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Autore: alessandroago_94    07/06/2020    15 recensioni
Alex è un giovane uomo pieno di dubbi e di voglia di mettere in carreggiata la propria vita, che spesso gli appare senza senso. È infatti vittima di un’ossessione, quella riguardante una persona idealizzata, o forse un suo stesso personaggio inventato; il fantomatico G.
Alla ricerca costante di questa persona si aggiunge una ricerca interiore, quella riguardante sé stesso.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, l’agente James Barley, prossimo al pensionamento, si ritrova immischiato in una vicenda quasi assurda. Immerso in una società dell’orrore dove regnano bugie e disonestà, e dove sono solo i soldi a fare la differenza tra gli esseri umani, indagherà a riguardo di una clinica privata in cui si effettuano strani e proibiti esperimenti.
Le due vicende si intrecciano, anche se non si incontrano mai definitivamente. Possibile che anche questo racconto sia tutta una grande bugia? Un Limbo, appunto. Un Limbo dei Bugiardi. Un luogo immaginario in cui regnano solo le maschere.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo sette

CAPITOLO SETTE

 

 

 

 

 

 

 

“Chi è felice nella solitudine,

o è una bestia selvaggia

o un Dio”.

Aristotele.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Come sta andando il nuovo incarico, papà?”

Jason è sempre curioso, ed essendo cresciuto con le serie tv poliziesche in sottofondo è davvero molto attratto dal mio lavoro, soprattutto dai suoi recenti risvolti.

“Non c’è male” gli mento, secco. Non mi va di scendere nei dettagli inconcludenti, d’altronde per il momento il mio impiego non sta dando tanti frutti.

“Spero che farai un ottimo lavoro” replica allora mio figlio minore, che si fida ciecamente delle mie parole.

“Magari un giorno vedrai tuo padre al telegiornale” aggiunge mia moglie, sorridente, mentre allunga una dolce carezza al figliolo, che si ritira riluttante.

“Mamma, non sono più un bimbo piccolo” le ricorda, sull’attenti quando gli viene riservata un po’ di dolcezza materna. Mi viene da arrossire, all’improvviso.

“No, vostro padre sta per ritirarsi, ragazzi. Non finirà mai in tv” affermo, conscio dei miei limiti.

Mi rivolgo anche al silenzioso Leo, che a tavola non dice mai una parola. A volte mi chiedo da chi abbia preso tutta quella tristezza esistenziale che si porta appresso.

Lo osservo, immerso nel suo mutismo; a volte mi dà come l’impressione che non segua neanche i nostri discorsi, eppure è sempre svelto nel rispondere se interloquito. Voglio tantissimo bene ai miei figli, però il mio preferito resterà sempre lui, con quella sua aria da personcina riservata e fragile…

Jason invece non mi preoccupa, sono sicuro che avrà un futuro radioso di fronte a sé, con la sua parlantina e la sua vitalità. Forse anche Leo l’avrà, anche se sta continuando a perdere molti possibili treni.

In effetti la mia affermazione profonda ha lasciato anche gli altri in silenzio, sembra che nessuno abbia voglia di aggiungere qualcosa alle mie parole. È vero, lo so bene; non sono un grande uomo, né mai lo sarò, tantomeno ora che la mia carriera lavorativa giunge alla fine. Non sarò mai memorabile, ma per la mia famiglia voglio essere una roccia, lo scoglio a cui aggrapparsi e in cui riporre le migliori speranze; per loro, ci sarò sempre e sarò disposto a tutto, a ogni sacrificio possibile, per il loro bene.

Mi alzo e mi allungo verso i miei figli, sfiorando le loro teste con le mani.

Essi si riscuotono da quell’innaturale torpore e non si fanno pregare, lasciandosi sfiorare dal loro genitore.

Mia moglie si alza a sua volta e viene ad abbracciarmi forte.

Sì, loro sono il mio tesoro. Al diavolo tutto il resto. Vivrò nei loro cuori e questo mi basta.

 

Forse il mio vorticare di pensieri è generato costantemente dal concetto di tempo e da quello di solitudine. Solo che penso che sia molto filosofico, o che servano lucidi ragionamenti per riuscire a trarre conclusioni quanto meno verosimili.

D’altronde la verità assoluta può conoscerla solo Dio, sperando che esista, altrimenti sarebbe una bella fregatura.

Ma, ecco, il tempo cos’è, se non lo scandire graduale della mia solitudine? Mi basta pensare che esiste quasi la certezza da parte degli astrofisici che all’interno di un buco nero il tempo si fermi. Un punto in cui il tempo non fluisce più, per via della distorsione della materia; io purtroppo non sono un buco nero, ma se ce ne fosse uno qui vicino mi ci butterei a capofitto, a costo di venire distorto a mia volta, magari anche distrutto.

D’altronde è tutto molto meglio che restare su questa panchina, immobile, con un profondo silenzio che mi circonda.

Avverto il suono costante dei secondi scanditi dalle lancette degli orologi, sinonimo del fatto che il tempo scorre e ognuno di quei secondi è un istante di vita che mi viene sottratto. L’inevitabilità della morte.

Adesso, in tutto questo caos di pensieri, mi viene da chiedermi se sarei disposto a desiderare per davvero che il tempo si fermi, per vivere in eterno così.

No, forse è meglio spegnersi gradualmente, come accade per ogni componente dell’Universo; la materia è mortale, nulla sopravvive in eterno. Nemmeno ciò che riesce a fermare il flusso costante del tempo, che può essere bloccato per un periodo più o meno lungo, ma pur sempre limitato.

Vorrei però avere il dono di saperlo bloccare, anche se ciò mi farebbe più male che bene.

 

“Ancora, ti prego”.

La voce di Mario è soffusa, eppure allo stesso tempo profonda e supplichevole.

Percepisco la sua brama, il peso del suo desiderio.

Ecco, se anche desiderassi di fermare il tempo, non lo vorrei mai fare in momenti come questo.

Infatti sono tornato a casa, e me lo sono trovato di fronte all’ingresso. I miei sono usciti, se n’era già accertato. Così adesso se ne sta disteso a gambe larghe sul mio letto, voglioso e pieno di idee perverse.

È semplicemente fatto così; quando i sensi prendono il sopravvento, diventa alquanto ingestibile.

Per farlo contento gli passo le mani sulle natiche, con lentezza e delicatezza, poi però le ritraggo e mi metto a sedere sul bordo del letto. Ho già fatto quello che dovevo fare, e adesso non ne ho più voglia.

Lui nota la mia mossa, smettendo di fare il gatto morto.

“Mi ami?”

La sua fastidiosa domanda viene posta con un tono mellifluo, quasi sorpreso, sicuro in un certo senso di ricevere un fatidico sì.

“No” invece gli rispondo, di getto e con sincerità.

Mario si mette a sua volta a sedere sul letto, allungando le gambe verso di me e appoggiando la schiena alla spalliera.

“Io sì, invece, e mi fa male ascoltare i tuoi no” afferma, un po’ ferito, “perché io per te darei tutto, ma proprio tutto, eh”.

Sì sì, domani.

Non so se nota il mio sguardo scettico, che per un attimo lo fulmina, prima di spostarsi altrove.

Mi ritrovo a guardare il suo riflesso sullo specchio, in tutta la sua volgarità. Un uomo come lui, ricco e potente, che diventa così piccolo senza i vestiti.

Mario ha avuto la fortuna di avere ogni cosa dalla vita; una famiglia perfetta, un posto da dirigente presso la prestigiosa fabbrica ereditata dal padre, una macchina da duecentomila euro e una villa da sogno. E, come se non bastasse, pure un altisonante titolo nobiliare. Di mezza età, è autorevole con tutti e simpatico con nessuno.

A prima vista si direbbe che non sa più amare, come molte persone a quell’età, che hanno seppellito il loro cuore per dare la precedenza ad altri aspetti della vita. Invece eccolo qui, spinto dall’impellente bisogno di godere.

È nudo, i suoi abiti da parata sono a terra, sul mio umile pavimento. Il suo corpo è adagiato con mollezza sul mio povero giaciglio, che si porterà dietro l’odore della sua pelle per almeno un paio di ore.

Abbiamo fatto tutto, ed io mi sono impegnato per renderlo felice almeno per un po’, sapendo bene che per lui la felicità più pura è essere a letto con qualche ragazzo.

“Sei il giovane più bello che io abbia mai visto, Alex, tu mi hai fatto perdere la testa” prosegue, notando l’insistenza del mio mutismo, “anche quando sono dietro la scrivania, o quando metto in riga qualche operaio disattento, penso a te. Conoscerti mi ha reso un uomo migliore”.

Io, invece, sono diventato peggiore.

Da quando le sue mani hanno iniziato a scivolare lungo la mia pelle, violando gli abiti, provo sempre un brivido freddo quando lo vedo, ma soprattutto quando si avvicina a me. Eppure lui mi vuole, ed è così tanto bigotto da non accorgersi nemmeno che non mi ama, bensì mi sta solo utilizzando.

Sottovaluta anche il fatto che io a mia volta lo stia utilizzando, semplicemente perché… si assomiglia a G. A quel mio sogno che non diverrà mai realtà.

“Pagherei per poter passare una sola notte con te. Pagherei e venderei anche tutti i beni di mia proprietà” prosegue, imperterrito, nella ricerca disperata di volersi dimostrare pazzo d’amore. Così tanto che mi ritrovo a desiderare di metterci un freno.

“Smettila di dire stronzate, per favore” lo interrompo infatti con notevole maleducazione.

Che abbia notato la mia nuova ondata di disgusto? Non lo so, ma non mi piace proprio quando inizia a lasciarsi andare così. Perché se fosse come dice e afferma, non avrebbe mai permesso che io restassi intrappolato nella mia vita di merda. In quella stazione, a fare i funghi su quella panchina che ormai mi è pure scomoda.

Se per lui contassi così tanto, mi avrebbe portato via. Mi avrebbe salvato dall’inerzia e dalla morte d’inedia che mi attende.

Invece sono ancora qui a morire piano, lentamente.

Gli volgo le spalle e avverto il calore familiare delle lacrime che premono con impazienza, vogliono conquistare il mio viso, rigandolo e turbandolo.

Per fortuna, o per sfortuna, Mario si muove verso di me e senza che io possa sottrarmi mi abbraccia con forza e mi stringe a sé, cercando le mie labbra e premendo di nuovo la sua pelle contro la mia. Dopo la prima sensazione impellente di allontanarlo, vedo le sue labbra e il suo profilo in controluce, così simile al suo… al mio G. Ed ecco che un qualcosa si muove dentro di me.

Avverto una nuova pulsione che brucia forte, così tanto che mi spinge ad avvicinarmi a quelle labbra e a farle mie, conquistandole con la mia lingua. Mario pare felice di tale dimostrazione e le dischiude, invitandomi così tacitamente a far entrare il mio organo sensoriale ancora più in profondità nel suo cavo orale.

Quando il bacio si scioglie, un sottile filo di saliva unisce le nostre labbra. Lui la lecca, bramoso di ingoiarla, mentre io lo lascio fare e continuo a osservarlo.

“Io posso darti tutto quello che desideri, Alex, tutto… lavoro, case, soldi, viaggi, macchine… il mondo ai tuoi piedi… ma baciami ancora, ti prego…” mugugna eccitato, dopo aver ingoiato il miscuglio di saliva, “sarò il tuo genio della lampada, strofinami e ogni tuo desiderio diverrà realtà”.

Le ultime parole mi restano impresse, mentre il resto già me lo dimentico. In effetti è proprio così, ogni mio desiderio diverrà realtà; e dato che per ora ne ho uno solo, irrealizzabile, quel porco mi sta offrendo l’opportunità sul piatto d’argento. Quella anche solo d’immaginare di poter essere con G, di poterlo baciare, di averlo tutto per me.

Forse nemmeno si accorge che, nella sua certezza di avere tutto sotto controllo e di essere lui il vero padrone della situazione, in realtà sta accontentando me. Appunto, perché mi sto accontentando in qualche modo, poiché la vita non mi ha offerto altro.

Forse è vero che non esiste il punto di non ritorno e che da ogni occasione si può far germogliare qualche seme nuovo…

Intanto lo lascio così, tra le mie braccia a mugugnare di piacere, quell’essere tanto potente quanto fragile; si crede una divinità quando è anch’egli uno zerbino. Forse è uno zerbino dalla stoffa più raffinata, ma zerbino resta.

Nella mia disastrata e confusa vita, riuscirò mai a trovare una roccia, uno scoglio a cui aggrapparmi e a cui affidarmi per poterla scegliere come esempio di vita?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

 

Vorrei buttare via questo racconto. La parte riguardante Alex è confusa, disgustosa, a mio avviso. Però a tutto c’è una spiegazione, credo che lo vedremo solo più avanti, ma ho la convinzione di dover aiutare questo protagonista schietto, eppure così fragile e meschino.

Volevo andare verso nuovi orizzonti, con questo protagonista? Eccoli, sono proprio i suoi. Circondato da pessimismo e da personaggi davvero squallidi. In effetti, un filo di speranza non c’è. Ma… Alex capirà, prima o poi. Perché la speranza non è distante, nemmeno qui, nemmeno in questa parte di trama.

Mi ha sorpreso una cosa importantissima, tramite le recensioni; che di questo racconto avete già capito molto più voi lettori di me che l’ho scritto. Mi complimento perché già dallo scorso capitolo avrei potuto buttare via tutto, che in fondo i vostri pareri sono andati oltre la trama, oltre le riflessioni di base, oltre me stesso… e di questo vi ringrazio; come sempre, siete voi a insegnare a me, tantissimo.

Grazie quindi a voi, da cui traggo forza. E spero di migliorare ancora e di fare bene in futuro.

   
 
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