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Autore: mask89    08/06/2020    18 recensioni
Naruto è in esilio auto inflitto, ma un omicidio, legato a delle circostanze misteriose, lo costringe a ritornare a Konoha, dove sarà costretto ad affrontare il suo passato.
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Jiraya, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Minato/Kushina, Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Chapter II
 

Qualche settimana prima…
 
Il sole era tramontato ormai da un pezzo, il guardiano guardò l’orologio e sbuffò, mancava ancora parecchio alla fine del turno. Quei giorni di fine marzo lavorare era un’autentica tortura, quella nevicata abbondante improvvisa, un autentico fatto straordinario per quelle latitudini, aveva reso la struttura praticamente un deserto. Normalmente ci sarebbe stato un via vai di persone, almeno fino alle dieci di sera, ma non quei giorni. Provò a concentrarsi sul cruciverba che aveva portato da casa, mancava ancora mezz’ora all’inizio della ronda notturna. Sbuffò nuovamente, non riusciva a trovare la giusta ispirazione per riuscire a risolvere quei complicati rompicapo. Si voltò verso il suo collega, un moto di invidia lo investì, era concentrato da oltre due ore su quei giochini per telefono. Come diavolo faceva? Concentrò il suo sguardo sull’ampia vetrata della portineria, solitamente gli restituiva come panorama uno splendido prato, ma in quei giorni, invece, era una enorme distesa di bianco. Notò che il riverbero della luce dei fari esterni sulla neve diminuiva drasticamente la visibilità, rendendoli quasi completamente ciechi ad una qualsiasi eventuale intrusione esterna da parte di qualche curioso; per non parlare dei rumori, era tutto attutito; poco male si ritrovò a pensare, le telecamere esterne e i sensori di movimento, che già aveva provveduto ad allarmare da quando l’ultimo dipendente era uscito, sarebbero stati i suoi occhi e le sue orecchie. Si passò una mano tra i capelli argentati per sistemarli, un altro anno di quell’inferno e avrebbe visto la pensione; non che non si sentisse più in grado di lavorare, tutt’altro, per aver passato i sessanta da qualche anno era considerato dall’universo femminile un uomo discretamente piacevole, ma tutti quei turni notturni lo avevano stancato. Ricordava ancora il suo primo giorno di lavoro, più di trent’anni addietro, l’orgoglio di essere una guardia giurata, fare qualcosa di importante, la responsabilità dell’incarico ricevuto, peccato che tutto, abbastanza velocemente, fu soppiantato della noia e della ciclicità del suo impiego.
Si alzò per sgranchirsi le gambe, stare troppe ore sedute non faceva per lui. Gettò un’occhiata al suo collega più giovane, era ancora impegnato a giochicchiare con il suo amato telefono. Roteò gli occhi. Aveva imparato, a sue spese, che richiamarlo era inutile, costantemente dopo ogni rimprovero ritornava al suo telefono, con l’immancabile scrollata di spalle, come se il richiamo da lui effettuato fosse qualcosa di assurdo, fuori dal mondo.
“Vado a fare il primo giro di ronda, tieni gli occhi ben aperti, sono stato chiaro?” Lo vide scuotere la testa, era sicuro che non avrebbe fatto quello che gli aveva detto. Non si capacitava di come avesse fatto ad avere quel lavoro, poi si ricordò che era un lontano parente di un importante funzionario che lavorava per la struttura governativa. Uscì velocemente dalla portineria, prima che la rabbia prendesse il sopravvento e gli facesse fare qualcosa di avventato.
Il giro ai piani superiori era andato bene, come al solito, ora gli toccava andare ai piani sotterranei, venti minuti e avrebbe potuto mettere di nuovo sotto la sua egida quell’idiota. La porta dell’ascensore si aprì, diversamente dalle altre volte, quella notte, aveva voluto cominciare dal piano più in basso. Sembrava tutto in ordine, quando notò un fascio di luce provenire dal fondo del corridoio, fece mente locale, lì si trovava uno dei tanti locali server disseminati per tutto quel piano. Si avvicinò cautamente, mentre camminava si guardava intorno per cercare altri segnali anomali, ma non vi era nessuna traccia. Era ormai nei pressi della stanza e istintivamente portò la mano destra sulla fondina. Si affacciò, non notò nulla di anomalo, tranne la porta lasciata incautamente aperta e la luce accesa; stava per premere l’interruttore, quando notò accanto ad un armadio rack un tesserino di un dipendente della struttura. Si avvicinò per raccoglierlo, girò la testa nel corridoio laterale e, quello che vide, lo avrebbe accompagnato fino al suo ultimo giorno di vita. Uscì precipitosamente dalla stanza, ma riuscì a fare solo pochi metri e cominciò a vomitare.
Kakashi Hatake odiava essere svegliato nel cuore della notte, era una delle tante cose che detestava. Precisamente, le cose che amava erano tre: dormire, leggere la sua amata collana di libri per adulti “Le tattiche della pomiciata” e non avere scocciature. Si rigirò nel letto cercando di ignorare la chiamata, ma il suo senso di dovere l’ebbe vinta. Allungò il braccio e prese lo smartphone, il numero sul display lo fece sobbalzare. Non era di buon auspicio.
“Sei finalmente sveglio, alla buon’ora!” disse l’interlocutore con tono asciutto e perentorio. “Hai dieci minuti di tempo, una macchina ti sta già venendo a prendere” e chiuse la chiamata.
Senza perdere tempo si alzò dal letto. Jiraiya non lo aveva mai disturbato nel cuore della notte, anche per i casi più importanti. Doveva essere successo qualcosa di molto grave. Fece in tempo a mettersi il cappotto, quando sentì il citofono suonare. Erano arrivati. Uscì di casa con mille pensieri chi gli affollavano la mente.
Guardò l’edificio, una sfera in vetro e acciaio, dalla quale dal lato destro dipartiva un’ala dall’andamento sinusoidale sempre dello stesso materiale. Ufficialmente quello era il centro nazionale della ricerca scientifica e biomedica di Konoha, ufficiosamente era la sede dell’Intelligence, oltre che un centro di elaborazione e tracciamento di tutti i dati sensibili nazionali. Se vuoi nascondere qualcosa al tuo nemico allora mettilo in bella vista, in questo caso, nel cuore del campus universitario. Ora riusciva a dare una motivazione alla strana chiamata che aveva ricevuto. Diede uno sguardo intorno, lo scorse vicino alla porta d’ingresso e l’espressione che aveva non gli piaceva affatto.
“Grazie per essere venuto e scusa per il poco preavviso, ma la situazione è grave” disse Jiraiya.
“Quanto grave?”
“C’è stato un omicidio nei sotterranei della struttura, al meno tre.”
“Vorrei tanto sbagliarmi, ma non è quello dove sono convogliati tutti i dati statali top secret?”
“Ricordi bene.”
“Chi è il morto?”
“Nessuno che appartenga ufficialmente alla struttura e neanche uno dei nostri. Per quanto la cosa sia grave, non ti avrei chiamato nel cuore della notte per un omicidio, è altro quello che mi preoccupa…”
“Temi una fuga di dati?”
“Esattamente…Anche se dalle prime analisi effettuate sul sistema non risulta nessuna compromissione. I tecnici stanno anche sottoponendo a test l’hardware, ma dai primi responsi sembra che sia tutto apposto.”
“E allora cosa ti preoccupa?”
“C’è qualcosa che non mi torna, un tizio brutalmente ucciso al meno tre e nessuna fuga di dati. Non ti sembra strano?”
“Effettivamente…”
“Che ne dici di entrare, prima che su questo prato innevato trovino altri due morti per assideramento?”
Si addentrarono nella hall. Kakashi, alla sua sinistra, notò subito la portineria; vide che i due addetti alla sicurezza interna erano controllati a vista da alcuni agenti che conosceva di vista, decise di farsi una breve chiacchierata con i due vigilanti. Li squadrò, con il suo ormai celeberrimo “sguardo neutro”, che non lasciava trasparire nessuna emozione, ma che era capace di far tremare anche il criminale più incallito. Dall’espressione e dalla cera che aveva il più anziano, dedusse che probabilmente era stato lui a trovare il cadavere, era chiaramente ancora sotto shock. Quello più giovane, invece, gli dava l’impressione di una persona capitata lì per caso. Probabilmente scambiarci due parole sarebbe stato un inutile spreco di energie, e lui era un fan sfegatato dell’efficienza energetica, specialmente se si trattava della sua. Se proprio avesse dovuto sprecare energie, avrebbe preferito un bel allenamento, che gli consentisse di tenere in forma quella macchina perfetta che era il suo corpo. Per avere fatto da poco quarant’anni si teneva in perfetta forma fisica, aveva una corporatura snella e muscolosa, frutto del duro allenamento a cui si era sottoposto in tutti quegli anni, che gli consentiva di essere un temibile avversario in un qualsiasi scontro corpo a corpo.
Entrò nella portineria, con un cenno della testa salutò i due colleghi, poi si rivolse direttamente alla più vecchia delle guardie, ignorando deliberatamente la più giovane, che lo guardava con uno sguardo misto tra il terrorizzato e lo spaesato.
“A che ora ha effettuato la ronda?” disse l’agente con un tono piatto, quasi disinteressato, ignorando deliberatamente la parte delle presentazioni, non amava i convenevoli.
“Intorno mezzanotte” replicò la guardia più anziana, con un filo di voce.
“Verso che ora è giunto al più basso dei piani interrati?”
“Credo dopo mezzanotte e mezza.”
“Crede?”
“Ne sono sicuro, perché ci metto all’incirca trenta, quaranta minuti per ispezionare i cinque piani superiori. Solitamente comincio dal meno uno a ispezionare i piani sotterranei, ma oggi volevo sbrigarmi prima” e con la coda dell’occhio guardò il vigilante più giovane.
Kakashi seguì attentamente il movimento degli occhi del suo interlocutore. L’idea che si era fatto sulla guardia più giovane, era stata confermata da quel piccolo, se pur significante, gesto. Gli era bastato per rafforzare quanto aveva sospettato prima.
“Era sicuro che al momento della ronda tutti i dipendenti fossero fuori dall’edificio?”
“Certo, qui in portineria abbiamo un software che ci dà contezza delle entrate e delle uscite dei dipendenti, se sono assenti o se accedono a qualche area non autorizzata.”
“A che ora è uscita l’ultima persona presente in struttura?”
L’uomo si avvicinò al computer presente in portineria e controllò sul software.
“L’ultima persona è uscita alle diciassette. In questi giorni non sono venuti molti impiegati, vista la nevicata eccezionale.”   
“Capisco. Conosceva l’uomo?”
“No, passano un sacco di dipendenti ogni giorno e poi spesso cambiamo postazione, quindi è impossibile memorizzare tutti i volti” disse balbettando l’uomo. L’immagine del cadavere era ritornata davanti ai suoi occhi.
“Ma sul software non compare la foto del dipendente?”
“Non è detto, dal software è prevista, ma non è un obbligo inserirla.”
Kakashi uscì dalla portineria. Stare lì a perdere ulteriore tempo non serviva, non avrebbe ricavato altre informazioni utili parlando con le due guardie. Si avviò verso l’ascensore, la scena del crimine lo stava aspettando.
Delle urla che si propagavano per tutto il piano lo accolsero, quando le porte dell’ascensore si aprirono. Per un attimo fu tentato di pigiare il pulsante per tornare al piano terra, ma sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile, il suo superiore, Jiraiya, lo avrebbe fatto chiamare nel giro di pochi minuti.
Si portò entrambe le mani a massaggiare le tempie; possibile che nonostante avessero passato da un bel po’ la cinquantina, quei due non si decidevano, quando stavano insieme, a comportarsi come due normali persone adulte? Se poi si considerava il fatto che, erano il direttore dell’ufficio delle investigazioni e la direttrice dell’ospedale universitario di Konoha, con una specializzazione anche in anatomopatologia, il quadro che si veniva a formare era di una assurdità disarmante.
Si avvicinò alla strana coppia.
“Jiraiya, Tsunade, è sempre un piacere sentire le vostre urla.”
I due interessati lo fulminarono con lo sguardo, ma se pensavano di intimorirlo si sbagliavano di grosso, ormai era avvezzo alle loro occhiatacce, lo lasciavano indifferente, come molte altre cose d’altro canto.
“Dai la colpa a questo vecchio bacucco. Ogni volta che siamo su una scena del crimine deve mettermi sempre fretta.”
“Forse perché devo raccogliere indizi e ripulire tutto prima della riapertura dell’edificio?” rispose stizzito l’uomo.
“Certo, ogni volta una scusa!”
“Tsunade, “intervenne Kakashi a interrompere la solita discussione “causa del decesso?”
“Dissanguamento.”
“Ora della morte?”
“Probabilmente le ventidue, ma saprò essere più precisa quando l’avrò esaminato in laboratorio. Ora, se mi lasciate finire il mio lavoro in pace…sarebbe cosa molto gradita.”
L’agente capì subito dove la donna voleva arrivare, di peso trascinò Jiraiya con sé in ascensore. Voleva tornare al pian terreno.
“Perché hai chiamato lei?”
“Quello che chiamiamo di solito è in malattia. Comunque, grazie per aver preso le mie parti.” Disse sarcastico l’uomo.
“Non c’è di che. In ogni modo, se la finite con questa storia che si ripete ogni volta, tutta la squadra ne sarebbe riconoscente.”
“Cosa intendi dire?”
“Che dovreste dare una svolta al vostro rapporto. Posso capire una coppia di quindicenni innamorati, ma voi…”
“Io non sono innamorato di quell’arpia!”
“Certo. Le vai dietro soltanto da quando la conosci, ovvero da trent’anni…”
“Fatti gli affari tuoi Kakashi!”
“Come vuoi tu…hai preso il badge della vittima?”
Jiraiya lo prese dalla tasca, era in una bustina di plastica.
“Cosa vuoi fare?”
“Semplice, scoprire l’identità della vittima. È stato trovato altro, oltre il tesserino?”
“Nulla. Né documenti, né telefono. È stato completamente ripulito.”
Kakashi appena uscito dall’ascensore si mise i guanti. Poi prese il tesserino dalla busta e lo passò vicino al lettore badge posto all’ingresso, dopodiché andò a controllare sul software presente sul pc della portineria. Qualcosa non quadrava. Ripeté l’operazione, i dubbi che si erano formati nella sua testa ebbero conferma. Scambiò uno sguardo d’intesa con il direttore dell’agenzia, la situazione stava prendendo una brutta piega.
“Cosa succede?” chiese l’uomo accigliato. L’espressione sul volto del suo agente, non gli piaceva proprio e, nel corso degli anni, aveva imparato che non era un buon segno.
“Ogni volta che passo il badge sul lettore, questo viene associato ad un utente diverso della struttura.”
“Cosa?” urlò il suo referente. “Ma non esce una fotografia, un qualcosa? Possibile che nessuno si sia accorto di questa cosa?”
“Secondo il guardiano no, inserire la propria foto nel database è facoltativo. È ironico se ci pensi, siamo in un’era dove svendiamo i nostri dati per dei giochini su telefono e poi, quando si tratta di cose serie, alziamo muri sulla privacy. Comunque concordo, è una brutta situazione. Bisogna ammetterlo, chiunque sia stato sapeva come muoversi e come colpire.”
Jiraiya camminava nervosamente sul prato innevato. Doveva trovare il modo per sbrogliare quella matassa complicata. All’improvviso gli venne un’idea, anzi, una persona.
“Kakashi, l’unico che ci può dare una mano a dipanare questa situazione è lui. È il più qualificato di tutti, anzi il migliore in assoluto.”
“Non starai parlando di…” e sgranò gli occhi, sperava di sbagliarsi.
“Esattamente!”
“Un anno e mezzo fa è stato molto chiaro, non ne vuole più sapere di noi, dell’agenzia e di tutto ciò che gira intorno, e se devo essere sincero, non ha tutti i torti.”
Jiraiya lo fulminò con lo sguardo.
“Lo so benissimo, credimi se ti dico che ogni giorno mi maledico per quella mia decisione riguardo quella missione, ma è l’unico che può dirci cosa è successo qui.”
“Ormai è fuori dai giochi.”
“No, non ho mai ratificato le sue dimissioni.”
“Cosa?” ribatté incredulo l’agente.
“Diciamo…che ho dimenticato di trasmetterle all’ufficio del personale” disse con noncuranza. “Ufficialmente è in congedo temporaneo fino a nuovo ordine.”
“Cosa vuoi che faccia?” proferì l’agente rassegnato.
“Prendi la macchina e vai in aeroporto, al resto ci penso io. Quando arriverai ci sarà un aereo pronto a decollare, troverai anche tutta l’attrezzatura necessaria. Ah, tieni questa” e gli diede una busta “nel caso in cui non voglia sentire ragioni.”
Kakashi salì in macchina senza fare domande, sapeva che sarebbe stato inutile. Ebbe l’impressione, che il giorno appena sorto e quelli a seguire, sarebbero stati lavorativamente estenuanti. Sapeva dove stava per andare; ma trovarlo, non sarebbe stato semplice. Sarebbe stato il tipico “ago nel pagliaio.”


Angolo autore:

Salve a tutti!
Eccomi di nuovo qua, con il nuovo capitolo. 
Non ho granchè da dire, se non che ringrazio tutti quelli che leggeranno e (se vorranno) lasceranno un commento (cosa sempre gradita, per capire se la storia piace XD) 
Un grazie di cuore a chi ha commentato e ha deciso di mettere la storia nelle seguite.
A presto!
   
 
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