Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    04/06/2020    13 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La-Battaglia-delle-Piramidi
 
Prigioniero nel Mediterraneo
 
Si riebbe qualche ora dopo, destato da un pungente dolore alla nuca e da una sete ardente che gli prosciugava la gola, secca e arida come il deserto del Sahara.
La prima istintiva reazione fu tentare di guardarsi intorno, per capire dove fosse finito, ma nulla poté vedere, perché il luogo dove si trovava era avvolto dal buio. Comprese, comunque, dall’assenza di rumori e di vento e dall’aria viziata, di trovarsi al chiuso. Si avvide subito, con forte disappunto, di essere stato legato e imbavagliato. Spesse corde gli immobilizzavano le mani dietro la schiena e gli stringevano le caviglie e le gambe poco sopra le ginocchia mentre un doloroso bavaglio gli penetrava in bocca, tormentandogliene gli angoli.
Tentò di divincolarsi, ma fu inutile. Agitarsi ebbe l’unico effetto di aumentare il dolore e di trasformare in piccoli rivoli le gocce di sudore che gli bagnavano il volto e gli infradiciavano gli abiti, ormai chiazzati e maleodoranti. Se non altro, però, aveva ancora il giustacuore. Quei manigoldi, chiunque essi fossero, non lo avevano privato del prezioso indumento e delle missive in esso cucite. Benedisse mille volte la scelta di Oscar e sua di dotarsi di abiti da viaggio che, sebbene fossero di tessuto pregiato e di ottima fattura, erano comodi e caratterizzati da una linea semplice ed essenziale. Dei vestiti più elaborati e vistosi avrebbero sicuramente attirato l’attenzione dei rapitori e mutato padrone con molta celerità.
Provò ad acuire tutti i sensi e a chiamare a raccolta le sue capacità deduttive per capire una buona volta dove diavolo lo avessero rinchiuso. Sul motivo del rapimento, invece, si sarebbe interrogato successivamente. Un passo alla volta…
Cominciò, poco a poco, a ricordare: una banda di stranieri lo aveva circondato, aveva combattuto con la forza della disperazione, un colpo secco lo aveva raggiunto alla nuca e, poi, il buio… 
Si accorse con facilità di essere disteso su delle assi di legno e di trovarsi in un luogo privo, non soltanto di finestre, ma anche di luci, di feritoie e di qualunque altro tipo di foro atto a far passare il seppur minimo alito di vita. Dopo svariati minuti dal risveglio, durante i quali gli occhi si sarebbero dovuti abituare all’oscurità, era, infatti, ancora del tutto avvolto nelle tenebre.
Un dubbio atroce lo colse: quel colpo alla nuca lo aveva, forse, precipitato di nuovo nella cecità, nullificando il lavoro di Lucilio Vianello? Una morsa gli strinse il cuore e gli tolse il respiro, bloccandogli ogni muscolo. Fu questione di qualche attimo, ma, poi, razionalizzò. Non doveva pensare subito al peggio. A parte il male alla base del cranio, non avvertiva altro dolore fisico e nessuna correlazione apparente poteva ragionevolmente esserci fra la nuca e la vista. Non doveva affastellarsi la mente con ipotesi prive di fondamento, ma concentrarsi sulle poche certezze che aveva, una delle quali era la consapevolezza che il dolore stava aumentando.
Passarono altri minuti, durante i quali la parte offesa iniziò a pulsare e a scottare. Ben presto, si accorse che non era soltanto la nuca ad ardere, ma tutta la pelle. Aveva sicuramente la febbre…
A chi doveva la sua prigionia? A Bonaparte, al solito Orléans o a qualche altro? I nemici, di certo, non gli mancavano.
Fu, d’improvviso, trafitto da un terribile sospetto: ciò che gli era successo voleva, forse, significare che Oscar e i ragazzi erano in pericolo? Quel pensiero lo riempì di frenesia, tanto che iniziò a dimenarsi come non aveva ancora fatto, con l’unico risultato di scorticarsi i polsi, di sudare ancora di più, di acutizzare il dolore e la sete e di farsi salire la febbre.
Si fermò sconfitto e, dopo qualche istante di prostrazione, riprese a riflettere. Aria viziata, buio, totale assenza di rumori. Lo avevano rinchiuso in un deposito, in un magazzino, in uno scantinato?
I minuti seguirono i minuti e la situazione non mutò. Nessuno pareva interessarsi a lui, lo avevano abbandonato lì come un sacco di patate. Una sensazione di profondo malessere lo avvolse. Ora, non era soltanto la nuca a dolergli, ma tutta la testa che, a tratti, pareva scoppiargli. La febbre era aumentata e, adesso, alla sete si era unita la fame. L’aria, intorno a lui, era pesante, afosa e immobile. In quella stamberga, c’era un caldo opprimente e innaturale che non dipendeva soltanto dalla febbre. Si sentì inquieto e impotente, la frustrazione si impadronì di lui e, se non fosse stato imbavagliato, si sarebbe messo a urlare.
Tentò nuovamente di calmarsi e di riflettere. Non poteva permettersi il lusso di cedere alla disperazione, allo sconforto o alla nevrastenia. In quelle interminabili, orribili ore, era lui l’unico alleato di se stesso. Si sforzò di riflettere ancora, ma alla febbre, alla sete e alla fame si unirono la nausea e alcuni capogiri.
Alla fine, capì che i capogiri e l’impulso di rigettare dipendevano dal fatto che il pavimento su cui si trovava non era fisso, ma mobile. Un pavimento di legno ondeggiante…
Si trovava su una nave!!
 
********
 
Oscar stava effettuando il consueto giro notturno d’ispezione della barca su cui viaggiava insieme alla famiglia.
Era un’abitudine che lei e André avevano preso sin dall’inizio del loro viaggio sul Nilo, la cui incombenza, ora che il marito era partito per Alessandria, gravava esclusivamente su di lei. La reputavano una precauzione necessaria per mettersi al riparo dalle sgradite incursioni dei nativi o dei soldati napoleonici, alcuni dei quali erano particolarmente indisciplinati. Dopo la Battaglia delle Piramidi e la presa de Il Cairo, poi, il clima si era surriscaldato, erano iniziati i saccheggi e il pericolo che qualche malintenzionato, egiziano o francese, prendesse di mira le barche dei de Jarjayes et de Lille era aumentato.
Tutto era tranquillo e silenzioso, tanto che, nel corso della perlustrazione, aveva udito soltanto i suoi passi rimbombare sull’impiantito di legno oltre ai respiri regolari dei dormienti che occupavano le varie cabine.
Dischiuse leggermente la porta della cabina dove i figli alloggiavano con Bernadette e indugiò sulla soglia quel tanto che occorreva per sincerarsi che andasse tutto bene. Dormivano tranquilli nei propri letti, loro che potevano, semicelati dai fitti veli che li proteggevano dagli insetti. Sorrise amorevolmente, benedicendo la loro innocenza infantile che li faceva riposare quieti e sereni anche nelle situazioni più difficili.
Si spostò all’aperto, sul ponte e si appoggiò al parapetto. Fu fortunata, perché, proprio in quel momento, un sottile alito di vento giunse ad alleviare l’afa di fine luglio, portando alle orecchie di lei il frinire dei grilli e delle cicale. La luna, che era quasi piena, irradiava la sua luce d’argento sulle acque lente e addormentate, solo lievemente increspate dalla brezza. Sulle sponde del fiume, si intravedevano le sagome scure delle palme e dei sicomori.
Lì, dove i paesaggi, le acque, gli odori e persino l’avvicendarsi del giorno e della notte erano diversi, si sentì improvvisamente sola. Avvolta da quel cielo immenso, pochi metri al di sopra di quel fiume maestoso, pigro e millenario, avvertì, inesorabilmente, la responsabilità dei figli e della missione tutta sulle sue spalle. Era davvero triste non potere condividere quel peso con André.
Si augurò che stesse bene. Non aveva ragione di dubitarne, perché il compito che doveva svolgere era relativamente semplice e, soprattutto, perché ignorava che Bonaparte aveva scoperto il furto delle lettere. Nonostante tutto, si rabbuiò e l’umore le divenne, per un attimo, più scuro della notte. “Sciocchezze”, pensò, subito dopo, ridendo di se stessa. Magari, proprio in quel momento, anche André stava guardando lo stesso cielo e lo stesso fiume da un altro punto dell’Egitto. Non era mai stata donna da credere ai presentimenti e, poi, presentimenti di cosa?
Scosse il capo e pose fine ai suoi pensieri. Meglio fare un altro giro della nave che indugiare su quelle superstizioni più adatte a un orientale indolente che a un Ufficiale di Sua Maestà.
 
********
 
Mai si rese conto di quante ore o giorni aveva trascorso in quelle condizioni. Di certo, non molti, perché era ancora vivo, sebbene non ricordasse di essere mai stato nutrito e dissetato. Rimase lì, disteso, legato, avvolto dall’oscurità e dal silenzio, in uno stato di sospensione dal mondo, per un lasso di tempo che gli rimase ignoto.
Perlomeno, adesso, sapeva dove si trovava, ma la consapevolezza di essere prigioniero in una nave gli spalancava le porte alla certezza che mai sarebbe potuto sfuggire ai suoi carcerieri. Se anche fosse riuscito a liberarsi da quelle corde, impresa che, già di per sé, gli appariva ardua, dove mai sarebbe potuto scappare con il mare aperto intorno a lui?
Immerso nelle tenebre, circondato dal mare, lo stato in cui versava era assai miserevole e, col passare del tempo, crebbero l’insofferenza, la fame e la sete. Il dolore e la febbre, invece, si erano attenuati, segno che il colpo ricevuto non era stato eccessivamente forte. Nessun osso era rotto e ciò era già molto in quella situazione, ma il sudore, la sporcizia e il lezzo proveniente dal suo stesso corpo e dagli indumenti che indossava lo piombarono in uno stato d’animo di prostrazione che lo avvilì moltissimo: mai si era trovato in una tale condizione di degrado.
Col passare delle ore, gli parve che tutto sarebbe precipitato. Se si erano presi il disturbo di conservarlo in vita, probabilmente, non lo avrebbero ucciso neppure in seguito, salvo qualche disgraziato accidente, ma lo avrebbero portato chi sa dove e, forse, non avrebbe più rivisto la moglie e i figli. Di nuovo, fu colto dall’impulso di urlare, ma il bavaglio glielo impedì e ancora una volta la frustrazione si impossessò di lui, risucchiandolo nel suo oscuro vortice, così come il mare inghiotte l’affogato.
Si trovava in quella situazione disperata, quando avvertì qualcosa di leggero e di veloce muoversi su di lui e, poi, un suono sottile e acuto, del tutto uguale a uno squittio. Capì che alcuni topi gli stavano camminando addosso e si scosse furiosamente, in preda al raccapriccio. D’un tratto, un’idea gli balenò nel cervello: quei topi avrebbero potuto rosicchiare le funi che lo tenevano legato, ma come indurli a fare ciò?
Quei progetti fantasiosi durarono lo spazio di un istante, tanto impiegarono due marinai a spalancare la porta dello stiva e ad entrare.
– Che dici, Bill? Mi pare che il rumore provenga da quell’angolo là dietro.
– I soliti dannati topastri, ma quando si decideranno a portare una colonia di gatti su questa nave?!
– No, i topi non fanno quel rumore… Era qualcosa che si dimenava!
– Che si dimenava? – mormorò l’altro con il fiato spezzato – Non sarà mica il fantasma di qualche affogato?! – e iniziò a tremare come una foglia.
I marinai, infatti, sebbene fossero rudi e amassero darsi un tono da uomini vissuti, erano anche molto superstiziosi.
– Ma quale fantasma, idiota?! – urlò l’altro, più pragmatico – Forza, andiamo a vedere!
Seguito dal compagno pauroso, il bestione si diresse nell’angolo seminascosto dove era stato gettato André, scostò alcune casse di legno, si chinò, sollevò il prigioniero per la stoffa dell’abito ed esclamò:
– E questo chi diavolo è?
 
********
 
In quegli stessi giorni, a Versailles, il Generale de Jarjayes e il Generale de Girodel continuavano a confrontarsi sulle informazioni che avevano raccolto, progettando mosse e stratagemmi e biasimando il doppiogiochismo del Duca d’Orléans e l’ambizione smisurata di Napoleone Bonaparte. Per avere un alleato in più, avevano messo al corrente delle loro scoperte il Conte di Fersen del quale si fidavano ciecamente.
– Ritengo che Vostra figlia sia in pericolo, Signore – disse Girodel – Dovreste richiamarla in Francia. Un’indagine non vale una vita umana.
Malgrado ancora biasimasse Oscar per avere messo a repentaglio la vita della moglie, Girodel continuava a esserle devoto e affezionato.
– Dimenticate che Oscar è in Egitto su espresso ordine di Sua Maestà la Regina. Non è in mio potere richiamarla. Non temete, Generale de Girodel, mia figlia è pronta a fronteggiare qualsiasi evenienza. In fin dei conti, l’ho addestrata io.
– Perdonatemi se insisto, Signore, ma abbiamo a che fare con degli individui pericolosissimi e Vostra figlia, in Egitto, è completamente isolata come una barca in mezzo ai flutti.
– Un soldato rischia la sua vita ogni giorno, dovreste saperlo e, finché non avremo delle inconfutabili prove scritte in mano, non potremo screditare il Duca d’Orléans e il Generale Bonaparte davanti alla Regina Maria Antonietta né porre fine alle ostilità con l’Inghilterra e scagionare il Conte di Canterbury.
In quel momento, sentirono delle forti proteste echeggiare nei corridoi prossimi agli appartamenti della Regina, per nulla arginate dai goffi tentativi di porvi rimedio, effettuati da uno dei cerimonieri.
– E’ del tutto inaudito! Come può negarsi a me, a una dama con i miei natali e il mio rango, il grande accesso?! Quanto ancora dovrà durare l’ingiusto esilio di mio figlio?!
Girodel avvampò e chinò il capo, avendo riconosciuto sua zia.
Un paio di minuti dopo, dalla stessa direzione, sopraggiunse a mani vuote, ma per nulla abbattuta, anche la Viscontessa Joséphine de Beauharnais.
– Dovremmo fare presente a Sua Maestà che sarebbe opportuno che ella ricevesse, almeno per una volta, Madame de Beauharnais, al fine di tenersela buona e di non guastare i rapporti col Generale Bonaparte, finché non saremo in grado di accusarlo formalmente – disse il Generale de Jarjayes, evitando di commentare, per delicatezza verso l’interlocutore, lo spiacevole episodio di qualche minuto prima.
– Non preoccupateVi, Signore – rispose Girodel – Mi occuperò io di questa faccenda… e anche dell’altra.
Pronunciate queste parole, deglutì e, col cuore in affanno, si accomiatò, dirigendosi verso gli appartamenti della moglie, per cercare un po’ di conforto in quegli splendenti occhi amorevoli.
 
********
 
I due energumeni trascinarono André in coperta, ghermendolo ognuno per un braccio mentre lui, con gli arti anchilosati, a tratti incespicava. Teneva il capo chino e gli occhi socchiusi, perché la luce gli dava fastidio, segno che, perlomeno, non era cieco.
Giunti sul ponte, il sole intenso di fine luglio lo abbacinò, al punto che tentò, istintivamente, di ripararsi il volto contro una spalla. I due marinai, però, con le loro pesanti mani impressegli sulla schiena, lo spinsero in avanti verso i compagni.
– Ehi, ciurma, guardate cosa abbiamo trovato nella stiva! – urlò Bill, gracchiando a squarciagola con voce sgangherata – Un clandestino vestito da signore! Era legato come un salame e i topi se lo stavano divorando, ahahahah!
Lo Sfregiato del Mediterraneo e Mohamed avevano concluso la vendita di André poco prima che la nave salpasse e il contrabbandiere, non volendo dividere il riscatto con la ciurma, aveva nascosto la presenza del prigioniero a tutti, salvo che a due fedelissimi.
– Ehi, ma questo negro si è sbiancato!! – esclamò un mozzo – Stare chiusi nella stiva li fa diventare bianchi?!
– Ma cosa dici, scimunito? Sei ubriaco di prima mattina? – lo apostrofò un contrabbandiere più anziano – Noi non commerciamo in negri! La tratta dei negri si svolge sull’Atlantico e non sul Mediterraneo! Studiati un po’ di gerografologia, ignorante!
– Vuoi dire che non si è sbiancato, ma che è sempre stato bianco? – bofonchiò l’altro, grattandosi il capo, non ancora del tutto convinto.
– Questo stronzo è bianco perché è nato da una puttana bianca, ti è tutto chiaro, adesso? – gli domandò un altro, sghignazzando e mettendo in mostra i pochi denti marci che aveva.
Parlavano tutti un inglese da scaricatori di porto.
André guardò i suoi aguzzini da sotto in su, facendo attenzione a non irritarli. Erano luridi, puzzavano come iene e avevano i lobi delle orecchie cerchiati e l’alito fetente di rum. Mai aveva visto tanti tatuaggi in vita sua. Capì di essere, per quei ceffi beceri, l’anello di congiunzione fra un animale raro e un momentaneo trastullo e si ripropose di non fare passi falsi per non finire infilzato o in pasto ai pesci. Il proposito fallì.
– Ehi, amico – disse uno dei contrabbandieri ad André, interrompendo le idiozie degli altri – Affinché l’ordine naturale ti sia chiaro, sappi che, su questa nave, noi ci dividiamo tutto e tu non sei nessuno. Comincia col darci quei bei vestiti che hai! Quel giustacuore, per esempio, sembra cucito a posta per me, ahahahah!
– No! – urlò d’impulso André, rabbrividendo al pensiero che le lettere trafugate dalla tenda di Bonaparte finissero nelle mani di quei disgraziati e che tutti i sacrifici finora fatti risultassero vani.
– Cosa hai detto, vomito degli abissi?
– No! – urlò André con tono ancora più fiero e deciso.
– Va bene – disse uno dei marinai più anziani – Vorrà dire che una passeggiata sull’asse ti schiarirà le idee!
Due marinai afferrarono prontamente un’asse e la assicurarono al parapetto della nave mentre altri quattro presero di peso André e ce lo issarono sopra.
– Cammina, bello, cammina! – gli ingiungeva il marinaio anziano, puntandogli contro una spada aguzza e spingendola, di tanto in tanto, in avanti, per costringerlo a indietreggiare – Ti piace la danza degli abissi?
Gli altri sghignazzavano e, con frequenza sempre maggiore, qualcuno urlava:
– Uno squalo, uno squalo!!
Non era vero, ma si divertivano a vedere l’espressione agghiacciata di André e speravano che questi, muovendosi di soprassalto, sarebbe caduto in acqua, scommettendo fra di loro su chi avrebbe ottenuto per primo quel risultato.
– Corpo di mille meduse, cosa state facendo, ratti di sentina?!
I marinai si voltarono di scatto, videro sopraggiungere lo Sfregiato del Mediterraneo nero di rabbia e tornarono mansueti come agnellini e vergognosi come educande.
André guardò, a sua volta, nella direzione da cui era provenuta la voce tonante e vide un uomo di mezza età, massiccio e più alto della media, con i capelli neri e sporchi di salsedine che gli arrivavano sotto le spalle, due occhi intelligenti, crudeli e scintillanti di rabbia e uno sfregio profondo e scuro che gli solcava trasversalmente il volto da una tempia fino al sotto di un orecchio.
– Questo figlio di buona donna vale tanto oro quanto pesa e il primo che lo farà cadere in acqua lo seguirà nel giro di pochi istanti con le budella di fuori!
Quattro o cinque marinai, come un sol uomo, fecero tornare André sul ponte e lo portarono davanti al capo, tentando di defilarsi al più presto.
André rivolse lo sguardo verso quella montagna di muscoli, che lo superava in altezza di tutta la testa e la osservò con circospezione, ma senza mostrare debolezza o terrore.
– Vi sono debitore della vita, Signore. Senza di Voi, quegli energumeni mi avrebbero ucciso. Non mangio e non bevo da giorni e ho bisogno di essere medicato alla nuca. Vi supplico di usarmi misericordia.
Lo Sfregiato del Mediterraneo guardò quell’uomo pallido e stanco che a stento si reggeva in piedi e che, malgrado tutto, non tremava al cospetto di lui e ne rimase stupefatto. Cose del genere non accadevano tanto spesso. Sebbene apprezzasse chi aveva fegato, detestava i ricchi e i nobili con tutto se stesso, così che gli rispose sprezzante:
– Su questa nave, mangia, beve ed è medicato soltanto chi dico io e, se vuoi tutte queste cose, dovrai guadagnartele.
 
Giraffa-coi-cuccioli
 
********
 
Dopo la Battaglia delle Piramidi, le truppe francesi erano entrate trionfalmente a Il Cairo e vi avevano trovato una città morta, abbandonata quasi da tutti e in preda alle fiamme. Bruciavano i palazzi, le moschee e gli alti minareti mentre incombeva un silenzio spettrale, intervallato soltanto dai gemiti delle donne abbandonate negli harem e dai lamenti dei cani e dei gatti non abituati a quegli scenari.
Il Generale Bonaparte era stato impegnato a reprimere i saccheggi e a mantenere l’ordine, nella speranza di non esacerbare gli animi dei nativi e di tenerseli buoni. Si professava amico del popolo, dei musulmani, di Maometto, ma, intanto, faceva incetta dei tesori della capitale che avrebbe unito a quelli razziati ai Cavalieri di Malta che aveva lasciato ad Alessandria. Voleva riorganizzare da cima a fondo l’amministrazione locale, ma, per moltiplicare le sue possibilità di successo, aveva bisogno di non esasperare i vinti e di far credere loro che poco o nulla sarebbe cambiato. Nel frattempo, però, aveva il cuore straziato, perché, dalla Francia, gli erano giunte notizie attendibili e circostanziate sulle gravi e ripetute infedeltà di Joséphine de Beauharnais. Si stava chiudendo in se stesso, si sentiva inaridito e nauseato da tutto, persino dalla gloria e di questo stato d’animo doloroso rendeva partecipe il fratello Giuseppe con lunghe lettere traboccanti di dolore e di malinconia.
Oscar perlustrava ogni quartiere della gloriosa città dei Califfi, osservava il comportamento delle truppe, abbassava le palpebre davanti alle macerie fumanti e cercava quotidianamente lo scambio di vedute con Napoleone che, indaffarato e in preda alla tetraggine, la sopportava a stento, soltanto in considerazione dell’alto rango e della vicinanza alla Regina, ma coltivando sempre la segreta speranza che sarebbe arrivato il giorno in cui l’avrebbe mandata al diavolo.
Alain, che non aveva preso parte agli incendi e ai saccheggi, l’accompagnava in queste peregrinazioni e le chiedeva notizie di André e delle febbri maligne che l’avevano colpito. Lei si manteneva sul vago, rispondendo sinceramente di non avere ancora ricevuto notizie mentre, in cuor suo, si rammaricava di dover mentire anche a lui, maledicendo la grande devozione del soldato a Bonaparte che aveva reso necessario quell’inganno. Una volta, si spinse a chiedergli se quelle devastazioni avessero, in qualche modo, incrinato l’immagine che aveva del Generale, ma lui, pur non avendosene a male, aveva posto fine al discorso, rispondendole, ridendo, che tutte le guerre erano così.
Honoré, Antigone e Bernadette, invece, erano rimasti quasi sempre in barca a seguire le lezioni dei precettori e a dare la caccia ai trampolieri che si posavano sul parapetto e che, immancabilmente, volavano via ai loro assalti.
Guardavano le gazzelle, le antilopi e le giraffe correre in riva al Nilo, da sole o coi loro piccoli e, quando ricevevano il permesso di scendere a terra, si mettevano a correre anche loro, illudendosi di poter eguagliare la velocità di quelle nobili e agili creature. Antigone era la più determinata di tutti, correva finché non le si spezzava il fiato e non sentiva che il cuore le stava esplodendo in petto. Chiudeva gli occhi e, quando li riapriva, vedeva che gli animali erano già lontani e si diceva che, la prossima volta, avrebbe fatto meglio.
Avevano fatto altre due escursioni sul sito delle piramidi e della sfinge e diverse passeggiate in groppa ai dromedari. Oscar era favorevole a quegli spostamenti, purché i bambini fossero sempre scortati dalle governanti e da Alain e stessero lontani dalla città e dalle truppe.
Avevano raccolto delle calle e dei gigli e ne avevano fatto dono a Oscar. Con le gambe immerse nel fiume fino ai femori e tre coltellini, avevano reciso alcune canne e ne avevano adornato le cabine. Avevano finanche raccolto degli steli di papiro e se li erano portati sulla barca, decisi a ricavarne dei fogli del tutto simili a quelli usati dagli antichi egizi, con un procedimento suggerito loro da uno dei servitori locali, ma, quando si erano accorti che era venuta fuori soltanto un’immonda poltiglia, avevano protestato e buttato tutto nel fiume.
Oscar osservava le loro prodezze e sorrideva mentre scriveva il suo resoconto periodico alla Regina. Un attimo dopo, fu di nuovo sopraffatta dall’ansia per le sorti di André. Densi e scuri nuvoloni le attraversarono la mente e, un’altra volta, quegli infausti presentimenti, indegni di un Ufficiale di Sua Maestà, le guastarono l’umore. Ripose i fogli e la penna d’oca, richiuse il calamaio e si voltò verso i bambini.
– Ehi, ragazzi, non vedo ippopotami e coccodrilli nei paraggi, che ne dite di fare una nuotata nel fiume?
 
Giraffa-col-cucciolo
 
********
 
Carponi sul ponte della nave, con la schiena a pezzi e un secchio di ferro accanto, André strofinava le assi lignee per guadagnarsi un tozzo di pane raffermo e una scodella d’acqua al giorno.
I contrabbandieri gli avevano gettato del rum sulla nuca e questa era stata la sola medicazione cui aveva avuto diritto. Il bernoccolo, comunque, si era quasi del tutto riassorbito e il poco pus presente se ne era andato.
Era stato chiuso nella stiva per quasi due giorni (a lui che, là sotto, aveva perso la cognizione del tempo erano sembrati molti di più) durante i quali non era stato nutrito né dissetato. Prima del fortuito ritrovamento del prigioniero, infatti, lo Sfregiato del Mediterraneo aveva progettato di farlo rifocillare dai due fedelissimi soltanto quando la nave fosse attraccata nel porto più vicino e i marinai fossero scesi a terra. Se lo avesse fatto prima, qualcuno si sarebbe potuto accorgere della presenza di lui e la ciurma avrebbe rivendicato la sua parte del riscatto.
Interrompeva, ogni tanto, le sue mansioni per stirarsi la schiena o massaggiarsi la nuca, gesti che attiravano le risate di scherno o i fischi di protesta degli uomini. A volte, i marinai gli gettavano gli avanzi di ciò che stavano piluccando o gli sputavano addosso il tabacco masticato oppure gli passavano accanto coi piedi sporchi o davano un calcio al secchio, con l’effetto di aggravare le operazioni di pulizia.
Quei quattro avanzi di galera, spesso sfuggiti alla forca, del resto, dovevano pur trovare un diversivo per vincere la noia di tante giornate tutte uguali oltre a un povero disgraziato su cui rivalersi per il fatto di essere dei deboli e dei falliti che, in condizioni normali, avrebbero abbassato la cresta davanti a tutti.
Meno male che qui ci sono io – pensava André – Non avesse voluto Dio che, al mio posto, ci fosse stata Oscar!
Erano passati cinque giorni di quella vita e André aveva capito che, dalla propria liberazione, ci si attendeva un riscatto, circostanza che gli appariva come un’ottima garanzia di sopravvivenza. Si sforzava di stare tranquillo, di dimenticare la fatica, i muscoli doloranti e il sole a picco, ingoiava le umiliazioni e si consolava nella speranza che i familiari stessero bene.
Lo Sfregiato del Mediterraneo ne apprezzava il coraggio – detestava, infatti, i vili – ma lo aborriva perché più ricco e fortunato di lui, senza contare che aveva ancora un diavolo per capello per la fetta del bottino che era sfumata, malgrado avesse pensato di elevare consistentemente il riscatto.
Non perdeva, quindi, occasione per metterlo in difficoltà e per trattarlo duramente e, più André sopportava le angherie senza piegarsi e senza cedere alla disperazione, più lui si sentiva sfidato.
Quel giorno, lo stava osservando all’opera da qualche minuto, quando gli urlò:
– Ehi, schiavo, quel giustacuore è troppo per un relitto di mare come te, dammelo!
– No! – esclamò André, portandosi d’istinto la mano al punto dove erano cucite le lettere.
Gli uomini si volsero subito verso di loro, pronti a godersi lo spettacolo.
– Non se ne separa mai, Capitano – disse, a bocca larga e sputacchiando, uno dei contrabbandieri.
– Sarà un regalo della sua bella! – aggiunse un altro, terminando la frase con una risata, a sua volta interrotta da un colpo di tosse secca.
– O del suo bello! – ironizzò un altro e, qui, a sghignazzare furono tutti.
Lo Sfregiato del Mediterraneo era livido di rabbia, aveva i muscoli contratti, la mascella serrata, le labbra ridotte a una piega sottilissima e gli occhi saettanti odio puro. Nessuno aveva mai osato disobbedirgli, per giunta di fronte a tutta la ciurma e bisognava ristabilire l’autorità.
– Ma come osi, merluzzo avariato?! Nostromo, fallo legare alla grata! Tre dozzine di frustate col gatto a nove code!
Mentre due mozzi stavano afferrando André, una vedetta, da uno degli alberi della nave, urlò:
– La Royal Navy! La Royal Navy!
 
********
 
Era un caldo mattino di fine luglio e alcuni fra i più indisciplinati soldati napoleonici se ne stavano sulle rive del Nilo, immersi nel fiume fino ai fianchi, giocando a schizzarsi l’acqua addosso come dei ragazzini. Napoleone li aveva allontanati dalla città col pretesto di una licenza, per farli desistere dai saccheggi e quelli ridevano e scherzavano come se, in quei giorni, nulla avessero fatto di male.
Oscar li osservava dalla barca col volto grave e severo, pensando che, se fossero stati agli ordini di lei, li avrebbe raddrizzati a suon di marce forzate, di esercitazioni massacranti, di pane e acqua e di cella di rigore.
D’un tratto, i soldati videro che le onde del Nilo avevano preso, in un punto, un ritmo diverso e che una strana figura, a pelo d’acqua, si stava dirigendo verso di loro. Sulle prime, pensarono a un tronco grigio verde che galleggiava, ma, poi, accorgendosi che l’oggetto non seguiva la corrente ed era ricoperto da squame, capirono che si trattava di un coccodrillo.
I soldati cominciarono a fare gli smargiassi e a dirigere gli schizzi d’acqua verso l’animale che si avvicinava a riva.
– Ehi, lucertolone troppo cresciuto, vieni a ballare il minuetto, ahahahah!
Oscar ebbe l’impulso di richiamarli all’ordine e li guardò irosa e sdegnata, ma si trattenne, perché quegli uomini non erano agli ordini di lei e non voleva, con indebiti atti di intromissione, guastare ancor di più i già tesi rapporti con Bonaparte.
Il grosso rettile continuava ad avvicinarsi e, a quel punto, tutti i soldati, tranne uno, mutarono l’espressione del volto, da scanzonati divennero seri e ritornarono sulla terra ferma.
Soltanto uno di loro, che, nei giorni precedenti, aveva preso parte a molti incendi e saccheggi, già mezzo alticcio di prima mattina, rimase dov’era e, per fare il gradasso, urlò ai suoi commilitoni:
– Ehi, guardate come salgo sul dorso di questo bastardo e mi faccio scarrozzare per il Nilo come un Sultano!! Ahahahahahahah!!
Il coccodrillo, intanto, si era arrestato a due metri dal militare. La testa, gli occhi e la coda del rettile erano immersi e di lui si vedevano soltanto pochi millimetri della schiena a pelo d’acqua. Il soldato, rivolto all’animale, prese a dileggiarlo e a spruzzargli l’acqua addosso.
– Ehi, figlio di una lucertola svergognata, vieni qua!! Vetturino di piazza, fihhuhh!!
Oscar decise che la misura era colma e si apprestò a redarguire quel disturbatore incosciente anche se non era agli ordini di lei. Alzatasi di scatto, si affacciò al parapetto della nave.
Proprio in quel momento, il coccodrillo, da immobile che era, fece uno scatto fulmineo e, in poche frazioni di secondo, uscì fuori dall’acqua con le fauci spalancate e i lunghi denti aguzzi in mostra, abbrancò il soldato che neppure aveva fatto in tempo a urlare, lo portò lontano dalla riva e lo trascinò sul fondale in un vortice di acqua vermiglia.
In quegli stessi tragici istanti, Oscar accusò un’opprimente e repentina morsa al petto, come se in quelle terribili ganasce primitive fosse stato stritolato André al posto di quel soldato. Avvertì il fiato mancarle e si appoggiò saldamente al parapetto, perché sentiva che le gambe le cedevano. Benedisse il Cielo per avere avuto l’idea di fare studiare i bambini sotto coperta, per tutto il tempo in cui la soldataglia era nei paraggi e si guardò intorno per sincerarsi che nessuno dei tre fosse salito sul ponte.
Di nuovo, fu scossa da sinistri presagi dai quali, questa volta, stentò a riprendersi.
Passato qualche istante, strinse le dita sul parapetto e urlò agli uomini superstiti di tornarsene all’accampamento e di non provare assolutamente a cercare i resti del loro compagno, cosa che a quelli, in tutta franchezza, neppure era passata per l’anticamera del cervello. Si voltò di spalle e corse a ordinare all’equipaggio di non fare cenno dell’accaduto ai tre bambini.
 
********
 
La Royal Navy stava inseguendo la flotta francese per tutto il Mediterraneo e, essendosi imbattuta nella nave dei contrabbandieri, l’aveva scambiata per un vascello nemico, camuffato da mercantile.
Avevano, quindi, intimato la resa e, quando i contrabbandieri si erano rifiutati, la HMS Vanguard, un vascello da settantaquattro cannoni, aveva tirato fuori gli obici e aveva fatto fuoco.
La nave contrabbandiera era stata velocemente disalberata e raggiunta da diversi proiettili che avevano aperto varie falle nello scafo. Mentre imbarcava acqua, era stata speronata dalla nave avversaria che, poi, le si era affiancata, in modo da consentire ai marinai inglesi di allungare delle assi da un parapetto all’altro o di saltare direttamente dall’altra parte senza alcun ponte.
I contrabbandieri sopravvissuti al cannoneggiamento erano stati facilmente sconfitti dai marinai inglesi e messi ai ceppi.
Gli inglesi avevano capito che non si trattava di militari francesi camuffati e, tuttavia, li avevano ugualmente posti agli arresti, perché i contrabbandieri erano una piaga per il commercio britannico.
– Signore, c’è anche questo – disse una Guardia Marina, conducendo André davanti all’Ufficiale di grado superiore.
– Non sono un contrabbandiere, Signore – disse André, con voce rispettosa, ma sicura.
– Lo vedo – rispose l’altro.
– Sono una vittima dei contrabbandieri, Signore – riprese André – Mi tenevano prigioniero per chiedere il riscatto alla mia famiglia.
– Questo, invece, è da vedere. Siete un suddito di Sua Maestà il Re di Francia, contro il quale combattiamo. Abbiate la compiacenza di presentarVi.
– Sono il Conte André de Lille, Signore.
– E io sono il Contrammiraglio Sir Horatio Nelson e Vi dichiaro in arresto per spionaggio.

 
Nilo-con-templi
   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_