storia è il sequel della minilong La caccia della poiana, ma penso sia comprensibile anche senza leggere il prequel.


1361 DR: City Mouse


"Abbiamo... un sacco di alberi" rispose l'elfa dei boschi, dopo una breve riflessione. "C'è anche qualche ruscello, ma non molti." Sì sforzò di trovare qualcos'altro da dire sulla sua patria, per descriverla alla sua fidanzata. "Uhm... no, questo è tutto. Alberi. Be', lo vedrai quando arriveremo!" Promise, con un sorriso entusiasta.
Aphedriel Presrae, giovane e promettente maga della città di Evereska, trattenne un sospiro sconsolato. Non che non le piacessero gli alberi. Quando sei un'elfa è un po' un dovere morale farti piacere gli alberi. Però lei era una ragazza di città, era abituata ad un certo grado di civiltà e di comfort. Non riusciva ad immaginarsi vivere la vita di un'elfa dei boschi. Il lungo viaggio dalla sua città alla foresta della sua fidanzata glielo stava confermando.
"Pazzeschi 'sti palazzi, mai visto nulla di simile a Sarenestar" aveva detto Freya, di fronte alle torri e agli archi di Evereska.
"Ah, questo lo chiami fango? Dovresti vedere Sarenestar nella stagione delle piogge!" Aveva esclamato Freya, quando lungo la strada il sentiero di terra battuta si era trasformato in un pantano a causa del disgelo.
"Questa città umana non è poi così male, ma accidenti, è enorme", aveva commentato quando erano giunte a Baldur's Gate "questo viaggio mi ha dato l'occasione di vedere gli umani da vicino per la prima volta, a Sarenestar viviamo così reclusi". (Quella era l'unica cosa che non le aveva dato fastidio perché anche ad Evereska gli elfi vivevano reclusi dal resto del mondo)
E avanti così. Per tutto il viaggio la sua amata Freya non aveva fatto altro che parlare della sua foresta natia, il luogo in cui le due ragazze progettavano di vivere dopo essersi sposate. Aphedriel aveva proprio la sensazione che lady Merildil, la madre di Freya, avesse voluto viaggiare a piedi per la strada più lunga anziché muoversi con un teletrasporto per mettere alla prova la sua volontà. Non solo la giovane maga non era abituata a viaggiare e a faticare; non era neanche una gran conoscitrice del mondo. Era chiaro ormai che cosa pensasse di lei la sua futura suocera: se Aphedriel non fosse riuscita a sopportare qualche settimana di viaggio, come avrebbe potuto adattarsi a vivere in una fangosa foresta?
L'elfa della luna si sentiva in trappola. Da quello che era riuscita ad estrapolare dai racconti della sua innamorata, gli elfi dei boschi vivevano in tende da campo intessute di muschio per mimetizzarsi alla perfezione nella foresta. I più stanziali, come gli anziani, vivevano in tane scavate nel terreno costruite dagli halfling. Quella sarebbe stata una vita ben diversa dalla comoda ed elegante torre dell'accademia di magia in cui aveva vissuto negli ultimi vent'anni. Ma che poteva fare? Rinunciare alla sua thiramin, la sua anima gemella? No, impossibile. Il suo cuore non avrebbe retto al dolore, e nemmeno quello di Freya.
Aphedriel si sentiva in trappola perché non poteva fare nulla per evitare la vita di fatica e fango e... alberi, a quanto pare... che l'aspettava nella foresta di Sarenestar. Durante il viaggio fece del suo meglio per fare buon viso a cattivo gioco e approfittò dei momenti di campeggio per cercare di abituarsi a quell'esistenza semplice.

Quando alla fine arrivarono alla foresta di Sarenestar, era più o meno come Freya l'aveva descritta: una distesa ondulata di dolci declivii coperti da sempreverdi, con macchie di sottobosco e sentieri stretti scavati dal passaggio di elfi o altre creature. Addentrandosi per qualche ora nella foresta incontrarono un campo di ranger, che Aphedriel scambiò per un villaggio. Quando chiese dove fossero gli anziani e i bambini, i ranger si misero a ridere e risposero: "in città".
Aphedriel drizzò le orecchie, perché Freya non le aveva mai parlato di una città. Si voltò verso la sua promessa sposa e Freya fu lesta a nascondere un sorrisino.
"Andiamo, fra un giorno o al massimo due saremo a destinazione" le spronò Merildil. "Tutto dipende dal vostro passo."

Ci vollero due giorni, perché Aphedriel aveva un portamento che si addiceva più a un ballo di gala che a una scampagnata nel bosco. Quella notte si fermarono a campeggiare insieme a un altro gruppetto di ranger, ma Aphedriel era troppo stanca per il viaggio per fermarsi a chiacchierare con loro, inoltre per lei non era mai stato facile fare conversazione con gli estranei.
Il giorno dopo raggiunsero un'area di fittissimo sottobosco, una barriera vegetale impenetrabile se non fosse stato per un sentiero che si snodava fra le fronde.
"Soltanto gli elfi possono vedere questa via" spiegò Freya, indicando il sentiero su cui stavano camminando. "Oppure coloro che sono già stati invitati in città almeno una volta."
Aphedriel riconobbe il pizzicore alla pelle che le suscitava sempre il primo contatto con un mythal. Quella città era protetta da un antico incantesimo elfico! La giovane maga rimase molto colpita, perché i mythal non venivano sprecati per piccoli villaggi di capanne.
Quando finalmente la macchia di sottobosco si aprì rivelando uno degli ingressi alla città, Aphedriel rimase senza parole.
Sì, c'erano alberi.
A onor del vero, c'erano anche delle case halfling.
Ma c'erano anche splendide case lignee abbarbicate sui rami, che creavano una perfetta armonia con il paesaggio lasciando credere di essere cresciute dagli alberi stessi. C'erano ponti di corda e legno che collegavano quelle case, c'erano piattaforme rialzate sugli alberi più grossi, dove la gente si fermava a chiacchierare e a lavorare. C'erano note di musica soave che riverberavano fra i tronchi, creando strane ipnotiche sinfonie, e incantesimi di luce che mettevano in risalto gli angoli più belli della città. Le decorazioni non avevano nulla di artificiale, erano piante e alberi che venivano incoraggiati con la magia a crescere in modo artistico e originale.
Era una vera città, l'apoteosi della tecnologia degli Elfi dei Boschi che sapevano creare splendidi palazzi così integrati nella foresta da non assomigliare per niente all'architettura degli umani, a differenza delle case di Evereska che erano fatte di pietra e legno segato.
Aphedriel capì che la vita a Myth Dyraalis sarebbe stata sicuramente più a contatto con la natura, ma non più barbarica di quella a cui era abituata.
"Mi hai presa in giro per tutto il viaggio" incrociò le braccia, piegando le labbra in un broncetto.
Freya le sorrise, e bastò quel sorriso a cancellare tutta l'animosità dell'elfa della luna. "Mia madre voleva metterti alla prova, e io... quando ho visto come reagivi ai racconti di una vita rurale, non ho potuto evitare di farmi quattro risate. Oh, avresti dovuto vedere la tua faccia!"
Aphedriel mantenne il broncio ancora per qualche secondo, poi capitolò, soverchiata dalla curiosità e dall'ammirazione per quel luogo tutto da scoprire. Freya le passò una mano intorno alla vita e lei la lasciò fare, godendosi la sensazione di essere circondata dalla bellezza. Decise che avrebbe potuto essere molto felice lì.


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Ovviamente questa storia si rifà al trope del "topolino di campagna, topolino di città", ma la verità è che sia Freya che Aphedriel sono topolini di città.
   
 
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