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Autore: Elbeth    07/06/2020    1 recensioni
Era un vecchio personaggio che avevo creato per un GDR, che non ho mai finito di approfondire. Una grifondoro, scozzese, purosangue. Sono una serie di "ricordi" legati alla sua storia in anni diversi della sua permanenza ad Hogwarts.
Edit: aggiunti come pg altri della serie post HP.
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Dal 4° capitolo
Sbadigliò ancora, mentre sentiva ridacchiare qualcuno al suo fianco. Elbeth si girò e gli lanciò un’occhiata curiosa, mentre lo squadrava. Era un serpeverde, o avrebbe dovuto dire il serpeverde. Il secondogenito di Harry Potter aveva fatto scalpore al suo arrivo ad Hogwarts e – come sempre – non era da solo. Scorpius Malfoy era immancabimente con lui.
“Non fare caso a loro…” le mormorò un’altra ragazzina passandole veloce accanto e notando il suo sgaurdo fisso sui due “Amano darsi delle arie!” affermò a voce più alta, in modo che sentissero anche loro.
Rose Weasley. Era sua la voce e ultimamente aveva iniziato a prenderla in simpatia, nonostante l’ormai nota ritrosia di Elbeth in dormitorio.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Ricordi - di profezie
(Verso la fine del primo anno ad Hogwarts)

“Forza, forza! Abbiamo solo un’ora di tempo per concludere il nostro giro!”
La gita di quella mattina aveva strappato uno sbadiglio svogliato alla piccola Grifondoro, come le parole che il professore aveva appena pronunciato.
Il Ministero della Magia non si associava, nella sua testa e nella sua indole, ad un luogo adeguato dove fare una gita!
Eppure il giorno prima la sua Capocasa l’aveva definita proprio così! Una gita!
Nella mente di Elbeth una gita prevedeva un’escursione all’aperto, di solito accompagnata da divertimento, non quell’angusto e polveroso corridoio del Ministero, dove si trovava ora ad avanzare.
Sbadigliò ancora, mentre sentiva ridacchiare qualcuno al suo fianco. Elbeth si girò e gli lanciò un’occhiata curiosa, mentre lo squadrava. Era un serpeverde, o avrebbe dovuto dire il serpeverde. Il secondogenito di Harry Potter aveva fatto scalpore al suo arrivo ad Hogwarts e – come sempre – non era da solo. Scorpius Malfoy era immancabimente con lui.
“Non fare caso a loro…” le mormorò un’altra ragazzina passandole veloce accanto e notando il suo sgaurdo fisso sui due “Amano darsi delle arie!” affermò a voce più alta, in modo che sentissero anche loro.
Rose Weasley. Era sua la voce e ultimamente aveva iniziato a prenderla in simpatia, nonostante l’ormai nota ritrosia di Elbeth in dormitorio.
La ragazzina stava iniziando a sviluppare fin troppa autonomia decisionale da quando era al Castello e se all’inizio era rimasta spiazzata dalla novità della vita ad Hogwarts, ora, quasi alla fine del suo primo anno di studi, si sentiva - forse - un po’ troppo sicura di sé e si dimostrava frequentemente molto molto esuberante.
“Se lo dici tu!” rispose con lo stesso tono di voce in modo da farsi sentire dai due a sua volta.
Rose era la cugina di Albus Severus Potter, per cui doveva conoscerlo, essendo anche coetanei.
Finora, le era andato tutto liscio, spesso era stata aiutata da qualche compagno di corso, anche da Rose stessa, ma il carattere volitivo e vivace della ragazzina stava iniziando pericolosamente ad accentuarsi. Soprattutto quando Elbeth si annoiava.
L’Ufficio Applicazione Leggi sulla Magia (destinazione della loro gita al Ministero) era esattamente ciò che Elbeth associava alla noia, mentre l’interessante Ufficio Misteri (recentemente citato dalla docente di Divinazione a lezione) era proprio ciò che attirava la sua mente curiosa!
Mentre prendevano l’ascensore aveva avuto modo di vederlo stampato davanti alla sua faccia: nono livello, Ufficio Misteri. Era lì ben indicato e sembrava dire “esplorami, esplorami”!
Quindi, con fare vago e circospetto si era tenuta un po’ in disparte.
Il professore di Storia della Magia, che li stava accompagnando nel loro mirabolante tour, era tutto preso dalla spiegazione e Elbeth aveva fatto in modo di rimanere sempre un passo indietro, rispetto agli altri. La piega del corridoio che girava a destra, ora, faceva proprio al caso suo.
Non appena avessero svoltato, lei sarebbe rimasta indietro ancora un pò, coperta dal muro ed il gioco era fatto!
Non si accorse che un paio di occhi azzurri la fissavano incuriositi. Era troppo presa dal suo brillante piano per badare ad altri. Tutto andò come previsto. Il professore era in testa alla fila assorto nella spiegazione e la classe rumoreggiava presa dalla novità di una lezione al di fuori delle mura di Hogwarts.  Tutti svoltarono l’angolo e lei invece che fare un passo avanti assieme agli altri, ne fece uno indietro.
“Facile come studiare un vermicolo!” pensò compiaciuta dentro di sé. Fece qualche altro passo a ritroso prima di ritrovarsi di fronte l’ascensore, che fissò perplessa. Una bambina avrebbe dato troppo nell’occhio, quindi decise di salire su per le scale. Qualche rampa e sarebbe arrivata al tanto agognato Ufficio Misteri. Era eccitata da ciò che avrebbe potuto scoprire.
C’era un motivo per cui lo chiamavano Ufficio Misteri! Il nome, già di per sé, evocava tutto un mondo da esplorare agli occhi di una bimba vivace qual era Elbeth. Spinse la porta di mogano ed aggrottò contrariata le sopracciglia. Era pesante e sembrava bloccata.
“Alohomora!”
Clang!
La serratura sembrò sboccarsi, ma dal rumore di ferraglia che aveva fatto, doveva essere in disuso da molto tempo. Probabilmente la maggior parte dei dipendenti del Ministero usava l’ascensore, quindi quella vecchia e polverosa porta, non era stata usata da tempo. Appena aperta con circospezione davanti a lei si aprì una stanza circolare. Elbeth fece capolino prima con la testa, poi vedendo che era da sola, varcò baldanzosamente la soglia. Pareva proprio non esserci nessuno. Molte porte si aprivano su quella strana stanza circolare, ma lei decisa si diresse verso quella che le interessava: la Stanza delle Profezie.
“Lumos” disse, dosando l’intensità dell’incantesimo su una luce fioca. Il leggero tremolio della punta della bacchetta illuminava debolmente e le consentiva una visuale solo parziale di ciò che si apriva di fronte a lei. Un sorriso di trionfò le si stampò sul viso quando vide gli immensi scaffali che si innalzavano fino al soffitto e su cui campeggiavano.
“Per Merlino!” non riuscì a trattenere l’esclamazione di stupore.
File e file di sfere di cristallo erano allineate in bella mostra sui loro appositi sostegni per non rotolare a terra! Elbeth rimase a bocca aperta, mentre avanzando lentamente un passo dopo l’altro, fissava con il naso per aria quegli scaffali di cui non riusciva a scorgere fino in fondo l’altezza. Sembravano arrivare fino al soffitto ed oltre…
“Wow! Sono tante per essere pochi i veggenti che le fanno…” e mentre socchiudeva gli occhi per mettere a fuoco meglio tutto quel ben di Dio, scorse dei nomi che tra i fumi della sfera, ogni tanto si intravedevano. Si arrestò, improvvisamente incuriosita, e si avvicinò per osservare meglio. La luce tremolante della bacchetta le fece vedere che all’inizio di ogni scaffale c’erano delle lettere marchiate a oro che brillavano. Lo sguardo furbo si illuminò molto più della bacchetta. Erano disposte in ordine alfabetico.
Estremamente curiosa, percorse il corridoio fino ad arrivare alla lettera “Q”. Chissà se ne esisteva qualcuna anche sulla sua famiglia. Era fortemente improbabile, ma insomma, ora che c’era, tanto valeva verificare, no?
Fece guizzare gli occhi veloci: la lettera Q non aveva molte sfere e questo era un vantaggio. Peccato però che fossero posizionate tutte un po’ più in alto del previsto. Con un moto di stizza Elbeth si immobilizzò di fronte allo scaffale che aveva tanto curiosamente ricercato. Girò il capo a destra e a sinistra e poi vide una scala. Con un po’ di sforzo la tirò fino al punto che le interessava e poi ci salì sopra.
“Quater… Quall… Quebby….”
Iniziò a scorrere i nomi che erano vergati con una grafia svolazzante ed in molti casi d’altri tempi, sorridendo. Ma poi…
“Queen….” sussurrò a mezza bocca, quando lesse il cognome della sua famiglia.
Il cuore perse un battito e il respiro iniziò a farsi più affannato.
A chi si poteva riferire la profezia? Era qualcuno a lei vicino? O era solo un caso di omonimia?
Fino a quel momento le era sembrato solo uno scherzo innocente il curiosare tra le sfere delle profezie, ma ora…
“…Elbeth!” finì di leggere il suo nome, mentre la bocca rimaneva spalancata a fissare la piccola pergamena un po’ ingiallita, su cui era stato ordinatamente trascritto. Il cuore accelerò ancora.
Quel nome era solo suo! Nella sua famiglia, nonostante le nobili origini, quel nome era appartenuto solo e soltanto a lei! Era stato suo padre, estimatore del periodo Medievale, a inventarlo per lei, quando era nata. Non era di qualche nonna o di qualche vecchio avo. Era solo suo! Lo era sempre stato. Era un vecchio linguaggio elfico, che il padre aveva modificato per creare qualcosa di originale ed unico per la sua unica figlia. Quante volte glielo aveva sentito raccontare? Decine e decine. Ed ora lo fissava lì, come fosse marchiato a fuoco invece che con del semplice inchiostro indelebile. La sua fronte si aggrottò ancora quando lesse un altro nome accanto al suo: Richard Attenbourgh.
“Richard? RICHARD?!” la sua mano si mosse ad afferrare la sfera polverosa. Se quella profezia era per lei, la avrebbe potuta afferrare.
“Chi diavolo è Richard?”  la voce di Rose Weasley la fece sobbalzare e quasi perdere l’equilibrio.
Mise un piede in fallo e stava per rovinare a terra, quando la ragazzina prontamente bloccò la scala su cui ancora si trovava.
Nella brusca caduta, aveva ritratto istintivamente la mano dalla sua sfera, come se avesse ricevuto una scossa elettrica.
“Rose!” disse contrariata per essere stata inopportunamente interrotta.
“Forza, dobbiamo andare! Il sorvegliante si è accorto che non c’eri, gli ho detto che ti avevo vista andare a bagno e che venivo a controllare, ma dobbiamo fare in fretta. C’ho messo più di dieci minuti a trovarti!”
Conoscendola, era schizzata a cercarla prima che il professore di Storia della Magia potesse articolare qualcosa. La ragazzina aveva il vizio di vomitare parole addosso alle persone.
“Ma… lì… la sfera…” cercò di articolare qualche parola per bloccare il tornado che la stava già strattonando per il braccio e conducendola verso l’uscita della stanza.
“El! Andiamo!”
Dal tono concitato e determinato che aveva, aveva intuito che stavano rischiando grosso entrambe. Sospirando, gli fece un cenno affermativo con la testa, mentre accettava il suo aiuto per uscire dall’Ufficio Misteri. La profezia era rimasta lì. Con le sue volute di fumo che intrecciavano il suo nome a quello di Richard. Elbeth si voltò a fissarla tristemente per un’ultima volta: non avrebbe potuto vedere niente di essa.
“Per ora…” pensò decisa, mentre sentiva che Rose continuava a tirarla per la mano.
“Insomma! Ti vuoi muovere?”
“Andiamo!” disse correndo dietro di lei. Per scendere dal nono livello questa volta presero l’ascensore e vide che Rose pigiava il piano terra. Appena le porte dell’ascensore si aprirono la faccia contrariata del professore li accolse.
“Queen! Dieci punti in meno a Grifondoro per essersi allontanata senza avvertire! E ringrazi la sua compagna, altrimenti ne avrebbe fatti perdere molti di più alla sua casata!” 
Non fiatò. Ringraziò Rose con un sorriso e tornò tra le fila dei compagni con lo sguardo basso, non senza aver visto Albus e Scorpius ridacchiare sommessamente tra loro.
“La Preside sarà avvertita della sua indisciplinata condotta e provvederà alla punizione più adeguata per lei! Ora forza, in fila con gli altri! Dieci punti a Serpeverde per essersi accorti della sua assenza. Albus Severus Potter sei il degno figlio di tuo padre.” disse mellifluo il professore.
Non rialzò il capo a fissare i due serpeverde, che erano la causa della sua punizione, non aveva la testa per pensare a loro ora. I due ragazzini smisero di ridacchiare, dopo l'occhiata torv che lanciò loro Rose, ma Elbeth non se ne accorse. I suoi pensieri erano altrove.
Ciò che la preoccupava non era né la reazione della McGranitt, né l’essere stata scoperta, né i dieci punti fatti perdere a Grifondoro.
Il volto pallido e lo sguardo terreo erano ancora persi nell’ultima immagine della sfera della profezia: la SUA profezia! Sua e di Richard.
Il fumo di un grigio plumbeo che aveva visto agitarsi vorticosamente al suo interno l’aveva turbata non poco… e per la prima volta da quando era al castello, sperò che la Preside la chiamasse al più presto per la punizione!
Un brivido gelato le percorse la schiena, mentre sentì la mano di Rose Weasley stringere la sua.
  
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